Lunedì, Aprile 29, 2024

Povere creature! Note di Roberta Leone

Anno: 2023

Regista: Yorgos Lanthimos

Sceneggiatura: Tony McNamara

Genere: film commedia drammatica ed erotica/science fantasy

Durata: 2 ore e 21 minuti

 

Ingombrante sulla scena lei, Bella, come è ingombrante il senso di smarrimento, passione e libertà che si può provare in seguito alla visione di questa opera artistica.

Diretto dal greco Yorgos Lanthimos, uscito nel gennaio 2024, ha attirato molti verso il cinema. Della durata di 2h e 20 minuti circa tiene incollati allo schermo e affascina come in un sogno in cui tutto è possibile e l’inconscio si svela man mano. Tratto dal romanzo del 1992 dell’autore scozzese Alasdair Gray che ha vinto il Whitbread Novel Award e il Guardian Fiction Prize, adattato dallo sceneggiatore Tony McNamara il film è valso l’oscar a una profonda Emma Stone che incantevole interpreta senza veli né pregiudizi il ruolo di primo soggetto di un esperimento. La pellicola vince anche altre tre statuette tra trucco, acconciature, scenografie e costumi.

La trama narra di una giovane donna che nasce e si evolve dinnanzi agli spettatori, del suo legame con il presente e con il passato che in qualche modo le è appartenuto. Questi sono solo alcuni aspetti di cui parla il film, scelte stilistiche hanno portato a narrare molto di più e a fare di questa pellicola una poesia iconica dell’era senza tempo che il film oltrepassa. Cosa cerca di spiegare se non il senso lato di conoscenza e sete di sapere, di esistenza, desideri e paure, di dolore e rassegnazione. È complessa l’ampia gamma di temi che la pellicola tocca vivamente. Il libero arbitrio fra questi.

Fin dai primi attimi il regista attira lo spettatore con l’uso di un’inquadratura di scena in cui la camera insegue il soggetto principale, la curiosità aumenta ogni volta che una ripresa in fisheye concede la scoperta di nuovi particolari, di nuove verità. Il ricordo va a Gli uccelli del grande Hitchcock, forse per l’assenza di colori della prima parte della pellicola, per lo stupore e l’attenzione che suscita la regia e la scelta di inquadrature? Il mistero ricorda Hitchcock, il fascino; soltanto che in questo caso la prospettiva non pone al centro del dramma una donna indifesa o arrabbiata, ma una giovane donna libera che sceglie per la sua vita prima e dopo, che sceglie di scoprire chi è in quanto essere vivente, non già etichettata da un genere sessuale che la cultura del suo paese d’origine ha contornato di stigmi e preconcetti castrando i suoi desideri in divenire, ma inseguendo la sfilza di scoperte che nel quotidiano fa di sé, all’emergere di percezioni, pensieri e soprattutto desideri.

La timidezza e la paura di Edward mani di forbici scompare ben presto ma il taglia e cuci sperimentale del grande doctor, padre nel film, che genera, disfa e rifà lo ricorda. I quadri di Dalì o Magritte sorgono tra i pensieri che questa pellicola permette di esplorare. Il gioco di colori (e assenza degli stessi riportando al gotico che il film richiama) contrasta con una realtà statica a cui troppo spesso ci si adegua, piena di morali poco plastiche.

Questo film ricorda una buona seduta di psicoanalisi in cui ci si può finalmente permettere di essere sé stessi, di incontrare l’autentico nascosto dietro pile di difese psichiche primarie e secondarie, dietro vantaggi e svantaggi. È affascinante permettersi un viaggio in così poco tempo e così al centro di tematiche che toccano ognuno di noi nella complessità dei vissuti che giocano un ruolo fondamentale per crescita e sviluppo.

Stereotipi alla stregua dello sviluppo delle fasi psico-sessuali sdoganati e meritevoli di attenzione sperimentale scevra da pregiudizi che ostacolano, questi stessi diventano rapidamente oggetto stesso della ricerca. Per i più deboli di stomaco molte scene vive al limite con lo splatter, ma meno cartonate che nei film di Tarantino, potrebbero rendere complicato il pasto se pensate di farlo subito dopo la visione.

Povere Creature! merita di essere visto perché si tratta uno spartiacque tra vero e fantasmatico. È un viaggio, colori e abiti permettono di immergersi in un mondo fiabesco che la crudità dei vissuti dei protagonisti spiattellati sullo schermo permette di vivere senza sentirsi così estranei a ciò che accade, così la distanza si accorcia e mentre si inizia a pensare ad altro divagando nel proprio onirico ispirati dal film si segue una trama fitta di eventi, per nulla banali, che ognuno cerca di spiegare a modo proprio. Il dolore accanto all’euforia per la scoperta di cose nuove è libero di fluire.

In una parola questo è un film libero e per questo vale la pena di essere visto, ammirato come un’opera surrealista. Ricorda i film di Luis Buñuel Portolés o la libertà sprezzante dei toni vivaci dei film di Xavier Dolan. Ci vuole una grande libertà artistica per creare certi dissapori e lasciarli scorrere dinnanzi così in armonia fra loro e poi alla fine: l’amore e il calore per il bello della scoperta, dello stesso semplice amore che si rinnova, del legame che supera i confini dell’esperimento e che significa ogni cosa e rende liberi di vivere nel modo migliore, consapevoli di sadismo e violenze innate esistite ed esistenti senza troppe esitazioni. Da vedere e rivedere almeno una volta.

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