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Report di Ornella Filograna sulla serata "Mamma ...non mamma" - presentazione del film "Sbagliate" di Elisabetta Pandimiglio (13 maggio 2016)

Il 13 maggio 2016 si è svolta presso la sede del Centro di Psicoanalisi Romano la serata “ Mamma … non mamma “, organizzata da Silvia Vessella e articolata attorno alla proiezione del docufilm “ Sbagliate “ della regista Elisabetta Pandimiglio. Ha partecipato inoltre la storica dell'arte Karen Inardi, mentre Carla Busato ha riportato l'intervista a Rossana Rossanda sul tema della maternità. E' seguita la proiezione del film, ed un dibattito tra i presenti.
 
Ha introdotto la serata Jones De Luca, che ha apprezzato la delicatezza ed il coraggio del film, e sottolineato l'impegno di Silvia Vessella nel lavoro su SPIweb.
 
Silvia Vessella nella sua introduzione (VAI AL LAVORO) ha sottolineato come il tema della maternità è sempre più al centro di riflessioni che, a partire da fatti di cronaca, sviluppi della ricerca scientifica, nuovi orientamenti sociali e politici, testimoniano il bisogno di approfondimento e messa a punto di questioni tanto fondamentali sul piano sociale quanto potenti su quello personale.
Il coinvolgimento della psicoanalisi è testimoniato nei tempi più recenti dal dossier presentato su SPIweb “Maternità surrogate” curato da S. Vessella che raccoglie numerosi lavori di psicoanalisti, giornalisti, biologi, antropologi ecc. e fornisce un ampio ventaglio di approfondimenti.
Silvia Vessella ricorda come Freud in Totem e Tabù ha indicato tra i tabù “temporanei” ( cit.) “la mestruazione, il puerperio ed i neonati” , aspetti che riguardano la maternità e ne sottolineano la potenza e la sacralità. Oggi, dice Vessella, con la centralità della maternità “ naturale” vacilla un cardine della nostra costruzione sociale. Sostenute dai progressi scientifici, anche in psicoanalisi, le donne, ma non solo loro, cercano di addentrarsi nel mistero della maternità e di confrontarsi con gli interrogativi suscitati dalla frammentazione della coppia genitoriale e dal “rimescolamento” dei soggetti. Si pensi alle adozioni ed al mantenimento o meno del legame con la madre naturale, alle pratiche di procreazione assistita spesso aggressive del corpo, non sufficientemente “interrogato” sulla sua disponibilità ad accogliere, fino alle mercificazione degli uteri ed in genere a pratiche che svincolano la procreazione dall'amore.
Il film “Sbagliate” si colloca tra le proposte di riflessione alla ricerca di migliori equilibri nel coniugare le acquisizioni biotecnologiche con la realizzazione di una sempre più autentica umanità. VAI AL DOSSIER
 
La storica dell'arte Karen Ilardi ha presentato un lavoro su Louise Bourgeois e il suo rapporto con la maternità, molto interessante sul piano umano ed artistico e psicologicamente, mi sembra, ben rappresentativo degli aspetti contraddittori ed ambivalenti della maternità.
L'artista francese, ormai quasi centenaria, esprime con le sue sculture ed installazioni visionarie le tracce della storia molto dolorosa del rapporto con la madre, abile restauratrice di arazzi antichi, alla cui morte la figlia allora ventunenne tentò il suicidio. Maman è una monumentale scultura in acciaio che rappresenta un enorme ragno fornito di lunghe sottili zampe (sotto cui lo spettatore può camminare) e di un corpo centrale costituito da una pancia di rete metallica che contiene grandi uova di marmo, a rappresentare appunto la doppia possibile funzione materna, di nutrimento e sostegno, ma anche di intrappolamento. E' descritta anche The Dagger Child, piccola scultura che rappresenta il bambino-pugnale che ferisce la madre col suo bisogno, e Le Trani Episode, opera in argento ed oro composta di due forme che simbolizzano l'elemento femminile e maschile- madre e figlio amato- in una fusione simbiotica molto evocativa. VAI AL LAVORO
 
Carla Busato ci ha riportato con affetto un'intervista sulla maternità a Rossana Rossanda.
Agli interrogativi la Rossanda risponde con altri interrogativi e qualche certezza: una è che si sente donna pur non essendo madre, cioè pur mancando delle qualità che nega essere “ identitarie”.
Riguardo al non aver cercato la maternità, la Rossanda rivendica, con lievità ed ironia, la libertà di essersi sottratta al modello dominante, dal partito alla società allargata, della “ necessità” della maternità, vissuta da alcune donne come ricerca a tutti i costi. Tale libertà è argomentata sostenendo che maternità non si identifica con femminile (“non è iscritto con lettere di fuoco nel DNA”) e contestando l'attribuzione delle qualità identitarie femminili da parte della società il cui sviluppo è definito da parametri variabili e relativi a periodi storici, o luoghi o civiltà a cui la società stessa appartiene. In definitiva, riporta la questione alla centralità della soggettività della donna. VAI ALL'INTERVISTA
 
 La presentazione della regista Elisabetta Pandimiglio ha raccontato la storia del film, cominciata diversi anni fa come ricerca personale sulla maternità, e declinata poi professionalmente sul tema della gabbia, sviluppato tra l'altro in un altro lavoro molto interessante , come ha ricordato Silvia Vessella, sui bambini delle madri in carcere a Rebibbia. La ricerca ed il lavoro per la realizzazione del film si sono protratti per anni, unendosi poi la coregista Daria Menozzi, e gradualmente arrivando alla forma che vediamo reclutando un numeroso gruppo di donne. Queste si incontrano periodicamente in gruppi più piccoli e, stimolate dall'intervistatrice, raccontano se stesse, ognuna con la personale storia in cui la non maternità è vissuta di volta in volta come libera scelta, o legata a condizionamenti esterni , o anche guidata dal “caso”, e così via.
Il film restituisce con leggerezza ed intensità un clima di collaborazione, di messa in comune di esperienze, considerazioni, sentimenti che come in una reciproca costruzione conducono a nuove coscienze della identità femminile.
 
 Gli interventi seguiti alla proiezione hanno toccato alcuni aspetti sollecitati dalla visione del film, anche questi espressi dalle rispettive sensibilità, taluni di ordine più personale altri più “ tecnici”.
Tutti hanno concordato sulla utilità dell'iniziativa e sul gradimento del film, aprendo interrogativi più che proponendo risposte, come forse è inevitabile parlando di maternità di cui infatti è stata sottolineata la componente ambivalenza al di là degli stereotipi ( difensivi? ): madre è bello, oppure: la donna sceglie liberamente, o anche: ci si affida al caso. E forse storie di non maternità non potevano che essere raccontate in un clima non gioioso, come poco vitale – nonostante le atmosfere conviviali- a testimoniare in questo modo la gravità della scelta.
E' stata anche notata la scarsa presenza dell'uomo: in sala, nel film in cui vengono evocati raramente compagni o mariti, e forse anche nella difficile scelta mamma . . . non mamma.
 
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