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Riflessioni sul saggio di Winnicott: “La pazzia della madre che appare nel materiale clinico come fattore ego-alieno” (14 gennaio 2023). Report di Carlotta Facchini

La giornata, a cui partecipano 137 persone, si apre con la presentazione del testo di Alberto Sonnino “La cura psicoanalitica dei casi complessi. Psichiatria, setting psicoanalitico” in cui l’autore fornisce paradigmi da porre alla base di una teoria della tecnica, necessariamente flessibile, nel trattamento dei casi complessi.

Alessandra Balloni, per rappresentare l’evento, sceglie un’immagine tratta dal film giapponese del 1926, “Una pagina di follia”. Ambientato in un ospedale di malattie mentali, racconta la storia di una donna che viene ricoverata dopo aver ucciso il suo bambino. Nel tentativo di ricercare un filo che attraversa l’umano, introduce così i relatori e il saggio di Winnicott che verrà esplorato e trattato da due psicoanalisti considerati fra i maggiori esperti internazionali del suo pensiero: Vincenzo Bonaminio e Lesley Caldwell.

Vincenzo Bonaminio ci conduce per mano nel saggio di Winnicott, La pazzia della madre che appare nel materiale clinico come fattore ego-alieno e mostra i minuziosi movimenti dell’analista al lavoro. Questo articolo mette il lettore nella condizione di comprendere il processo mentale dell’autore e la sua enorme capacità di attendere che il materiale clinico porti conferma alle sue ipotesi. Si tratta di una sola seduta e di un’unica interpretazione alla quale Winnicott approda per tentativi ed errori. I dettagli sono l’anima del caso clinico e della sua narrazione e non vengono mai trascurati, ma anzi ne viene esaltato il significato.
Dal gioco con gli scarabocchi con il suo piccolo paziente emerge l’elemento “buffo”, quello “strano”, determinante pre-concettuale che orienta la sua osservazione clinica e che rivela ciò che Bollas chiama la “natura percettiva delle teorie” e che Bonaminio ha definito nei termini della loro “derivazione clinica”.
Dopo che il bambino disegna un piccolo segno incomprensibile al lato dello squiggle (scarabocchio), Winnicott guidato dalla sua intuizione clinica, gli domanda cosa sia. Il bambino, di nome Mark, risponde che si tratta di un segno (mark) e quindi di un niente. Una prima ipotesi interpretativa prende forma: il bambino Mark si sente un niente, ma Winnicott attende altri sviluppi clinici, altre trasformazioni. Ora ha però trovato una strada da seguire…
Mark inizia a parlare di un treno e di come questo a volte debba fermarsi su un side track (binario laterale) per far passare un rapido, e si ritrova bloccato in attesa che si effettuino gli scambi, per poi poter tornare. È in queste parole del bambino che è possibile individuare il materiale “alieno” che preme dall’inconscio, preparandosi la strada per poter sboccare fuori e fluire. Il treno bloccato conduce Winnicott ad un ulteriore insight: “c’era caos e non ordine nelle sue esperienze immediate”. Con i successivi squiggles prende forma qualcosa di caotico, per Mark non ancora pienamente rappresentabile e rappresentato e si presenta qualcosa di nuovo ed estraneo all’orientamento generale del materiale. Il registro della seduta si trasforma improvvisamente: il bambino comincia a comportarsi in modo del tutto diverso ed è in questo cambio improvviso che Winnicott riconosce l’arrivo dell’agente traumatico.
Bonaminio si chiede invece se non fosse il risultato di quella pre-formulazione dell’analista che ha dato a Mark la sensazione che ci fosse lo spazio per far venire fuori il “buffo” e lo “strano”. La dimensione del bizzarro era stata notata, capita, accolta.
Winnicott tenta una interpretazione sulla scena primaria alla quale Mark risponde compiacente e che permette a Winnicott di rintracciare il falso Sé del bambino in azione. Allora abbandona il percorso inautentico mentre il bambino si disorganizza nuovamente, rappresentando la “follia” che poco dopo irrompe nella stanza d’analisi. Rimandando la sua interpretazione, Winnicott mette in evidenza la distinzione tra interpretare e fare interpretazioni: è al paziente che bisogna tornare per essere sufficientemente sicuri che ciò che gli si dirà è sufficientemente pregnante e verosimile, anche se non certamente vero. Winnicott a questo punto interpreta a Mark che forse come il treno veloce mette da parte il piccolo treno, così sua madre ogni tanto impazzisce e lui deve farsi da parte, diventando un niente. Il processo di trasformazione avviene mediante la riconquistata capacità di giocare, poiché Mark da un niente è diventato qualcosa. Osservare, capire, comprendere sono i 3 passaggi fondamentali che Winnicott mette in campo e che permettono di essere aderenti al materiale clinico.

Lesley Caldwell sottolinea la capacità di Winnicott di consentire la costruzione di uno spazio condiviso di significati da sviluppare, in cui pensieri, sentimenti e disegni possono essere presentati e accettati per quanto caotici o confusi possano essere. Costruire quello spazio di fiducia è ciò che di più significativo compare nella consultazione di Winnicott con Mark. Notare è la parola di Winnicott di cui Bonaminio sottolinea il senso. L’introduzione di Mark di qualcosa di diverso allerta Winnicott, è l’emersione di qualcosa di estraneo, un’intrusione.
Citando Armellini, il caos per Winnicott è il risultato di un’interruzione della continuità dell’essere e Mark, usando l’analista come oggetto intero, può ristabilire la continuità che gli mancava. Lo squiggle diventa mezzo per stabilire uno spazio di transizione tra paziente e analista. La sua creazione e il parlare di ciò che hanno disegnato costituisce la base delle loro comunicazioni, ma è anche un atto creativo che esiste di per sé e ingaggia il contributo di entrambi.
Caldwell propone che forse non è sempre necessario l’uso delle parole in psicoanalisi, ma sono da valorizzare il silenzio e altre forme di comunicazione, rispetto alle quali Winnicott è stato fondamentale. Disegnare corrisponde ad un’azione generatrice di significato e crea connessioni a diversi livelli, dando vita a spazi di provvisorietà in cui la disponibilità ad esplorarli diventa possibile se c’è un analista interessato e attento. Il disegno favorisce lo scambio tra dentro e fuori, che si avvicinano entrambi alla necessità di integrare i frammenti di un tutto. La capacità di Winnicott di tenere insieme la confusione del bambino è di grande aiuto.
Winnicott “lavora come psicoanalista” quando si imbatte in problemi originari nelle più precoci esperienze del bambino e in cui la sintonia tra madre e bambino è fallita e da cui è emerso un Sé e una relazione con gli oggetti distorta. Allora l’attenzione al setting, l’affidabilità e la coerenza come elementi determinanti della relazione analitica, sono modellati sulla dipendenza da relazioni precoci sufficientemente buone. Quindi, conclude Caldwell, Winnicott insiste sul fatto che lavorare come psicoanalista significa sia fare ciò che si intende per psicoanalisi, mediante un lavoro quotidiano intensivo, sia facendo qualcos’altro come, ad esempio, lo scambio di riflessioni che si stanno svolgendo nel corso di questo evento.

La discussione con la sala è ricca di scambi e riflessioni.
Si sottolinea l’importanza del silenzio, dell’immaginazione e dell’immagine che Winnicott offre a Mark, evidenziando l’importanza di dare valore ai sensi e al faticoso ma importante lavoro relativo al tollerare i silenzi dei pazienti. L’uso sognante dei sensi e dello squiggle permette il rimando tra l’esterno e l’interno e apre alla possibilità di iniziare ad individuare il nucleo del dolore del bambino.

Alberto Sonnino, Vincenzo Bonaminio e Lesley Caldwell dibattono riguardo alla distinzione tra realtà psichica e realtà reale, considerando il caso di Mark come un esempio di immissione di realtà psichica della madre nella mente del bambino.
L’elemento terapeuticamente più significativo del lavoro di Winnicott con il suo piccolo paziente è stato il riconoscimento della follia della madre, cosa che ha favorito un lavoro di integrazione del Sé del bambino, il quale ha potuto così riappropriarsi delle proprie percezioni e del proprio punto di vista.

Altri interventi sottolineano come Winnicott sia stato un precursore di un cammino rappresentato da tutta la ricerca dell’intersoggettività, che sempre più si concentra sulla cura della comunicazione degli affetti e di come questi sono stati comunicati. Quest’ultima assume così il valore di ripristinare delle modalità di comunicazione sane, che mettono in gioco le proceduralità e le memorie implicite sia del paziente che dell’analista.

 

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