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Marianne Leuzinger-Bohleber, Psicoanalisi ad alta intensità (3 dicembre 2022). Report di Denise Fagiolo

L’intervento di Leuzinger-Bohleber ha inizio con una breve descrizione dello studio MODE (Multilevel Outcome Study of Psychoanalyses in Depressed Patients with Early Trauma), uno studio internazionale, multicentrico, controllato, randomizzato, che confronta gli esiti della psicoanalisi ad alta e a bassa frequenza in pazienti precocemente traumatizzati e depressi cronici. Nel lavoro che presenta, dal titolo “I fili di ragno lo circondavano… L’analisi ad alta frequenza è una buona scelta per i blocchi evolutivi nello stato adulto emergente?”, si interroga sull’adeguatezza della proposta di un trattamento psicoanalitico ad alta intensità in pazienti nel cosiddetto “stato adulto emergente”; quest’ultimo viene definito come una fase evolutiva i cui compiti specifici consistono nell’assunzione della responsabilità di sé stessi, nella capacità di effettuare scelte e prendere decisioni autonome e, soprattutto, nella formazione dell’identità.

Il trattamento psicoanalitico dei tardo adolescenti e dei giovani adulti pone alcune questioni tecniche di rilevanza, quali la gestione del transfert idealizzante e la scelta di interpretare il materiale clinico prediligendo gli aspetti relativi al transfert e alle resistenze o, piuttosto, l’evidenziazione del potenziale evolutivo e dell’accrescimento delle capacità del Sé. Inoltre, tali pazienti potrebbero avvertire che la terapia psicoanalitica favorisca la regressione a uno stato di intensa dipendenza e induca la ripetizione di antichi pattern relazionali.

Nell’opinione dell’Autrice, in alcune situazioni cliniche con pazienti nello stato adulto emergente, quale quella del sig. X di cui discuterà nel corso della giornata, un setting psicoanalitico ad alta intensità favorisce il ripristino e la ripresa dei processi evolutivi inibiti o arrestati. La penosa condizione di blocco evolutivo, di incagliamento esistenziale e di imprigionamento sperimentata dal sig. X viene da lui stesso descritta come la sensazione di essere “Intrappolato nella rete avvelenata, non riesco a sfuggire all’avido ragno succhiatore”. Il paziente ha venticinque anni e presenta un grave stato depressivo conseguente alla separazione dalla sua fidanzata, ha compiuto un tentativo di suicidio e interrotto gli studi universitari. Emerge una possibile depressione materna post partum ed entrambi i genitori presentano una storia connotata da trascuratezze, abbandoni e violente separazioni, che lascia ipotizzare una trasmissione transgenerazionale della traumatizzazione legata alla gravidanza e alla nascita.

In seguito alle sedute di consultazione, l’indicazione è quella di una psicoanalisi ad alta frequenza; l’analista riscontra gravi condotte di ritiro e isolamento, intensi sentimenti di autosvalutazione e di rivendicazione verso i genitori e uno stato mentale dissociativo (come testimoniato anche da un sogno in cui compariva una evidente sproporzione e disarmonia tra la parte superiore e quella inferiore del corpo); il timore di vivere una ritraumatizzazione nella relazione analitica, di dipendere da qualcuno che potrebbe farlo sentire "deluso, confuso e insultato di nuovo" trova raffigurazione in un sogno in cui la testa dell’analista appare “completamente distorta da un lato. Due sogni successivi consentono di accedere al tema della mancanza di separazione con gli oggetti primari e alla fusione/confusione con l’oggetto materno interno e reale, e all’interpretazione del disgusto e degli impulsi aggressivi come tentativi di tracciare dei confini, di rendere possibile la distinzione necessaria al processo di soggettivazione. Nella parte terminale del trattamento, che precede la partenza del paziente per un tirocinio lavorativo all’estero e la conseguente interruzione dell’analisi dopo quindici mesi dal suo inizio, emergono un rafforzamento della struttura nucleare del Sé e dell’identità e, con l’avvicinarsi della separazione, sentimenti transferali di odio, svalutazione e negazione del bisogno e vissuti controtransferali di impotenza e rabbia. Gli interventi dell’analista sono mirati alla comprensione e alla rappresentabilità degli impulsi aggressivi e delle fantasie onnipotenti del paziente, al sottolineare la resistenza e la tenuta dell’analista ai suoi attacchi distruttivi e alla necessità del paziente di separarsi dall’oggetto reale per sperimentare l’accrescimento del suo senso di autonomia, pur potendo conservare un’intatta e persistente relazione con l’oggetto-analista interno.

Alla presentazione del lavoro seguono le discussioni di Anna Maria Nicolò e Luigi Solano. Nicolò commenta che le rotture evolutive della giovinezza possono andare incontro alla stabilizzazione o alla riparazione se intervengono delle esperienze che favoriscano la ripresa dello sviluppo vitale; in tal senso, l’analista si configura come un oggetto nuovo con cui è possibile fare delle nuove esperienze che si rivelino trasformative (transfert evolutivo). Le sembra che i sogni del paziente siano di natura sensoriale e che rimandino alle precoci esperienze traumatiche, non iscritte nella memoria esplicita, di mancanza di sintonizzazione materna, come memorie antiche dissociate sensoriali (embodied memories) che rispecchiano il fallimento dell’ambiente primario di accudimento. Ritiene che l’alta frequenza non sia una condizione di per sé sufficiente per determinare il successo di un trattamento psicoanalitico ma che, unitamente a questa, siano elementi indispensabili le caratteristiche del setting, la capacità di consonanza dell’analista con gli stati affettivi del paziente e la regressione a una fase di dipendenza che consenta al paziente di “vivere il passato nel presente” (Winnicott). Nella sua discussione, Solano individua come compito precipuo della psicoanalisi dei giovani adulti quello di ripristinare il processo evolutivo arrestato, costruendo un setting adattato alle caratteristiche del singolo paziente. Lo scopo del trattamento è aiutare il soggetto a sviluppare forme di attaccamento e dipendenza più mature, contendendo il rischio di una idealizzazione massiva dell’analista. Rileva, infine, l’importanza dei cambiamenti nella realtà esterna e delle esperienze di convalida e riconoscimento che avvengono nella vita del paziente, piuttosto che rimanere confinate unicamente nella relazione di transfert.

La relazione di Leuzinger-Bohleber e i successivi interventi di Nicolò e Solano sollecitano una vivace discussione e un forte coinvolgimento degli astanti. Diversi partecipanti hanno posto l’attenzione sulla gestione dell’aggressività e della distruttività del sig. X nel corso del trattamento, esprimendo apprezzamento per gli interventi dell’analista che hanno saputo valorizzare la possibilità del paziente di esternalizzare l’odio e la rabbia senza cadere nelle angosce di ritorsione e nella colpa omicida. L’esperienza di un oggetto accogliente in grado di preservare la propria integrità a fronte dei suoi attacchi violenti e di favorire l’utilizzo dell’aggressività come una forza trasformativa e un motore dello sviluppo, gli ha permesso di sottrarsi all’immobilità della ripetizione e di invertire la direzione della rabbia da orientata verso il Sé alla sua espressione contro l’analista.

Anche il tema delle Embodied Memories è stato presente in alcuni interventi, a evidenziarne la possibile trasmissione psichica transgenerazionale nei sogni e la loro relazione con gli enactment che potrebbero costituire fenomeni correlati a tali antiche, corporee tracce mnesiche non integrate.

 

Vedi anche: 

Marianne Leuzinger-Bohleber, Psicoanalisi ad alta intensità

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