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Ambrosiano L. - Social dreaming: Introduzione all'edizione italiana, Borla (2001)

15, 16 e 17 novembre 2001

 

 

Sono molto lieta di presentare la traduzione italiana del volume curato da Gordon Lawrence  sul pensare a partire da sogni condivisi. Il volume ha il tono fresco di un taccuino di appunti, di note prese nel corso d'esperienza per descrivere una prospettiva emergente, ancora aperta, insatura, non codificata in una teoria forte.
L'esperienza, avviata da Lawrence,  di un intervento organizzativo realizzato attraverso l'uso dei sogni sembra essersi trasmessa tra consulenti di formazione psicoanalitica e tra psicoanalisti con un sistema informale del passa parola. G.Lawrence invita colleghi del Tavistock Center di Londra a intraprendere nuove esperienze, questi colleghi coinvolgono altri, e cosi via. Personalmente sono stata incuriosita dalle prime notizie che ne ebbi da Claudio Neri, nel corso di un convegno sulla psicoanalisi di gruppo. Mi sembro'  un'iniziativa insieme ingenua ed eretica. Poi mi trovai a fare qualche tentativo cauto, e, soprattutto... continuai a pensarci.
Probabilmente anche le reazioni del lettore potranno ripercorre le tappe di uno stupore dapprima un po' scandalizzato, attraverso la curiosità di fare, a propria volta, qualche esperienza d'assaggio...e poi di continuare a pensarci.
Lo stupore è legato all'ipotesi di analizzare dei sogni in gruppo, in un gruppo che non ha finalità terapeutica, ma che costituisce un nucleo di lavoro all'interno di un intervento di consulenza organizzativa. Il setting di lavoro individuato, nel corso delle esperienze iniziate a partire dagli anni ottanta, è la "matrice".
La matrice non è un gruppo ma una raccolta di persone che sognano, condividono i loro sogni e, gradualmente, cercano di intepretarli e di trovare nessi tra le diverse linee interpretative. La matrice è un modulo di lavoro, della durata in genere di un'ora e mezza, inserito nell'intervento di consulenza organizzativa; gli interventi descritti nel volume spaziano da quelli condotti in azienda ad altri condotti in Università o in scuole di specialità, e spaziano geograficamente dall'Inghilterra, a Israele, alla Jugoslavia, all'Australia, agli Stati Uniti, offrendo al lettore una buona panoramica dello stato dei lavori.
Siamo abituati a considerare i sogni come privati, come l'espressione personale di esperienze intime che avvengono "dentro" la mente individuale. Conserviamo questa considerazione anche quando, con Bion, abbiamo rimesso in discussione queste definizioni "spaziali", e ci siamo volti a considerare la mente come una funzione che si estende aldilà dei confini psichici di un individuo, una funzione che si sviluppa a partire dalla relazione dinamica contenitore- contenuto, reverie materna-esperienze del bambino, gruppo-individuo.     
L'evoluzione della teoria e della tecnica psicoanalitica è stata promossa proprio dal dare rilevanza al contesto: l'incontro tra due persone ciascuna delle quali porta in seduta rappresentazioni di sé e dell'altro, appartenenze, mentalità condivise con i gruppi di riferimento, ecc.,  che precedono l'incontro stesso e orientano i significati che i due partners saranno in grado di cogliere e di co-costruire.
Questo modo di intendere la seduta psicoanalitica ha, naturalmente, modificato anche la concezione del sogno, che, da espressione criptica di desideri conflittuali, è ora assunto come via di comunicazione di pensieri che emergono dalle circostanze dell'esperienza, compreso, evidentemente, l'incontro di cura.
All'interno del trattamento psicoanalitico di gruppo il sogno è assunto come il portatore di significati inediti che si riferiscono alla vita emotiva del gruppo nel suo insieme, alle questioni e ai problemi che il gruppo è impegnato ad affrontare in quel momento della sua storia.
Il sogno, dunque, non puo' essere inteso se non in riferimento al contesto nel quale viene narrato, il suo oggetto è contestuale, come dice Lawrence, proprio perchè l'esperienza è contatto con un contesto. Essa emerge da un "campo" variamente "condiviso", come hanno mostrato Corrao, Gaburri, Neri, Riolo, e tanti autori che hanno caratterizzato la ricerca psicoanalitica italiana negli anni piu' recenti.
Il sogno è un apparato per catturare significati che riguardano un contesto coabitato da un insieme di individui che ne condividono la mentalità, i valori, la tensione e la paura verso la complessità e l'ineludibile incompletezza della conoscenza umana.
Gli autori del libro assumono radicalmente il sogno come una attività di transizione tra l'intrapsichico e il mondo esterno, come l'espressione della connessione dell'individuo con l'altro, con l'ambiente, con il sociale. I confini tra individuo e gruppo, tra il sé e l'ambiente, sono drasticamente rivisti, come osserva Armstrong nel suo contributo, natura e cultura sono intese dagli autori come i due partners nella costruzione di un eco-sistema.
Colui che sogna è colui che pensa, scriveva Meltzer, sognare è un modo di digerire le esperienze accogliendo i significati che le attraversano.
Accogliere le emozioni e le implicazioni di senso che le esperienze propongono è diverso dal riflettere e dall'imparare "qualcosa su" di esse, è piuttosto un essere raggiunti da significati inaspettati, restarne intimoriti e spiazzati, restarne interiormente trasformati.  
La proposta di attuare interventi organizzativi a partire dai sogni narrati dai partecipanti è mossa proprio dalla fiducia di poter, in questo modo, favorire delle "trasformazioni", non solo dei cambiamenti settoriali e specialistici. Si tratta, a mio modo di vedere, di trasformazioni dell'auto-rappresentazione dell'organizzazione in modo che nuovi elementi, altrimenti, scissi, alieni e silenti, vengano integrati.
L'organizzazione non è sperimentata dal singolo come un "oggetto" ma come un "processo", per riprendere liberamente la terminologia di Bollas, autore spesso citato nel testo. Un processo caratterizzato da gesti e ritmi che orientano gli atteggiamenti individuali e che sono assunti dai singoli in una sorta di memoria procedurale non consapevole.
Questi gesti e questi ritmi sono assunti come ovvi e naturali, per cui l'organizzazione, in tanti suoi aspetti, tende ad essere fruita come una cosa in sè  che non necessita di essere interrogata, esplorata, elaborata dal pensiero.  
Il singolo ha bisogno di questi spazi reificati in cui depositare, in modo occulto, aspetti indifferenziati di sé, per cui sviluppa un certo grado di adattamento inerte e compiacente. Tale adattamento conduce, in modo paradossale, a considerare i problemi come evenienze che potrebbero non esserci, come intralci occasionali "causati" da una qualche forma di patologia interna all'organizzazione, o esterna ad essa (relativa al mercato del lavoro, ai consumatori, ai valori, alla concorrenza, ecc.).
Quando sorgono dei problemi-intralci le aziende richiedono l'intervento di consulenti pronti a colludere con questa impostazione, pronti a impartire nuovi modelli organizzativi, che promettono adeguati cambiamenti. I circoli di qualità, la ricerca dell'eccellenza, la capacità aggregante del manager, o i manuali sulla flessibilità e sulla ricettività ai cambiamenti di ruoli e funzioni, sono tutti esempi di come la consulenza alla organizzazione tenda ad aggirare quei processi di elaborazione del lutto che sono la base dell'espressione creativa. T.A. Michael, M. Maltz, E. Martin Walker, nel testo, sottolineano molto opportunamente le caratteristiche di un intervento specialistico di questo tipo, che scompone e isola i problemi, che fornisce attrezzi di razionalità strumentale sempre piu' aggiornati, nell'intento di aggirare il lutto legato alla complessità dei nostri costrutti, del nostro fare e del nostro conoscere. Questo approccio alle organizzazioni rende il consulente un elemento collusivo in un funzionamento anti-sviluppo, come lo definisce H. Hahn nel secondo capitolo, in cui non c'è spazio per la ricerca e la sorpresa.
Nella mia esperienza di ricerca-intervento nelle organizzazioni ho incontrato spesso questo stile di consulenza, e, spesso, ho avuto l'impressione che lasci dietro di sé solo nuove parole d'ordine, un gergo aggiornato di cui gli individui si servono per situarsi in rapporto al cambiamento indicato, piu' che elementi capaci di promuovere trasformazioni.
Il lavoro di social dreaming  propone un modo di ascoltare i problemi e le difficoltà,  di esplorare l'insieme dell'organizzazione senza fornire strumenti preconfezionati, esso si limita ad approntare un setting in cui pensieri nuovi possano trovare spazio per essere accolti.
 Avviandomi a concludere questa mia presentazione vorrei fare una precisazione che mi consente di entrare nel merito della proposta che gli autori del testo ci offrono. A mio parere il punto forte della proposta non è tanto nell'assumere il sogno come oggetto di un intervento organizzativo, quanto nel favorire lo sviluppo di un pensiero liberamente associativo. Il sogno è selezionato come oggetto proprio in quanto si presta ad incoraggiare questo tipo di pensiero. L'intervento si pone così, in modo fertile, all'interno di quell'orientamento epistemologico decostruzionista inaugurato da Freud nel 1900 proprio a partire dalla sua ricerca sui sogni. Freud, interpretando i sogni, proponeva diverse ipotesi di senso, lasciando intendere che altre se ne potevano intravedere, che altre ipotesi interpretative avrebbero potuto emergere da altre relazioni possibili tra gli elementi del sogno...
La libera associazione emerge quando si comincia a perdere la propria linea di pensiero perché la nascita di altri pensieri rompe la continuità delle idee consapevoli, allora la coerenza del discorso si rompe per rivelare linee di pensiero nuove e divergenti, che descrivono qualcosa inconsciamente saputo ma non pensato.
Il sogno narrato nella matrice di social dreaming viene risognato dai partecipanti e, attraverso la libera associazione, nuovi significati possibili vengono intravisti, dando l'impressione che il sogno si espanda nel tempo e nello spazio, che si trasfiguri in un processo di anticipazione del futuro, in una "visione", dice K. Eisold nel terzo capitolo. Nel lavoro di libera associazione i problemi, le disfunzioni, le inadempienze organizzative, invece che come intralci indesiderabili, vengono presi come segnali di qualcosa di emergente, qualcosa di nuovo, denso delle aspettative e delle possibilità che circolano nel campo.
Io considero la libera associazione non solo come un elemento della rivoluzione epistemologica dei nostri giorni, ma anche come il nucleo di una rivoluzione etica, promossa, inconsapevolmente, dalla stessa ricerca psicoanalitica.
Infatti il pensiero associativo, proprio per la sua apparente casualità, per il suo carattere di divagazione, modifica drasticamente il nostro punto di vista sugli eventi. Questi processi consentono di lasciarsi colpire da quelli che Bion definisce i pensieri senza pensatore, cioè dalle implicazioni contenute negli eventi che attraversano il contesto. Cogliere queste implicazioni confronta immediatamente i singoli e i gruppi con nuovi livelli di consapevolezza e di responsabilità.
Oskar Schindler era un piccolo opportunista, beatamente adattato all'universo nazista con cui concludeva affari, scambi di favori, piccoli ricatti e corruzioni, sempre teso a inventare strategie per piazzarsi meglio nel suo contesto. Un mattino, un momento di ozio gli concede una pigra passeggiata a cavallo, distesa e distratta, così egli si trova ad osservare, dall'alto di una collinetta, la distruzione del ghetto di Cracovia ad opera dei nazisti. Inaspettatamente Schindler si accorge, da un piccolo dettaglio, "non avevano paura di avere dei testimoni", del progetto di genocidio che giaceva, implicito e denegato, nella ideologia nazista. L'esperienza di accorgersi porta Schindler ad incontrare un nuovo livello di responsabilità personale, e a avviare una collaborazione con quanti, in quegli anni, lavoravano per la salvezza degli ebrei.
La libera associazione ci mette in contatto con qualcosa di sconosciuto che ci riguarda, questo contatto di per sé modifica il nostro modo di guardare agli eventi e la nostra linea di azione.
G. Lawrence e i colleghi autori del volume non intendono promuovere una rivoluzione etica, ma il loro contributo è impregnato di una tensione rispettosa e attenta verso la conoscenza, anche quando questa richiede di confrontarsi con dolorosi eventi macro-sociali, e storici, che ci riguardano tutti.
Il libro costituisce una bella dimostrazione della fertilità della tanto dibattuta psicoanalisi applicata, e del respiro che, lasciandosene ispirare, puo' ottenere la consulenza nelle organizzazioni.

Pubblicato in Social dreaming. La funzione sociale del sogno, Borla 2001

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