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Report di Mariaclotilde Colucci sulla serata scientifica “Jacques Press. In principio era il corpo” (11 febbraio 2021)

1. Relazione di Jacques Press.

Jacques Press, introdotto da Alessandra Balloni, comincia il suo intervento parlando del gruppo di studio europeo, sui pazienti psicosomatici, da lui condotto e fondato, formato da psicoanalisti con orientamenti clinici diversi. Press descrive molto dettagliatamente quanto le premesse sui cui si fonda il gruppo siano strettamente cliniche, supportate da una riflessione teorica in contatto con il lavoro clinico, ma evitando i grandi voli metapsicologici per rimanere il più possibile ancorati alla pratica professionale. Questo lavoro di gruppo è stato pubblicato recentemente in un libro (Jacques Press et al., “L’esperienza del corpo”, 2019).

Un elemento di centrale importanza nel lavoro clinico con i pazienti psicosomatici esposto da Press è il lavoro sul controtransfert e sulle forme particolari che assume nel lavoro con questo tipo di pazienti sia per la pregnanza della malattia somatica, sia per i modi di organizzazione psichica e somatica osservati. Un altro elemento su cui Press pone la sua attenzione è il valore simbolico del sintomo somatico. L’ancoraggio corporeo del funzionamento psichico è indissolubilmente legato alla messa in gioco della dinamica transfert-controtransfert con i pazienti somatizzanti. Press ringrazia Luigi Solano per aver posto nel gruppo di ricerca la questione della simbolizzazione.

Il tema centrale sviluppato da Press è che non è possibile pensare un atto senza corpo. L’atto è indissociabile dalla corporeità. Press riprende Winnicott e il concetto di “informe”. Per Winnicott (1971) l’informe è assimilabile ad uno stato di non-integrazione che caratterizza l’insieme dello psichesoma al suo inizio. L’integrazione si può sviluppare solo all’interno di un ambiente capace di tollerare la non-integrazione senza volerla forzare in una forma. L’informe non è qualcosa di disorganizzato, ma al contrario corrisponde a qualcosa che è potenzialmente organizzato e che necessita del giusto apporto dell’ambiente per rendere la sua forma. Il concetto di informe ci avvicina il più possibile alle origini corporee del funzionamento psichico. Press riprende il saggio L’Io e L’Es (1923) in cui Freud sostiene che l’Io è corporeo. Secondo Press l’Io corporeo è una nozione fondamentale. Senza ancoraggio corporeo l’Io di ciascuno di noi sarebbe uno scheletro senza vita. Nonostante l’ancoraggio corporeo dell’Io abbia tutta questa importanza nella teoria psicoanalitica, Press ritiene che Autori fondamentali successivi a Freud non l’abbiano pienamente esplorato nelle loro teorizzazioni. È questa mancanza che mette Press nelle condizioni di poter formulare “In principio era il corpo”. La metapsicologia freudiana, anche se suscettibile di critiche, resta per Press l’ancoraggio ancora valido per formulare teorie su quello che ci fanno vivere i pazienti nella stanza di analisi. Conclusa l’esposizione teorica Press parla di due situazioni cliniche molto diverse l’una dall’altra.

Il primo caso è di una donna che soffriva di emicrania invalidante definite dalla paziente stessa “un bozzolo doloroso”. Avvicinarsi al bozzolo doloroso e al significato simbolico che conteneva e sentirsi tenuta nel transfert dall’analista (holding) in modo soddisfacente ha permesso alle emicranie di diminuire per poi scomparire del tutto. La paziente viveva nelle sue emicranie la traccia di una mancanza, di qualcosa che non era avvenuto. Qualcosa nell’analisi doveva prendere la forma di questo non incontro fondante con l’oggetto materno. Questo caso clinico è stato per Press molto importante nella sua carriera di psicoanalista perché gli ha consentito di formulare una svolta nella sua “cucina teorica”, ma anche nella sua pratica clinica.

Il secondo caso mette in luce una dimensione di tragica ineluttabilità. La paziente viene seguita in analisi fino alla sua morte per un cancro alla vescica. I sintomi di malattia somatica si manifestano quando la paziente perde il marito per un cancro ai polmoni ed i figli ormai grandi si allontanano dal nido, facendola trovare senza più nessuno scopo nella vita. È in questo contesto che la patologia somatica si manifesta con tutta la sua aggressività. La grave malattia somatica sembra verificarsi al posto del crollo impossibile da sperimentare. Press conclude la sua relazione affermando che come analisti non dobbiamo mai dimenticare di mantenere in vita le sfide psichiche anche quando sembrano schiacciate dal peso della realtà.

  

2. Discussione di Luigi Solano

Luigi Solano ringrazia, anzitutto, Jacques Press per aver accettato l’invito, e per aver fondato il gruppo di ricerca di cui lui stesso fa parte.

Un aspetto che Solano tiene subito a sottolineare è quello che Press ha chiamato “la mia cucina personale”. Un approccio che non si limita ad applicare un modello teorico specifico, per uno specifico caso, la psicosomatica, ma che utilizza ingredienti provenienti da diversi ambiti teorici fino a costruire un approccio fortemente personale, ma nello stesso tempo aperto al nuovo. Una modalità di approccio che si sforza di individuare aree di convergenza dei diversi modelli teorici, analogie e contiguità nei diversi approcci clinici. L’unica possibilità per uscire da un solipsismo teorico è riconoscere gli aspetti comuni, il denominatore comune alle diverse teorie.

Sul piano dei contenuti della relazione di Press, secondo Solano, meritano di essere messi in evidenza due aspetti fondamentali. Il primo è l’ancoraggio corporeo del funzionamento psichico, il secondo è come questo ancoraggio entri nell’intreccio transfert/controtransfert. Questi due presupposti mettono in discussione il primato del verbale. Non tutto si ritrova nelle parole. A questo punto Solano cita i ben noti contributi di Daniel Stern e del suo gruppo (Stern et al., 1998), i contributi del filosofo Daniel Dennett (2017) che sottolinea come molte delle nostre competenze non passino per la consapevolezza e per il pensiero simbolico e quelli di Wilma Bucci secondo la quale il nostro sistema non simbolico può avere un accesso diretto all’informazione esterna, senza passare né per la coscienza né per i sistemi simbolici. A seguito di queste informazioni si produrranno nel corpo modificazioni altrettanto inconsce e non simboliche.

Il Sé, come ricorda Luigi Solano, riprendendo il titolo della relazione di Press “In principio era il corpo”, si fonda nel corpo e si sviluppa in un’epoca di evoluzione del sistema nervoso in una relazione di dipendenza dall’accudente, in modo inconscio, non simbolico, implicito.

Passando alla clinica, Solano afferma che nell’esposizione del caso di emicrania ha trovato diversi aspetti consonanti con il suo modo di lavorare e dei suoi autori di riferimento. Soprattutto la necessità riconosciuta dall’analista di rimanere a lungo in rapporto con la paziente ad un livello corporeo, non simbolico, informe. Rimanere a livello del corpo e offrire un contenimento diverso da quello che la paziente aveva trovato nel bozzolo della sua emicrania. Solano ricorda sulla stessa scia i lavori di De Toffoli (2009), di Racalbuto (2004) e i lavori sulla fusionalità (Neri et al. 1990; Bonfiglio, 2018).

La seconda paziente descritta, con un disturbo somatico ben più grave, pone il problema se accettare o meno la dicotomia proposta da Marty tra malattie reversibili, e malattie gravi irreversibili, senza alcuna possibilità di evolvere verso un significato simbolico. In alternativa, secondo Solano, Press propone un continuum di potenziale di significato che va da malattie meno gravi a più gravi. La differenza sfuma soprattutto se è possibile, in tempi adeguati, il contatto con un oggetto che funga da contenitore e/o regolatore, un “oggetto soccorrevole”. Sarebbe auspicabile, in tutti i casi di malattia somatica, un ascolto psicoanalitico prima che le persone si ammalino ed entrino in un processo biologico difficilmente reversibile.

  

3. Dibattito con la sala

Il dibattito prende avvio da due domande di Alessandra Balloni. La prima è relativa a come si sia evoluto il vertice interpretativo di Press nel caso della paziente con emicrania da un livello edipico ad un livello preedipico, nella relazione terapeutica tra analista e paziente. La seconda domanda, sul secondo caso clinico, tocca il tema dell’impossibilità di elaborare la morte se la negazione è l’unica strada per rimanere ancorati alla vita.

Sulla prima questione posta, Press descrive come si articolano i due livelli di interpretazione. Interpretare in modo prematuro il livello nevrotico vuol dire non ascoltare il livello narcisistico. Il fallimento dell’ascolto della parte narcisistica del paziente è a quel punto inevitabile da parte dell’analista. Vuol dire che le ricette dell’analista in quel momento preciso non sono buone. Sull’impossibilità di elaborare la morte, Press sottolinea l’importanza di rimanere vicini all’esperienza che il paziente sta vivendo testimoniandoil peso di questa realtà, la morte, che sta per avvenire.

Chiede di intervenire Amedeo Falci che, ringraziando Press del suo interessante lavoro, si dichiara in sintonia con i riferimenti di Solano su Wilma Bucci e sulla primarietà del corpo sostenuta anche nel lavoro di Press. Partire dal corpo senza sconfinare in eccessi simbolici e filosofici. Falci non concorda con la concezione filosofica di Freud ripresa da Press che assimilava le fasi dell’infanzia alle fasi primitive della civiltà (Totem e Tabù, 1913). Dalle ricerche sull’infanzia oggi sappiamo che ciò che nel bambino può sembrare un’incoordinazione motoria è invece un sistema altamente organizzato. Il bambino non è un essere primitivo, ma un essere organizzato in via di ulteriori organizzazioni. Per Falci manca nella psicoanalisi una teoria specifica che colga il nesso preciso tra corpo e malattia. Quindi alcuni miglioramenti corporei possono essere attribuibili anche a fattori aspecifici che costituiscono la bontà della relazione terapeutica.

In risposta a queste sollecitazioni Press sostiene che il nesso specifico si costruisce attraverso la relazione analitica e attraverso l’apertura dell’analista al proprio vissuto corporeo. L’analista, secondo Press, deve rimanere aperto alle trasformazioni corporee nel transfert e nel controtransfert. Continua affermando che esiste di certo qualcosa di molto organizzato da subito tra paziente e analista, ma nello stesso tempo da costruire. Ovviamente l’analista non è la madre e l’analizzando non è il bambino, ma c’è una specie di eco metaforico. Interviene Solano affermando di non credere più alla necessità di una teoria specifica per l’approccio con il somatico. Il punto è accettare di trattare il sintomo somatico come trattiamo il sogno o altre comunicazioni.

Interviene Angelo Macchia che ritrova il clima del libro nel passaggio che Press fa tra il livello della lettura edipica della paziente con l’emicrania e il livello che ha a che fare con le relazioni primarie. Il passaggio è quello da un livello intrapsichico ad un livello relazionale, il passaggio da Freud a Winnicott (L’intelletto ed il suo rapporto con lo psiche-soma, 1947).

Segue l’intervento di Barbara Piovano che pone una domanda sul secondo caso clinico: la paziente, una volta rimasta sola, potendo contare solo sulle proprie capacità cognitive, se avesse potuto organizzarsi un ambiente di accudimento al cui interno poter sperimentare un crollo, avrebbe potuto ricominciare a vivere attraverso un nuovo inizio? (Balint).

Il problema di vivere un nuovo inizio sperimentando il crollo è possibile, secondo Press, solo se le due parti in causa, analista e analizzando, sono pronti ad andare avanti a fare questo passo. Le figure di accudimento sono importanti ma il crollo può essere solo sperimentato nella relazione terapeutica tra analista e analizzando.

Adelaide Lupinacci ricorda l’attenzione che Esther Bick pone ai livelli primitivi psicosomatici quando parla della funzione della pelle. Press ritiene che ci siano tante teorie sul corpo e la teoria di Bick è una di queste, come quella di Anzieu. L’importante è trovare una forma teorica che permetta d’essere in contatto più profondamente possibile con noi stessi e con il paziente.

Un’ulteriore questione posta dalla sala verte sul concetto di pelle come limite e come frontiera in relazione alla distanza imposta dalla pandemia per quei pazienti che hanno usato il lockdown come una seconda pelle.

Press risponde che ognuno di noi reagisce alla pandemia con la propria personalità e psicologia. I pazienti che usano il lockdown come una seconda pelle creano una situazione di ripiego, autarchica, mentre sarebbe importante che succedesse qualcosa nel legame con l’analista in presenza. Una cosa che il covid ci ha insegnato è quanto la presenza sia importante.

Prima di concludere, Solano pone una domanda a Press sulla differenziazione tra corpo e informe. Press sostiene che l’informe è un processo che si organizza dal corpo, che è molto vicino al corpo ma che, nello stesso tempo, è in via di trasformazione ed è per questo che si distingue da esso. Chiude la serata Alessandra Balloni ringraziando Jacques Press, Luigi Solano e i colleghi intervenuti che hanno reso il dibattito vivace e stimolante.

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