Lunedì, Maggio 13, 2024

Maurizio Stangalino (2021). La cura psicoanalitica con bambini, adolescenti e genitori. Un modello possibile nei Servizi. Con un Seminario inedito di D. Meltzer e M. Harris. Franco Angeli. Prefazione di Anna Ferruta. Recensione di Francesco Burruni

Il prezioso volume di Stangalino, che qui presento, può essere definito un libro impegnato, nel senso di coinvolto, partecipe e che si assume la responsabilità di rinnovare, con aggiornato slancio scientifico/culturale ed una conoscenza diretta ed approfondita dei contesti di lavoro di cui parla, la proposta di una applicabilità, efficacia e validità di uno specifico modello di intervento psicoanalitico nei servizi sanitari pubblici per l’età evolutiva. Parlo di impegno e responsabilità perché lavorando in tali servizi sono ben a conoscenza degli enormi – e purtroppo spesso invalicabili – ostacoli pratico/organizzativi, istituzionali e culturali che l’applicazione di un modello di intervento clinico terapeutico orientato psicoanaliticamente incontra nella pratica quotidiana in questi contesti. Stangalino fa una fotografia chiara e precisa dell’attuale contesto di lavoro nei servizi di salute mentale pubblici dell’età evolutiva: risposta alle urgenze, sintomi e diagnosi, risposte concrete, certificazioni e valutazioni prevalentemente cognitive.

Stangalino si presenta come allievo di Marcella Balconi e portatore di un modello di intervento psicoanalitico inserito in un’idea di servizio pubblico fondata su una visione di giustizia sociale oltre che di intervento sanitario. Ma la proposta di Stangalino, come sottolineanella sua prefazione Anna Ferruta, è “calata con responsabilità clinica e competenza teorica nell’esperienza dei Servizi di cura di oggi”.

Il contributo di Stangalino si inscrive anche in quel filone di ricerca e nel dibattito, sviluppatosi nell’ultimo decennio all’interno della Società Psicoanalitica Italiana, sulla questione del metodo psicoanalitico e delle sue estensioni (Ferruta A. 2015; Bastianini T., Ferruta A. 2018; Riolo 2018, Bastianini T. 2019; Di Chiara 2020) e nel suo volume ripercorre, dagli inizi del “modello classico” freudiano agli ambiti di ricerca più attuali caratterizzati da ricchezza e ramificazioni delle correnti psicoanalitiche e dal loro confronto con gli ambiti di ricerca di confine (Infant Research, neuroscienze), il progressivo confronto della psicoanalisi con la necessità di adattare il proprio modello di intervento a nuovi ambiti clinici, nuove patologie e tipologie di pazienti.

Oltre che della bella prefazione di Anna Ferruta, il libro si fregia anche di un seminario inedito tenuto da Donald Meltzer e Martha Harris a Novara nel 1980, pubblicato per la prima volta in questo volume e commentato da Meg Harris Williams.

Vado adesso ad illustrare i contenuti del volume:

Nell’Introduzione Stangalino presenta il seminario di Meltzer e Harris citando i due autori che arrivano a considerare il metodo psicoanalitico “non tanto più solo come una prassi terapeutica ma come un modo di essere che può essere applicato a tutte le situazioni terapeutiche”. L’Autore accosta questa citazione di Meltzer ed Harris al concetto di “esperienze psicoanalitiche” proposto da A. Ferruta (2015) per sottolineare come “il campo terapeutico dell’età evolutiva rappresenti (da sempre) una dimensione di intervento più flessibile e variabile rispetto ai tradizionali parametri teorici e prassici”. Ed è dopo aver fatto questi riferimenti che l’Autore definisce l’obiettivo generale del suo testo di “provare a recuperare in una forma più sistematizzata” quel modello di intervento psicoanaliticamente orientato nei servizi per l’età evolutiva che Balconi ha contribuito a sviluppare, sostenere e diffondere. Modello di cura basato “sulla relazione, sull’intersoggettività, sullo scambio inconscio, ma anche su una visione del trattamento imperniata sul Servizio Pubblico e fondata su una idea-sogno di giustizia sociale oltre che di intervento sanitario.”

Il seminario di Meltzer ed Harris viene titolato in maniera evocativa: Sulle psicoterapie psicoanalitiche. Un seminario inedito di D. Meltzer e M. Harris: “Qualcosa di psicoanalitico. In questo seminario Meltzer e Harris discutono un modello di consultazione psicoanalitica che si è sviluppato nella direzione di una consultazione terapeutica intesa come un processo, caratterizzata da un approccio ed un setting più flessibile, e nella quale l’osservazione e l’esperienza del pensare insieme al paziente su quanto sta avvenendo nell’interazione attuale di transfert controtransfert hanno un posto centrale. Qui arriviamo all’affermazione di Meltzer secondo cui il metodo psicoanalitico arriva ad essere considerato non più solo prassi terapeutica ma modo di essere applicabile alle più svariate situazioni terapeutiche. Questo modo di essere per Meltzer e Harris si compone di: visione binoculare (Bion) – guardare dentro e guardare fuori, guardare ai processi interni ed a ciò che avviene nella relazione – osservazione intesa come “capacità negativa”, ascolto rispettoso, contenimento del dolore mentale, pensare insieme come capacità di “mettere insieme” le comunicazioni del paziente “in modo che poi il paziente stesso possa utilizzarli come uno strumento per proseguire nel sul lavoro mentale”. Meltzer e Harris mettono in discussione un certo uso dell’interpretazione (forse allora più diffuso di quanto lo sia adesso?) e Harris sottolinea la necessità che nell’ambito della consultazione terapeutica, in qualunque contesto avvenga, il terapeuta “sia in grado di capire di quale evoluzione è passibile il processo che viene presentato.” E qui non posso non ricordare le mie supervisioni con Luciana Bon de Matte che ripeteva instancabilmente come la domanda più importante da farsi per il terapeuta fosse: qual è il “passettino” che il paziente è in grado di compiere quel giorno ed in quel preciso momento in seduta e qual è la cosa da dire che può aiutarlo a farlo.

Nel suo commento Meg Harris Williams (La differenza tra azione e comunicazione nell’intervento terapeutico) mette in evidenza come l’approccio proposto da Meltzer e Harris porti verso “una nuova atmosfera terapeutica” dove l’analista, come persona che sa di non sapere, con la sua capacità negativa diventa un compagno di viaggio del paziente, impegnati in un lavoro condiviso a mettere insieme ed a costruire significati. Cambiamento di atmosfera che può essere rappresentato dalle straordinarie parole pronunciate da Bion, significativamente nell’ambito di una supervisione: “Questa bambina è cooperante, amichevole, disegna, parla, descrive; uno ha l’impressione di dover per forza sapere l’interpretazione. Ma la cosa realmente importante è che dovremmo essere capaci di guardare questo disegno, o di partecipare alla conversazione, in modo che questa bambina abbia la possibilità di dirci quello che è in grado di vedere o di provare o di udire.” (1987, corsivo mio).

Nei capitoli 1 e 2 (L’analisi classica e le sue prime variazioni; Dall’adulto al bambino e all’adolescente: un approccio psicoanalitico in età evolutiva) Stangalino ripercorre alcuni aspetti dei contributi “classici” di Freud, Ferenczi, Rank, Anna Freud, Melanie Klein con una attenzione a quelle che definisce le “variazioni” rispetto al modello classico dell’analisi. Vengono messi in evidenza sia alcuni aspetti di libertà, sperimentazione e flessibilità che Freud stesso si concedeva a dispetto del tono prescrittivo di alcuni suoi scritti, così come i contributi per diversi aspetti rivoluzionari degli “eretici” Ferenczi e Rank. Tratteggiando poi alcuni aspetti dei contributi di Anna Freud e Melanie Klein, Stangalino mette in rilievo come l’applicazione pionieristica della psicoanalisi ai bambini si è caratterizzata come una delle prime grandi estensioni del metodo psicoanalitico. L’Autore conclude questa sezione del volume descrivendo come gli sviluppi della psicoanalisi infantile hanno portato all’estensione della ricerca e della cura alla dimensione ambientale ed alla sfera primaria nelle quali si sviluppa il bambino. Il nostro Autore fa dunque riferimento ai contributi di Winnicott e Bolwby, ma anche dell’Infant Observation e dell’Infant Research fino al BCPSG ed alle neuroscienze, ricerche che hanno condotto “verso le frontiere del ‘non conosciuto’, nella dimensione affascinante e misteriosa di ciò che avviene e promuove ‘cambiamento’ nell’intersoggettività della relazione di cura, cioè nel peculiare campo definito della ‘conoscenza relazionale implicita’.”

Nell’ultima parte di questa sezione Stangalino descrive il “modello italiano di Marcella Balconi”, modello derivato dalle “Child Guidance Clinics” inglesi, basato sul lavoro in équipe composte da neuropsichiatra, psicologo e operatore sociale, tutti con formazione analitica. La descrizione che viene fatta di questo modello di lavoro è interessante e moderna, ed ha tra i principali elementi caratterizzanti un processo diagnostico dinamico iniziale, inteso come consultazione terapeutica, che include, all’interno dello stesso setting variabile, genitori e bambini. Un modello di intervento che trova le sue radici nelle consultazioni terapeutiche di Winnicott e che è stato precorritore del modello di consultazione partecipata sviluppato da Dina Vallino (2009). Si tratta di un modello di intervento basato molto sulla collaborazione attiva e responsabilizzante della coppia genitoriale, coinvolti insieme al terapeuta nella “costruzione di uno spazio relazionale in cui i genitori abbiano parte attiva nel contribuire al prendere forma di ipotesi, intuizioni, rappresentazioni che, a partire dalle problematiche evidenziate in partenza, siano in grado di avviare un processo trasformativo.” Un tipo di intervento che mira molto a sostenere le funzioni genitoriali, a valorizzare le loro capacità ed a sostenere la loro fiducia, e che punta a “tenere assieme il reale ed il fantasmatico, gli elementi individuali e il contesto ambientale, con una ‘tecnica’ non necessariamente appoggiata a vere e proprie ‘interpretazioni’ né ad un trattamento psicoterapico prolungato.” Balconi propone un modello cioè in cui il problema clinico centrale non è più cosa e come e quando interpretare ma “come conoscere e capire prima di interpretare” (Balconi 1986) con la convinzione che il conoscere e capire, per come inteso nell’ambito della consultazione terapeutica, ha già di per sé la capacità di attivare nuovi processi con una valenza trasformativa.

Nei capitoli 3 e 4 (La cura psicoanalitica con bambini, adolescenti e genitori nei Servizi; Un divenire complesso ma possibile (per aspera sic itur ad astra) Stangalino, con contributi ed argomentazioni interessanti ed originali, entra nel merito di quelli che possono essere considerati gli elementi fondanti un modello di intervento psicoterapeutico analitico nel contesto dei servizi sanitari pubblici dell’età evolutiva oggi. Nel terzo capitolo l’Autore descrive un particolare modello di consultazione partecipata genitori – bambino, ma delinea anche alcune coordinate specifiche di una possibile psicoterapia psicoanalitica nel contesto pubblico con bambini, adolescenti e coppie madre-bambino. Per ogni specifica area di intervento Stangalino riesce a mettere in evidenza sia questioni specifiche di tecnica psicoterapeutica collegate al contesto pubblico, sia ad entrare in aspetti squisitamente clinici. Un importante elemento di valore del contributo di Stangalino è proprio l’essere riuscito a tracciare collegamenti tra le specifiche problematiche di contesto ed i relativi risvolti clinici, offrendo elementi di comprensione e suggerimenti concreti, ma teoricamente chiari ed argomentati, su come affrontare e gestire tali problemi.

Nel quarto capitolo l’Autore mette in evidenza le principali criticità che lo psicoanalista deve affrontare e gestire, ma anche saper usare, nella prospettiva di un possibile utilizzo di un approccio psicoanalitico nell’ambito degli attuali servizi pubblici per l’età evolutiva. Nel far questo Stangalino dimostra una approfondita conoscenza delle problematiche di questo specifico contesto ma anche la capacità e la fiducia di poter andare oltre la cortina fumogena delle urgenze, della scarsità di risorse, dell’agire concreto, della mancanza di spazi per mettere in evidenza quelli che sono i fattori necessari per la costruzione di una situazione analizzante (Bastianini 2014) all’interno della quale sia possibile lo sviluppo di una esperienza psicoanalitica (Ferruta 2015): un luogo che garantisca una cornice di sicurezza, protetto da intrusioni; una stanza con arredamento essenziale; un assetto interno – quel modo di essere di cui parla Meltzer – capace di offrire una qualità di ascolto e di attenzione fluttuante come condizioni per l’attivazione di una funzione della mente recettivo/trasformativa. Se questo si realizza, il lavoro sul transfert-controtransfert, inteso come descritto da Meltzer e Harris, ma anche da Marcella Balconi nel volume, in un servizio pubblico per l’età evolutiva, può essere considerato non solo possibile ma come un aspetto centrale dell’intervento.

In molti passaggi del testo Stangalino, citando Balconi, ribadisce come l’elemento fondamentale è costituito dalla possibilità di strutturare un adeguato assetto interno del terapeuta, e di come da questo derivi la possibilità di costruire una situazione analizzante. Ricordo che Riolo (2017, 2018) considera come terzo carattere distintivo del metodo psicoanalitico, terzo funtore, la personalità dell’analista in quanto funge da strumento osservativo e da agente della trasformazione (Di Chiara 2020).

In questo capitolo Stangalino riesce anche, con esperienza e notevole lucidità, ad enucleare le principali criticità derivanti dall’appartenenza dello psicoanalista a dei servizi sanitari pubblici per l’età evolutiva: i limiti temporali per l’intervento (la frequenza e la durata possibile del trattamento); la spinta a curare ed all’eliminazione dei sintomi; le fantasmatiche di dipendenza nei confronti dell’istituzione e la posizione più marcatamente asimmetrica nei confronti del curante; la possibilità di incontri con i pazienti anche in spazi e momenti diversi da quelli della seduta; il problema della riservatezza all’interno dell’équipe e nei contatti del terapeuta con altre istituzioni; situazioni di invii istituzionali (autorità giudiziaria, scuola, altri servizi ASL, servizio sociale ecc.); la gratuità della prestazione; l’impossibilità di scegliersi il terapeuta; la necessità di un tipo di intervento più attivo e più focale ecc. Stangalino valuta le conseguenze sia per il paziente che per il terapeuta di tutti questi elementi di criticità, e riesce ad offrire spunti di riflessione e utili suggerimenti per la gestione di queste problematiche quasi sempre ineludibili.

Nell’Appendice. Uno sguardo storico e prospettico alle psicoterapie psicoanalitiche, l’Autore passa in rassegna, sia in ordine cronologico sia seguendo le diverse correnti teoriche, il modo in cui il mondo psicoanalitico si è confrontato con la necessità di sviluppare modelli di trattamento psicoterapeutico con parametri variabili rispetto a quelli tradizionali. La rassegna presentata da Stangalino è ricca, documentata, ben argomentata e discussa, ed arriva ad integrare nel suo percorso anche gli sviluppi più recenti derivanti da quei territori di confine con i quali la psicoanalisi attuale ha ormai avviato un proficuo confronto (Stern 2010; Craparo, Mucci 2017).

Nel concludere questa recensione, devo però riconoscere che uno degli interlocutori – se non il principale – di Stangalino in questo libro impegnato e coraggioso sembra essere anche il mondo psicoanalitico italiano che, nel suo faticare, nei decenni passati e fino a non molto tempo fa, a cogliere ed accogliere le spinte innovative provenienti dai molti ambiti in cui gli psicoanalisti quotidianamente operano, ha perso terreno, spazi di lavoro e di sviluppo nei vari contesti esterni allo studio privato. Su questo punto Stangalino è esplicito. Di fronte alle difficoltà che incontrano gli psicoanalisti nel loro lavoro nel servizio sanitario pubblico, il rischio è quello “di idealizzare eccessivamente una pratica psicoanalitica intesa nella sua ‘purezza’ (sulla base del percorso formativo ricevuto) finendo per svalutare gli interventi psicoterapici ‘possibili’ nei servizi pubblici, derubricati a mere azioni ‘supportive’ prive della necessaria coerenza teorica e tecnica.” Personalmente mi sento però di aggiungere che se gli psicoanalisti rischiano di reagire così alle difficoltà che incontrano quotidianamente questo dipende anche da quanto sentono riconosciuto, valorizzato e supportato il loro lavoro in questi contesti dall’istituzione psicoanalitica alla quale appartengono. Difficile dunque terminare la lettura di questo pregevole volume senza porsi il problema di quanto il training psicoanalitico tenga conto della necessità di preparare le attuali e future generazioni di psicoanalisti ad un lavoro che non è e non potrà essere solamente quello del proprio studio privato.

Bibliografia

Craparo G., Mucci C. (2017) Unrepressed Unconscious, Implicit Memory and Clinical Work, Karnak Books;

Bastianini T. (2014) Che cosa vogliono i pazienti? Relazione introduttiva alla Giornata di Studio su Esperienze Psicoanalitiche, Roma, SPI;

Bastianini T. (2019) Estensioni della psicoanalisi: eterogeneità dei materiali psichici e pluralità dei costrutti teorici idonei a comprenderli, Rivista di Psicoanalisi 4/2019;

Bastianini T., Ferruta A. (2018) La cura psicoanalitica contemporanea. Estensioni della pratica clinica, Giovanni Fioriti Editore.

Bion W.R. (1987) Seminari Clinici. Brasilia e San Paolo, Raffaello Cortina Editore, 1989;

Di Chiara G. (2020) Il metodo psicoanalitico, Rivista di Psicoanalisi 3/2020;

Ferruta A. (2015) La clinica psicoanalitica contemporanea. Esperienze psicoanalitiche, Rivista di Psicoanalisi 4/2015;

Riolo F. (2017) Il metodo psicoanalitico. Alpes, Notes per la psicoanalisi;

Riolo F. (2018) Il metodo psicoanalitico e i suoi funtori, in Bastianini T., Ferruta A. La cura psicoanalitica contemporanea. Estensioni della pratica clinica, Giovanni Fioriti Editore. – Rivista di Psicoanalisi 3/2020;

Stern et al. (2010) Change in Psychotherapy. A Unifyng Paradigm, Boston Change Process Study Group, Norton & Company;

Vallino D. (2009) Fare psicoanalisi con genitori e bambini, Borla, Roma;

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