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Agosta F. - Dagli oggetti bizzarri alla metafora futura (2012)

15 giugno 2012

DAGLI  OGGETTI BIZZARRI  ALLA METAFORA FUTURA

di Francesco Agosta

OGGETTI BIZZARRI

La storia della letteratura psicoanalitica, così come i ricordi di particolari momenti nell’attività professionale psicoanalitica ed anche la storia che ognuno di noi ha vissuto è punteggiata da rappresentazioni che diventano l’icona significativa di aperture a nuovi modi di interpretare la realtà e a risignificare la propria vita.

Per quanto riguarda la Psicoanalisi, vorrei porre l’attenzione alla famosa scena del sogno dell’uomo dei lupi, per altro riprodotta in disegno da Freud, rarissima eccezione per l’autore, nel quale la posizione dei lupi e il loro convergere gli occhi su un punto riportano ad una scena vista sia attraverso lo sguardo dei lupi  che del bambino, i cui occhi sono rappresentati dalla finestra che si spalanca.

Ho sognato che è notte ed io sto nel mio letto. Improvvisamente la finestra si apre da sé, e con grande spavento vedo che sul grande noce di fronte alla finestra stanno assisi diversi lupi bianchi. Erano sei o sette. Questi lupi erano tutti bianchi e somigliavano piuttosto a volpi o a cani da pastore, perché la coda era grossa come quella delle volpi e le orecchie tese come quelle dei cani quando fanno attenzione a qualche cosa. In preda a profondo terrore, evidentemente di essere divorato, grido e mi sveglio”.

La rappresentazione iconica è in grado di riassumere in sé mondo interno ed esterno e le emozioni collegate. L’attrazione per il mondo esterno, l’attenzione ad esso in quanto contenitore di soggettività ed insieme la necessità di discriminare tra oggetto e soggetto è imprescindibile. Riolo inizia il suo saggio sulla fantasia con una citazione di Hegel da La fenomenologia dello spirito: “Lo spirito è risvegliato e sollecitato dal bisogno di svilupparsi alla presenza degli oggetti solo in quanto coesiste in essi qualcosa di soggettivo e misterioso che non è stato ancora disvelato”. Penso sia interessante esplorare alcune teorizzazioni di Bion che illustrano formazioni mentali primitive miste di oggetto e soggetto, collocandole nello sviluppo della pensabilità. La concezione di Bion degli oggetti bizzarri, proposta dall’autore come fenomeno clinico nell’ambito della teoria della schizofrenia, contribuirà in seguito a una descrizione dello sviluppo mentale. Tale linea di ricerca, peraltro, cioè che l’evidenziazione di fenomeni psicopatologici, apra la via alla comprensione della normalità è comune nella medicina e nella psicologia. L’idea degli oggetti bizzarri così da un misto di parti sensoriali e percettive proiettate in un oggetto esterno che ne acquista le proprietà, si sviluppa con il concetto di agglomerato di oggetti bizzarri abbastanza progredito e con quello di attenzione, come funzione mentale che si incentra su questo agglomerato, con funzioni di ideogramma e in particolare sulla memoria di questo. La descrizione così da isolata entra in un sistema percezione-coscienza. E’ necessario dare la giusta importanza al segnale che i pazienti, specialmente gravi, ci danno, quando raccontano di loro turbamenti rispetto ad aspetti della realtà che hanno percepito e sono stati oggetto di identificazione proiettiva, senza inquadrare prematuramente questi eventi in fenomeni deliranti. L’attenzione del paziente e la riattivazione di tracce mnestiche potrebbero essere in gioco. Il rapporto sistematico tra percezione e memoria potrebbe essersi attivato. Freud scrive nel VII capitolo dell’ Interpretazione dei sogni “Nel nostro apparato psichico permane una traccia delle percezioni che si accostano a noi, traccia che possiamo chiamare traccia mnestica. Infatti chiamiamo memoria la funzione che si riferisce a questa traccia. Se si accetta in pieno il disegno di collegare i processi psichici con sistemi, la traccia mnestica può consistere solo in mutamenti permanenti negli elementi dei sistemi. Ora però, come è stato rilevato da altri, è evidentemente difficile che lo stesso sistema serbi con fedeltà le modificazioni dei suoi elementi ed insieme affronti in modo sempre vivo e recettivo le nuove cause di mutamento (Freud S, 1899).

Ritorniamo a Bion. Il ricordo “occhiali scuri” dell’analista, da parte del suo paziente, ricordo collegato alle sensazioni dello stesso analizzando, riportano ad un livello più primitivo ed elementare una configurazione simile, cioè un misto di interno ed esterno Il paziente psicotico riesce a ricordare nella seduta, dopo una interpretazione gli occhiali scuri dell’analista, dove il ricordare ha il senso di riparare la propria memoria, il proprio Io. Il ricordo è specifico, gli occhiali scuri hanno un loro contenuto (scuro come sporco, vetro come barriera, separazione) ma ciò che più conta è che il ricordo è una traccia mnestica di una percezione di una realtà vista come esterna a sé, gli occhiali dell’analista, una circostanza esterna, insomma, che è capace di esercitare una pressione sul suo bisogno di riparare l’Io. “Dando quest’ultima interpretazione, mi ero riferito ad un’altra seduta di parecchi mesi prima, durante la quale egli si era lamentato che l’analisi era una tortura, una tortura fatta di ricordi. Gli stavo cioè chiarendo che, allorché provava sofferenza, come il tremito convulso stava a confermare, egli raggiungeva l’anestesia, sbarazzandosi della memoria, e di qualsiasi altra cosa lo ponesse in condizione di provare dolore, egli disse allora ‘Mi si spacca la testa: saranno gli occhiali scuri’.  Il ricordo degli occhiali scuri da parte del paziente corrisponde alla mobilizzazione di un ideogramma (un ricordo primitivo, un proto ricordo) del quale la parte psicotica del paziente aveva bisogno per riparare al più presto un Io danneggiato da quell’eccessiva identificazione proiettiva”. (Bion, 1957) Vediamo come in un ulteriore passaggio  Bion illustri come la sua concezione degli oggetti bizzarri esca dalla psicopatologia ed entri a determinare un modello dello sviluppo mentale. “Nel caso esemplificato ho suggerito che gli occhiali scuri erano un tipo di agglomerato di oggetti bizzarri risultati dall’identificazione proiettiva dell’Io; ho anche detto che per essere il paziente incapace di distinguere tra oggetti bizzarri e reali, egli doveva attendere determinate circostanze per disporre dell’ideogramma adatto alla sua tendenza a comunicare … Il suo bizzarro modo di utilizzare gli occhiali scuri era adeguato. L’immagazzinamento di un evento allo scopo di procurarsi degli ideogrammi credo sia qualcosa di molto prossimo a ciò che descriveva Freud col termine di attenzione …” (Bion, 1957) E’ importante notare sia la presenza necessaria di agglomerati abbastanza progrediti da trasmettere un significato, che l’attenzione ad essi. Il passaggio dall’oggetto bizzarro al suo uso fisiologico determina una ipotesi importante sui primordi della pensabilità.

L’uso dell’agglomerato di oggetti bizzarri, se si coniuga con la funzione dell’attenzione, può determinare la formazione dell’ideogramma che apre alla discriminazione dell’oggetto bizzarro dall’oggetto reale. Così l’oggetto bizzarro si colloca in una fase primitiva del pensiero e la funzione dell’attenzione, non aliena da componenti persecutorie, concorre all’elaborazione della posizione schizo-paranoide(Klein, 1946). M. Klein introduce il concetto nel suo saggio Note su alcuni meccanismi schizoidi “Se le paure di persecuzione sono troppo forti, e per tal motivo (tra altri) il bambino non riesce ad elaborare la posizione schizo-paranoide, l’elaborazione della posizione depressiva viene ad essere a sua volta impedita. M. Klein parla quindi di una elaborazione delle angosce paranoidi all’interno della posizione schizoparanoide. Non si tratta di un passaggio dalla posizione schizo-paranoide a quella depressiva. Avviene il ritiro della proiezione, ma la qualità persecutoria in forma indistinta permane, sebbene si possa porre anche come radice di una possibile pensabilità. La possibilità di reintegrare gli aspetti scissi induce una attenzione ansiosa e la coscienza della propria fragilità. L’obiettivo è opposto a quello della psicosi: è di sopportazione e di ricerca piuttosto che di evitamento e di distruzione. Le difficoltà che incontra questo tragitto, che rimodella l’assetto identitario, risiedono forse in una insufficiente elaborazione della posizione depressiva, con una conseguente rigidità caratteriale (Agosta, 2008). Successivamente Bion parlerà di funzione alfa per descrivere la trasformazione delle percezioni di un evento esterno o interno in attività simbolica, ma porre l’accento sulle sue prime formulazioni, dalle quali nasce la teorizzazione più astratta successiva ha il vantaggio, a mio avviso, di legare strettamente la clinica e la teoria e chiarisce in dettaglio la continuità con Freud, in particolare ne Le precisazioni sui due principi dell’accadere psichico e con Melanie Klein che, rispetto all’evoluzione del bambino e ai processi di attenzione al mondo esterno, scrive: “I dubbi, le incertezze e le angosce … agiscono nel bambino da incentivo costante a osservare e verificare il mondo oggettuale esterno, da cui nasce il mondo interiore, e per questa via a conoscere meglio ciò che è interno. … La capacità di invalidare in virtù della realtà esterna (l’esame di realtà) le angosce e le pene relative alla realtà interna varia da individuo a individuo”. (Klein, 1940)

Nel caso del sogno dell’uomo dei lupi, come nel frammento clinico descritto da Bion ci sono delle invarianti, anche se le rappresentazione sono evolute nel primo caso, dove prevale la condensazione, e più elementari nel secondo. Le invarianti consistono in:

  1. Un’attenzione ad una traccia mnestica attivata da eventi esterni
  2. La necessità di collegare mondo interno ed esterno per dare un senso ad entrambi
  3. Le rappresentazioni contengono, come un oggetto bizzarro, elementi tratti da sé, compresi gli apparati sensoriali ed elementi tratti dalla realtà esterna
  4. Hanno entrambi la caratteristica di plasmare formazioni mentali che testimoniano la necessità della coscienza di integrare la relazione tra sé e l’oggetto attraverso l’attivazione  dei fattori del pensiero: attenzioni e memoria

Penso sia utile continuare a focalizzare e studiare le configurazioni mentali che dimostrano una capacità mentale sintetica, di operare nessi che elaborino l’incontro tra stimoli esterni e stati sensoriali e affettivi interni.

Un paziente in trattamento analitico mi raccontava spesso delle sue visite in un luogo di campagna, frequentato da cavalli bradi; mi colpivano i racconti che faceva di queste sue incursioni, sembrava, oltre che proiettare aspetti di sé nelle scene, che cercasse qualcosa in ciò che guardava, poneva insomma un’ansiosa e faticosa attenzione tesa a discriminare il senso che ci poneva lui e la realtà delle scene.

(Segue materiale clinico)

Forse è un’esigenza attuale quella di trovare un nuovo significato nel rapporto tra sensazioni, sentimenti e realtà esterna in questo periodo storico del mondo delle telecomunicazioni, della globalizzazione. Un periodo che non dà tempo all’immagine di essere assimilata. E’ noto come M. Duchamp cercasse i suoi ready-made con grande attenzione, in sintonia con la sua ispirazione; la sua operazione di de contestualizzazione e ricontestualizzazione era impregnata di intenzionalità artistica. I derivati attuali dell’arte concettuale forse mancano spesso di una carica poetica preesistente. Nel mondo delle macchine in movimento si crea un bisogno di essere attenti ad esse per renderle reali, per distinguerle da propaggini psichiche. Il parallelo è tra intenzionalità artistica e attenzione, al fine di riparare l’Io. L’arte contemporanea testimonia la necessità della ricerca del significato e così della poesia. Lo statuto artistico così si connota nella presenza di un’attenzione, di una ricerca che, se si sente e si trasmette, si fa poesia; in altri termini se la ricerca è palpabile trasmette poesia, altrimenti si ferma al gesto provocatorio. Essendo lo spazio tra la ricerca e la concretezza, che aspira alla rappresentazione dopo la decostruzione, e la concretezza molto stretto, la caduta nel non significato è probabile e frequente.

Le forme di raffigurazione del mondo interno non iniziano con l’attività simbolica, frutto del pensiero verbale e del raggiungimento della posizione depressiva, ma ben prima, attività di attenzione, memorizzazione e quindi formazione di pensiero sono presenti. E’ evidente la centralità degli studi psicoanalitici nel campo dello sviluppo della pensabilità e quindi delle prime fasi dell’età evolutiva. Può essere interessante sottolineare la teoria del pensiero di Bion, in particolare l’ipotesi nella  quale si presume esistano degli oggetti bizzarri, peraltro testimonianza inevitabile di un rapporto tra interno ed esterno fin dalla nascita e la loro successiva possibilità di agglomerarsi, legarsi in maniera tale da permettere la loro distinzione dagli oggetti reali quando subentra la funzione della coscienza. Sullo sviluppo della rappresentabilità C. e S. Botella  scrivono: “Quando lo stato di seduta raggiunge livelli sufficienti, l’attenzione fluttuante dell’analista sarà come aspirata e retta dal meccanismo di condensazione. Il suo pensiero, divenuto regrediente, può allora effettuare un lavoro di raffigurabilità sensoriale, visiva o acustica. Attraverso un processo inconscio, diventa capace di legare e trasformare i diversi elementi eterogenei del paziente … portando ad una intellegibilità che incorporerà tracce infantili che il paziente non ha potuto pensare né rappresentare … si crea così una coerenza laddove non c’era altro che memoria senza ricordo e negativo del trauma psichico”. ( C. e S. Botella, 2011).

Questo approccio si incentra sulla capacità negativa che prevede una intuizione che si fonda nella possibilità di sopportare stati mentali primitivi. I vertici, quello che parte dagli oggetti bizzarri e quello della capacità negativa, appaiono così complementari, si inseriscono nel campo relazionale e pongono l’accento su direzioni diverse del processo di trasformazione in senso regressivo e progressivo.

LA METAFORA FUTURA

Anche da un vertice clinico è importante considerare i processi di contatto con se stessi e con la realtà esterna nella loro presentazione iconica e verbale a qualsiasi livello, evoluto o meno, come attività di insight dell’analizzando, sono evidenze, comunicazioni, trasformazioni di O. E’ sempre difficile classificare una comunicazione: se essa sia relativa all’insight, all’alleanza terapeutica o al transfert e comunque la classificazione è transitoria. E’ indispensabile la scelta per evitare che le attività sintetiche della mente non si interrompano, sono come dei mattoni fatti di una materia preziosa cui se ne aggiungeranno altri. C’è da aggiungere che le produzioni rappresentative dell’insight pongono in un migliore assetto i contenuti psichici, perciò una interpretazione inopportuna dei contenuti ed anche una interpretazione di transfert può bloccare il processo evolutivo iniziato. Questa differenza è opportuna per non derubare il paziente del suo lavoro mentale. Un analizzando mi diceva che ricordava con disappunto come da bambino i genitori gli si rivolgessero sempre dicendo: “Come sei bravo, a papà, come sei bravo, a mamma”. E’ importante dare un’attenzione particolare ad elementi della comunicazione che si pongono come inizi di insight, senza collocare prematuramente questi elementi in un contesto transferale che annullerebbe la loro potenzialità evolutiva. Vorrei indicare come questi elementi della comunicazione del paziente possano presentarsi a volte sotto la forma di una metafora, che ha una forza evolutiva se non viene risucchiata dalle difese o dal fraintendimento dell’analista. Ho chiamato questa forma di comunicazione, per la sua potenzialità, metafora futura (Agosta, 2006). L’etimologia della parola metafora è meta, come ‘oltre’ e, pherein, ‘portare, trasferimento’. Molti autori, tra cui Levin negli Stati Uniti  e P. Perrotti in Italia, hanno notato come il linguaggio metaforico, usato dall’analista, abbia specifiche qualità di attivare ponti tra parti di sé e faciliti l’integrazione. Vorrei in questo lavoro sottolineare il senso evolutivo delle metafore dei pazienti.

Vorrei riassumere alcune caratteristiche di queste comunicazioni metaforiche:

a)      La metafora ci parla di un’attività riflessiva del soggetto, esprimendone la sua capacità di giudizio

b)      La metafora coglie, estrae dalla rimozione e rimodella la rappresentazione del mondo interno

c)      La metafora è il frutto di idee transitive, in grado di cogliere elementi da più livelli (conscio e inconscio, passato e presente, stati mentali a funzionamento primitivo ed evoluto)

d)     La metafora ha la capacità di dare indicazioni sulla direzione del movimento psichico, ed in questo senso è una metafora futura.

Sottolineare il carattere futuro della metafora evidenzia gli aspetti inconsci in essa

presenti che nel tempo si elaboreranno come il germe nel seme. Spesso è presente

nella comunicazione metaforica la testimonianza di una capacità di attenzione ad

aspetti scissi, ciò avviene sia nell’analisi che in produzioni artistiche che danno voce

a pericoli sociali. Quando Quinodoz segnalava la necessità di fronte a sogni

apparentemente regressivi di coglierne il senso integrativo, mi sembra si muovesse

nello stesso campo (Quinodoz, 2001).

E’ evidente in ambito artistico nella gestazione di un’opera la necessita di una

operazione prevalentementeinconscia. Se chiediamo ad un artista cosa voleva dire o

cosa significa la suaoperazione risponderà in maniera vaga.

Peraltro eccessi di coscienza e di interpretazione danno luogo a prodotti accademici

e creano dei buchi strutturali nell’espressione artistica.

Nella storia dell’arte molte opere hanno precorso ed indicato la via che poi la società seguirà. Se osserviamo il dipinto di Max Ernst L’orda, del 1927, vediamo generarsi figure rosse, delle quali una si staglia con vigore demoniaco. Il fuoco e la violenza prendono forma davanti ai nostri occhi. Il pittore, forse, elaborava nel dipinto le angosce del primo conflitto mondiale, ma immerso nella Germania di Weimar, rendeva il quadro profetico dei tragici sviluppi determinati dal Nazismo.

Dieci anni dopo Pablo Picasso dipingeva Guernica, dove certi aspetti formali non sono dissimili da quelli dell’orda di Ernst. In Guernica l’orrore e il dolore rappresentati sono di nuovo presaghi di ulteriori drammi. Queste opere sono delle metafore future, capaci di transitare dall’ambito artistico a quello sociale.

Vediamo ora come la metafora possa transitare da un ambito artistico ad uno clinico.

Un paziente di mezza età mi racconta di avere ricordato spesso e con sollievo nella sua vita, la scena finale del film 8 e ½ di Federico Fellini, quel surrealistico girotondo, vivace e malinconico, come la marcetta euforica e triste di Nino Rota che lo accompagna. Quel finale del film si pone come epilogo, riassunto e aggiustamento di desideri, morbosità, bisogni infantili che Fellini e il suo spettatore rivisitano nel viaggio nell’infanzia dei piaceri, di quei bagni, che sono l’icona di quel legame di affetto e di colpa di una organizzazione narcisistica, del restare bambini con la madre. Quest’uomo cosa ci dice con questo ricordo? Conferma il suo essere eterno bambino oppure sta mostrando, attraverso questa immagine, altre possibilità che l’immagine già contiene, cioè la nostalgia, la malinconia, la vergogna e la colpa? Commovente è nel film l’immagine degli anziani genitori ai margini del girotondo.

L’elaborazione in analisi portò da questo ricordo ad un altro più antico, come avviene nella successione dei ricordi di copertura; un ricordo antecedente, nel quale egli si sentiva un bambino escluso, mentre camminava con i genitori nella stessa strada dove si trovava il cinema nel quale i genitori avevano visto il film, che lui avrebbe potuto vedere solo molti anni dopo.

L’idea è che il clima depressivo del girotondo finale contenga il ricordo più antico. La sequenza del film ricordata si era configurata così un’insight, seppure inconscio: una metafora futura di ciò che poi nell’analisi si era dispiegato. Il girotondo rappresenta il tempo circolare della nevrosi, che lo blocca nell’infanzia, ma la versione artistica includeva anche, con la malinconia e la colpa, attraverso l’immagine dei genitori anziani una trama temporale che spezza la circolarità.

L’esplorazione dell’intersezione tra attenzione, memoria e metafora, in tempi attuali è stata condotta in ambito psicoanalitico e neuro scientifico con esiti molto interessanti. E’ necessario partire da Freud, che in Ricordi di copertura scrive: “Le cosiddette memorie infantili precoci, non consistono intracce mnemoniche genuine, ma sono revisioni posteriori di queste” (Freud, 1901). Qui Freud sembra parlarci di una costruzione, di una formazione delle memorie schermo che, grazie ad un lavoro onirico possono riplasmarsi, rimodellarsi nella direzione di una maggiore aderenza alla verità psichica, pur conservando le loro invarianze. Corrao così riassume questi concetti: “I processi di memoria, considerati globalmente, consistono in un vastissimo schermo di memoria, ovvero in una serie illimitata di memorie schermo, che possiedono il carattere di costruzioni fantastiche in cui il ricordare e il dimenticare, la memoria e l’oblio, non sono attività antagoniste, ma bensì complementari, con una medesima funzione: la trasformazione della realtà esterna in rapporto e in accordo ai bisogni istintivi” (Corrao, 1982).

Modell pone la metafora come un ponte di significati tra territori diversi, l’uno più primitivo, l’altro più evoluto. Le ricombinazioni che avvengono hanno la capacità di generare nuovi significati, inoltre la metafora interverrebbe anche  “processando” frammenti visivi, uditivi, sensoriali insomma, producendo così uno stato più utilizzabile per i processi di pensiero (Modell, 1994).

Calamandrei così  riassume la teoria di Edelman di ambito neuroscientifico, relativa al rapporto tra immaginazione metaforica e funzioni mentali: “Le correlazioni neurali dell’immaginazione metaforica sono non lineari e indeterminate, poiché operano in domini diversi della mente che hanno regole differenti. Questo fenomeno può essere spiegato con la teoria di Edelman del global mapping, cioè, a differenza della teoria della fissazione punto su punto sulla corteccia motoria dell’innervazione muscolare, le mappe delle funzioni mentali più elevate sono indeterminate e non dipendono da codici preesistenti, in accordo con la teoria della selezione dei gruppi neuronali. Edelman ritiene che il cervello costruisca mappe delle proprie attività, con categorie concettuali che non sono fissate topograficamente, dove proprio l’indeterminatezza è un attributo necessario per le funzioni di alto ordine: per questo i correlati neuronali del processo metaforico inconscio non sono prevedibili” (Calamandrei 2009).

Rispetto al rapporto tra trauma e memoria è interessante la concezione di Modell per il quale il trauma può determinare un fallimento della memoria categoriale ed una inabilità alla contestualizzazione. E’ evidente che il trattamento psicoanalitico può favorire la contestualizzazione grazie agli invarianti emozionali che si ripropongono nel setting.

(Segue materiale clinico)

CONCLUSIONI

Ho voluto porre l’accento sull’importanza degli sviluppi primitivi della rappresentazione, collocandoli in un modello esplicativo che focalizzi le attività del pensiero normale degli inizi della vita. In tal senso concetti come agglomerazione degli oggetti bizzarri ed attività su di essi delle funzioni dell’Io, enunciati da Bion, mi sono apparsi fondamentali. Rispetto alla ricaduta clinica di questa impostazione, pur rimanendo in un ambito relazionale, ho proposto un ascolto rispettoso del lavoro di pensabilità autonoma del paziente. L’ampliamento del concetto di metafora, ben oltre la sua accezione linguistica appare rilevante già in Freud, gli studi di Edelman sembrano in linea con la concezione psicoanalitica. Lo studio sulla metafora si collega con quello sulla memoria e sugli altri fattori che costituiscono la funzione pensiero.

BIBLIOGRAFIA

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Botella C. e S. (2011), Il “visto” nel sogno e il “sentito” nella seduta, Conferenza tenuta durante la Giornata intercentri del CPR e del CPdR

Calamandrei S. (2009), La costruzione del significato e il processo metaforico inconscio, in Rivista di psicoanalisi, N. 1 2009, Borla Roma

Corrao F. (1982), Memoria e oblio, in Rivista di psicoanalisi, N. 3, 1982, Borla Roma

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Freud S. (1901), Ricordi di copertura O.S.F.

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Levin F. M. (1980), Metaphor, Affect and Arousal: how interpretation might work, in Ann. Psychoanal., N. 8

Modell A. (1994), Per una teoria del trattamento psicoanalitico, Cortina, Milano

Perrotti P. (1993), Verità e bugia in Torquato Tasso, in Psiche, anno 1 N. 3, Borla Roma 1993

Quinodoz J. M. (2001),  I sogni che voltano pagina, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003

Riolo F. (1980), Sulla fantasia, in Rivista di psicoanalisi, N. 26, pp: 337-358

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