Giovedì, Aprile 25, 2024

Focus e Dintorni

Transgender Day of Remembrance (TDoR), 20 novembre 2023. A cura di Laura Porzio Giusto

Oggi, 20 novembre, ricorre il TDoR, acronimo di Transgender Day of Remembrance, ovvero la giornata della memoria per tutte le persone trans* e non-binary, vittime di transfobia.

Il TDoR è stato inaugurato nel 1999 dall’attivista trans Gwendolyn Ann Smith, in seguito all’assassinio di Rita Hester, avvenuto nel 1998, nell’appartamento dove viveva a Boston.
Rita Hester era una donna nera e trans di 35 anni. L’omicidio, un chiaro delitto d’odio, è tuttora senza colpevole. Quando i giornali ne parlarono si riferirono a lei al maschile, secondo una pratica transfobica, tuttora in uso.
Gwendolyn Ann Smith, per reagire a questa cancellazione, omaggiò la memoria di Rita e di tutte le altre vittime della violenza transfobica istituendo il TDoR.

Nel 2009 è nato il progetto The Trans Murder Monitoring (TMM, https://tgeu.org/trans-murder-monitoring-2023/) che da allora monitora il numero di omicidi di persone trans* che vengono compiuti in tutto il mondo.
Secondo i dati riportati da TMM, in quest’ultimo anno sono state 381le persone transgender morte a causa della violenza transfobica nel mondo, in media più di una persona al giorno. Dal 2019 ad oggi c’è stato un aumento dell’8% delle vittime di transfobia.
Secondo quanto segnalato dall’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET, https://www.associazionetransgenere.org/), l’Italia registra una situazione particolarmente grave, posizionandosi come il paese europeo con il numero più elevato di attacchi motivati dall’odio transfobico.

Oggi il TDoR è preceduto dalla Transgender Awareness Week, la settimana della consapevolezza transgender durante la quale attraverso diversi eventi e iniziative si sensibilizza contro lo stigma sociale e le discriminazioni transfobiche.

In ambito psicoanalitico, come ricordano Giovanardi, Mundo e Lingiardi (2020), è solo negli ultimi vent’anni che una nuova voce è emersa rispetto al considerare le persone transgender collocabili in qualche modo nel registro psicopatologico. Si comincia a riconoscere le identità trans* all’interno della varianza delle identità di genere e a porre l’attenzione sui bisogni che queste persone portano nelle nostre stanze. Queste nuove posizioni sono allineate con i cambiamenti in ambito diagnostico, con passaggi via via meno patologizzanti nelle edizioni del DSM fino ad arrivare al 2019 quando l’OMS rimuove dall’ICD-11 la condizione transgender dalle patologie.
Tra gli analisti promotori di questo cambiamento vi è Alessandra Lemma che parla del bisogno delle persone trans* di essere viste nella mente dell’analista non come perverse ma come incongruenti (2012) e Saketopoulu (2014) che parla dell’esperienza traumatica di essere state misgendered dagli oggetti primari (ossia di non essere state viste e riconosciute nella propria identità di genere, bensì nel proprio sesso biologico) e di avere un corpo non allineato alla propria identità di genere.
Così come avvenuto in precedenza per le omosessualità, le persone trans* non sono quindi più considerate affette da una patologia da curare, ma l’attenzione si sposta sul prendersi cura degli effetti traumatici del pregiudizio e della discriminazione sociale, fattori in grado di danneggiare lo sviluppo psicologico ed emotivo di queste persone.
Ricordiamo anche che nel 2019 l’American Psychoanalytic Association si scusa pubblicamente per i danni arrecati alla comunità LGBT+:
“Purtroppo alcune delle conoscenze dell’epoca sull’omosessualità e sull’identità di genere possono essere attribuite all’istituzione psicoanalitica americana. È tempo di riconoscerlo e chiedere scusa per il nostro ruolo nella discriminazione e per i traumi causati dalla nostra professione”.

Lasciamo infine, il ricordo di questa giornata alle parole di Giovanna Cristina Vivinetto, poetessa e giovane donna transgender.
Noi eravamo tra quelli chiamati contro natura. Il nostro esistere ribaltava e distorceva le leggi del creato. Ma come potevamo noi, rigogliosi nei nostri corpi adolescenti, essere uno scarto, il difetto di una natura che non tiene? Ci convinsero, ci persuasero all’autonegazione. Noi, così giovani, fummo costretti a riabilitare i nostri corpi, obbligati a guardare in faccia la nostra natura e sopprimerla con un’altra. A dirci che potevamo essere chi non volevamo, chi non eravamo. Noi gli unici esseri innocenti. Gli ultimi esseri viventi, noi, trapiantati nel mondo dei morti per sopravvivere.
(Dolore Minimo, 2018).

 

Riferimenti bibliografici

Giovanardi G, Mundo E., Lingiardi V. (2020). “Paola on the Couch: The Quest for Feminine Identity in an Empirically Supported Psychoanalytic Psychotherapy of a Trans Woman” In Psychoanalytic Psychology 38 (4), 1-16.

Lemma A. (2012). Research off the couch: Re-visiting the transsexual conundrum. In Psychoanalytic Psychotherapy, 26, 263-281.

Saketopoulou G. (2014). Mourning the body as bedrock. In Journal of the American Psychoanalytic Association, 62, 773-806.

 

Immaginare il futuro: il pensiero oltre le angosce catastrofiche e il diniego (CdPR- CPdR, 4 novembre 2023). Report di Mariaclotilde Colucci

Introduzione. Alfredo Lombardozzi: “Un mondo che cambia: la psicoanalisi tra catastrofi e speranze”

La relazione di Alfredo Lombardozzi, che apre i lavori della mattina, mette in evidenza quanto possa essere impegnativo “immaginare il futuro” nel passaggio dei due millenni, attraversato da una potente accelerazione in diversi ambiti dell’esistenza, geopolitica, economica, climatica e tecnologica. Sono tanti gli aspetti della realtà in cui siamo immersi e che oggi ci espongono ad un senso di catastrofe. Lombardozzi ci offre una accurata riflessione su come sia possibile non farci sovrastare dal senso della catastrofe e mantenere viva la speranza per orientarci e contrastare la tendenza al diniego, non potendo prevedere gli sviluppi, che pur si intravvedono, sul piano geopolitico a livello globale. Ci troviamo così nel mezzo di processi che favoriscono forme di oblio e di diniego, sia sul piano individuale che sociale, come reazione difensiva a problemi inaffrontabili, o percepiti tali. Il relatore propone una definizione di Speranza, avvicinando le due visioni, quella di Bion e quella di Erikson, al pensiero di Kohut, che individua, nella spinta alla vita e ad un’esistenza di piena dignità, un fattore vitale. Il senso della Speranza prende forma e forza proprio nel corso di questo processo, nell’oscillazione tra sfiducia e fiducia, attraverso un accompagnamento psichicamente e culturalmente riconosciuto.

La letteratura, la filosofia e l’antropologia ci forniscono prospettive significative che, se lette con una lente psicoanalitica, ci indicano la possibilità di fare esperienza di un cambiamento catastrofico, ovvero, del tentativo di uscire dalla catastrofe attraverso la narrazione, oppure attraverso la possibilità di una forte condivisione nella dimensione di gruppo. Nell’apertura di un dialogo nel passaggio tra le diverse figure della catastrofe si crea lo spazio, il terreno in cui prende forma la figura della Speranza, sentimento che consente il mantenimento di quella che Appadurai (2013, p.398) definisce la ‘capacità di aspirare’, coltivata nella quotidiana costruzione del futuro. È una capacità culturale la cui forma “è nettamente universale, ma la cui forza è nettamente locale”.

Fabio Castriota: “L’ultima domanda”.

Partendo dal racconto di fantascienza “L’ultima domanda” di Asimov, Fabio Castriota, si chiede quale futuro possa esserci per la psicoanalisi in un mondo dove il caos sociale, culturale e antropologico sembra prevalere, e ci invita a riflettere proprio sui fattori nei quali siamo immersi, per poi considerare come questi possano incidere attualmente sulla vita e sulla sofferenza mentale dell’uomo e sulle inevitabili sfide che interrogano la nostra disciplina e il nostro metodo. Come si riflettono i cambiamenti epocali che viviamo sulla psiche dell’uomo post-moderno? Certamente nell’affermazione di nuove forme di sofferenza mentale, che constatiamo quotidianamente nei nostri studi. A tale proposito, Castriota, ricorda il pensiero di Leo Rangell, ripreso da Gaddini nel famoso articolo “Se e come sono cambiati i nostri pazienti fino ai nostri giorni”, che a distanza di qualche decennio è di profetica attualità.

Siamo di fronte a quelle che vengono definite “nuove patologie”, legate a trasformazioni anche ambientali e culturali. In questi pazienti gli stati affettivi emergono non-integrati, non strutturati, privi di contenuti rappresentativi, poveri della vita fantasmatica, come se la psiche fosse catturata solo da un attuale, spesso perturbante per l’impossibilità di costruire una raffigurazione psichica che possa essere inserita in una narrativa personale. Quando questi pazienti arrivano in analisi, mettono il terapeuta di fronte al fatto che il procedimento basato sulle libere associazioni e la corrispondente attenzione liberamente fluttuante, la cosiddetta regola fondamentale, è ostacolata da una strutturale inadeguatezza del pensiero verbale. Questo processuale fantasmatico negativo è capace di mettere in scacco la relazione analitica, perché destruttura tutti i parametri e gli accorgimenti teorico-clinici e tecnici che abbiamo a disposizione. Si tratta di casi assimilabili alle situazioni limite sulle quali diversi autori si sono interrogati. In particolar modo André Green, parlando dell’analista, ci ricorda come egli abbia la sensazione che nulla di quanto ha imparato valga di fronte a questi casi, ritrovandovi solo poche tracce di ciò che gli è stato insegnato, incapace di individuare i meccanismi di difesa classici, esposto a resistenze delle quali non ha mai letto la descrizione, portato a vivere l’analisi come se si svolgesse in una terra sconosciuta.

Stefano Bolognini: “Previsione. Preveggenza. Previdenza.”

L’intervento di Stefano Bolognini, attraverso aneddoti di vita quotidiana ed esemplificazioni cliniche, evidenzia come il frequente interesse, delle persone sia quello di conoscere, possibilmente alla svelta e con certezza, il proprio futuro. Tale esplicita tendenza, sottolinea come l’illusione di poter prevedere gli scenari e gli sviluppi del futuro abbia sempre affascinato, ma anche spaventato, l’umanità nel suo complesso, nonostante la scienza ci abbia fornito ad oggi sistemi di previsione sufficientemente attendibili che non rientrano più nell’immaginario del magico o del portentoso. Nel processo terapeutico sia paziente che analista possono regredire al pensiero magico onnipotente. L’inclinazione al magico, comunque, è ubiquitaria e si manifesta a volte in modo sommesso e per nulla drammatico, perfino ammiccante o difensivamente manovriero nei confronti dell’Io-realtà, alternando in certi casi consapevolmente i due livelli: “non è vero, ma ci credo”. Naturalmente, secondo Bolognini rimane un nostro compito quello di avventurarci e perfino di sporgerci nell’immaginazione risonante senza sbilanciarci regredendo troppo all’autoriferimento solipsistico: nel nostro condividere senza invadere, senza sostituire l’altro e senza “fantasticarci addosso” con compiaciuto narcisismo. Ritornando alla formula dello “sporgersi senza sbilanciarsi”, che è già una avventurosa concessione rispetto al “senza desiderio”, noi psicoanalisti possiamo permetterci di tenere d’occhio (“vedere”) il futuro potenziale del quale conosciamo abbastanza fondatamente e da vicino alcuni elementi. Nella nostra clinica, ad esempio, riusciamo a volte a intravvedere movimenti, configurazioni e sviluppi in statu nascendi che ci fanno presentire qualche novità in arrivo. Naturalmente rimane un nostro compito quello di avventurarci e perfino di sporgerci nell’immaginazione risonante senza sbilanciarci regredendo troppo all’autoriferimento solipsistico: nel nostro condividere senza invadere, senza sostituire l’altro e senza “fantasticarci addosso” con compiaciuto narcisismo.

Interventi dal pubblico.

Gli interventi dal pubblico coordinati da Alessandro Grignolio sono stati caratterizzati da un ampio e ricco dibattito, autenticamente partecipato circa la fatica di entrare in contatto con la verità materiale quando si fa tanto inquietante e brutale nella sua concretezza, così come stiamo assistendo proprio in questi giorni nel drammatico deflagrare del conflitto tra Israele e Palestina, negando qualsiasi possibilità di previsione sul futuro dell’umanità.

Barbara De Rosa: “Riaccendere la speranza in un’epoca politraumatica. Il laboratorio di psicoanalisi applicata come potenziale contenitore per il Kulturarbeit”.

Apre i lavori della sessione pomeridiana l’intervento di Barbara De Rosa secondo la quale il nuovo millennio sembra il risveglio da un’illusione connessa anche a falle, forse ineludibili, di Kulturarbeit. Nel suo intervento la relatrice analizza i punti di forza e di vulnerabilità del Kulturarbeit nell’incontro con il trauma estremo, sostenendo l’idea che esso funga da lente di ingrandimento sul contesto in cui si inscrive e che, pertanto, di quel contesto consenta di cogliere fattori, processi e dinamiche attivi anche nel pre-trauma, ma meno visibili.

Nell’intervento viene descritta un’esperienza di Laboratorio di psicoanalisi che si rivolge da 10 anni agli studenti triennalisti di psicologia dell’Università Federico II di Napoli. L’obiettivo del Laboratorio è di leggere con lente psicoanalitica traumi storici, il cui emblema è la Shoah. Il laboratorio si svolge attraverso discussioni d’aula libere, sollecitate da stimoli filmici visionati insieme, in un’area transizionale dove, lavorando contenuti anche angosciosi in uno spazio protetto, si accompagnano gli studenti nello sforzo di Kulturarbeit.

Chiara Matteini: “Paesaggi del futuro. I paradossi della nostalgia”.

La suggestiva relazione di Chiara Matteini ci mette di fronte ad una ineluttabile verità, ovvero che, a volte, attendere nel futuro una catastrofe che è già avvenuta, in un altro tempo, in un altro luogo, in un'altra vita può essere una delle modalità che come esseri umani abbiamo per immaginare un domani. Secondo la relatrice provando a rimettere in gioco quello che di perturbante il futuro porta con sé potremmo chiederci in che modo il tempo inconscio, anacronico, aritmico, discontinuo, comprenda il futuro. Allora potremmo dire che il pensiero del futuro, il futuro dei luoghi che abitiamo, delle città che attraversiamo, del pianeta che subisce il peso della nostra presenza, sembra contenere da una parte l'angoscia perturbante di quello che ci sarà ancora quando noi non ci saremo più, dall'altra il corrispondente tentativo degli individui e della comunità umana di ipotecare il futuro, forse per negare che qualcosa proseguirà senza di noi. Immaginandolo ed evocandolo cerchiamo costantemente di imporre al futuro una forma, che contenga qualcosa di noi, dei nostri sogni, o dei nostri incubi. Matteini propone di utilizzare la nostalgia come vettore per esplorare il lavoro dello psichico in cerca di futuro. Nella nostalgia la dimensione del piacere/desiderio si articola con quella della ripetizione/rimpianto, convocando tutti i tempi.

Alessandra Balloni: “Tollerare il reale, immaginare il futuro: la funzione dell’arte”.

L’intervento di Alessandra Balloni, partendo dai dati della realtà complessa, difficile e disarmante che abbiamo di fronte, si incentra, passando in rassegna i maggiori artisti contemporanei, sull’importanza dell’arte per gli esseri umani e sulla funzione che essa svolge nel rapporto che istituiamo con il reale. L’Arte ci sollecita a prendere coscienza dei limiti, interrompendo l’esercizio di un dominio onnipotente sulla Natura dalla quale le nostre vite e quelle delle future generazioni dipendono. Balloni sottolinea come pervertendo il rapporto uomo-natura, abbiamo modificato i processi biochimici del nostro ambiente innescando un cambiamento dell’equilibrio della biosfera e generando l’estinzione di massa di altre specie viventi. Minacciamo la biodiversità alla quale dobbiamo la nostra stessa vita. Consapevoli, inoltre, che i tempi di restaurazione della distruzione in atto si misurano in milioni di anni. Molto appropriata la definizione, ripresa da Balloni, di uomo contemporaneo proposta da Hann Jonas (1979): “un Prometeo definitivamente liberato dalle catene al quale la scienza conferisce una forza mai conosciuta e l’economia il suo impulso sfrenato”.

Interventi dal pubblico.

La discussione, coordinata da Giuseppe Bruno, converge sulle connessioni tra gli interventi delle tre relatrici. Il dibattito si conclude con uno scambio stimolante.

 

Vedi anche 

Report Convegno Intercentri - “Immaginare il futuro: il pensiero oltre le angosce catastrofiche e il diniego” (4 novembre 2023) di Flavia Salierno

Immaginare il futuro: il pensiero oltre le angosce catastrofiche e il diniego (4 novembre 2023)

 

 

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