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Neri C. - Discussione di "La rimozione innanzitutto" di G. Squitieri (2010)

Convegno "Dissociazione, scissione, rimozione" 4-5 dicembre 2010

Discussione di “La rimozione innanzitutto” di Giuseppe Squitieri

Claudio NERI

Il testo di Giuseppe Squitieri possiede alcune caratteristiche che me lo hanno fatto apprezzare molto. È scritto con un linguaggio non gergale o eccessivamente tecnico. Ha precisi riferimenti teorici: Freud e Bion, ma anche Pontalis e Grotstein. Soprattutto, è uno scritto che fa pensare: leggendolo, ci si rende conto della utilità di riflettere ancora sul concetto di rimozione.

Alcuni punti di interesse

Squitieri tocca numerosi punti che meritano di essere discussi ed approfonditi. Mi limiterò a segnalarne due.

1.     I diversi significati della nozione di rimozione nell’opera di Freud. La rimozione è stata intesa inizialmente da Freud come: «un atto intenzionale: un’idea inaccettabile viene rifiutata ed allontanata dalla coscienza. [Quando però il concetto inizia ad essere impiegato in modo più specifico, la rimozione viene … ] riconosciuta come atto psichico totalmente inconscio (l’idea […] inaccettabile viene soppressa prima ancora che arrivi alla coscienza).»

La rimozione però per Freud è anche «[una] operazione mentale che ha una funzione difensiva. La rimozione protegge […] l’Io da qualcosa che potrebbe provocare  una perturbazione non tollerabile.»

Infine e soprattutto, la rimozione - secondo Freud - è l’attività psichica che crea attivamente «[…] una separazione […] tra conscio ed inconscio […].»

2.     La capacità o non capacità dei pazienti di impiegare il meccanismo della rimozione vista come strumento concettuale che permette di differenziare i pazienti che hanno un funzionamento psichico prevalentemente nevrotico da quelli con un funzionamento prevalentemente borderline o psicotico. «[…] Il paziente normalmente nevrotico è […] in grado di utilizzare la rimozione e comunica contenuti (e sintomi) che sono espressione della rimozione [che è]  avvenuta, mentre il paziente borderline o psicotico non è […] in grado di rimuovere [certi] aspetti della sua vita mentale […] che devono pertanto essere evacuati.»

La rimozione ed il suo contesto teorico e tecnico

Il tema che mi è sembrato però più interessante e ricco di possibili sviluppi è quello relativo all’attualità o non attualità del concetto di rimozione come strumento clinico. «Il concetto di rimozione appartiene soltanto alla storia delle idee o ha una valenza vivente nel nostro modo di pensare clinico?»

Mi pare che la conclusione a cui giunge Squitieri sia questa: la validità ed attualità del concetto di rimozione permangono, se lo si colloca nel contesto di una appropriata visione della teoria della cura. Tale teoria della cura  comprende tre capisaldi.

a)     La sofferenza del paziente è dovuta (in tutto o in parte) a fantasie inconsce e più precisamente a fantasie e desideri rimossi.

b)    In questi casi, e più in generale in tutti quelli, nei quali la rimozione non sia riuscita, oppure sia riuscita soltanto al prezzo di gravi limitazioni della vita dell’individuo, è necessario riportare i contenuti rimossi sotto il controllo dell’Io.

c)     Lo strumento fondamentale per effettuare questa operazione di riportare le fantasie ed i desideri rimossi sotto il controllo dell’Io è l’interpretazione.

Squitieri, nella prima delle sue vignette cliniche, offre una illustrazione di tale modo di operare.

·        La paziente ha rimosso alcuni contenuti di natura edipica. La rimozione è avvenuta, però, al prezzo di una massiccia limitazione delle sue possibilità di vivere soddisfacentemente. Al posto del contenuto edipico rimosso (un meno, una concavità) infatti è comparso un sintomo claustrofobico (un più, una convessità).

·        «Dopo qualche tempo dall’inizio dell’analisi,» tanto il contenuto rimosso, quanto il sintomo trovano una nuova espressione nel rapporto con l’analista. «[La paziente] inizia ad esprimere una crescente ansia per il doversi sdraiare sul lettino ed i suoi sogni mostrano una crescente preoccupazione per la possibilità di un investimento erotico della persona dell’analista.»

·        L’analista si impegna in un lavoro interpretativo volto a mettere in luce «una particolare configurazione familiare ed i complessi rapporti con la figura paterna.»

·        La paziente risponde in modo positivo a questi interventi, contribuendo attivamente al lavoro analitico.

o   Il suo contributo prende forma - prima di tutto – in uno spostamento del sintomo claustrofobico su una figura che rappresenta non la totalità della sua persona, ma un aspetto di sé: «una cagnetta che [la paziente] ama molto.»

o   In secondo luogo la paziente rappresenta la propria condizione in un sogno e lo racconta all’analista. «[Ho sognato che avevo] lasciato il mio cane chiuso nella macchina nel parcheggio sotterraneo e venivo presa [dall’ansia] che potesse morire soffocato.»

o   La paziente, infine, opera un certo disimpegno della figura dell’analista rispetto ad investimenti e fantasie che avrebbero potuto paralizzarlo e tenerlo a distanza. «La paziente […] sente che la presenza dell’analista, [sebbene sia tuttora investita da fantasie edipiche e quindi] emotivamente impegnata, potrà esserle di aiuto per avere ragione di quella parte istintuale di sé imprigionata nel sintomo fobico (la cagnetta chiusa in macchina).»

Bion: Barriera di contatto

Squitieri non si accontenta però di questa risposta al quesito sulla attualità dell’impiego clinico del concetto di rimozione, ma sviluppa ulteriormente il discorso cercando concetti che possano discendere da quello di rimozione ed esserne quindi gli eredi. Il suo scopo è ampliare la nozione di rimozione, adattandola ad una teoria della cura che ha come fondamento, non l’impianto che ho prima descritto, ma il «va-e-vieni di contenuti mentali tra due parti di una […] mente, tra due menti […]», tra due persone.

La prima nozione che Squitieri prende in considerazione è quella di “barriera di contatto. Egli scrive: «Il concetto di “barriera di contatto” di Bion (1962)  è mutuato dall’analogo concetto di  Freud, sostituito poi da Freud  stesso con quello di un’altra barriera, quella  della rimozione appunto. 

Nel pensiero di Bion, però, essa si trasforma da omologo di una sinapsi neuronale agente in una sola direzione in una membrana  selettivamente permeabile in ambedue le direzioni, e cioè tra conscio ed inconscio ed in senso contrario, atta […] a preservare […] ambedue i campi ed [a consentire] uno scambio […] tra essi.

Per Freud il compito della rimozione rimane fino all’ultimo quello di difendere la coscienza (poi l’Io) dall’inconscio (in seguito l’Es) ma non il contrario. Bion […] ipotizza, invece, che [la barriera di contatto possa funzionare …] nei due sensi […] (Grotstein, 2007, pag. 78).»

Bion: Interazione ♀↔ ♂ e Funzione alfa

Il secondo accostamento proposto da Squitieri è tra la rimozione e l’interazione contenitore↔contenuto di Bion.

Egli scrive: «[…] Per Bion [la funzione] del contenitore ([…] è anche quella di trattenere una parte [delle proiezioni…]. La madre riceve le proiezioni del bambino e trattiene quanto il bambino non è in grado di tollerare. Questo atto [di trattenere] costituisce l’antecedente della rimozione (Grotstein, 2007, pag. 209) e precostituisce a sua volta il ritorno del rimosso che avverrà al momento […] della posizione depressiva, quando le ansie persecutorie potranno essere almeno in parte riaccolte dal bambino per essere [elaborate dalla sua mente].»

Alcune indicazioni

L’interrogativo che mi è venuto in mente leggendo quest’ultima parte del testo di Squitieri è il seguente: una ibridazione tra il pensiero di Freud è quello di Bion - come quella che Squitieri ha messo in opera - consente veramente una più profonda comprensione della specificità delle forme della rimozione nel nostro tempo?

L’operazione conoscitiva di Squitieri certamente porta alcuni frutti. Ad esempio, fa riflettere sulla idea che la rimozione possa essere compiuta da una persona diversa rispetto a quella i cui contenuti sono rimossi. Lascia immaginare inoltre che la rimozione potrebbe essere anche il risultato di un tacito accordo di una coppia o di un gruppo.

Tuttavia rimane in me l’impressione che manchi ancora qualcosa per avere una chiara visione delle espressioni moderne ed iper-moderne della rimozione ed anche delle nuove espressioni della sofferenza psichica e somatica dovute ad una carenza della rimozione. Questa chiarezza si tradurrebbe (quasi certamente) in un avanzamento della pratica clinica.

Che cosa può aiutare a capire di più? Lascerò questa domanda in sospeso. Provare a rispondere, infatti, va al di là delle mie possibilità e del mio compito. È tempo che restituisca la parola a Giuseppe Squitieri ed agli altri colleghi che sono qui con noi.

 

Bibliografia

 Bion, W.R.  (1962). Learning from Experience. London: Heinemann (Ristampa: London, Karnac, 1984). Citato secondo Squitieri G. (2010). La rimozione innanzitutto. Presentato al convegno su “Dissociazione, scissione, rimozione” organizzato dal Centro di Psicoanalisi Romano (4 e 5 dicembre 2010).

Grotstein J.S. (2007). A Beam of  Intense Darkness. Wilfred Bion’s Legacy to Psychoanalysis. London: Karnac. Citato secondo Squitieri G. (2010). La rimozione innanzitutto. Presentato al convegno su “Dissociazione, scissione, rimozione” organizzato dal Centro di Psicoanalisi Romano (4 e 5 dicembre 2010).

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