Venerdì, Aprile 19, 2024

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

I cookies sono dei piccoli file di testo che, trasferiti sull’hard disk del computer dei visitatori, consentono di conoscere la frequenza delle visite e quali pagine del sito vengono visitate dai netizen. Si tratta di dati che non permettono di procedere all’individuazione dell’utente (ma la sola provenienza dell’azienda), non incrociamo le informazioni raccolte attraverso i cookies con altre informazioni personali. La maggior parte dei browser può essere impostata con modalità tali da informarla nel caso in cui un cookie vi è stato inviato con la possibilità, da parte sua, di procedere alla sua disabilitazione. La disabilitazione del cookies, tuttavia, può in taluni casi non consentire l’uso del sito oppure dare problemi di visualizzazione del sito o delimitare le funzionalità del medesimo sito, pur se limitatamente ad aree o funzioni del portale.

La disabilitazione dei cookies consentirà, in ogni caso, di accedere alla home page del nostro Sito. Non viene fatto uso di cookies per la trasmissione di informazioni di carattere personale, né vengono utilizzati c.d. cookies persistenti di alcun tipo, ovvero sistemi per il tracciamento permanente degli utenti. L’uso di c.d. cookies di sessione (che non vengono memorizzati in modo persistente sul computer dell’utente e svaniscono con la chiusura del browser) è strettamente limitato alla trasmissione di identificativi di sessione (costituiti da numeri casuali generati dal server) necessari per consentire l’esplorazione sicura ed efficiente del Sito. I c.d. cookies di sessione utilizzati sul Sito evitano il ricorso ad altre tecniche informatiche potenzialmente pregiudizievoli per la riservatezza della navigazione degli utenti e non consentono l’acquisizione di dati personali identificativi dell’utente. Coloro che intendono avvalersi della sezione riservata del sito prestino attenzione alla specifica informativa anche relativamente all’uso dei cookies.

Il gioco della psicoanalisi (23 ottobre, 2021). Report di Donatella Verrienti

Discutono Giuseppe Civitarese, Paolo Fabozzi, David Ventura

 

A presentare l’incontro del 23 ottobre 2021, organizzato dal Centro di Psicoanalisi Romano, dal titolo “Il gioco in Psicoanalisi”, è Alessandra Balloni che, in veste di Segretario Scientifico del Centro, introduce il tema di riflessione e dibattito della giornata commentando il “Gioco di Bocce”, dipinto del 1908 dell’artista francese Henri Matisse. L’immagine, scelta in qualità di icona rappresentativa del seminario, nel ritrarre tre giovani intenti nel gioco delle bocce sembra poter descrivere – ci sottolinea Alessandra Balloni – la scena stessa del seminario, inteso come possibilità di scambio fertile e creativo di posizioni e di idee tra i relatori e degli stessi con il contesto di ascolto rispetto ad un comune oggetto di interesse, che è la Psicoanalisi. Allo stesso modo in cui Matisse vede nel gioco una manifestazione della creatività dell’uomo ed uno strumento per comprendere i codici della vita, l’introduzione di Balloni ci ricorda, citando Donald Winnicott, di come obiettivo della cura psicoanalitica possa essere inteso nel ripristino di una capacità di gioco, nel recupero di una propensione vitale e creativa rivolta alla costruzione di uno spazio intersoggettivo di comunicazione, disposizione che nel caso dei pazienti spesso può risultare congelata o non essersi mai sufficientemente costruita.

L’utilizzo dell’efficace metafora dei tre giocatori è dunque di aiuto nell’introdurre nel campo dialettico il primo dei relatori della mattinata, Giuseppe Civitarese, nel cui lavoro dal titolo “Cosa vuol dire “giocare” in analisi?”, ci fa subito notare come nel nuovo paradigma della psicoanalisi, che si può definire più ontologico che epistemico, cioè più rivolto a promuovere nuove funzioni della mente piuttosto che a disvelare contenuti rimossi, il gioco è da considerare strumento principe di ogni esperienza di analisi, non più modello tecnico esclusivo della psicoanalisi infantile. Nello sfatare l’attribuzione al gioco di un carattere di non serietà e di irrealtà, Civitarese ci mostra inoltre come lo spazio del gioco sia un luogo in cui, in una connotazione di piacere e insieme di rispetto delle regole, sia attui un raffinato lavoro di costruzione identitaria, in una tessitura di “fili di intersoggettività, profonda ed intercorporea”, come il famoso gioco del rocchetto descritto da Freud sembra egregiamente testimoniare.

Riferendosi al pensiero di Melanie Klein, successivamente ripreso da D. Winnicott ed T.H.Ogden, che pone il sognare dell’adulto e il giocare del bambino come espressioni equivalenti di una modalità di “sognarsi intersoggettivamente nell’esistenza”(Ogden,2009), la relazione ci aiuta a chiarire alcune dimensioni concettuali e tecniche in riferimento alla teoria post-bioniana del campo analitico, in cui il “gioco psicoanalitico” si definisce quale narrazione creativa, una sorta di co-costruzione di due inconsci in reciproco ascolto in cui è la funzione del giocare il principale motore della crescita trasformativa della mente che avviene attraverso ripetuti momenti di sintonizzazione emotiva. La descrizione di Civitarese di un modello intersoggettivo dell’inconscio induce a pensare che l’analista debba dirigere la sua attenzione verso una visione polisemica del reale, in cui sia possibile cogliere le varie stratificazioni di significato di un evento narrato in seduta, sogno o situazione traumatica, non interpretabili solo in chiave positivistica come eventi in sé ma come al contempo espressioni allusive del processo di “trasformazione in gioco” (Ferro,1992), che sta prendendo forma nel contesto dell’analisi.

Così come avviene per la “trasformazione in sogno”, che prevede un’attività poetico-poetica della mente di digestione e trasformazione degli stimoli in emozioni trasfigurate all’interno di un contesto di simbolizzazione mediato dal linguaggio e dalla presenza dell’Altro, la “trasformazione in gioco” ne rappresenta l’equivalente, in una dimensione ludica ed insieme simbolica, creata attraverso la narrazione coinvolgente ed appassionata di due giocatori. Questa concettualizzazione ci porta dunque molto distanti dalla teoria Freudiana del sogno ed alla sua funzione primaria di protezione del sonno nell’occultamento delle idee rimosse, mentre ci apre ad una visione e ad un utilizzo del sogno come comunicazione appartenente, al pari di altre, al campo analitico, un sogno cioè condiviso dalla coppia al lavoro. In questa dimensione – sulla scia dell’intuizione Bioniana – la scena analitica si popola di una moltitudine di personaggi che emergono dalla scatola dei giochi, di volta in volta scelti per dare nome e forma alle emozioni inconsce presenti in campo, non riconducibili solo ad elementi di realtà bensì a funzioni emotive di legame che il “noi inconscio” è riuscito ad elicitare.

Civitarese rivolge in ultimo un esplicito invito a prestare attenzione all’interno della relazione di analisi allo stile comunicativo, suggerendo che possa essere semplice e diretto, un modo di proporsi dell’analista umano e familiare, facilitante la costruzione di un ambiente che sia di supporto e di facilitazione del gioco simbolico, anche attraverso l’utilizzo di strumenti, quale la metafora o il motto di spirito, che come il sogno e la poesia, hanno il potere di condensare più livelli di significato, e possono favorire l’ampliamento del processo di significazione e di simbolizzazione rispetto al piano della realtà concreta. Accanto a tale accorgimento tecnico, la disposizione a fornire interpretazioni “deboli” o “insature” può costituire un ulteriore fattore di attivazione del campo analitico, nel creare spazi concavi, recettivi, più facilmente in grado di accogliere il “gioco dell’inconscio” e motivare l’apertura di percorsi associativi nuovi in un una sorta di “danza di traiettorie emotive” che il componimento poetico può sapientemente descrivere, come ci dimostrano Donald Moss e Flavia Genta nel loro inedito modo di rielaborare la registrazione del dialogo analitico attraverso la trasformazione in scrittura poetica, in una sorta di “action-reverie”.

Paolo Fabozzi prosegue la mattinata di studio illustrandoci come il giocare, che rappresenta in termini più generali una condizione fondativa dell’esperienza umana, costituisca un’espressione intrinseca dell’analisi in quanto scambio comunicativo tra due giocatori all’interno di uno spazio potenziale. E’ proprio in questo spazio che il giocare acquista dei caratteri altamente specifici in relazione alla presenza di alcuni fattori già descritti da D.Winnicott in “Gioco e realtà”(1951). In primo luogo è lo stato di rilassamento psichico a predisporre verso l’utilizzo nel paziente di una comunicazione che previlegia “sequenze di pensiero senza relazione tra loro”, consentendo in questo modo il dispiegarsi di un “essere senza forma”, un tipo di organizzazione psichica potenzialmente in grado di acquisire forma senza l’esigenza difensiva di adattarsi all’ambiente assecondandone le aspettative. Altro tratto del giocare è il suo carattere eccitante che deriva non da un’implicazione pulsionale bensì dalla condizione di precarietà che attiene all’essere tra “il soggettivo e l’oggettivamente percepito”, area intermedia tra l’onirico ed il reale. Il paradosso del giocare è insito nel poter far esperienza di qualcosa che si situa a ponte tra mondo interno e mondo esterno, in uno spazio che accoglie contemporaneamente vicinanza e distanza tra i giocatori e che potenzialmente è destinato a non esserci. Fabozzi precisa, tuttavia, come nel campo analitico tale dimensione psichica non sempre sussista. Si realizza solo quando è in atto una sovrapposizione tra l’area del gioco del paziente e quella dell’analista ed è allora origine di un’intersezione feconda e creativa tra il livello intrapsichico e quello intersoggettivo di entrambi i partecipanti. Al contempo, se manca la postura dell’analista nel proporre e rilanciare questa attitudine al gioco è facile che tale spazio potenziale possa collassare verso il piano del concreto o, viceversa, che esso risulti assente e ancora da costruire nelle situazioni cliniche dove manca la capacità di simbolizzazione. Nella lettura di Fabozzi questa dimensione appare completare il transfert, in quanto mentre il transfert tende alla ripetizione, a trovare il noto nell’ignoto, lo spazio potenziale apre alla ricerca dell’ignoto nel noto, e attiva percorsi imprevisti di trasformazioni del Sé, nella conoscenza ed accettazione di una realtà con cui sia possibile intrattenere un rapporto creativo.  

Infine, David Ventura centra il vertice della sua riflessione sulla possibilità di declinare il concetto di gioco in Psicoanalisi non soltanto sulla equipollenza già descritta da M.Klein tra il sognare ed il giocare ma seguendo la concettualizzazione Bioniana che in “Attenzione e Interpretazione”(Bion,1970)” individua una contiguità teorica tra il concetto di gioco di matrice Winnicottiana ed il “Linguaggio dell’Effettività”, che Bion considera come una delle due prevalenti modalità di comunicazione presenti nella relazione d’analisi. Mentre il “Linguaggio della sostituzione dell’azione” fa riferimento al piano della rappresentazione simbolica, il “Linguaggio della Effettività” attiene al regno del divenire, alla messa in atto di dimensioni più arcaiche ed indifferenziate della mente, cui è mancata una registrazione e trasformazione in caratteri simbolici, azione dunque alla ricerca di una quota rappresentazionale. Sempre riferendosi al pensiero di W.R.Bion, il relatore individua nella Capacità negativa e nella “opacizzazione della memoria e del desiderio” la disposizione dell’analista più idonea a sostenere l’espressione di questa peculiare forma di linguaggio, in quanto, ampliandone le potenzialità osservative ed esplorative del campo, ne amplifica al contempo la capacità di intuizione. È infatti questa capacità che, lavorando come uno speciale organo sensoriale, consente di dare forma all’ineffabilità degli eventi mentali trasformandoli in elementi sensoriali, conoscibili e dunque pensabili, in una dimensione trasformativa in grado di coinvolgere in egual misura paziente ed analista, creando così una “nuova realtà congiunta” che potenzia e rafforza al contempo la relazione stessa (Ogden,2015). Queste premesse, dunque, consentono – rimarca David Ventura – di accostare la funzione del giocare del bambino al sognare in analisi, laddove entrambe le dimensioni poggiano sulla capacità negativa e sulla capacità intuitiva, sinergicamente artefici di un campo emotivo dotato di energia creativa. Ultimo pilastro del campo analitico è infine l’azione, elemento tradizionalmente considerato di ostacolo e fattore di resistenza al naturale processo di rappresentazione dell’inconscio, ad oggi riconosciuto da più matrici teoriche come aspetto ubiquitario ed inevitabile del processo analitico (Arnetoli,2017), aspetto che nel suo presentarsi fornisce l’occasione per “deconcretizzare”, avviando processi rappresentazionali lì dove prevarrebbe la qualità concreta degli oggetti posti in campo.

Un vivace e movimentato dibattito conclude la mattinata, in uno scambio in cui, tra i molti spunti, si discute il significato del trauma, e se ne sottolinea la natura non soltanto “storica” nel suo significato effrattivo cui occorre naturalmente dare riconoscimento ma anche nella sua qualità evocativa della mancanza di una struttura della mente, condizione generata dall’aspetto cumulativo del trauma che impedisce la stessa capacità di giocare. In questi casi lo sforzo è nell’aiutare il paziente a generare nuove strutture con cui poter “giocare” creativamente nell’analisi come nella realtà.

 

  

Riferimenti bibliografici

Arnetoli C. (2017). Enactment, momenti d’incontro e azione poietica. In Boccara P., Meterangelis G., Riefolo G.201. Enactment. Milano Franco Angeli 2018

Bion WR (1970). Attention and Interpretation. London, Karnak 1984

Ferro A. (1992). La tecnica della psicoanalisi infantile. Il bambino e l’analista: dalla relazione al campo emotivo. Milano Raffaello Cortina.

Ogden T.H. (2009). Sul Parlare come sognare. L’annata psicoanalitica Internazionale,5: 127-141

Ogden T.H. (2015b). Intuire la verità di quello che accade: a proposito di Note su memoria e desiderio di Bion. Riv di Psiconal.61.843-864

Winnicott D.W. (1951). Gioco e realtà, Roma Armando Editore 2006

София plus.google.com/102831918332158008841 EMSIEN-3

Login