
Quest’anno durante le vacanze di Natale mi sono immersa nella lettura di “Questo visibile raggio di buio” di Fabio Castriota e, onestamente, è davvero un bel libro. Il romanzo infatti riesce nel difficile intento di regalare al lettore una storia di vita, al netto delle vicende dei protagonisti, “universale” in cui con facilità ci si può identificare con le vicende dei personaggi, grazie alla coinvolgente descrizione dei loro vissuti interiori.
Il romanzo racconta dell’incontro tra uno psicoanalista, Giorgio, e una sua paziente, Sara e di come questo condurrà ad una lunga, profonda e creativa rielaborazione di una dolorosa esperienza traumatica che appartiene alle vite di entrambi.
Particolarmente efficace è l’intreccio della narrazione e dei piani del tempo: un lavoro di non semplice realizzazione. Pur mantenendo una scorrevolezza ed anche una leggerezza che caratterizza l’intero romanzo, la costruzione della narrazione attraverso soprattutto l’uso dei sogni di Giorgio, trasmette molto bene quello che accade nel profondo del protagonista e di come alcuni contenuti onirici affiorano alla superfice ed evolvono: nell’azione, nei pensieri, nella consapevolezza. Tutto questo lascia spazio anche per qualche colpo di scena molto piacevole nel corso della lettura.
La linea del tempo della narrazione è capace di far entrare il lettore in una “atemporalità” tipica delle vicende traumatiche in cui il prima e il dopo ancora non esistono, tutto è fermo e potentemente compresso in agglomerati sensoriali in cerca di riconoscimento, significazione e vitalità. Questo è a mio avviso il punto in cui “l’arte della narrazione” si esprime con maggiore forza e potenza creativa. È, poi, la nascita di una bambina, figlia di Sara e frutto di un amore autentico, a farci sentire lo slancio straordinario del tempo che riprende in una traiettoria lineare.
Molto bella la costruzione di tutti i personaggi così detti “minori”: il collega olandese, l’anziano incontrato in chiesa, il malavitoso: una rappresentazione corale di vicende umane utili farci sentire come la mente di Giorgio, così come la nostra, continuamente ha a che fare con il dolore, la violenza e la distruttività ma anche come nella condivisione e nel contatto profondo con questi contenuti possiamo trovare la capacità di sopportare il dolore e rilanciare la vita.
Infine, in un commovente passaggio il protagonista prende contatto con gli aspetti più mortificati della vita in una chiave nuova, come se il buio della notte potesse lasciare spazio ad una luce nuova. In queste pagine l’autore ci fa tornare un po' bambini e rivivere quella sensazione di poter riaggiustare un gioco molto amato che pensavamo irrimediabilmente rotto o perso per sempre. Credo che queste pagine potranno toccare molto profondamente il cuore del lettore psicoanalista che conosce da vicino i momenti in cui le emozioni congelate, come il ghiaccio, cominciano a scaldarsi e finalmente a sciogliersi, ricominciando a fluire libere nel mare del nostro essere.
I pensieri, le emozioni e i ricordi stimolati da questa lettura mi hanno fatto pensare che sia un romanzo sull'elaborazione, sulla riparazione, sul perdono piuttosto che sugli aspetti più violenti e distruttivi della vita.
Buona lettura!