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Dialogo su Calvino (29 febbraio 2024). Report di Enrico De Sanctis

Dialogo su Italo Calvino (29 febbraio 2024)

Report di Enrico De Sanctis

È un dialogo fra psicoanalisi e letteratura a caratterizzare la serata scientifica su Italo Calvino, presentata da Alessandra Balloni, frutto della collaborazione del Centro di Psicoanalisi Romano e dell’International Association for Art and Psychology.
In un vivo scambio di riflessioni e domande, infatti, dialogano due relatori, Marcello Turno e Valentino Baldi. Turno è psicoanalista e autore di pubblicazioni letterarie, Baldi è professore di Letteratura contemporanea e comparata all’Università degli studi di Siena. I pensieri circolano muovendosi intensi attraverso alcuni brani scelti dell’opera di Calvino, interpretati dall’attore Gianni Garko.

Turno fa immergere i partecipanti nel vivo della poetica di Calvino con numerosi riferimenti ai suoi lavori. Anche se Calvino non ebbe rapporti con la psicoanalisi, tutta la sua opera ne è attraversata, toccando alcuni tra i suoi pilastri, in particolare: l’inconscio e le emozioni, i sogni, l’intuito, l’immaginazione, il processo della pensabilità, la finitudine e l’alterità. Anche la self disclosure potrebbe essere considerata una tecnica calviniana ante litteram di uno dei filoni più recenti della psicoanalisi.
Insomma, quello con Calvino è un viaggio sulla complessità umana, sull’indefinitezza e sulla sua perfettibilità mai compiuta una volta per tutte, sulla creatività e sul continuo divenire di ciascuno di noi. Il relatore, quindi, riconosce un valore importante allo scrittore e ci mostra come il lavoro di Calvino possa essere visto perfino nella sua capacità di potenziare lo strumento psicoanalitico. Vediamo ora nel dettaglio come, a partire dal vivo di alcune delle sue opere e dalle riflessioni che Turno propone in merito.

Uno dei lavori sulle cui tracce Turno vuole, appunto, portarci sono le Lezioni americane[1]. Queste lezioni, che Calvino avrebbe dovuto tenere nel 1985 a Cambridge all’Università di Harvard se non fosse morto per un ictus proprio in quell’anno, rappresentano per Turno una vera e propria rivelazione. Pubblicate postume nel 1988, in queste lezioni Calvino non racconta, ma si racconta.
Esse rappresentano un’importante chiave psicoanalitica per capire il mondo interiore di questo autore, i suoi processi mentali, l’organizzazione del suo inconscio. Con una self disclosure, come dicevamo, Calvino percorre i labirinti, i corridoi a specchio e i paesaggi illusionistici della propria letteratura, passeggiando nella sua arte, che è intesa come un prodotto dell’inconscio pari al sogno. Turno è colpito dalla capacità di Calvino di contattare un inconscio vicino a quello concettualizzato da un grande psicoanalista, Ignacio Matte Blanco, ovvero non solo il luogo del rimosso ma anche un luogo dove originano le emozioni, da cui prendono forma il pensiero autentico e la creatività umana.
Questo discorso sull’inconscio ci invita a una riflessione, anzi forse a un’intuizione che Turno vuole evocare, cioè a un senso di apertura verso l’infinito, un modo complesso di vedere l’essere umano che non è riducibile ad unum.

Desiderando accompagnare i partecipanti a cogliere questi concetti, Turno condivide un curioso aneddoto di un noto scrittore argentino, Jorge Luis Borges, il quale conosceva personalmente Calvino. Borges aveva cioè recensito le Lezioni americane. Nella recensione aveva fatto cenno a un nuovo libro di Calvino, citato direttamente nelle Lezioni da lui stesso. Borges, tuttavia, aveva intenzionalmente mentito. Questo nuovo libro di Calvino non esisteva, così come non esisteva la citazione dello scrittore nelle Lezioni.
Turno sottolinea come questa falsa comunicazione di Borges fosse la migliore recensione in grado di parlare di Calvino. Cioè di qualcosa che c’è e non c’è, direi personalmente, di qualcosa che c’è in potenza ovvero di un divenire. Infatti le Lezioni americane, oltre a non essere pubblicate mentre Calvino è in vita, non sono neanche concluse. Eppure questa è la loro conclusione, un finale aperto che è, ugualmente, fonte di mancanza e di possibilità. Insomma, Calvino è Calvino anche dopo la sua precoce dipartita.

A proposito del divenire e del suo processo, anche Palomar[2], la sua ultima opera pubblicata nel 1983, ne è un esempio. Palomar è la storia di un uomo “che vede i fatti minimi della vita quotidiana con una prospettiva cosmica” e con un senso di armonia. Non tutti sanno che soltanto nella prefazione, sottolinea Turno, Calvino parla anche di un altro uomo, di nome Mohole. Lo scrittore stesso spiega di averlo immaginato come l’uomo che, diversamente da Palomar, scorge “l’oscuro e gli abissi interiori” e dice “verità sgradevoli”. Come mai di Mohole, introdotto nella prefazione, non vi sarà più traccia nel testo, come mai il lettore non ne conosce l’esistenza? Perché “alla fine”, spiega Calvino sempre e soltanto nella sua prefazione, “ho capito che di Mohole non c’era nessun bisogno, perchè Palomar era anche Mohole. La parte di sé oscura e disincantata che questo personaggio generalmente ben disposto si portava dentro, non aveva alcun bisogno di essere esteriorizzata in un personaggio a sé. A quel momento”, conclude Calvino, “mi sono accorto che il libro era finito”. Un procedere indubbiamente psicoanalitico quello di Calvino, che integra due mondi inizialmente divisi e così realizza la sua opera, come accade anche per un’analisi, aggiungerei, che può traguardare così la sua fine consentendo al paziente di iniziare la sua nuova vita, ancora da scrivere.

Un critico letterario studioso di Borges, Jaime Alazraki, anch’egli argentino, aveva parlato dell’attribuzione di “una sensazione irreale alla realtà” e di “una sensazione reale alla finzione”. Questi due concetti evocati da Turno, molto stimolanti seppure non di immediata lettura, coinvolgeranno Baldi che li riprenderà intorno alla poetica di Calvino, argomentandoli nella sua relazione in due punti specifici.

Il primo punto pensato da Baldi è sintetizzabile nel titolo “La realtà e la letteratura”, il secondo nel titolo “La realtà della letteratura”. Come dicevo poco fa, Baldi si collega così ai concetti di Alazraki di mostrare “l’irreale alla realtà” nel primo punto e di mostrare “il reale alla finzione” nel secondo punto. Proviamo a fare via via chiarezza, entrando di più nel dettaglio di questa fertile lettura nascente dall’amore per la psicoanalisi e per la letteratura proposta dai due relatori.

Nel primo punto, di fatto, Baldi si pone un’enorme ed enigmatica domanda: cos’è la realtà? Ricordando il riferimento di Turno a Matte Blanco, anche Baldi cita lo psicoanalista cileno, parlando del rapporto tra simmetria e asimmetria: “Qualcuno dice: le finestre della prigione hanno le sbarre. Le finestre della mia stanza hanno le sbarre e il mio pigiama ha righe simili alle sbarre delle finestre. Quindi sono in prigione”[3]. Calvino ragiona allo stesso modo, dice Baldi argomentando la sua domanda sulla realtà: la realtà non è semplicemente oggettiva né comune, è un fatto di sguardo, di prospettiva. La realtà non è sempre conforme e parlabile. Esistono il silenzio, le emozioni e l’inconscio, esiste il mistero; esiste una realtà difforme, un’alterità che irradia nella creazione dei mondi.
Anche Baldi ci parla di Borges, portandoci nel suo universo con una citazione de La biblioteca di Babele: “L’universo (che altri chiama la biblioteca) si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, orlati di basse ringhiere”[4]. Come Calvino, qui Borges mostra “l’irreale alla realtà”, che Baldi vuole comunicarci in presa diretta attraverso le parole e la loro onomatopea, attraverso le immagini proposte dallo scrittore.

Nel secondo punto, “La realtà della letteratura”, Baldi sembra rovesciare la dinamica appena descritta nel primo punto, mostrando “il reale alla finzione”. Egli si pone un’ulteriore domanda: che cos’è la realtà della letteratura?
Baldi risponde in modo profondamente psicoanalitico: la realtà della letteratura è la realtà della significazione. Questo è molto semplice da capire, ma molto difficile da accettare perché soltanto quello che significa ed è significato esiste.

Proviamo a spiegare ancora meglio il senso di questi due punti e la possibile relazione tra loro, facendo un esempio chiarificatore proposto da Baldi.
Un testo letterario è già stato definito da qualcuno. Noi possiamo vivere emozioni profonde leggendolo, ma non possiamo mai modificarlo. È un testo con il suo inizio e con la sua fine inalterabile. Tuttavia, nonostante tutto sia già scritto, Calvino direbbe: se da una parte la letteratura rappresenta la realtà (il secondo punto), vi è anche una realtà non significante che non può essere organizzata (il primo punto), che non inizia e non finisce. In proposito, Baldi ricorda l’incipit di uno dei capolavori di Carlo Emilio Gadda[5], che recita così: “Tutti oramai lo chiamavano Don Ciccio". Se ci fermiamo e guardiamo la lettera involata diciamo: ma oramai quando? Il romanzo, cioè, inizia con l’affermazione di qualcosa che oramai tutti sapevano e facevano. Esattamente come quell’opera che a Gadda, come a Calvino, piaceva molto, conclude Baldi, cioè l’Amleto. L’Amleto non inizia con l’apparizione di un fantasma come spesso si sente dire, ma inizia con il fatto che le guardie sostengono che il fantasma sia già comparso due volte. La domanda che, forse, si farebbe Calvino è quando è comparso e dove è comparso.

Gli stimoli della serata animano il dibattito con i partecipanti. Vi è una sottolineatura in particolare sul senso di apertura, di cui i relatori hanno parlato. Si riflette sul fatto che un’opera letteraria non sia un lavoro da analizzare, ma un mondo da cui lasciarsi stupire, come fosse quell’esperienza che annuncia nuovi orizzonti a chi si dispone, coraggiosamente, ad avere visioni di sé altre e promettenti.

Balloni ringrazia sentitamente i relatori e, salutando tutti i partecipanti, ricorda che la serata si è svolta in una data singolare, il 29 febbraio. Una data calviniana, a questo punto, che compare e scompare.

[1] Calvino I. (1988), Lezioni americane, Mondadori, Milano 2022.

[2] Calvino I. (1983), Palomar, Mondadori, Milano 2022.

[3] Matte Blanco I. (1975), L’inconscio come insiemi infiniti, Einaudi, Torino 2000.

[4] Borges J.L. (1941), “La biblioteca di Babele”, in Finzioni, Adelphi, Milano 2015.

[5] Gadda C.E. (1946), Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Adelphi, Milano 2018.

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