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Report di Maria Giovanna Argese sulla serata scientifica presso il Centro di Psicoanalisi Romano: Claudio Neri, L’ impiego del concetto di campo nella pratica della psicoanalisi e della psicoterapia di gruppo (6 maggio 2016)

Scoppia un incendio in un casale e si attiva il gruppo di vicini per salvare il salvabile, in un gruppo psicoterapeutico di bambini si parla di vampiri che sopravvivono al tempo che passa, in risposta alle incertezze e alle ansie legate all’identità sessuale, un trattamento analitico attraversa una fase di stallo e l’analista si sente imprigionato nell’impossibilità di pensare qualsiasi cosa che possa favorire il miglioramento del paziente : cosa hanno in comune queste situazioni raccontate dai partecipanti alla serata scientifica, a seguito della presentazione del lavoro di Claudio Neri ?

   Nella vita reale, nei gruppi psicoanalitici, nelle psicoanalisi duale, le persone sono immerse in un campo, una situazione psichica che determina stati emotivi, pensieri, percezioni, comportamenti in un movimento di influenzamento reciproco tra interno e esterno, tra sè e altro da sè. Ma più precisamente, Claudio Neri spiega che nel suo modo di intendere il campo, esso è “ un dato oggettivo…ha un’esistenza e una consistenza analoghe a quelle del campo che è oggetto di studio della Fisica” per cui ci sono forze che modificano gli elementi che lo compongono. Nei trattamenti psicoterapeutici è molto più evidente la presenza del campo quando il setting è gruppale e la relazione tra i singoli è sullo sfondo; il contrario si può dire del trattamento individuale dove è in primo piano la relazione tra paziente e analista e sullo sfondo è il campo; comunque “ individui, relazione e campo costituiscono un sistema” in cui ciascun elemento si interconnette con gli altri. L’autore specifica che il campo è una dimensione di base della relazione, ma può anche anticiparne la sua costituzione, oppure può prendere il posto di una relazione che non c’è.

Diversamente da altri autori che usano il campo come una teoria onnicomprensiva , per cui tutto ciò che avviene in seduta è riferibile alla relazione analitica, per Neri la situazione è più complessa perché oltre a quello psicoanalitico, sono presenti altri campi che possono determinare una dimensione specifica, come quelli attinenti al campo sociale o familiare o lavorativo del paziente; nelle varie situazioni cliniche indicate, è evidente come un’istituzione formativa, un modello familiare transgenerazionale, un luogo di lavoro, entrino nella stanza d’analisi non solo perché raccontati, ma nella loro dimensione reale di fenomeni che impregnano i vissuti dell’incontro.

In che modo questa concezione del campo comporta dei cambiamenti tecnici nello svolgimento dell’analisi? Considerare la presenza del campo che determina gli accadimenti nelle sedute, offre una chiave di lettura che va ad aggiungersi e ad arricchire gli altri concetti usati nella clinica (transfert e controtransfert, fantasia inconscia e altri). Nel momento in cui si centra l’attenzione sulla partecipazione dell’analista al campo, si può vedere che una delle funzioni che svolge è quella di promuovere lo sviluppo di pensieri e affetti intorno alla vita psichica favorendone la trasformazione, attraverso il validare le percezioni e i vissuti del paziente, attraverso un accompagnare e un rilevare ciò che accade da un punto di vista psichico anche in riferimento ad altri eventuali campi che si intersecano con quello più strettamente analitico; l’analista svolge questa funzione essendo parte integrante del campo e diventandone potenzialmente consapevole. La riflessione di Neri si pone sulla scia della specificità del pensiero psicoanalitico italiano caratterizzato da una grande attenzione alla relazione emotiva dell’incontro analitico, accentuando l’importanza del contributo che l’analista stesso dà, nel momento in cui entra a far parte del sistema dinamico dove non c’è più un osservatore esterno, ma l’atto di osservare cambia l’oggetto di osservazione e l’osservatore stesso. Le trasformazioni avverrebbero secondo un ampio gradiente di libertà, ma non infinito, ipotesi corroborata dalle teorie attuali sui cambiamenti catastrofici che seguono un andamento probabilistico.

   Particolare rilievo viene dato da Angelo Macchia, nel suo commento al lavoro di Neri, alla chiarezza con cui il concetto di campo viene illustrato e che gli suggerisce la metafora dei fotoni che si muovono nello spazio e che noi non vediamo, ma del cui movimento percepiamo l’effetto, la luce. Il suo dialogo con Neri a partire dai casi clinici, verte, tra gli altri, su alcuni aspetti: l’ineludibilità della partecipazione dell’analista alla formazione del campo e la specificità e unicità dell’incontro che si prefigura come un sistema dinamico non-lineare; l’ipotesi circa il ruolo della realtà, per cui “l’analisi riproporrebbe in una dimensione frattalica che coinvolge l’analista, situazioni e dinamiche che il soggetto vive nelle sue realtà”; infine il suggerimento, a partire anche dal pensiero di Ogden e di Bollas, che quando parliamo di campo possiamo riferirci prevalentemente alla forma, ai modi della comunicazione mentre i contenuti che vengono comunicati sarebbero più attinenti alla relazione. Secondo Macchia, le forme comunicative che permeano il campo, passano attraverso il preverbale e la percezione poco consapevole, o del tutto inconsapevole, degli stati mentali, ma tali forme, modalità, possono avvicinare l’analista alla verità del paziente, più di quanto faccia la comunicazione verbale e rappresentativa.

Una piccola nota a margine: la disposizione diversa dei partecipanti alla serata scientifica, con i relatori che passano dallo stare dietro al tavolo allo stare sul suo davanti, più vicini agli ascoltatori , determina un campo del gruppo che favorisce i numerosi interventi, (tra gli altri, Giorgio Corrente, Alessandro Bruni, Alfredo Lombardozzi, Adriana D’Arezzo, Gianfranco Giordo, Maria Adelaide Palmieri, Stefano Lussana, Flaminia Cordeschi), permette la circolazione del pensiero e porta alla considerazione finale su un’ulteriore specificazione della dimensione del campo che può essere connotato da movimenti di inclusione ed esclusione, con una funzione favorente o inibente lo sviluppo del pensiero.

Maria Giovanna Argese

 

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