Giovedì, Maggio 09, 2024

Vincenzo Bonaminio, "Playing at Work Clinical Essays in a Contemporary Winnicottian Perspective on Technique Routledge". Institute of Psychoanalysis, London, 2022. Presentazione di Francesco Burruni e Oana-Ruxandra Pavel

La presentazione del volume di Vincenzo Bonaminio, dal titolo molto suggestivo Playing at Work, pubblicato da Routledge in collaborazione con l’Istituto di Psicoanalisi di Londra, non è un compito facile. Si tratta di un lavoro che si muove su orizzonti estesi e variegati. Considerata la vastità, complessità e profondità teorico-clinica del volume, questa breve presentazione non potrà rendere merito alla ricchezza del libro e si limiterà a mettere in rilievo quegli aspetti che in maniera più vitale hanno risuonato dentro di noi, che hanno suscitato in noi più sorpresa, interesse, associazioni e soprattutto risonanze cliniche.
La clinica, infatti, è uno degli aspetti di grande forza del volume, una clinica presentata in modo coinvolgente, profondo, curioso, aperto, accompagnata da una qualità dell’osservazione psicoanalitica concentrata e rispettosa, leggera ed immersiva, “to be stick to the patient”, come scrive Bonaminio citando Giannakoulas. E la sorpresa è sempre dietro l’angolo.
Un aspetto deve essere messo bene in evidenza. Si tratta di un libro al contempo intimo, personale, vivo ma anche di ampio respiro clinico e teorico, con l’Autore che riesce a passare, con tocco leggero e disinvolto, dal riferimento personale alla propria vita alla concettualizzazione teorico-clinica più sofisticata, e viceversa, senza che il lettore senta niente di forzato o innaturale. Questo è forse il più grande merito del testo. Lo psiche-soma di Bonaminio lo sentiamo presente nelle sedute che descrive con i suoi pazienti, e la maestria clinica sembra nascere anche dal corpo e dalle emozioni dell’Autore e non solo dalle sue notevoli competenze e approfondite conoscenze psicoanalitiche.
Non è un caso che nella presentazione del volume Gabbard ricorra a termini corporei come vene o respiro. Quello che Bonaminio ci mostra è un esempio di come un lavoro clinico rigoroso, serio, teoricamente radicato, può essere anche al contempo concretamente intriso di corporeità, spontaneità, vitalità e libertà.
Suscita certamente sorpresa la prima frase del testo di Bonaminio: “This is not a book on Winnicott.” Considerando che gli scritti di Winnicott sono il riferimento con cui Bonaminio costantemente dialoga in tutti i capitoli del libro, ci siamo chiesti quale fosse il senso di questa frase. La nostra chiave di lettura di questo sorprendente incipit abbiamo pensato di trovarla nella preposizione scelta, “on”. Nel senso che si tratta cioè di un libro che non è “su” qualcosa o qualcuno, ma, potremmo dire, che è un libro from inside, dall’interno e dunque non può essere “su” nulla. Non è su Winnicott come non è su nient’altro, se non espressione di una esperienza comunicata dall’interno, il modo personale, interno di fare psicoanalisi dell’Autore.
Nel definire gli obiettivi del suo lavoro, così si esprime Bonaminio: “To introduce you to how my mind works…” In questo punto si presenta, con una sola frase, una intera prospettiva da cui intendere il lavoro psicoanalitico in quanto problema di come lavora la mente dell’analista dall’interno. Il radicamento del funzionamento della mente dell’analista in uno psichesoma per quanto possibile senza fratture diventa il catalizzatore e lo spazio/setting/contenitore dove anche il paziente può trovare i primi brandelli del suo vero Sé e della sua unità psichesoma.
In questa breve presentazione non proponiamo una sintesi o discussione dei diversi capitoli del libro, che esprimono epoche diverse dello sviluppo del pensiero di Bonaminio, ma indicheremo quelle tematiche generali che ci sembrano rintracciabili in molte parti del volume e che a noi appaiono più significative. Per non appesantire troppo questa presentazione, nonostante il continuo dialogo con Winnicott come base di partenza delle riflessioni dell’A., cercheremo di evitare il riferimento ai concetti di Winnicott, ma proveremo ad indicare quelli che ci appaiono come gli aspetti più interessanti ed originali delle elaborazioni clinico/teoriche proposte da Bonaminio.
L’Autore propone una particolare elaborazione dell’affermazione di Freud secondo cui l’inconscio dell’analista funziona come un ricevitore – trasmettitore nei confronti dell’inconscio del paziente. Bonaminio, a nostro parere, mostra una notevole fiducia in una visione dell’analisi in questo senso intesa come un processo di cooperazione immediato ed automatico tra l’inconscio del paziente e quello dell’analista.
Nello scritto Transference before Transference Bonaminio distingue tra una interazione controtransfert-transfert immediata che passa attraverso un contatto tra inconsci automatico ed inconsapevole, e lo sviluppo della relazione transfert controtransfert che avviene nel tempo e spesso sull’onda di sentimenti, vissuti, fantasie anche consapevoli. Bonaminio da questo punto di vista tende a sottolineare l’importanza di distinguere, nella clinica, tra transfert dell’inconscio e transfert nel senso di dispiegamento di una relazione oggettuale, da una parte, e dall’altra tra identificazione primaria e identificazione proiettiva. Un attrattore inconscio (Bollas) può guidare un transfert e controtransfert iniziale che precede il dispiegarsi della relazione oggettuale. Il successivo transfert del paziente può anche essere guidato dal controtransfert dell'analista verso un altro paziente e da vari eventi e situazioni contingenti della vita dell'analista.
Bonaminio mostra in varie sequenze cliniche come il primo tipo di incontro tra gli inconsci passa spesso attraverso l’azione, l’enactment, scene vissute e immaginate collegate ai primi contatti tra analista e paziente. La comunicazione tra inconsci che in questo modo si realizza, secondo Bonaminio, “detaches, so to speak, the individuasl’s unconscious from his fixations, mobilizing in one and the other, the tendency to present and know each other” (p. 28 cap. 1).
La capacità di lavorare con tali enactment reciproci tra analista e paziente, con tali crash (della realtà contro la fantasia, dell’azione contro il contatto emotivo, spiega Bonaminio), la fiducia – forse un po’ ardita – di poter trovare in questi eventi complessi, turbolenti, insidiosi una potenziale energia propulsiva per il lavoro clinico, è uno dei molti elementi di forza e di grande interesse del materiale clinico presentato da Bonaminio.
L’Autore certamente non nasconde quanto si tratti di un lavoro irto e difficile che deve essere fatto per molto tempo dall’analista da solo in seduta e fuori dalle sedute. Bonaminio avvisa che l’analista deve essere in grado di tollerare la solitudine, e che la difficoltà di tollerare questo aspetto del lavoro ed il bisogno di trovare nel paziente la conferma della propria competenza analitica, come ha ammonito Winnicott molto chiaramente, può creare seri danni allo sviluppo del paziente, del suo vero Sé, della sua continuità e del suo spazio personale.
Inoltre, nelle sue riflessioni intorno a tali crash Bonaminio tende a privilegiare il concetto di identificazione primaria piuttosto che quello di identificazione proiettiva. Se per Green l’identificazione primaria poteva essere intesa come il prodotto inaugurale di un legame di parentela analitico – cioè una forma di alleanza terapeutica ad un livello profondo, Bonaminio, nelle sue esemplificazioni cliniche, ci mostra il modo in cui il concetto di identificazione primaria può concretamente lavorare nella clinica.
Se questa vicinanza tra inconsci tra analista e paziente è reale, il nostro corpo e le nostre azioni stanno più avanti, precedono e guidano la nostra mente. La nostra capacità di riflessione cosciente in questo senso non può che essere dunque sempre a posteriori, dopo che è avvenuto qualcosa di veramente significativo a livello di corpomente. Questo è un punto chiave, un interrogativo fondamentale che accompagna molti dei passaggi clinici presentati da Bonaminio. Il corpo e l’azione diventano uno stadio necessario del pensiero, la matrice del pensiero.
Altri contributi di notevole pregio ed interesse di questo lavoro di Bonaminio, come viene segnalato anche da Gabbard nella sua prefazione, sono il confronto tra Bion e Winnicott che l’Autore sviluppa in alcuni capitoli del libro, così come la distinzione tra regressione e ritiro, e tra rêverie ed elaborazione immaginativa. Nel suo dialogo serrato e profondo con Winnicott, ma anche in un modo originale e personale, Bonaminio esplora l'idea di Winnicott secondo cui il paziente depresso ha bisogno che l'analista sia consapevole di avere a che fare con la propria depressione “in order to create a place inside himself from which to receive the patient’s experience” (pag. 47). Ciò significa, nei termini di Winnicott, ravvivare la relazione con l'oggetto morto introiettato, la madre depressa dell'analista. Winnicott identifica un'origine e una struttura intergenerazionali nella depressione. Il trattamento dipende dalla vitalità dell'analista, che comporta il prestare al paziente la propria integrità psiche-soma. Molte di queste tematiche, in un modo decisamente interessante ed originale, sono sviluppate in relazione al problema dell’oggetto ego-alieno, delle forme della sua presenza nel mondo interno del paziente ma anche e soprattutto della sua comparsa e trattabilità nella situazione analitica.
Infine, Bonaminio mette in dubbio l'eccessiva enfasi sull'auto-rivelazione e l'intersoggettività, che considera particolarmente prevalenti negli Stati Uniti. Questo approccio privilegia il qui-ed-ora rispetto alla retrospettiva della Nachträglichkeit e secondo Bonaminio rischia di avere poco rispetto ed insufficiente attenzione alla storia del paziente. La teoria dell'intersoggettività rischia la reificazione, mentre l'autore preferisce sottolineare un gioco dialettico tra presente e passato, tra intersoggettivo ed intrapsichico.

Francesco Burruni, Membro Associato SPI - IPA
Oana-Ruxandra Pavel, Membro Associato SIPSIA

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