Report a cura di Maria Giovanna Argese
Il convegno Rifugi della mente-Processi di sviluppo, organizzato dal Centro di Psicoanalisi Romano (Roma, 1 e 2 Ottobre 2011), ha posto al centro della riflessione dei numerosi partecipanti la teorizzazione di John Steiner, psicoanalista britannico, noto per il suo libro I rifugi della mente (Boringhieri,1996).
L’autore ha presentato gli ultimi sviluppi del suo pensiero a partire dal concetto di rifugio della mente, un’organizzazione mentale caratterizzata dal ritiro dalla realtà sentita come troppo frustrante e angosciosa e dalla presenza di fantasie che permettono onnipotentemente di plasmarla a proprio piacimento, fantasie che vanno dal vivere in un mondo romantico e fiabesco al sentirsi immersi in una dimensione perversa ed eccitata. Steiner ha esplorato i movimenti psichici che accompagnano il soggetto quando esce dal rifugio psichico: l’esperienza dell’essere visto può provocare un disagio che va dall’imbarazzo alla vergogna, all’umiliazione, in una scala crescente di sofferenza, quando l’aspetto narcisistico della personalità poggia su basi fragili e patologiche. L’esposizione ad “un oggetto osservatore”, fa sperimentare un’intollerabile senso di separatezza, di bisogno e di persecutori età, che risospinge il soggetto nel suo rifugio. Steiner attraverso un illuminante resoconto clinico, ha mostrato come il movimento di uscita e ritorno nel rifugio narcisistico, si declina nella dinamica della relazione analitica, permettendo la trasformazione della difesa onnipotente in un processo evolutivo.
Il dibattito sviluppatosi anche a partire dalla relazione del discussant Maria Adelaide Lupinacci, ha approfondito il significato dell’esperienza del vedere ed essere visti, fondamentale non solo per una conferma narcisistica, ma anche per la costituzione del proprio senso di essere e di esistere.
Gli interventi molto numerosi, hanno indicato come sulla teorizzazione di Steiner sia possibile aprire un dialogo fecondo tra i vari modelli risalenti a Klein, Winnicott, Kohut, Bion.
Il convegno è proseguito nel pomeriggio con Basilio Bonfiglio che nella sua relazione ha specificato quali siano gli elementi della situazione psicoanalitica che permettono di affrontare le aree psichiche riconducibili alle prime fasi dello sviluppo, quelle che precedono il raggiungimento dell’identità e dell’autorappresentazione e sono caratterizzate dalla simbiosi. Attraverso la descrizione del suo modo di lavorare con il paziente, ha sottolineato che: “è enormemente cresciuta l’attenzione ai processi di sviluppo dell’analizzando rispetto alle sue attività difensive. Ha preso forma una visione intersoggettiva della relazione analista-analizzando che richiede al primo di monitorare se stesso sapendo che quanto sente, pensa e fa, avrà un’influenza sulla condizione psicofisica dell’analizzando”.
Tra i punti ripresi dalla relazione del discussant, Anna Maria Nicolò, e poi dal dibattito, ci si è soffermati sulle diverse tecniche possibili per affrontare la patologia narcisistica e in particolare la concezione del transfert e del suo uso. Steiner aveva già dato avvio a questa questione evidenziando la necessità di
“ disilludere con tatto, senza infliggere umiliazione, permettendo al paziente di rinunciare gradualmente alla sua onnipotenza” .
La seconda giornata è stata aperta dal lavoro di Franco De Masi che ha presentato un’ipotesi sul funzionamento psicotico, basato su un organizzazione psicopatologica, frutto non tanto di una permanenza di difese primitive del primo sviluppo, ma piuttosto nuova costruzione che tende ad ampliarsi e a “colonizzare la parte sana della personalità”. De Masi preferisce il termine ritiro che ha una valenza più dinamica ,rispetto a quello di rifugio e sottolinea che l’ambiente infantile in cui il bambino vive è caratterizzato dall’assenza emotiva dei genitori o al contrario da una loro presenza intrusiva e invasiva, cui il bambino reagisce ritirandosi in un mondo onnipotente, segreto, che potrà avere un esito psicotico nell’età adulta. L’autore descrive varie tipologie di ritiro, tra cui un possibile uso del mondo virtuale di internet ; nella relazione del discussant , Alessandro Bruni, così come negli interventi, è stata approfondita la possibilità di distinguere vari stati della mente che vanno dall’immaginazione,alle fantasticherie, a leggeri stati dissociativi, alle fantasie onnipotenti, alla distorsione psicotica della realtà.
Infine la relazione di Giovanni Meterangelis ha ripercorso la fenomenologia della vergogna e l’evoluzione storica del concetto nella teorizzazione psicoanalitica, evidenziandone la relazione con i disturbi narcisistici. Attraverso la presentazione di un caso clinico, Meterangelis ha offerto la possibilità al discussant, Giuseppe Martini , e all’auditorio di approfondire la riflessione sul significato dell’interruzione del trattamento e su come affrontare la patologia narcisistica, laddove in analisi ci si muove tra il non esporre il paziente alla vergogna e alla ripetizione del trauma da una parte, e dall’altra, l’evitare che venga mantenuta un’organizzazione che tende a svuotare sempre di più di vitalità e crescita il suo mondo psichico.