Giovedì, Maggio 02, 2024

Nicola Carone, "Le famiglie omogenitoriali. Teorie, clinica e ricerche", Raffaello Cortina, 2021. Recensione di Laura Porzio Giusto

“Le famiglie omogenitoriali” sono, da diversi anni, oggetto (ma sarebbe più opportuno dire “soggetti”) di dibatti pubblici e scientifici, non di rado guardate con sospetto, se non con esplicita disapprovazione o disprezzo, talvolta con genuina curiosità, talvolta come a una, tra le tante possibili, configurazioni familiari.

La qualità dello sguardo che si poggia su queste famiglie è un primo tema importante dal quale vorrei partire per cercare di tracciare alcuni fili che Nicola Carone, psicologo, psicoterapeuta, ricercatore e candidato presso la Società Psicoanalitica Italiana, già Autore di “In origine è il dono” (il Saggiatore, 2016), intreccia nella costruzione di questo libro.

La trama narrativa de “Le famiglie omogenitoriali” segue un percorso che parte dalla descrizione e dall’analisi della dimensione della genitorialità e delle sue funzioni, per poi, passando per “il percorso psichico che conduce le persone omosessuali a sviluppare la propria coscienza procreativa” (p. 35), approdare alle specificità di strade, esperienze e vissuti di famiglie con madri lesbiche e di famiglie con padri gay.

“Per comprendere in profondità le estensioni teoriche che il funzionamento delle famiglie omogenitoriali ci richiede è necessario partire da una prospettiva che analizzi il percorso di costituzione della genitorialità per ogni essere umano (Speranza, 2017)” (p. 3).

Un modo, dunque, di guardare a queste famiglie come, innanzitutto, a delle famiglie.

Ed è questo primo sguardo, quello sull’universalità delle funzioni genitoriali comuni a tutte le tipologie familiari, che consente di attivare correttamente il secondo, sulle specificità delle famiglie omogenitoriali.

Questa prospettiva è espressa, non solo nei contenuti e nella costruzione narrativa, ma anche nell’uso che l’Autore fa del linguaggio: ne è un esempio “La funzione (omo)genitoriale”, titolo del primo capitolo, dove genitorialità, sue funzioni, espressioni e determinanti sono analizzate attraverso un’ampia disamina della letteratura scientifica, privilegiando teorie e ricerche sull’attaccamento e provenienti dall’Infant Research.

Questo uso/gioco di parole, caratteristica che abbraccia l’intero volume, apre a pensabilità in grado di coniugare contemporaneamente più prospettive (come, appunto, “funzione (omo)genitoriale” o “(ir)rilevanza del legame biologico).

La pensabilità è altresì attivata nel lettore dall’intreccio dei tre pilastri che sempre dovrebbero forgiare le nostre competenze e guidare il nostro operato: teorie, clinica e ricerche.

Il lavoro di Carone potrebbe infatti definirsi come una trama in cui questi fili si annodano continuamente, l’uno interrogando l’altro, in una maglia che si allarga per permettere sia di focalizzare lo sguardo, sia di ampliarlo. Un esempio è rintracciabile nella narrazione e nelle letture alle vignette cliniche proposte, in cui l’Autore mostra l’impasto tra elementi universali (la genitorialità), le specificità di percorsi e vissuti delle famiglie omogenitoriali (ad esempio i temi relativi al concepimento all’estero tramite donazione di gameti e/o GPA) e la storia e le caratteristiche personali di quel o quella paziente.

Il libro presenta un’attenta e completa rassegna delle ricerche sull’omogenitorialità, nazionali e internazionali, che si possono riassumere in tre fasi.

La prima, di tipo comparativo, volta a rispondere all’interrogativo se bambine e bambini cresciute/i in famiglie omogenitoriali presentino percorsi di sviluppo diversi rispetto a bambine e bambini cresciute/i in famiglie eterogenitoriali, la seconda volta a indagare le specificità delle famiglie omogenitoriali e infine, la terza concernente i diritti, ossia la relazione tra il bisogno di sicurezza e di un “ambiente mediamente prevedibile” e l’assenza di un riconoscimento legale di queste famiglie.

Il riconoscimento legale ha molteplici funzioni e significati: dagli aspetti “concreti” relativi alla tutela di bambine e bambini (morte del genitore biologico, eredità, decisioni sanitarie, accompagnamento a scuola, solo per fare alcuni esempi), alla costruzione di “una cultura della differenza che applica il principio della molteplicità” (p. 242), fino ad arrivare agli aspetti simbolici che possiamo riassumere nei termini di “legittimazione” e “diritto ad esistere”. Elementi questi, tutti essenziali per un sano ed armonioso sviluppo psicologico di bambine, bambini e dell’intero nucleo familiare.

Dopo trent’anni di ricerche (oggi più di quaranta), l’American Academy of Pediatrics nel 2005 dichiara:

“[…] Questi dati dimostrano che un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Inoltre, i diritti, i benefici e i fattori protettivi che derivano dall’unione civile possono dare ulteriore stabilità a queste famiglie.”

E nel 2012 l’American Psychoanalytic Association:

“è nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale.”

Nel corso degli anni le più importanti associazioni scientifiche nazionali e internazionali si sono espresse con dichiarazioni simili.

Se le ricerche comparative hanno dunque mostrato che il benessere di bambine e bambini non è influenzato dalle configurazioni familiari, legate all’orientamento sessuale o al genere dei genitori, bensì dalla qualità delle relazioni familiari, esse hanno anche evidenziato, in alcuni casi, migliori competenze genitoriali di coppie gay e lesbiche e un livello più elevato di benessere psicologico nelle figlie e nei figli cresciute/i in famiglie omogenitoriali rispetto alle loro coetanee e ai loro coetanei cresciute/i in famiglie tradizionali.

Si può ipotizzare che un miglior funzionamento genitoriale delle coppie omosessuali sia, almeno in parte, dovuto ad elevati livelli di motivazione che sostengono queste coppie ad affrontare percorsi spesso lunghi e faticosi, preceduti e accompagnati da riflessioni sul desiderio di genitorialità della coppia, in un processo che si nutre di “un pensare insieme” a come sarà questa esperienza, in cui le proprie aspettative e idee relative alle modalità del prendersi cura, dell’educare, ecc. sono confrontate.

Una genitorialità, dunque, sempre desiderata e che spesso si declina in una maggiore flessibilità, all’interno della coppia, dell’esercizio delle diverse funzioni genitoriali, rispetto a quanto avviene nelle famiglie composte da madre e padre.

Alcune ricerche hanno infatti evidenziato che i genitori non biologici delle coppie omosessuali sembrano maggiormente consapevoli del proprio ruolo genitoriale e più coinvolti nella cura delle figlie e dei figli rispetto ai padri eterosessuali, che le coppie lesbiche manifestano un livello di sincronicità molto alto nell’esercizio delle funzioni genitoriali, una divisione più egualitaria dei compiti godendo di un più ampio supporto da parte delle proprie partners e che madri e padri omosessuali fanno meno uso di punizioni fisiche, privilegiando, per mantenere la disciplina, l’utilizzo del linguaggio e del ragionamento. Inoltre, bambine e bambini cresciute/i in famiglie omogenitoriali sembrano meno sottoposti alla pressione della conformità di genere, mostrandosi più aperti e tolleranti verso comportamenti e attività tipici del genere opposto.

Questi dati ci possono aiutare a riflettere sui diversi funzionamenti familiari che coppie genitoriali (omo o etero) possono co-creare e sulle influenze che tali funzionamenti possono avere sulla crescita delle figlie e dei figli.

Come sostiene Carone nelle sue conclusioni, citando Fruggeri (2018): posizioni patologizzanti da un lato e lotte ideologiche dall’altro hanno “impedito di cogliere e articolare le estensioni che le omogenitorialità offrono alla comprensione di tutte le famiglie (incluse quelle con due genitori cisgender, eterosessuali, sposati e fertili) che irrimediabilmente compongono un quadro sempre più eterogeneo” (p. 242).

Sgombrato il campo dal pericolo della genitorialità omosessuale, i ricercatori hanno cominciato ad indagare le specificità di queste famiglie.

Le famiglie omogenitoriali si trovano, infatti, a far fronte a compiti aggiuntivi quali coltivare “percorsi di trasparenza”, “documentare le relazioni tra il genitore non legale e la figlia o il figlio”, “preparare risposte adeguate sulla legittimità della propria famiglia”, “preparare i contesti di socializzazione”, “negoziare la visibilità dei legami familiari” (pp. 22,23).

Con particolare riferimento alla situazione italiana, Carone riflette sulle conseguenze dell’esilio riproduttivo (p. XX), dell’assenza di leggi che riconoscano e tutelino bambine, bambini e i loro genitori e di un clima più generale intriso di pregiudizi, stigma sociale, discriminazioni, micro-aggressioni e violenze. Gli studi che hanno indagato queste dimensioni hanno rilevato che questi aspetti - precarietà giuridica e stigma sociale – possono danneggiare la salute psicologica di figlie, figli e dei loro genitori.

Negli ultimi due capitoli l’Autore entra nelle specificità dei percorsi e delle esperienze di famiglie con due mamme e famiglie con due papà.

In Madri lesbiche con figlie nate e figli nati da donazione di seme, Carone descrive le scelte che una coppia di donne si trova ad affrontare nel realizzare il proprio progetto di maternità: chi sarà la madre (non)biologica? Che cosa determina la scelta della tipologia del donatore (anonimo, conosciuto o aperto)? Come, quando raccontare alle proprie figlie e ai propri figli la storia del loro concepimento? O ancora: come è vissuto il donatore? Quale collocazione/significato ha per la coppia? E per bambine/i e ragazze/i? Quali differenze nell’esercizio delle funzioni genitoriali tra madri biologiche e non biologiche e tra coppie di madri lesbiche e genitori eterosessuali?

In Padri gay con figlie nate e figli nati da GPA troviamo innanzitutto la descrizione delle diverse tipologie di GPA, una chiarificazione sui termini che designano la donna che porta avanti la gravidanza e le linee guida per la valutazione delle gestanti e dei genitori intenzionali.

Attraverso le ricerche e le voci delle persone coinvolte, il lettore ha la possibilità di entrare nei percorsi, nelle motivazioni, nelle difficoltà, nelle istanze di tutti coloro che prendono parte a questo progetto e che rende possibile la nascita di una nuova vita.

Citerò solo alcuni tra i temi trattati: quali motivazioni sostengono le diverse persone coinvolte (gestanti, padri, donatrici) a scegliere un percorso di GPA? Quali i ruoli e i vissuti della famiglia della gestante? Quali relazioni si costruiscono tra tutte le persone coinvolte? Che tipo di funzionamento è rilevabile nelle famiglie con padri gay? Come si declina il ruolo delle figure di attaccamento in queste famiglie?

Vorrei concludere evidenziando alcuni temi sui quali la lettura di questo libro invita il clinico a prestare ascolto e a prendersi cura nel lavoro con queste famiglie: l’influenza dell’omofobia sociale e interiorizzata; la costruzione della consapevolezza di poter generare una vita umana; i vissuti che ruotano intorno alle dimensioni di (il)legittimazione e (in)visibilità; i rapporti con le famiglie di origine, con le istituzioni e con la società più allargata; dubbi, emozioni, scelte relative alla donazione di gameti e al ruolo e alle relazioni con la gestante e la donatrice nei percorsi di GPA; l’intreccio tra aspetti della storia personale, contesti di appartenenza e dimensioni specifiche delle esperienze delle famiglie omogenitoriali.

Ritengo l’impianto e i contenuti del volume, qui sinteticamente tratteggiati, particolarmente importanti anche alla luce, prendendo a prestito i giochi di parole dell’Autore, di altre (ideo)logiche che hanno caratterizzato e continuano, talvolta, ad informare la discussione su questi temi, non solo in ambito politico e mediatico, ma spesso anche in contesti scientifici, tra cui quello psicoanalitico.

“Siamo chiamati, in definitiva, - conclude Carone- a promuovere una conoscenza che non ceda all’indignazione morale né all’euforia libertaria, cioè alla pressione di quelle opposte visceralità che facilmente si dispiegano quando si toccano aspetti legati alla formazione delle famiglie, al concepimento e alla genitorialità, sedimentatisi nei secoli della tradizione attraverso la reiterazione di criteri già noti e dunque irremovibili. È un tipo di conoscenza che accoglie la molteplicità e il pluralismo delle configurazioni familiari, e fugge dal trasformare la custodia del fuoco in adorazione della cenere.” (p. 243).

 

 

Vedi anche

Maria Antoncecchi e Paola Ferri intervistano Nicola Carone

Alexandro Fortunato, Laura Porzio Giusto: "Quel che resta del DDL Zan" (14 dicembre 2021)

Laura Porzio Giusto, La vicenda di Malika: risvolti psicologici dell'omofobia sociale (17 maggio, 2021)

Podcast: I risvolti psicologici dell'omofobia sociale nei ragazzi e nei genitori. Intervista a Massimo Ammaniti

Porzio Giusto L., Origini e percorsi delle famiglie omogenitoriali. 2019

 

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