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Oltre la stanza: il servizio di consultazione e clinico B/A tra istituzioni e un mondo che cambia (26 giugno 2021). Report di Patrizia Marieni

 

Sabato 26 giugno si è svolta una mattinata seminariale proposta dal Centro di Consultazione e Terapie Psicoanalitiche per Bambini Adolescenti e Famiglie (CCTP B/A) che ha fornito uno spazio di riflessione e condivisione sull’ormai ultra-decennale esperienza maturata da questo servizio nel lavoro clinico e inter-istituzionale rivolto all’età evolutiva.

L’introduzione di Carla Busato Barbaglio e di Lucio Rinaldi (Resp. UOS Day Hospital di Psichiatria del Policlinico Gemelli) ci conduce immediatamente in un clima di interscambi positivi e vitali, ripercorrendo le tappe della nascita e della crescita del Centro di Consultazione B/A, divenuto con delibera assembleare del 2019 anche Servizio di Terapia

Il servizio nasce nel 2008 su richiesta dell’allora presidente della commissione nazionale B/A Maria Adelaide Lupinacci e approvazione del presidente del CdPR Romolo Petrini e con l’iniziale conduzione di Tonia Cancrini e Carla Busato, all’epoca già impegnata, insieme a Luciana Bon de Matte, in una collaborazione con il Servizio per l’Adolescenza del Policlinico Gemelli.

Rinaldi ricorda, infatti, come intorno alla seconda metà degli anni 90, la presa in carico da parte del Servizio psichiatrico del Policlinico di utenti adolescenti che manifestavano un grave disagio (disturbi alimentari, tentativi di suicidio, disturbi dissociativi) cominciò a far riflettere sulla necessità di costruire “una cultura specifica sull’adolescenza” per il personale ospedaliero e uno “specifico spazio di ascolto” per gli adolescenti. Tale riflessione condivisa con Pietro Bria, psicoanalista SPI e direttore del Servizio di consultazione psichiatrica del Gemelli, portò - anche in ospedale - alla creazione di un servizio dedicato a questa fascia evolutiva, all’avvio di gruppi di supervisione per gli specializzandi ospedalieri condotti da Carla Busato e alla successiva nascita di un gruppo di ricerca e studio definito “ecumenico”, vista la presenza di psicoanalisti SPI ma anche di psicoterapeuti di altre scuole.   L’intenso lavoro di riflessione e studio comune ha portato alla pubblicazione di diversi lavori sull’adolescenza, tra cui: “La voce del corpo” (Pietro Bria, Carla Busato Barbaglio, Lucio Rinaldi, Feltrinelli 2009) “Nuovi assetti della clinica psicoanalitica in età evolutiva” (a cura di Busato e Mondello, Borla 2011) e “Corpo Cibo Affetti” (a cura di Busato e Rinaldi, Borla 2014).

Nell’introduzione alla mattinata seminariale entrambi gli interlocutori valorizzano il ruolo e il contributo del “gruppo” nel lavorare in un settore come quello dell’infanzia e dell’adolescenza che spesso porta a contatto con realtà complesse, traumatiche, dal “forte impatto emotivo” e con l’esigenza di doversi confrontare con figure che operano “oltre” la soglia dell’ambito terapeutico: assistenti sociali, avvocati, insegnanti.

Carla Busato sottolinea la “qualità affettiva” della partecipazione al gruppo di studio e intervisione dei casi in cui si è instaurato un clima positivo “libero e paritario”, di circolazione di pensieri e vissuti emotivi. Il clima positivo è di per sé “curativo”, evidenzia Busato, se pensiamo all’incidenza degli “affetti positivi” nello sviluppo della capacità di empatia all’interno delle relazioni primarie, come dimostrato dalle ricerche sullo sviluppo, o all’importanza nel lavoro clinico, seguendo l’insegnamento di Anne Alvarez, di attivare “sistemi appetitivi” che consentano al paziente di crescere e svilupparsi nell’incontro con un oggetto vivo e responsivo.

Rinaldi osserva come la pandemia abbia dato occasione di fare un “passaggio ulteriore” rispetto agli scambi già ricchi tra la SPI e il Gemelli: gruppi di supervisione in ospedale, accoglienza di tirocinanti-candidati SPI da una parte e invio di pazienti al CCTP B/A dall'altra, con la costituzione di un “terzo spazio” gruppale e virtuale di incontro, dove si condividono linguaggi molto diversi. Partecipano infattia questo nuovo gruppo psicoanalisti, psichiatri tirocinanti, endocrinologi, ostetriche e altre figure ospedaliere che possono essere via via coinvolte nei casi. Rinaldi nota come questo ulteriore spazio consenta anche di accedere ad un “terzo livello” nella relazione con il paziente, rispetto al singolo lavoro dei clinici in ospedale o degli psicoanalisti nei loro studi. Un “terzo luogo” che consente di tenere insieme ed integrare l'unità corpo-mente, guardandola nelle sue molteplici sfaccettature, in maniera isomorfa, ci dice Rinaldi con un suggestivo parallelo al lavoro del pittore Claude Monet che realizzò la serie delle “Cattedrali di Rouen”, raffigurando il portale della cattedrale da diversi punti di osservazione e in diversi momenti della giornata con il variare della luce.

Busato conclude la parte introduttiva della mattinata sottolineando l'importanza che questo sforzo di integrazione compiuto dai gruppi inter-istituzionali, che si sono formati in questi lunghi anni di collaborazione, possa dar luogo ad una “proceduralità”, ad un “modello integrato” di presa in carico del paziente in età evolutiva, che consenta di guardarlo da diversi punti di vista.

La mattinata prosegue con la presentazione di casi, che hanno coinvolto l'attività del CCTP B/A e che sono emblematici di quel varcare la soglia, di quell'andare “oltre” il confine della stanza di analisi con cui spesso il lavoro clinico con bambini, adolescenti e loro famiglie, ma anche le mutate condizioni del mondo in cui viviamo, non ultime quelle imposte dalla pandemia, ci cimentano. Un attraversamento di confine che, come vedremo nei casi proposti, interroga sempre di più l'analista rispetto achi e cosa entra nella stanza di analisi “oltre” al paziente, quando e perché è utile che l'analista esca dal proprio studioe come rimodulare e ripensare i rapporti tra gli elementi del setting esterno e il proprio assetto mentale nel lavoro con i pazienti di oggi.

Il caso presentato da Ludovica Filippucci evidenzia come sia a volte necessario intervenire anche sul “sistema familiare” per poter intervenire “sulla matrice del disagio”: in questo caso l'accoglienza da parte dell'analista, nella fase iniziale di consultazione, dei genitori, entrambi gravati da una personale sofferenza psichica, ha consentito, successivamente, la costruzione di un “terzo spazio” di terapia per i genitori, con un diverso terapeuta, e la possibilità per l'adolescente in cura di far emergere un proprio spazio interno differenziato e libero dall'influenza di un “oggetto totalizzante e inglobante”.

Francesca Selloni ci propone una situazione emotivamente molto toccante accolta al CCTP B/A,contattato per un'urgenza: offrire un contenitore e uno spazio di condivisione ad un gruppo allargato di genitori e operatori di un asilo nido che si sono trovati ad affrontare la morte improvvisa di un bambino di 10 mesi. Anche qui la disponibilità di uno “spazio terzo”, costituito dall’incontro di gruppo svolto presso la sede del centro, ha fornito la possibilità di iniziare a dar voce ad “angosce senza forma e senza nome”, sbloccando pian piano una paralisi emotiva, un rimanere “senza fiato”,come accaduto alla collega che presenta il caso, che la mattina di quell’incontro si è svegliata “afona”.

Maria Pia Corbò ci fa riflettere su quanto il lavoro con bambini e adolescenti ci porti a confrontarci anche con istituzioni, come tribunali, ospedali, scuole, costringendoci a volte ad uscire “realmente” dalla stanza” di analisi. Corbò sottolinea come spesso le situazioni che arrivano al centro clinico abbiano “bisogno di essere decodificate” e di una riflessione del gruppo sul “come raggiungere la sofferenza dei pazienti”: nel caso presentato, in cui aleggia lo spettro di un abuso nei confronti di un minore, il gruppo si chiede “chi ha subito realmente l’abuso”. La riflessione condivisa con il gruppo consente di cogliere nella richiesta di un’analista da parte della madre un bisogno profondo   di trovare “una mente vicaria” che possa aiutarla a recuperare un pensiero su di sé che le consenta di vivere la difficile situazione familiare che sta vivendo.

Un’altra tipologia di richiesta di aiuto, che può essere accolta dal CCTP, è quella raccontata da Stella Atzeni, che in un momento di difficoltà nel trattamento di un paziente adolescente si rivolge al Centro per trovare uno spazio di condivisione e riflessione: l’essere accolta nel gruppo di intervisione e aiutata a mantenersi “viva e capace” nella relazione con questo paziente, gravemente disturbato, consentirà a lei di “ricollocarsi” nella stanza d'analisi con un ritrovato assetto interno e a sua volta al paziente di sentire sempre di più l'analisi come uno spazio in cui poter “esistere” e ricollocare un mentale dissociato dal corpo.

Le ultime due presentazioni allargano ulteriormente la riflessione sul piano dei più recenti cambiamenti sociali e culturali e su come questi cambiamenti possano e debbano essere ripensati a più livelli, nei gruppi di studio e intervisione e nella stanza di analisi.

Elisabetta Papuzzaci propone una riflessione sul “Setting con bambini e adolescenti in tempi di pandemia”: la “trasformazione del setting da fisico a virtuale” modifica il concetto stesso di “confine”. La stanza di analisi virtuale allarga i suoi confini inglobando altre stanze, spazi privati del paziente e della famiglia, e restringe le possibilità di un contatto, di una comunicazione inconscia che passa per canali sensoriali, corporei ora preclusi. E allora ci si chiede come l'utilizzo della tecnologia che “da semplice strumento diventa generatore di realtà” (Pellizzari) possa modificare la relazione analitica, alterando di fatto i rapporti tra distanze intra e inter-psichiche.

Alessandro Grignolio ci racconta l'esperienza vissuta con il gruppo del CCTP che ha incontrato, nell'ambito di un progetto di studio e ricerca sulle “nuove genitorialità”, una coppia omosessuale che ha preso in custodia un adolescente. Grignolio ci aiuta a riflettere su come sia utile mantenere un atteggiamento di curiosità, di apertura e accoglienza per “andare oltre” i modelli precostituiti di una “famiglia funzionale”: occorre saper cogliere quel sistema di relazioni e di competenze genitoriali che consentono all'individuo una sana crescita. “Solo un analista curioso ed aperto ad accogliere il dubbio dentro di sé ha la possibilità di entrare in risonanza con gli aspetti più profondi dell’animo umano”. Ancora una questione “del dentro e del fuori” dunque, come ci ricorda Grignolio citando Freud, di un “oltre”, di un confine che può essere rimodulato in considerazione delle mutate condizioni dei contesti di riferimento.

La ricchezza dei casi presentati testimonia la capacità del gruppo di lavoro che opera nel CCTP B/A di porsi in ascolto della complessità dei fenomeni psichici che si osservano, cogliendo il continuo interscambio tra realtà interna e realtà esterna e cercando di volta in volta, laddove la situazione lo richieda, di offrire spazi utili e differenziati alle famiglie e alle istituzioni che costituiscono l’ambiente di crescita dei pazienti in età evolutiva. Portando avanti, in questo, come ci ricorda Busato, una “vocazione sociale” della psicoanalisi di cui proprio gli psicoanalisti infantili sono stati pionieri (Anna Freud, Winnicott, Bowlby).Music parla del vaccino delle ‘buone esperienze' utili alla salute non solo mentale ma anche fisica, che possa fare la differenza per le generazioni future. “Oggi”, conclude Busato, “vi abbiamo presentato un po' del ‘nostro vaccino, delle piste di un possibile fare”.

Rinaldi osserva, inoltre, come tutti gli interventi presentati sottolineino la necessità di un “tempo di elaborazione” e come oggici sia l’esigenza rispetto alla sofferenza psichica di prestare attenzione, di “non guardare solo la forma ma anche la formazione del sintomo”, ponendosi in un’ottica di “ascolto del sintomo” e di costruzione di significato del sintomo stesso. Un processo che richiede un tempo che spesso in ospedale, con la pressione dell’urgenza e la necessità di agire, non si trova. La costituzione allora di questo “spazio terzo”, luogo di incontro virtuale tra analisti del Centro e operatori ospedalieri ha consentito anche l’emergere di “un tempo intermedio” tra l’urgenza dell’ospedale e il tempo di elaborazione dell’analisi.

Maria Adelaide Lupinacci, nella fase dei commenti finali dei partecipanti alla mattinata, fase altrettanto ricca di osservazioni e spunti di riflessione, riprenderà questo aspetto dello “spazio/tempo intermedio” che dà conto della “capacità di sviluppo” e creativa che ha avuto il CCTP B/A, in cui spazi, realtà, culture diverse come quella psichiatrica ospedaliera e quella psicoanalitica, si sono potute incontrare in uno “stato emotivo di benevolenza”.

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