Domenica, Marzo 23, 2025

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili.

Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di piu'

Approvo

I cookies sono dei piccoli file di testo che, trasferiti sull’hard disk del computer dei visitatori, consentono di conoscere la frequenza delle visite e quali pagine del sito vengono visitate dai netizen. Si tratta di dati che non permettono di procedere all’individuazione dell’utente (ma la sola provenienza dell’azienda), non incrociamo le informazioni raccolte attraverso i cookies con altre informazioni personali. La maggior parte dei browser può essere impostata con modalità tali da informarla nel caso in cui un cookie vi è stato inviato con la possibilità, da parte sua, di procedere alla sua disabilitazione. La disabilitazione del cookies, tuttavia, può in taluni casi non consentire l’uso del sito oppure dare problemi di visualizzazione del sito o delimitare le funzionalità del medesimo sito, pur se limitatamente ad aree o funzioni del portale.

La disabilitazione dei cookies consentirà, in ogni caso, di accedere alla home page del nostro Sito. Non viene fatto uso di cookies per la trasmissione di informazioni di carattere personale, né vengono utilizzati c.d. cookies persistenti di alcun tipo, ovvero sistemi per il tracciamento permanente degli utenti. L’uso di c.d. cookies di sessione (che non vengono memorizzati in modo persistente sul computer dell’utente e svaniscono con la chiusura del browser) è strettamente limitato alla trasmissione di identificativi di sessione (costituiti da numeri casuali generati dal server) necessari per consentire l’esplorazione sicura ed efficiente del Sito. I c.d. cookies di sessione utilizzati sul Sito evitano il ricorso ad altre tecniche informatiche potenzialmente pregiudizievoli per la riservatezza della navigazione degli utenti e non consentono l’acquisizione di dati personali identificativi dell’utente. Coloro che intendono avvalersi della sezione riservata del sito prestino attenzione alla specifica informativa anche relativamente all’uso dei cookies.

D'Arezzo A. - La consultazione psicoanalitica: metodologie a confronto (2016)

 

Estratto del lavoro presentato al Convegno, Roma, 5-6 novembre 2016, da Adriana D’Arezzo

 

INIZI

Adriana d’Arezzo

 

“È sempre una faccenda rischiosa smuovere i fondali dell’inconscio”

T.H.Ogden – Il primo incontro analitico

 

Per la consapevolezza delle insidie che ogni nuovo cammino propone, nella Roma antica un Dio vegliava sugli inizi: Ianus, Giano, rappresentato bifronte, una faccia guarda avanti, l’altra indietro, una il passato l’altra il futuro, i volti hanno talvolta età diverse. A Ianus, che presiede ai transiti, ai passaggi, invocato in ogni inizio, venivano offerti sacrifici e doni e da lui prende il nome il primo mese dell’anno.

Cercherò di addentrarmi nella complessità delle prime fasi dell’incontro tra un analista ed un potenziale paziente analitico e di mostrare, anche con l’ausilio di materiale clinico, come da ambedue le parti si attivino profonde angosce e meccanismi distruttivi che possono ostacolarne la riuscita. Tale situazione richiede da parte dell’analista la rapida attivazione di capacità analitiche contenitive, la capacità di instaurare con uno/a sconosciuto/a un clima di ricerca comune di senso, di cooperazione non saturante, in grado di trasmettere in poco tempo la fiducia in possibili trasformazioni e la specificità dell’esperienza psicoanalitica. La Consultazione è intesa come area di avvio di negoziato con l’altro in cui entrano in gioco oltre alla metodologia sedimentata nell’analista, le differenti soggettività e l’istituzione psicoanalitica per come viene vissuta e rappresentata da ciascuno.

Un paziente che aveva forti difficoltà nello stabilire legami che non fossero chiaramente ed esclusivamente amicali, chiese una consultazione, perché conduceva una vita apparentemente ben organizzata ma priva della prospettiva affettiva e familiare che pure desiderava. Esprimeva il desiderio di “saltare” nei rapporti ogni preliminare avvio, per ritrovarsi “magicamente” in una relazione già consolidata, in cui le abitudini, i ricordi, i comportamenti fossero in massima parte prevedibili. A me, invece, gli inizi sono sempre piaciuti, come il cambio delle stagioni, i neonati e i licheni. Credo che la curiosità per questo paziente abbia giocato un importante ruolo nell’avvio della relazione analitica, pur se inizialmente ho faticato a rintracciare una reale sofferenza nel racconto di una persona così apparentemente ben adattata, a partire dal suo desiderio di connettersi con aree del Sé rimaste sequestrate e inaccessibili e dal ‘riconoscimento’ di aspetti costitutivi delle rispettive identità e anche della nostra estraneità. Era evidente, infatti, che mi stesse anche parlando dell’imbarazzo a confidare le sue esperienze intime ad una sconosciuta che per giunta non le comunicava, in modo paritario, le proprie.

Il lavoro analitico ha permesso di avvicinare il senso e di trasformare parte di un’organizzazione della mente che con dolorose rinunce gli aveva consentito, fino ad allora, un certo inserimento sociale.

Un’altra paziente chiese la consultazione con grande fretta e urgenza: andai incontro alle sue richieste dando un appuntamento straordinario, insolito rispetto al mio calendario di vacanze, al quale la paziente comunicò la sua decisione di non proseguire con gli appuntamenti.

Restai sorpresa e colpita, con un profondo senso di fallimento e di impotenza, mi interrogai a lungo sull’accaduto: mi aveva voluto comunicare che sul piano formale tutto era andato secondo le aspettative ma qualcos’altro invece, che non voleva o poteva dire, l’aveva delusa? In un suo lavoro G.C. Soavi mette in relazione la rigidità delle aspettative che spesso si coagulano intorno ai temi della nascita con le angosce di disintegrazione. (G.C.Soavi, 1997).

Non avevo previsto la svolta repentina nonostante fossi anche consapevole di quel rischio e rintracciai una certa coerenza in quanto accadeva con gli eventi della sua storia. Alle pressanti, (umilianti) richieste iniziali era seguita una rapida espulsione, priva di spiegazioni, che aveva messo in me il senso dell’abbandono e del fallimento. Ipotizzo che attraverso questo tortuoso percorso la paziente stava sondando “aree di negoziato” con l’Altro, in modo tale da poter sentire la partecipazione dell’analista alla sua esperienza soggettiva come non invalidante. (S. Mitchell, 1993).

La p. segnala l’esigenza di un luogo psichico, uno spazio speciale, un po’ “oltre” il limite del setting. Richiede uno spazio in cui l’urgenza possa essere accolta e nel medesimo tempo, il contatto stesso genera una nuova urgenza quella di sottrarsi a qualcuno che potenzialmente intrude e ferisce privandolo della sua barriera protettiva costituita dalla scissione Il repentino taglio le restituisce, probabilmente, nell’immediato un senso di autonomia e di potere. L’enorme quota di aspettative, “l’accumulo inconscio di libido e di idealizzazioni (oltre che di timori di essere scaricato e/o investito sull’oggetto all’ora concordata…)” dice Bolognini. Traumi assai precoci nello sviluppo emozionale, in un’epoca in cui un Io immaturo ha potuto solo registrare quanto accaduto, che non sa dire e non può che agire la sofferenza.

Ora, ciò che mi addolora è che i miei limiti, quelli del contesto di cura prescelto e le circostanze del nostro incontro non abbiano prodotto quell’ambiente sufficientemente buono per accoglierla, distratta da aspetti strutturali dell’istaurazione del setting, distogliendomi dall’assetto psicoanalitico. Cosa ha colto questa paziente nei miei tentativi di avvicinarla rinunciando un po’, ma non abbastanza, al mio spazio? Forse mi ha sentito come quelle madri che spaventate dal timore delle proprie insufficienze nutrono i figli oltre misura generando di fatto un’esperienza di distanziamento e di rifiuto (Winnicott 1974).

I differenti esiti dei colloqui con questi pazienti mi consentono di introdurre questioni che riguardano le difficoltà nel mantenere l’assetto psicoanalitico in alcune consultazioni, rischio mai definitivamente escluso in quanto chiama in gioco la soggettività dell’analista e le implicazioni inconsce messe in campo nel nuovo incontro.

Le caratteristiche intersoggettive della diade analitica sono ritenute da diversi autori e ricercatori come i migliori indicatori di riuscita del trattamento analitico. In un’ampia rassegna della letteratura sull’esito del trattamento analitico, Bacharach e al. (1991) hanno concluso che anche nei pazienti ritenuti più adatti all’analisi (cioè selezionati in base alla loro forza dell’Io e alla presunta analizzabilità) “la proporzione e la qualità del beneficio terapeutico e dell’analizzabilità…[erano] relativamente imprevedibili” (p. 907, corsivo nell’originale). La buona riuscita, secondo i ricercatori, era da attribuire più che all’applicazione rigorosa del metodo, alle caratteristiche soggettive dell’analista, alla capacità di coinvolgere il paziente nella ricerca di senso, all’influenza di fattori aspecifici nella relazione terapeutica. Giungono a risultati simili altre ricerche (Kantrowitz et al. 1989) che definiscono predittive alcune qualità interpersonali della diade paziente/analista definite come “corrispondenza analitica” (H.B.Levine, L’annata Psicoanalitica internazionale, n.7/2014).

Il “malessere” del mondo d’oggi, ben diverso e profondo dal Disagio della civiltà di cui Freud ci aveva parlato, è legato alla crisi dei garanti metasociali. Le crisi e la psicopatologia delle persone, come sappiamo, oggi come sempre, esprimono il tentativo estremo di porre rimedio alle sofferenze “legate all’instabilità dei rapporti del soggetto con l’oggetto, al crollo delle cornici e dei garanti sui quali riposa la vita psichica.” (Kaës, 2013). I profondi cambiamenti dell’istituzione famiglia, legati originariamente al rifiuto del conformismo e all’emancipazione femminile, che ci hanno fatto sentire liberati, hanno generato anche in alcune condizioni, legami familiari caratterizzati da grande instabilità, che non forniscono un ambiente sicuro, capace di sostenere lo sviluppo e non dispongono, attualmente, neppure del nome con cui connotare alcune relazioni che al suo interno si declinano. Cosa sono, ad esempio, tra loro figli di nuovi partner che convivono per anni?

Cornici di riferimento rapidamente cambiate da una generazione all’altra che si accompagnano al “vagabondaggio psichico e sociale”, alla dismissione di spazi di intimità sostituiti da esternalizzazioni che sempre meno tollerano fragilità e dipendenza. In aggiunta, le inquietudini rispetto al futuro derivanti dalle catastrofiche previsioni sul piano del depauperamento delle risorse ambientali e a quelle derivanti dagli imponenti flussi migratori.

“Per Gaddini quando eventi esterni sconvolgono in maniera durevole la vita e l’organizzazione sociale, ciò scatena nelle persone meno sviluppate una psicopatologia che altrimenti sarebbe occultata nel contenitore sociale attraverso l’utilizzazione massiccia di meccanismi prevalentemente imitativi.” (Bonfiglio, Senise, Jaffè Riv.Psi, 2005).

Molti autori hanno evidenziato come si rivolgano alla psicoanalisi popolazioni cliniche ben lontane dai livelli di “rappresentazione” che un tempo costituivano le basi dei criteri di analizzabilità adoperati per “selezionare” coloro in grado di accedere a trattamenti analitici in setting classico e consistente numero di sedute.

Condividiamo l’esigenza di giungere ad una organizzazione in cui i diversi Servizi di Consultazione trovino un coordinamento per quanto attiene l’organizzazione del polo clinico con articolazioni che consentano di avvicinare “le nuove forme della sofferenza psichica” in relazione e frutto dei nostri tempi e le acquisizioni della psicoanalisi, capace di declinare il suo metodo nei gruppi, nelle famiglie, nelle istituzioni (Kaës, 2013).

Abbiamo notato, inoltre, che si sono rivolte al Servizio di Consultazione un consistente numero di persone (relativamente agli esigui numeri) che avevano già fatto una o più esperienze analitiche o di psicoterapia nel passato. Se il ritorno di un paziente alla Consultazione può essere visto come indice di fallimento del precedente trattamento, vi è in esso anche un riconoscimento di valore che prescinde dalla specifica singola esperienza. Di fronte ad una nuova crisi, in una diversa fase di vita la psicoanalisi è ancora individuata come una sponda sicura cui rivolgersi. Riteniamo pure che vi sia il rischio che nei confronti della psicoanalisi permanga una quota diffusa di idealizzazione e che avvicinare l’esperienza con un analista esponga ad un conflitto tra il desiderio di essere accolti e finalmente compresi e il rischio di essere “risucchiati” e annichiliti, per la consapevolezza delle proprie fragilità confrontate con le idealizzate qualità vitalizzanti dell’oggetto. (Soavi-Pallier, Riv. Psi., 1995).

La Consultazione nell’istituzione, area di ricerca e di promozione del metodo, ci confronta con aspetti “border”, anzi è “il funzionamento psichico” stesso di chi offre la consultazione che opera sul limite tra il setting interno introiettato e il sistema preconscio (Racalbuto, La Scala, Bolognini), sottoposti all’incertezza della ‘frontiera’ da attraversare per chi spera di trovare al di là qualcuno, qualcosa in grado di trasformare   la propria sofferenza in progetto vitale. Richieste che per giungere alla consultazione hanno evidentemente superato, almeno temporaneamente, lo sbarramento interno costituito da intensa paura, diffidenza o vergogna.

Anche l’analista, per essere efficace deve poter sperimentare nel nuovo incontro qualcosa che, sia pure muovendo da quanto sedimentato in lui del metodo analitico, della sua esperienza di persona e di analista, lo spinga fuori dal già visto. “Se l’analista si concede di essere quel pioniere che è, gli sarà possibile apprendere ciò che pensava di sapere già.” (Ogden,1992). La fiducia nell’aiuto che si può ricevere non può che essere veicolata dalla fiducia dell’analista nel proprio metodo di lavoro, nell’esperienza della propria analisi e delle teorie implicitamente operanti, riscoperti di volta in volta nell’incontro con l’altro, capace di tollerare la fatica della ricerca di senso.

 

София plus.google.com/102831918332158008841 EMSIEN-3

Login