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Solano L. - Simbolizzazione, integrazione, connessione nel lavoro clinico con persone con disturbi somatici (2018)

Questo lavoro ha tra le sue radici la mia partecipazione ormai da diversi anni ad un gruppo di studio[1] della Federazione Europea di Psicoanalisi (FEP) sulla Psicosomatica, che si è incontrato periodicamente, ha organizzato diversi Panel e Workshop clinici all’interno dei più recenti Convegni FEP, e ha in preparazione un volume, che verrà pubblicato nell’Aprile 2019 da Routledge[2]. Questa partecipazione mi ha posto necessariamente, talvolta faticosamente, in contatto con posizioni teoriche diverse, mentre d’altra parte ritrovavo una piena consonanza, nella maggior parte dei casi, nel sentire e nell’operare clinico. Ho quindi sentito continuamente la necessità di trovare un comune denominatore tra teorie psicoanalitiche diverse, che possiamo vedere tutte come utili approssimazioni alla “cosa o realtà in sé”, in quanto tale inconoscibile. Integrazione e connessione quindi non solo tra diversi sistemi all’interno della persona, ma anche tra teorie diverse, viste come commensurabili. È quello che cercherò di fare questa sera.

 

 

Il problema corpo/mente e l’origine della patologia somatica

La mia posizione sul problema corpo/mente è che queste non siano due entità separate differenziabili dall’insieme dell’organismo, ma due categorie che dipendono dalla prospettiva dell’osservatore: che esista cioè una sola sostanza, dotata di attributi corporei e mentali, che possono essere valutati specificamente con strumenti diversi (ad esempio Risonanza Magnetica da un lato, Colloquio Clinico dall’altro). Questa posizione, che può essere definita come monismo non-riduzionista unito ad un dualismo conoscitivo (Solano 2013, Cap.1; 2016), venne espressa originariamente da Spinoza (1677)[3] e introdotta nella psicosomatica di orientamento psicoanalitico (a mia conoscenza) da Carla De Toffoli (1991; 2011) e da Irène Matthis (2000).

Non è possibile a questo punto postulare interazioni tra due entità che non esistono: si può ridefinire una dialettica come relazione tra diversi livelli di esperienza della realtà e di archiviazione di queste esperienze nella memoria, purché ciascun livello venga considerato comprendere sia un aspetto corporeo che un aspetto mentale, evidenziabili da due diversi vertici di osservazione.

Questi livelli sono emersi in letteratura in genere in numero di tre, e hanno ricevuto nomi diversi all’interno di teorie diverse. Cercherò di accostare i diversi nomi, in un tentativo, come accennavo prima, di integrazione; indicherò i tre livelli con lettere dell’alfabeto per evitare qualunque idea di subordinazione gerarchica di uno all’altro:

Livello A: Processo Primario, esperienza primaria grezza della cosa (Freud); Formlessness (Informe) (Winnicott, 1971, pp.33-36; Press, 2013a); protomentale, elementi beta (Bion, 1962); posizione contiguo-autistica (Ogden); memoria implicita (Neuroscienze); esperienza non formulata (D.B. Stern, 1989); Sistema Non Simbolico (Bucci, 1997); significanti formali (Press, 2013b).

Livello B: funzione alfa, elementi alfa (Bion, 1962); pensiero per immagini (Botella C. & Botella S., 2001); pensiero onirico della veglia (Ferro, 2002); Sistema Simbolico Non Verbale (Bucci, 1997).

Livello C: Processo Secondario (Freud); Apparato per pensare i pensieri (Bion); Sistema Simbolico Verbale (Bucci, 1997).

Personalmente tenderò ad utilizzare la Teoria del Codice Multiplo di Wilma Bucci (che trae le sue origini da diverse altre) perché la trovo la più esauriente nel descrivere ciascuno dei 3 livelli, e perché specifica chiaramente il doppio aspetto, psichico e somatico, di ciascun sistema. Questo ci permette di evitare il dualismo mente/corpo e allo stesso tempo di ritrovare una dialettica, anziché tra mente e corpo, nel rapporto tra sistemi diversi. Così il sistema Non Simbolico[4] (Livello A) comprende tutto ciò che accade nel corpo, non visto come una inerte res extensa, ma come dotato di emozioni basilari e di un pensiero organizzato, pur se non verbale.

Nella formulazione di Bucci, il sistema Non-Simbolico e i sistemi Simbolici sono fortemente connessi – in condizioni di salute – attraverso quelli che l’autrice chiama “nessi referenziali”. Il concetto di connessione è diverso da altri che implicano la trasformazione di un elemento in un altro, come nel concetto di “mentalizzazione” o di “trasformazione di elementi beta in alfa”, in cui si postula la scomparsa di un elemento più primitivo a favore di un altro, considerato più evoluto. I Sistemi e i loro contenuti mantengono la loro esistenza, pur risultando modificati (ad esempio nel senso di una “regolazione”) dalla connessione con altri livelli.

La formazione di questi nessi, che corrisponde con quella che siamo soliti chiamare simbolizzazione, è fortemente legata ad una relazione primaria soddisfacente. I nessi possono formarsi in misura insufficiente per carenza di quella funzione che possiamo chiamare contenimento, reverie, holding, sintonizzazione; possono essere interrotti per condizioni traumatiche, acute o croniche. Ricordo a questo proposito come ricerche recenti (Music 2011, cap.17; Clarkin et al., 2015, p.359) abbiano mostrato come la trascuratezza (neglect) genitoriale risulti avere effetti negativi sullo sviluppo di funzioni nei figli anche maggiori dell’abuso in senso stretto.

Qualunque sia la causa, una carente formazione di questi nessi lascia dietro di sé una attivazione non simbolica disconnessa, quindi “senza nome”. Per collegarci con altre teorie, questa attivazione disconnessa può essere descritta in termini metapsicologici classici (Press, 2013b) come “una vita pulsionale incarnata in modo imperfetto, che è stata distaccata dalle sue radici (cut off from its roots). Winnicott (1949) ha parlato di un distacco dell’“intelletto” dallo “psichesoma”. Il “pensiero operatorio” (Marty et al., 1963), o “vita operatoria” (Smadja, 2001) della scuola francese di psicosomatica possono essere intesi come un pensiero, o una vita, disconnessi dalla loro base emozionale (o pulsionale che dir si voglia). Anche il costrutto dell’alessitimia (Nemiah and Sifneos, 1970, Taylor et al., 1997) è stato inquadrato in modo simile: si ipotizza una disconnessione tra le emozioni, definite come la componente neurofisiologica e motoria-espressiva dell’affetto, e i sentimenti, definiti come la componente soggettiva, cognitivo-esperienziale. In tempi abbastanza recenti lo stesso Taylor, forse il più noto studioso contemporaneo del costrutto, ha sostenuto che il concetto di alessitimia (Taylor, 2003; Taylor & Bagby, 2004, 2013) possa essere compreso più pienamente proprio alla luce della Teoria del Codice Multiplo di Wilma Bucci, come effetto di una scarsa connessione tra il sistema non-simbolico e i sistemi simbolici.  

La disconnessione (come notato da chi utilizza il costrutto teorico dell’alessitimia) può essere sperimentata come senso di piattezza, noia, futilità, sia da parte del soggetto che da parte delle persone con cui il soggetto si rapporta, analista incluso; in altri casi, una mancanza di regolazione parte dei Sistemi Simbolici può dare origine all’improvviso emergere di emozione violenta, disregolata, inspiegata, come negli attacchi di panico o nel pavor nocturnus. L’attivazione Non Simbolica senza nome può trovare connessioni spurie con un simbolo diverso da quello originario, come nel caso di oggetti fobici o persecutori, dando origine a disturbi mentali[5]; può esprimersi in agìti di diversa gravità quali disturbi alimentari, parafilie, comportamenti antisociali, fino a episodi di violenza apparentemente inspiegabili contro se stessi o contro altri (sembrava tanto una brava persona……). Disturbi o malattie somatiche possono insorgere quando non si verifica nessuna di queste eventualità (Bucci, 2007; Solano, 2010, 2013, Cap.2) e l’attivazione senza nome, priva di regolazione, rimane quindi all’interno del Sistema Non Simbolico. Il concetto può essere avvicinato a quello di Bion sul destino e gli effetti degli elementi beta non trasformati (pur con le differenze sopra sottolineate tra il concetto di connessione e quello di trasformazione). Un membro del gruppo di studio FEP, Nick Temple, ipotizzò nel corso dei nostri incontri che il disturbo somatico potesse insorgere quando un individuo non riesce a raggiungere la posizione paranoide-schizoide (dove potrebbe trovare, seguendo W. Bucci, un significato persecutorio per una attivazione Non-Simbolica disconnessa e quindi senza nome). Conseguentemente la patologia somatica potrebbe avere a che fare con la posizione contiguo-autistica proposta da Ogden (1989, Cap.3) come antecedente evolutivo della posizione paranoide-schizoide. Ultimo aspetto, ma non per importanza, il disturbo somatico si verifica in genere quando l’attivazione Non Simbolica disconnessa viene amplificata da una sua risonanza con la vita attuale dell’individuo.

La conclusione, pertanto, è che il disturbo somatico non venga causato da un contenuto mentale (Simbolico) che trova la sua espressione nel corpo (modello che può rimanere valido per i disturbi isterici da conversione) ma da una reazione del corpo (del Sistema Non Simbolico, del Livello A) a problemi di relazione del soggetto con il proprio mondo, in assenza di una adeguata connessione con una elaborazione mentale (simbolica, ai Livelli B e C), che potrebbe altrimenti regolare e dare espressione e significato alla reazione.

 

 

Possibile valore evolutivo/attivante del sintomo somatico

La possibilità di un valore di questo tipo per il simbolo somatico è stato proposto tra i primi da Winnicott, nel suo lavoro "L’Intelletto ed il suo rapporto con lo Psiche-Soma" (1949) laddove il sintomo somatico viene visto come un tentativo di "ritirare la Psiche dall'Intelletto per ricondurla alla sua associazione intima originale con il Soma......”.

In altri termini, possiamo vedere il sintomo somatico, pur come testimonianza di una disconnessione, come una prima espressione, Non-Simbolica, di un contenuto che non ha trovato fino a quel momento alcuna possibilità di espressione. Questa prima espressione può risultare di grande valore, rispetto ad una totale mancanza di espressione.

Un eco di questa posizione si può trovare in Smadja (2001, p.96 ed. it.): "Non è sorprendente vedere come il comparire di una somatizzazione dia sollievo al paziente, come se, in assenza di oggetti psichici disponibili, gli organi e le funzioni somatiche potessero andare più che bene".

Quest’ultimo insieme di notazioni può suggerire l’esistenza di possibili disconnessioni/dissociazioni non soltanto tra sistemi, ma all’interno stesso del Sistema Non Simbolico (Bucci, 2007). In questa ipotesi, il sintomo somatico può essere visto come un tentativo di superare quest’ultimo tipo di dissociazione.

 

Significato simbolico del sintomo somatico

Nel modello proposto, laddove il sintomo somatico appare legato ad una attivazione Non-Simbolica, la presenza fin dall’inizio di un significato simbolico è esclusa per definizione: questa posizione contrasta con diversi modelli esistenti:

- un modello di “somatizzazione” - che ritengo possa rimanere valido per l’isteria di conversione - laddove il corpo viene visto come un luogo (un palcoscenico) per rappresentare emozioni o conflitti che sono stati percepiti, ma rifiutati, dalla mente[6]. In questo caso, oltre a sostenere un significato simbolico inerente al sintomo somatico fin dall’inizio, si finisce per instaurare una gerarchia tra di "nobiltà" tra soma e psiche, a svantaggio del soma, reso semplice strumento;

- un modello che assegna invece grande autonomia e “dignità” al corpo, sostenendo l’esistenza di un “linguaggio del corpo”, di “un corpo che parla”; un modello all’interno del quale però si è finiti per postulare un significato simbolico universale, a priori, per diversi sintomi somatici. Parliamo di autori come Groddeck[7], come Garma[8], come Chiozza; quest’ultimo, forse il più famoso in questo ambito, nel suo testo Perché ci ammaliamo (Chiozza, 1986) ha perfino postulato che non solo i disturbi, ma lo stesso funzionamento di ciascun organo corrisponda a fantasie specifiche e universali.

- Soprattutto in reazione ai modelli precedenti, il rifiuto totale di qualunque possibile significato simbolico del sintomo somatico: Wilma Bucci e Graeme Taylor, ad esempio, sostengono che la forma che prende l'attivazione non-simbolica disconnessa dai sistemi simbolici è determinata essenzialmente dalla costituzione biologica dell’individuo.

Ciò su cui mi sembra necessario riflettere è che linguaggio del corpo non significa necessariamente linguaggio simbolico, ma può essere appunto un linguaggio non simbolico. Un significato simbolico per un disturbo somatico può invece essere costruito nella relazione analitica, a partire dal transfert, dalla storia, della situazione attuale del soggetto. Allo stesso modo non riteniamo in genere che i sogni posseggano un significato universale, predefinito, ma che il loro significato possa essere costruito in analisi.

Questa posizione è stata sostenuta in Italia da Carla De Toffoli (2001):

Non intendo sostenere (perché non lo penso) che ogni organo ed i suoi sintomi abbiano un significato specifico, geneticamente inerente, ma piuttosto che un organo possa venire a rappresentare, in particolari circostanze, qualità, funzioni o forme dell'esperienza affettiva primaria, e della sua regolazione, e che questo possa riproporsi ed essere ricostruito o co-costruito nel transfert.

Ho trovato echi sostanziali di questa posizione nel gruppo di studio FEP. Così Bérengère de Senarclens (2013): “Come il lattante esprime in modo non verbale i suoi bisogni corporei e psichici alla madre, così i sintomi somatici o gli agìti ripetitivi esprimono una forte domanda di simbolizzazione nei confronti dell’analista…una richiesta di comprensione, di significato e di contenimento”. Analogamente Jacques Press (2014) ha parlato di significato “potenziale” per i disturbi somatici.

Nello stesso lavoro Press considera la possibile presenza di un significato simbolico (a priori) in un disturbo somatico come correlata con il livello di organizzazione del disturbo stesso, che va decrescendo dai sintomi isterici alla malattia organica grave. Non posso che essere d’accordo con una posizione che favorisce un approccio dimensionale rispetto a categorie rigide.

Un aspetto clinico da sottolineare rispetto alla possibilità di una costruzione di significato di un sintomo somatico in analisi è che questa operazione non potrà essere né rapida né scontata: si tratterà di accettare di rimanere anche a lungo ad un livello di comunicazione non-simbolico (concreto, sensoriale) fino a quando il paziente sarà in grado di percepire la connessione con aspetti simbolici non più come una "traduzione in una lingua straniera" (Racalbuto, 1994). Il tema può essere visto come parallelo alla necessità di rimanere a lungo ad un livello simbiotico/fusionale, tema sollevato ed affrontato nel nostro Centro dal gruppo composto da Claudio Neri, Lydia Pallier, Giancarlo Petacchi, Giulio Cesare Soavi, Roberto Tagliacozzo (es. Neri et al., 1990), e ripreso in un volume di recente pubblicazione (2018) da Basilio Bonfiglio.

 

CASO CLINICO

 

 

Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano l'11 ottobre 2018

 

Bibliografia

Bion, W. R. (1962). Apprendere dall'Esperienza, Armando Armando, Roma, 1972.

Bonfiglio B. (2018). Simbiosi/Fusionalità e Costruzione della Soggettività. Franco Angeli, Milano.

Botella C., Botella S. (2001). La Figurabilité psychique. Paris/Neuchâtel: Delachaux & Niestlé.

Bucci W. (1997). Psicoanalisi e scienza cognitiva, Trad.it. Fioriti, Roma, 2000.

Bucci W.(2007). Dissociation from the perspective of multiple code theory, Part I: Psychological roots and implications for the psychoanalytic treatment. Contemporary Psychoanalysis 43: 165-184.

Chiozza L.A. (1986). Por que enfermamos? La historia que se oculta en el cuerpo. Buenos Aires: Alianza editorial. Trad. it. Perché ci ammaliamo, la storia che si nasconde nel corpo. Borla, Roma, 1988

Clarkin J.F., Fonagy P., Levy K.N., Bateman A. Borderline personality disorder. In: Luyten P., Mayes L.C., Fonagy P., Target M., Blatt S.J. (2015) (a cura di). Handbook of Psychodynamic Approaches to Psychopathology. The Guilford Press, New York & London, pp. 353-382.

De Senarclens B. (2013). The meaning of the symptom.Communication to members of the working party in Psychosomatics, European Psychoanalytic Federation.

De Toffoli C. (1991). L'invenzione di un pensiero dal versante somatico della relazione. Rivista di Psicoanalisi, 38: 563-597. Ripubblicato in De Toffoli C. (a cura di B. Bonfiglio) Transiti Corpo <-> Mente, Franco Angeli, Milano, 2014, 70-83.

De Toffoli C. (2001). Psicosoma. Il sapere del corpo nel lavoro psicoanalitico. Rivista di Psicoanalisi, 47: 465-486. Ripubblicato in De Toffoli C. (a cura di B. Bonfiglio) Transiti Corpo <-> Mente, Franco Angeli, Milano, 2014, 139-158.

De Toffoli C. (2009): Il corpovivente dell’esperienza psicoanalitica. Lavoro presentato al Convegno “Prospettive Psicoanalitiche menteßàcorpo”, Centro di Psicoanalisi romano, 21-22 Novembre. Pubblicato in De Toffoli C. (a cura di B. Bonfiglio) Transiti Corpo <-> Mente, Franco Angeli, Milano, 2014, 285-304.

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Groddeck G.W. (1926). Il libro dell’Es. Trad. It. Adelphi, Milano, 1966.

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Music. G. (2011). Nature culturali, trad. it. Borla, Roma, 2013.

Nemiah J.C. e Sifneos P. E. (1970): Affect and fantasy in patients with psychosomatic disorders. In O. W. Hill (ed.) Modern trends in psychosomatic medicine, Vol.2, pp.26-34. London, Butterworths.

Neri C., Pallier L., Petacchi G., Soavi G. C. Tagliacozzo R. (1990). Fusionalità. Scritti di Psicoanalisi Clinica. Borla, Roma.

Ogden H.T. (1989) Il limite primigenio dell’esperienza. Astrolabio, Roma, 1992.

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Press J. (2013b). Some lines of research. Comunicazione ai membri del gruppo di lavoro FEP.

Press J. (2014). Ruptures, Somatisations and Countertransference. Intervention to the Panel “Ruptures in the outside world, rupture in the psychesoma: Trauma and somatic illness”.Ruptures: 27th Annual Conference of the European Psychoanalytic Federation, Torino, April.

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Smadja C. (2001), La vie opératoire. Etudes Psychoanalytiques. Trad. it. La via psicosomatica e la psicoanalisi, 2010, Franco Angeli, Milano.

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Solano L. (2013), Tra mente e Corpo: come si costruisce la salute. NUOVA EDIZIONE. Cortina, Milano.

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Winnicott D.W. (1971). Gioco e realtà. Trad. It. Armando Armando, Roma, 1974.



[1] Del gruppo fanno parte: Fotis Bobos, Società Ellenica; Bérengère de Senarclens, Jacques Press (coordinatore), Società Svizzera; Jorg Frommer, Società Tedesca; Marina Perris, Nick Temple, Società Britannica; Christian Seulin, Società di Parigi; Luigi Solano, Società Italiana; Eva Schmid-Gloor, Esecutivo FEP.

[2] Il volume conterrà appunto i contributi dei partecipanti su diverse tematiche teorico-cliniche nell’ambito della Psicosomatica. Il volume, a differenza di altri simili, darà spazio a un dibattito tra i diversi autori onde evidenziare somiglianze e differenze tra le diverse posizioni.

[3] “…..la Mente e il Corpo sono una sola e stessa cosa che viene concepita ora sotto l’attributo del Pensiero e ora sotto l’attributo dell’Estensione…l’ordine delle azioni e delle passioni del nostro Corpo è simultaneo per natura con l’ordine delle azioni e delle passioni della Mente.” (Baruch Spinoza, Etica, Parte Terza, Prop II, Scolio).

[4] Preferisco evitare il termine, ugualmente utilizzato da Bucci, di Sistema Subsimbolico, in quanto può suggerire una dimensione di subalternità di questo sistema rispetto ai sistemi simbolici del tutto lontano dal pensiero di questa autrice.

[5] La ricerca inesauribile di significato da parte di una attivazione Non Simbolica senza nome può essere paragonata al concetto di Roussillon di “coazione a integrare” (es. 2015).

[6] Nel volume che stiamo preparando con il gruppo FEP questa posizione viene sostenuta in modo forte da Nick Temple: “Il conflitto psichico viene trasformato in un sintomo fisico”.

[7] “Quando c'é un callo, scopro inevitabilmente che sotto il callo c'è un punto sensibile che l'inconscio vuole proteggere con l'indurimento della pelle” (Groddeck, 1926).

[8] È nota la sua interpretazione dell’ulcera gastroduodenale come madre cattiva interiorizzata.

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