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Ferro A. - Controtransfert e personaggi della seduta (2005)

CONTROTRANSFERT E PERSONAGGI DELLA SEDUTA

17 dicembre 2005

Antonino Ferro

Il concetto della centralità dell'asse transfert-controtransfert è uno di quei concetti che ci appartengono e fondano la nostra identità di analisti (Smith 2000,Benman-Pick 1985).

In questo lavoro vorrei partire da ciò per cercare di aggiungere qualche altro punto di vista che nasce da una reciproca fertilizzazione del concetto di campo , di alcune concettualizzazioni di Bion, e da alcuni apporti derivanti dalla narratologia .

Il concetto di campo dalla sua iniziale formulazione di Willy e Madeleine Baranger (1961-1962) è via via divenuto più complesso (Baranger 1992;Ferro 1996,2002 a,b; Eizirik 2005; Lewkowicz S, S. Flechner Eds 2005) . Da una situazione che implica ciò che prende vita dall'incontro di analista e paziente in termini di resistenze crociate, e dunque del costituirsi di bastioni, e poi del loro dissolvimento attraverso l'interpretazione che nasce dalla capacità di secondo sguardo dell'analista, è divenuto sempre più il luogo delle multipotenzialità di analista e paziente e di tutti i mondi possibili che possono aprirsi dal loro incontro. E', nel modo in cui lo penso , non solo un campo spaziale ma anche temporale che è abitato dal presente , dalla storia e apre continuamente al futuro.

E' un campo in perenne trasformazione che implica una impossibilità che qualcosa rimanga al di fuori di esso, una volta che ci sia quel big - bang che prende vita dai mondi possibili generati dall’incontro di paziente e analista all’interno del setting . Luoghi del campo sono la relazione attuale tra analista e paziente, luoghi del campo sono ugualmente le loro storie, i transfert, etc.

Il campo ha un suo respiro, l'inspirazione segnala l'arrivo in esso (o lo scongelarsi in esso) di grumi di impensabilità, l'espirazione il collasso che segue a ogni interpretazione satura, che lo puntiformizza per prepararlo a una futura espansione. Naturalmente questo è un movimento incessante.

Altra caratteristica del campo è che prima o poi deve quanto meno contagiarsi, addirittura ammalarsi della malattia del paziente per divenire il luogo della cura e quindi delle trasformazioni.

Il campo ha dunque una natura oscillatoria tra continua apertura di senso ( capacità negativa) da un lato e ineluttabile chiusura di senso e rinuncia a tutte le storie possibili a favore di quella che maggiormente urge per essere raccontata ( fatto prescelto).

L'apporto di Bion (1962,1963,1965) che utilizzo è quello relativo al concetto di pensiero onirico della veglia come frutto del continuo lavoro di alfabetizzazione che la funzione alfa fa sui turbini di elementi ,producendo elementi . Questi pittogrammi rimangono è vero inconoscibili ma sono avvicinabili attraverso i loro derivati narrativi.

Per esemplificare se un paziente avesse una sequenza protoemotiva che comporti allarme-dubbio-sollievo la sequenza di pittogrammi potrebbe essere:

Autobotte dei pompieri    Volto perplesso      Nascita di un bambino

Questo sequenza (di per sé inconoscibile), nel campo potrebbe prendere vita attraverso una infinità di derivati narrativi (Ferro 2002 a) :

Un ricordo di infanzia: da bambino rimasi spaventato quel giorno in cui sembrava che nessuno venisse a prendermi, sinché non mi sembrò di vedere in lontananza un uomo col bastone che sembrava il nonno, e poi che gioia quando lo riconobbi.

Una narrazione di sessualità mi sembrava che Licia non volesse fare l'amore con me quando finalmente arrivai da lei, pensavo che fosse perplessa per il mio ritardo, ma dal suo modo di abbracciarmi capì che non ce l'aveva con me.

Un racconto diaristico: ho visto all'Università una scena che mi ha colpito, una ragazza tremava per la paura prima di un esame ,una volta raggiunto il posto dell'esame sembrò meno spaventata e sorrise alla prima domanda consapevole di sapere rispondere.

Questa mia esercitazione potrebbe continuare all'infinito, ma ciò che mi preme mostrare è come di continuo -se complessizziamo un po' la situazione- il paziente diventa quel luogo del campo che continuamente racconta le evoluzioni e le trasformazioni del campo stesso.

Negli esempi detti, avremmo un campo dove dalla paura si passa al dubbio e poi alla serenità: talvolta potrebbe essere utile interpretare questo al paziente, talvolta potrebbe essere utile lavorare questa comunicazione solamente nel reparto cucina della mente dell'analista senza interpretarla se non in modo ampiamente insaturo. Quanto ho descritto avviene normalmente dopo una interpretazione dell'analista (o dopo una sua astinenza interpretativa) ma l'esempio dell'interpretazione attiva si presta meglio alla esemplificazione.

L'analista fa un intervento, quanto il paziente dice dopo di esso può essere inteso anche come la descrizione di cosa ha attivato dentro il paziente la interpretazione. Dopo l'interpretazione può seguire da parte del paziente una infinità di risposte da ‘ieri ho visto alla televisione un bombardamento su Baghdad’, a ‘ieri ho visto dei Babbo Natale che facevano dei regali ai bambini’. Da ‘ieri un cane ha cercato di mordermi’ a ‘un gattino mi si è avvicinato con tenerezza’ .

Una terza digressione riguarda il modo di concepire i personaggi sia in narratologia sia soprattutto nella stanza di analisi. Prendiamo un romanzo poco conosciuto fuori Italia, i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Renzo e Lucia vogliono sposarsi, Don Rodrigo a tutti i costi vuole impedirlo.

In una concettualizzazione realistico-psicologista si indagherà sulle caratteristiche psicologiche di tali personaggi, sulle loro vite mentali ed emotive. In un'ottica strutturalista, diciamo da Propp in avanti, sarà significativa la funzione che i personaggi hanno all'interno della storia: Don Rodrigo è il motore della storia, proprio nel suo impedire e procrastinare l’happy end del matrimonio di Renzo e Lucia. In un'ulteriore modellizzazione di estrema cooperazione lettore/testo, ogni lettore

costruirà e donerà senso in modo diverso ai vari personaggi.

In una seduta di analisi (Paniagua 2002) un paziente che è in procinto di finire l'analisi al ritorno delle vacanze estive parla accorato della figlia rispetto la quale c'è il timore che abbia una pubertà precoce e che debba subire una operazione chirurgica che probabilmente si renderà necessaria.

E' chiaro che diverso sarà considerare questi personaggi “figlia con pubertà precoce” e “operazione” a seconda del modello dell'analista, in modalità molto diverse tra loro.

a) Si parla effettivamente del problema della figlia e di un insieme di emozioni che si attivano nel paziente che ha una patologia ipocondriaca.

b) Il tema della “pubertà precoce” interviene come freno rispetto il progetto di finire l'analisi , e l'operazione di finire l'analisi che è difficile.

c)Dubbi sulla pubertà precoce e sull'opportunità dell'operazione (di terminare l’analisi) sono ciò a cui dovrà dare risposta il campo relativamente al problema del tempo per finire l'analisi e le ansie che attiva. Solo quella coppia al lavoro saprà dare una risposta che ancora nessuno sa e che sarà la scrittura delle sedute precedenti a trovare la risposta.

Ciò mi porta a dire che in un'ottica di campo ispirata a Bion e arricchita dei concetti estrapolati dalla narratologia si presenta tutta una serie di linee del controtransfert che andranno in una progressione crescente :

Livello 0 di controtransfert: quando il campo si fa esso stesso narratore e metabolizzatore di quanto in esso avviene, il campo digerisce, trasforma alfabetizza le emozioni primitive che vi prendono vita e le segnalazioni del suo funzionamento sono colte dall'analista per consentirne una modulazione continua. Ciò è puramente ideale perché comunque cesure di varia natura mobilizzeranno gli eventi del campo. I personaggi della seduta si fanno essi stessi carico di descrivere quanto avviene consentendo che le modulazioni interpretative modulino i movimenti del campo. L'analista presiede a un processo che co-genera.

Livello 1 di controtransfert: il campo non riesce più a assorbire e modulare le tensioni stesse del campo, ma queste colpiscono un luogo del campo che è la mente dell'analista attivando in lui una Reverie attiva e consapevole che viene percepita e utilizzata dall'analista.

Livello 2 di controtransfert: quando le tensioni del campo sono così intense che esondano dalla parte centrale del campo sopraffanno le capacità di reverie e attivano vissuti particolari dell'analista, che questi deve lavorare in sé stesso sia per digerirli /metabolizzarli sia per utilizzarli relativamente alla comprensione del paziente e relativamente ad eventuali interpretazioni.

Livello 3 di controtransfert: lo stato di esondazione è tale che l'analista si porta -per così dire- i compiti a casa. Qualcosa rimane incistato e necessita di essere elaborato ad esempio attraverso quello strumento prezioso che sono i sogni di controtransfert.

Livello 4 di controtransfert: l'esondazione è tale che l'analista è travolto proprio nella sua funzione analitica implicando ciò rottura di setting che vanno dalle malattia fisica dell’analista a enactments che non vengono riconosciuti, a rotture così drammatiche che implicano l'impossibilità do continuare l'analisi ; siamo nel campo così bene descritto da Gabbard delle violazioni del setting, dove il controtransfert non ha potuto essere sciolto e pensato, diventa “cosa”, “fatto”. A questo punto mancando una delle costituenti delle analisi cioè il setting non c'è più semplicemente analisi in corso.

Vorrei adesso fare alcune esemplificazioni cliniche che mostrino tutti questi livelli (che potrebbero a loro volta avere dei sottolivelli come nel livello 3 l'esistenza di “interpretazioni agite” o “evacuazioni interpretative” o “interpretazioni che sarebbero Categorizzabili” sulle colonne 2 della griglia di Bion) del controtransfert che assimilerei a una sorta di scala Richter del controtransfert. Naturalmente è difficile presentare delle situazioni pure sarà più frequente vedere all’opera funzionamenti “misti”.

 

Livelli di controtransfert: il campo lavora.

 

Luca e il primario incapace

 

Luca un paziente nella fase iniziale della sua analisi mi parla di un proprio paziente che è ritenuto molto cattivo, che è molto arrabbiato, del quale alcuni hanno persino paura.

È vero che questo paziente si è messo a lavorare, ma sul posto di lavoro ha paura del datore di lavoro, che percepisce come qualcuno che gli soffia sul collo, che potrebbe persino morderlo al collo.

Mi scappa senza che quasi me ne accorga: “Io prima abbaierei” .

Breve silenzio. Poi Luca riprende a parlare del paziente, della furia che talvolta prova, del terrore che si accompagna a questa furia.

Poi con voce cupa dice che si interroga se potrebbe mai avere dei punti di contatto con questa persona, sarebbe terrorizzato da eventuali somiglianze.

Sentendo troppo saturo di ansia il clima e eccessivo il mio avvicinamento dico: “E chi l’ha detto che dovrebbe avere dei punti di contatto” ?

Mario poco dopo dice, o potrei dire risponde raccontando che il suo primario non sa per nulla usare il computer. Su un file c era un articolo, su un altro una bibliografia, ed era stupito che fosse possibile metterli insieme.

Aggiunge: “È proprio un troglodita dei computer. Devo insegnargli come si fa”. (Sollevato).

Il giorno dopo sogna che c era un Dinosauro un Thirannosauro Rex, ma lui era l’Uomo Ragno e sapeva come salvarsi.

Dico che mi sembrava un duello almeno ad armi pari, perché l’uomo ragno aveva le sue strategie per salvarsi. Opera a questo punto una trasformazione ulteriore parlando dei gladiatori con la rete che lottavano contro i leoni nella antica Roma e spesso avevano la meglio sui leoni.

Questa breve sequenza mostra un insieme di trasformazioni che vanno dal paziente molto cattivo alla possibilità di affrontare “emozioni vive” (i leoni) ciò passa attraverso un mio micro enactment (la interpretazione /battuta scherzosa che mi scappa di bocca ) e poi il campo spesso che modula le trasformazioni. Ciò porta a dire che anche in una sequenza molto breve è difficile isolare dei movimenti/modalità puri. In realtà si assiste a fenomeni molto complessi che cambiano continuamente.

Stefania e il gatto

Stefania una paziente trentacinquenne al terzo anno di analisi salta una seduta, dopo che io avevo interpretato il racconto sulla figlia che accetta di separarsi dalle cose a cui tiene e il racconto sul marito che si era offeso perché non poteva mangiare da solo tutta la torta come due modi di stare insieme a me. L’uno che accettava limiti e frustrazioni dell’analisi, l’altro che si “offendeva” per gli stessi motivi.

L’inizio della seduta successiva è difficile, dopo lunghi silenzi mi sembra utile cercare di riavviare il nostro discorso facendo delle domande, tentando di riprendere dei fili interrotti in precedenti sedute, sinché Stefania dopo queste sollecitazioni racconta un sogno: chiudeva una dopo l’altra delle porte per difendersi da un gatto che era imprevedibile e antipatico. Sempre nel sogno sopprimeva poi il proprio cane senza provare nulla. Visto il silenzio poco collaborativi in cui si chiude subito dopo il racconto provo a dirle che penso che il gatto imprevedibile può fare spaventare ed è comprensibile che possa aver chiuso la porta, come ha fatto saltando la seduta precedente ma che forse sopprimerla (come ha fatto con il cane) le è anche dispiaciuto.

Ma perché sono imprevedibile e antipatico come il gatto-aggiungo- forse perché nella seduta precedente mi ero avvicinato troppo dicendole quanto le avevo detto a proposito della figlia e del marito?

C’è un ulteriore silenzio. Interrompo il silenzio dicendo che ho un problema nel quale le chiedo di aiutarmi. Accetta. Le dico che mi è venuta in mente una cosa da dirle, se non la dico poi mi dice “mio marito usa la lampadina a risparmio energetico”, se la dico sono di nuovo il gatto! “La dica”! mi risponde.

“Ho pensato-aggiungo- che il gatto sono anche delle emozioni da cui teme di essere graffiata o lacerata e a cui chiude la porta per non soffrire, una forma di anestesia. “Queste cose le sapevo da me anche senza che lei le dicesse”  commenta.

Ovviamente rinuncio a interpretare la negazione di ogni forma di dipendenza e le dico che è importante che queste cose le sapesse e che se le potesse dire. Risponde dicendo che non è vero che non abbia provato nulla per l’eliminazione del cane nel sogno, ha pianto e sofferto, ma che se non si fosse imposta dei limiti, sarebbe stata travolta dal dolore per una perdita così profonda.

I personaggi della seduta entrano, escono, si trasformano a seconda di ciò che deve essere significato di quanto avviene nella matrice emozionale del campo, continuamente pittografata dal pensiero onirico della veglia i cui derivati narrativi fotografano con maggiori o minori gradi di distorsione/distanza le correnti sensoriali emotive del campo. Stefania non accetta il ‘game’ psicoanalitico accetta il ‘playng’ per usare un linguaggio winnicottiano recentemente ripreso da Laurence Kahn. Il campo si anima se è attraversato da linee di forza giocose che mettano il dialogo su un registro di ‘gioco giocoso’, quando cedo alla mia istanza interpretativa che mi fa fare interpretazioni ‘intelligenti’ il gioco si ferma perché è diventato ‘game’ con regole fisse e il gioco può riprendere quando ritrovo una capacità autentica di playing.

Naturalmente sono guidato dalle figurazioni che il campo determina attraverso la fioritura dei personaggi uno dei quali è anche il silenzio. Naturalmente, come in narratologia (Ferro 1992) il personaggio non deve essere necessariamente antropomorfo, anche il cane, il gatto o il silenzio sono personaggi della seduta che consentono una sorta di carotaggio del campo come fanno i geologi quando trivellano un terreno per vederne la composizione. Qui abbiamo la differenza che i personaggi non sono frutto di trivellazione ma sgorgano spontanei a raccontare i movimenti emotivi, le faglie, i rischi, la creatività che il campo è capace di esprimere.

Giacomo e gli animali

Nelle prime sedute di analisi Giacomo arriva sempre portando con sè un computer, da un certo momento in poi comincia a portare racconti su animali vari che sono nella sua fattoria.

Un giorno dopo che avevo aumentato il registro interpretativo, compare il vicino di casa che gira con un mitra e che sta diventando una presenza inquietante; decido di non interpretare in modo saturo e lavoro con lui sulle emozioni e i timori che gli suscita questo vicino( nel quale naturalmente mi riconosco, chi più vicino di me in quel momento?); man mano che il discorso procede con una circolarità dialogica, Giacomo improvvisamente dice: “mi sembra che il mitra del vicino abbia un tappo rosso in cima, ma allora è un arma giocattolo che usa per giocare con i bambini, che strano che non me ne fossi accorto prima”. È sufficiente il mio giocare interpretativo perchè il campo si ristrutturi. Nello stesso periodo un altra trasformazione riguarda un suono che evidentemente a mia insaputa emetto in seduta più spesso di quanto non credessi (come molti analisti a giudicare dalle parodie di molti film sull’analisi!).

Giacomo mi racconta, dunque, che il padre “muggisce” e lui da sempre si è spaventato per questi muggiti poichè non riusciva a interpretarne il senso che temeva fosse di disapprovazione e critica. Avvertito dalle parole di Giacomo cerco di muggire (uuuhhm) di meno in seduta. Nel frattempo anche le ansie persecutorie di Giacomo sono state modulate da un mio farmi più assorbente e discorsivo, in modo che Giacomo un giorno mi sorprende dicendo che da bambino adorava le caramelle “muh!” (delle caramelle molto famose in Italia) della mamma che questa non faceva mancare a casa quasi mai.

Un giorno sempre con Giacomo finiamo, non ricordo come sulla Enterprise dove mi racconta che il vecchio protagonista dr. Spock, il Vulcaniano dalle orecchie a punta, che da bambino lo spaventava ,era adesso nelle serie più recenti stato sostituito da una bella vulcaniana, sempre con le orecchie a punta, ma che lo attraeva. “Che strano”, poi commenta, “un nome così, vulcaniano, che rimanda al fuoco e alla lava, come attributo di una persona tutta ragione. Forse dietro questa apparente razionalità ci deve essere del fuoco! Ricordo che c era una sorta di rito con cui i Vulcaniani staccavano i contatti con le emozioni. Da piccolo avevo anch’io fatto un rito per diventare vulcaniano senza emozioni, ma il rito non aveva funzionato. Forse oggi è mia moglie vulcaniana, ma sotto l’aspetto razionale ci deve essere qualcosa che bolle”.

Giacomo continua a fornire le coordinate climatico-emotive del campo consentendo che io possa continuamente aggiustare per dirla con Meltzer temperatura e distanza delle mie interpretazioni.

La sconnessione/riconnessione del canale tra IP e R

Vorrei adesso soffermarmi su un problema particolare che a mio avviso è molto importante cioè quello della possibilità di rendere nuovamente (o talvolta per la prima volta) transitabile il canale che consente l’incontro delle identificazioni proiettive del paziente con la capacità di reverie dell’analista. Naturalmente in un ottica di campo la descrizione sarebbe più complessa ma mi fermo a questa descrizione semplificata per chiarezza espositiva. Uno dei momenti più significativi rispetto le zolle arcaiche della mente è quello in cui si torna a rendere pervio un canale che era andato ostruito ad un certo punto dello sviluppo.

Naturalmente diversi sono gli effetti a seconda della precocità in cui questo canale viene occluso.

Lo tsunami di Daniele

Daniele è un bambino autistico che dopo anni di terapia ha avuto dei miglioramenti significativi. Qui non desidero fare riferimento alla terapia di Daniele nel suo insieme ma al momento in cui vi è in essa un salto quantico che corrisponde al momento in cui viene abbandonato il tabellone interposto tra il paziente e terapeuta che era una specie di scenario muto dove avvenivano rappresentati eventi climatico-geologici ( tempeste, uragani, terremoti, tifoni, eruzioni vulcaniche, e così di seguito) tutti e sempre correlati con i momenti di grande turbolenza connessi con l'incontro/ separazione. Si arriva dunque a un momento in cui Daniele sospende questi giochi ripetitivi per avvolgersi nel corso dell'ora di analisi dentro a una coperta. Sembra un momenti di chiusura, di rifugio, di conchiglia autistica ma l’analista sente di funzionare in modo diverso “da specchio acustico” sente di poter pensare per la prima volta in presenza di Daniele.

E' pervasa da immagini di tsunami, cimiteri, tombe di bambini, omicidi, film horror. Ma non solo anche canzoni tenere, dolci e nostalgiche, prendono vita nella sua mente: “Pene d'amor perdute”, “Bambina innamorata”.

A volte la terapeuta percepisce in alternarsi rapido uno sguardo spento-handicappato a uno sguardo pazzo-assassino da parte di Daniele. Una seduta inizia con delle “prove di sbuffo” come di una pentola a pressione , poi sembra che Daniele si dia da fare per rendere “pervie” le cavità nasali, mentre alla terapeuta passano in mente tutte le possibili declinazioni della coperta : la metamorfosi, il bozzolo, ma anche aspetti inquietanti, Kafka e lo scarafaggio, Elephant man. Daniele dà poi un calcio al muro chiedendo scusa, nel frattempo altre reveries fioriscono nella mente della analista : i morti viventi, cimiteri da cui escono cadaveri, prova terrore e paura, poi ancora immagini di film dell'orrore e poi musiche strazianti e rintocchi di campane tristi.

Ecco il canale torna pervio, identificazioni proiettive sono accolte e trasformate .....lungo è ancora il cammino da fare.

L’ epilessia di Amedeo

Una collega di grande coraggio prende in analisi e porta successivamente in supervisione, un bambino di 8 anni, nato prematuramente e che presenta crisi epilettiche e paralisi susseguenti con impossibilità a parlare, a causa di una emorragia cerebrale periventricolare avvenuta dopo la nascita.

All'età di 8 anni Amedeo aveva una crisi epilettica ogni 6 settimane alle cinque del mattino con vomito e convulsioni.

Poiché con la terapia farmacologica non si andava oltre questo miglioramento e a causa di concomitanti disturbi dell'attenzione e dello sviluppo globalmente inteso, ad Amedeo fu indicato un trattamento psicoanalitico.

Già nel primo incontro con l’analista Amedeo disegna un bambino ferito alla testa e inizia a produrre una enorme quantità di disegni, la più parte con vulcani, lava o in alternativa dei ghiacciai.

Da subito sembra comunicare la possibilità di gestione dei propri stati protoemotivi o con l'evacuazione o con il congelamento; due modalità che rimandano anche all'attività convulsiva e alla paralisi.

Sempre alla prima seduta Amedeo è preoccupato e si informa di cosa siano le macchie scure che la analista ha nelle braccia. Sembra chiedersi può fare affidamento su una analista sana che non gli faccia correre il rischio di abbandonarlo prima del tempo (ricordiamo come Amedeo fosse nato prematuramente).

In una seduta, dopo nove mesi di analisi (adesso sì, che una separazione può essere fatta !) il tema centrale è quello delle prossime vacanze estive.

Amedeo prende tutte i personaggi e li getta sul muro, poi li lancia per aria e poi li pesta sotto i piedi.

Sembra così mettere in scena il proprio vissuto di essere cacciato via, sbattuto fuori e calpestato nei suoi bisogni.

L'analista (una persona straordinariamente affettiva e disponibile) è invasa da un senso di disperazione e di desolazione.

A questo punto Amedeo interrompe ogni comunicazione non risponde a nessuna sollecitazione.

In qualche modo ha quella che potremmo chiamare una crisi epilettica con paralisi e impossibilità a parlare.

L'analista trova un farmaco geniale: anziché rivolgersi a Amedeo, parla a una statua di un Corvo presente nella stanza, parlandogli di Amedeo, delle vacanze e ciò consente la ripresa progressiva della possibilità di parlarsi.

La seduta successiva Amedeo parla di una cagnolina, Sissi che lo aveva buttato in acqua mentre un cugino l'aveva poi tirato fuori dall'acqua.

L'analista considera ciò sotto il versante storico ricostruttivo, senza cogliere la valenza comunicativa attuale: tu mi butti via!

Seguono una serie di interpretazioni sempre più attive da parte dell'analista sinchè non inizia in modo non coerente con l'abituale stile a incalzare Amedeo parlandogli, senza alcun aggancio attuale, delle sue crisi, della sua paura che nessun dottore lo possa aiutare. Il bambino inizia a parlare di scheletri, di morte.

L'analista che si era caricata delle angosce ed emozioni inesprimibili di Amedeo adesso le sta evacuando con le proprie interpretazioni.

Ma ciò ci dà modo di vedere la “crisi epilettica (analitica)” che parte da Amedeo, poi la “crisi epilettica (analitica)” dell'analista.

Solo questo entrare della epilessia-incontinenza nel campo analitico ne consente la metabolizzazione.

Post-hoc non equivale certamente a propter hoc ma dopo circa un anno di terapia Amedeo non ha più crisi, che vengono curate con le medicine, la stessa terapia che per anni era stata inefficace.

Da subito Amedeo mi sembra mostrare un contenitore ferito e una funzione inadeguata rispetto ad un eccesso di sensorialità che può essere solamente evacuata congelata.

Amedeo ha avuto una doppia diagnosi autismo/epilessia: che sembrano corrispondere a avacuazione /paralisi.

Per noi in quanto analisti al lavoro ci pertiene interrogarci su che cosa sia l'epilessia nella stanza di analisi, non sappiamo se c'è un nesso fra l'analisi e il miglioramento, ma qualcosa sembra essere accaduto.

E' certo - in ogni caso- che facciamo con i nostri pazienti più cose di quelle che sappiamo di star facendo.

***

Vorrei adesso riportare per intero due sedute con due pazienti diversi che mostrino in modo diretto come il campo da solo metabolizzi le ansie del paziente e consenta l’oscillazione tra interventi più insaturi e interventi più classicamente interpretativi. Mi sembra anche che mostrare l’andamento vivo di una seduta consenta di vedere come siano estremamente complessi i movimenti del campo e come una descrizione di un fenomeno ,isolato dagli altri in fondo sia una pura esercitazione.

Nicola

La prima seduta, è di un paziente che sta progressivamente riappropriandosi della possibilità di vivere ed esprimere le proprie emozioni. Tutti i personaggi li considero naturalmente come personaggi della seduta e la referenza esterna ad essi è solamente apparente. Non vi è personaggio che non pensi come interno al campo e da esso generato. Non siamo concettualmente molto distanti da concetti come quello di copensiero di Widlocher (1996) o di’ terzo analitico’ di Ogden.

SEDUTA1

In questa seduta si vede sia il movimento del campo attraverso l’articolarsi tra i vari personaggi sia come io aiutato dal mio vissuto di essere stato per davvero poco disponibile la seduta precedente (intasato) come segnalatomi dal paziente ,possa accogliere le sue proteste come assolutamente legittime. Ciò consente che anche l’incidente della mia esondazione emotiva che aveva causato una mia minore disponibilità possa essere utilizzata per consentire al paziente un contatto con emozioni che prima potevano essere solamente scisse o negate. Le figure del campo mi consentono anche senza eccessive fratture di potere fare delle interpretazioni significative.

Filippo

Questa altra seduta riguarda Filippo un paziente alla fine del primo anno di analisi, che si trova a doversi districare tra un bisogno di generale pacificazione per non perdere la benevolenza affettiva di cui sente un grande bisogno e il desiderio di autonomia che lo spinge verso l’assunzione di una identità più autonoma.

A inizio seduta cerco di favorire i movimenti espansivi del campo dando spazio, apparentemente, al significato manifesto di quanto il paziente mi dice. Guidato dalla sua rabbia riesco poi a contattare dei miei vissuti e a fare una sorta di ‘working trough’ nel controtransfert ( Brenmann-Pick 1985).Il ritrovato contatto emotivo con me spiana la strada a degli affetti che trovano modo di emergere e definirsi sino a consentire una esplicitazione di quelle emozioni che urgevano per essere messe in parole sia rispetto la mia freddezza, sia rispetto il nostro cambiamento di settino. Naturalmente ciò veicola anche tematiche infantili che trasformate andranno ad abitare in modo diverso il mondo interno e progressivamente con una serie di après coup a riscrivere una storia infantile e un romanzo familiare nuovi per quanto possibile. Tanti i temi non ancora emersi (funzione materna, idealizzazione etc..) ma costituiscono i gomitoli narrativi in attesa di essere tessuti.

Bibliografia

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