Lunedì, Maggio 20, 2024

"Fusionalità. Attualità del concetto". A cura di G. Meterangelis e A. Lombardozzi (2021). Recensione di Adriana D'Arezzo.

Forme della fusionalità.

Attualità del concetto

A cura di Alfredo Lombardozzi e Gianfranco Meterangelis

Scritti di S. Bolognini, N. Bonanome, B. Bonfiglio, P. Fonda, A. Lombardozzi, G. Meterangelis, C. Neri, L. Pallier, G. Petacchi, G. C. Soavi, A. Speranza, R. Tagliacozzo.

Prefazione di Anna Maria Nicolò

Franco Angeli 2021

Recensione di Adriana D’Arezzo

Leggendo questo libro mi è spesso tornato in mente il racconto di quanto una mia paziente   provava mentre le veniva inoculata, per via endovenosa, la chemioterapia. Una sensazione di profonda tranquillità, di rilassato benessere, di affrancamento da doveri e incombenze della vita, nessun dolore. Le risultava incomprensibile la tristezza che leggeva sui visi dei compagni di stanza e dei suoi amici e parenti, tutti meravigliati dall’incongruità del suo sentire. Il tumore era considerato una opportunità, le aveva aperto, diceva, nuove strade.

“…la Fusione riassume i caratteri del continuo: globalità: assenza di classi; stabilità: assenza di tempo; assenza di qualsiasi meta o ricerca di perfezionamento, essere in se stessi e nell’altro: cancellazione dello spazio.”

“Un armonioso rapporto con la vita sembra che richieda la persistenza delle due modalità complementari del saper vivere la fusione e dell’aver ben salda la certezza di poter recuperare l’identità nel momento che si ritiene opportuno” (G. C.Soavi, 1990)

Il breve frammento clinico e due definizioni tratte da lavori di G. C. Soavi per introdurre il tema della fusionalità affrontato nel volume curato da A. Lombardozzi e G. Meterangelis. Un volume ricco, complesso, un’opera collettanea importante. Ciascun autore contribuisce in modo originale, sono certa che in questa breve presentazione non potrò evitare di far torto alla complessità degli scritti e di questo mi scuso fin d’ora.

Il desiderio, la fantasia, di essere tutt’uno con la madre, abbattere ogni distanza dall’altro, essere compresi senza sforzo, insieme a quello di emanciparsi ed acquistare autonomia, sono alla base sia dello sviluppo normale che di quello patologico. Le vicissitudini delle prime relazioni del bambino con la madre e la maniera in cui progressivamente diventa possibile accogliere la curiosità e il desiderio di allontanarsi da lei lasciano un’impronta che, nel bene e nel male, come nella teoria di oggetto-sé di Kohut, permane per tutta la vita. In alcune circostanze della vita, se in precedenza le cose sono andate sufficientemente bene, la fusionalità può essere ripristinata, fornendo all’esperienza caratteristiche di intenso piacere, vissute come uniche e imprescindibili, come nell’innamoramento o nel coinvolgimento appassionato della realizzazione artistica. Al contrario gli effetti di un’esperienza primaria deficitaria sono rintracciabili nelle vicende relazionali successive e individuabili nel transfert. In questo caso il desiderio di ripristinare la fusionalità si lega a circostanze incongrue, come nel caso dell’esergo, o comunque disfunzionali, determinando condizioni di instabilità del sè.

I difficili auto-contenimenti impongono a certi pazienti il bisogno di attingere continuamente a rassicurazioni affettive da parte degli altri, soprattutto dall’oggetto amato, per cercare di contrastare il sentirsi incapaci di sopravvivere da soli e/o, altra faccia della stessa medaglia, di temere la dipendenza e l’intrusività. La teoria della “Fusionalità”, a partire dalla clinica, ipotizza che nei sintomi degli adulti, nel transfert sull’analista e nel controtransfert è possibile rintracciare i difficili andamenti delle prime relazioni nell’area del contenimento di stati dolorosi della mente che si rivolgono ad un oggetto con qualità genitoriali insufficienti. Soprattutto per quei pazienti che ambiscono a relazioni intime ma che allo stesso tempo non possono goderne e le allontanano. Timori senza nome che possono diventare angosce di disintegrazione, fenomeni di depersonalizzazione che insorgono di fronte ad esperienze nuove o ancora, vissuti di mostruosità. Versanti della sofferenza psichica che minano le relazioni e le aree di pensabilità.

A. Lombardozzi e G. Meterangelis, nei ruoli istituzionali da loro ricoperti rispettivamente di Segretario Scientifico e Presidente del CdPR, intuiscono che l’area della ‘Fusionalità’ proposta a suo tempo dallo storico gruppo di analisti del Centro di Psicoanalisi Romano - C. Neri, L. Pallier, G. Petacchi, G. C. Soavi e R. Tagliacozzo è ancora molto fertile. Nel 2019 organizzano il Convegno: “Fusionalità – Storia del concetto e sviluppi attuali”. Un convegno particolarmente felice per la qualità degli interventi presentati e per l’intensità del clima affettivo in cui si è svolto. Il volume “Forme della fusionalità. Attualità del concetto” riunisce alcuni lavori storici (Tagliacozzo, Pallier, Soavi, Neri, Petacchi) del gruppo originario con altri presentati in quell’occasione   mettendo a dialogare i temi della Fusionalità con gli sviluppi del pensiero psicoanalitico attuali (Fonda, Bolognini, Bonfiglio, Speranza). “L’analista descritto dagli autori di Fusionalità, è un analista che indaga la psiche del suo paziente attraverso il proprio coinvolgimento affettivo e i suoi modi di interagire, come sostiene Tagliacozzo, è l’analista che deve elaborare e far elaborare’. È l’analista che deve fornire l’incubatrice psichica fallita in precedenza’. (Lombardozzi, Meterangelis 2021)

Nella prima parte del volume A. M.Nicolò, C. Neri e N. Bonanome si incaricano di definire la storia del concetto di “Fusionalità” nel contesto psicoanalitico internazionale in cui hanno preso forma i pensieri, “a partire dagli accesi dibattiti intorno al modello freudiano e modello kleiniano, al confronto tra il modello pulsionale e relazionale…[fino a] senza memoria e desiderio… al concetto di inanalizzabilità ….” e come sono evoluti nel tempo. (Bonanome, p. 30)

Claudio Neri ci fa respirare il clima del gruppo “in cui regnava la buona socialità” fatta di “riconoscimento realistico” delle qualità e dei limiti di ciascuno dei partecipanti ed una grande libertà. Il lavoro creativo conviveva col piacere di vivere e condividere.

In sintonia con gli orientamenti della ricerca psicoanalitica attuale che cerca di indagare le aree più primitive dello sviluppo della mente e delle prime connessioni relazionali e “può essere considerata un ponte fra le concezioni dell’intrapsichico e quelle relazionali.” (Lombardozzi- Meterangelis, p. 17)  

Lombardozzi precisa la distinzione tra stati fusionali e stati simbiotici ritenendo che “rotture fusionali traumatiche possono condurre a forme regressive verso l’oggetto arcaico di tipo simbiotico” (101)

Bolognini propone di osservare come le modalità esperienziali dei primi scambi vitali inter-corporei tra gli esseri umani possano all’osservazione dell’analista divenire equivalenti psichici da “conoscere, riconoscere e, se possibile, utilizzare”. Propone, inoltre, acute metafore sulle linee di confine corporeo (la pelle, le mucose) che come le aree inter-psichiche (che permettono il passaggio non traumatico dall’uno all’altro) o trans-psichiche (che perforano e danneggiano) sono in grado di offrire permeabilità differenti agli scambi con gli altri. (108)

Bonfiglio ripercorre l’evoluzione del pensiero degli autori di Fusionalità con puntualità, individua gli sviluppi di ciascuno nel tempo e le ricadute sulla tecnica analitica. “Non è migliorata soltanto la lettura delle dinamiche del paziente e della relazione, quanto la capacità di coglierne il mondo emotivo ascoltando e trasformando il proprio.” (136)

Neri nel suo “contributo sviluppa l’ipotesi che la fusionalità abbia una funzione di contenimento” mostrando come all’interno dei gruppi analitici da lui condotti i fenomeni relativi alla fusionalità siano particolarmente intensi, diventando opportunità trasformative.

“Un incremento della fusionalità può sollevare paure di sciogliersi, di perdersi nell’altro (o di rimanervi incastrato) e produrre di conseguenza diversi sintomi e meccanismi di difesa. La componente fusionale può altresì diminuire eccessivamente, provocando uno stato di ‘alienazione’ dai simili, come nell’estraneazione, nell’autismo.” (P. Fonda, p.142)

Aggiungerei, per concludere, che il clima germinativo prodotto dagli approfondimenti al tema fusionalità, promuove e rinvia ad altre aree di ricerca e comparazione tra concetti psicoanalitici che indagano aree affini e in gran parte sovrapponibili per quanto attiene gli aspetti clinici e le implicazioni psicopatologiche, come quelle relative al narcisismo. Mi riferisco soprattutto a quelle definite come “narcisismo a pelle spessa e a pelle sottile” (Rosenfeld, 1987; Kernberg, 2014), quelle aree di grandiosità iper-vigile o di vulnerabilità, noia, paura, mancanza di sicurezza, vergogna, mi chiedo quali le linee di intersezione e i confini. Concetti che gli stessi autori che si sono dedicati alla “Fusionalità” hanno studiato. (Pallier, Soavi 2012; Meterangelis 2011) Anche in questi disturbi predomina la difficoltà nelle relazioni interpersonali ed il bisogno estremo di sostenere la propria autostima attraverso gli altri. (Annata Int.N.11/2020 R.Bernardi, M.Eidlin)

Bibliografia

Fusionalità C. Neri, L. Pallier, G.Petacchi, G.C.Soavi e R.Tagliacozzo - Borla

Annata Int.N.11/2020 R.Bernardi, M.Eidlin - Giovanni Fioriti Editore

Forme della fusionalità. Attualità del concetto AAVV - Franco Angeli 2021

Meterangelis G. - La Vergogna e le organizzazioni narcisistiche patologiche (2011) presentato al convegno: “Rifugi della Mente – Processi di sviluppo”

Pallier L. M., Soavi G. C. – La vergogna. Difficoltà nella sua analisi (2021)

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