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Anna M. Nicolò, Rotture evolutive. Recensione di Vittorio Lingiardi: "Che gran rottura l'adolescenza", Il Sole 24 Ore, 23 gennaio 2022

 

Che gran rottura l'adolescenza

di Vittorio Lingiardi

Rotture evolutive è un bel titolo perché contiene l’alfa e l’omega della vita psichica e di quella terapeutica: rompersi, svilupparsi e, quando possibile, quasi mai da soli, ripararsi. Ripercorrendo i temi del lavoro teorico e clinico (che lei mai disgiunge) a cui si è dedicata per una vita, Anna Maria Nicolò, neuropsichiatra infantile e illuminata past president della Società Psicoanalitica Italiana, ci offre un libro-ponte che insegna, a terapeuti giovani e meno giovani, a muoversi tra tradizioni da ridiscutere e nuovi scenari da ponderare. La prima parte del volume è dedicata alle specificità della clinica con gli adolescenti e le loro famiglie: i compiti evolutivi, le difficoltà di valutazione, la patologia di alcuni legami. È qui che Nicolò riposiziona il concetto di breakdown , da una parte riconducendolo alla definizione che ne dà Christopher Bollas di esperienza di frammentazione ma anche riconversione di sé, dall’altra leggendolo come momento di rottura che può avere una sua evoluzione positiva ma che, se non riconosciuto e opportunamente curato, può progredire pericolosamente lasciando il sopravvento alla parte psicotica della personalità. Se i breakdown possono promuovere una «crisi necessaria» e alimentare nuovi potenziali equilibri, capita spesso che, purtroppo, l’adolescente non abbia le risorse per affrontare questo percorso e la sua crisi diventi strutturale. Da qui l’importanza dell’incontro inteso anche come momento diagnostico, un tipo di sguardo a cui Nicolò non ha mai abdicato, anche quando per gli psicoanalisti «diagnosi era una brutta parola» (rubo l’espressione a Nancy McWilliams, un’altra psicoanalista capace di laicità modellistica). Se ben condotto, il processo diagnostico che Nicolò propone con questi giovani pazienti risulta terapeutico, trasformativo, informativo, empatico e capace di contenere le angosce. La valutazione, quindi, non è attenzione esclusiva agli antefatti traumatici (che rimangono comunque un luogo privilegiato dell’indagine), ma anche alle risorse del paziente, dell’analista e del mondo familiare e relazionale che circonda l’adolescente. Se il trattamento di certi adolescenti richiede alla psicoanalisi nuovi approcci, va da sé che la capacità di costruire un setting adeguato possa rappresentare un traguardo piuttosto che un punto di partenza. Bisogna fare l’analisi se l’analisi è necessaria, diceva Winnicott, nume tutelare dell’approccio della nostra autrice al paziente. Un’affermazione ancor più calzante per il trattamento dei breakdown adolescenziali: perché il breakdown, ci ricorda Nicolò, possa diventare un breakthrough . E, aggiungo io con licenza poetica, anche un breath-through , un respiro che attraversa la crisi e promuove lo sviluppo. La seconda parte del volume è rivolta a «come difendersi dal crollo evolutivo». Tra tanti temi (dalle soluzioni perverse alle fantasticherie, dalla violenza come difesa dal crollo all’autolesionismo del self cutting), Nicolò introduce, appoggiandosi alla narrazione di due casi, l’«enigma transgender», che giustamente considera «una delle sfide più rilevanti poste ad alcuni modelli della psicoanalisi». Se in certi passaggi lo sguardo dell’autrice rimane, a mio avviso, ancora troppo debitore a un modello classico che vede i percorsi di genere non conforme avvolti da un aura di sospetto patologizzante, dall’altra incontriamo un desiderio autentico di rinnovare tale modello illuminandolo di formulazioni di equilibrata postmodernità, come «l’identità […] si modifica progressivamente secondo i nostri incontri e le esigenze della vita»: «esiste un nucleo originario» ma ne «siamo anche attivi co-costruttori». Cruciale e trasversale è dunque il tema del corpo che, nel viaggio mai scontato delle identificazioni, si fa, di volta in volta, teatro della soggettivazione, della sperimentazione, della fuga dissociativa dalla complessità, del disconoscimento. Nicolò riesce bene a raccontare quell’idea di adolescenza che ha sempre vissuto sul campo: non solo una fase del ciclo di vita, ma anche un ineludibile organizzatore mentale e personologico da leggere sempre con le lenti della «developmental psychopatology».

 

Pubblicato su Il Sole 24 Ore, 23 gennaio 2022

 

 

 

 

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