Centro di Psicoanalisi Romano - Infanzia e Adolescenza Il Centro di Psicoanalisi Romano è una sezione della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) che fa parte dell’International Psychoanalytic Association (IPA) fondata da Sigmund Freud. E’ un’istituzione che nasce a Roma nei primi anni ‘50, per promuovere la psicoanalisi, sia come ricerca delle modalità di funzionamento della mente, sia come cura del disagio e dei disturbi psichici. https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza.feed 2024-05-20T10:35:49+02:00 Joomla! - Open Source Content Management Panuccio, A., Biondo, D., Picerni, E., Genovesi, B., Laricchiuta, D., (2022), "Trauma–Related Internalizing and Externalizing Behaviors in Adolescence: A Bridge between Psychoanalysis and Neuroscience". In Adolescents, 2, 413–423. 2022-11-25T12:53:30+01:00 2022-11-25T12:53:30+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/1274-panuccio-a-biondo-d-picerni-e-genovesi-b-laricchiuta-d-2022-trauma-related-internalizing-and-externalizing-behaviors-in-adolescence-a-bridge-between-psychoanalysis-and-neuroscience-in-adolescents-2-413-423-commento-di-barbara-piovano.html Barbara Piovano biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080; font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 12pt;">https://doi.org/10.3390/ adolescents2040032</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong>&nbsp;</strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Commento di <i>Barbara Piovano</i></span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il lavoro pubblicato sul n. 2/2022 della rivista internazionale <i>Adolescents</i> ha lo scopo di chiarire gli effetti del trauma in adolescenza, una fase dello sviluppo nella quale il trauma cronico o acuto produce effetti che possono compromettere funzioni cognitive affettive e comportamentali e aumentare il rischio di <i>Internalizing/ Externalizing problems</i> (problemi internalizzanti ed esternalizzanti).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti esternalizzanti si manifestano con <i>extraverted simptoms </i>(sintomi rivolti verso l’esterno) come ipervigilanza, impulsività, iperattività, aggressività e ipereccitabilità, difficolta nell’attenzione e concentrazione, accompagnati da derealizzazione e depersonalizzazione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti internalizzanti presentano <i>introverted simptoms </i>(sintomi rivolti verso l’interno) quali freezing, ritiro sociale, depressione dell’umore, inibizione cognitiva, riduzione delle abilità psicomotorie, comportamenti evitanti </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli autori dell’articolo – un gruppo interdisciplinare composto da ricercatrici in psicobiologia e psicologia (Panuccio, Picerni, Laricchiuta) e psicoanalisti SPI (Biondo e Genovesi) - offrono un contributo corale alla diagnosi e alla terapia del trauma in adolescenza attraverso un approccio <i>multidisciplinare</i> supportato dalla citazione in bibliografia di esponenti di scienze cognitive, biologia molecolare, neuroscienze, neuropsicologia, neuroendocrinologia, psicologia dello sviluppo, psicotraumatologia, psicoanalisi. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Si tratta di una rassegna che amplia la letteratura corrente sugli effetti del trauma in adolescenza e riassume la conoscenza attuale attraverso l’esplorazione della riorganizzazione dei sistemi neurobiologici associati ad un aumento del rischio di condotte esternalizzanti /internalizzanti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Aspetti diagnostici e correlati neurobiologici in adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La diagnosi di disturbi connessi al trauma in adolescenza è complessa a causa dei cambiamenti bio-psico-sociali che si verificano in questa fase della vita.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti esternalizzanti ed internalizzanti sono radicati ad una base neurobiologica che sottende i cambiamenti cruciali durante la adolescenza, specialmente in presenza di un trauma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Durante l’adolescenza il rimodellamento è caratterizzato da cambiamenti nei circuiti associativi e limbici (corteccia mediale prefrontale, amigdala, ippocampo) che supportano processi di ordine superiore (mentalizzazione, regolazione delle emozioni e cognizione sociale), insieme a importanti cambiamenti che si verificano nei sistemi endocrino, immunitario e biochimico.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nelle situazioni traumatiche l’amigdala, la corteccia mediale prefrontale e l’ippocampo sono stati investigati relativamente alla <i>fear learning and</i> <i>exinction,</i><span style="display: none;">ueste strutture sdi una </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;"> <i>threat reactivity and emotion regulation</i>: l’esposizione acuta ad avversità minacciose promuove la secrezione di ormoni (cortisolo) e citochine pro-infiammatorie che portano a cambiamenti nella plasticità strutturale dell’amigdala e dell’ippocampo che supportano il mantenimento dell’individuo in stati di paura e nell’impossibilità di imparare<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/XNEAY5BR/Barbara%20Piovano%20ultimo.docx#_ftn1"><span style="vertical-align: super; color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 106%; font-family: 'Times New Roman', serif;">[1]</span></span></a> memorie di sicurezza, mentre l’esposizione cronica a eventi traumatici produce una eccitotossicità glutammatergica e un’atrofia dell’amigdala e dell’ippocampo.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il dialogo tra psicoterapia psicoanalitica e neuroscienze è cominciato con Mac Kenna <i>et al.</i> e con Kandel che hanno ipotizzato che la prima cambiasse il cervello. È stato documentato che la psicoterapia psicodinamica può modificare le connessioni sinaptiche (rimodellamento delle connessioni corticali e limbiche) che producono modificazioni comportamentali a lungo termine connesse. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Studi successivi hanno documentato i cambiamenti prodotti dalla psicoterapia psicodinamica sulla citoarchitettura neuronale durante l’arco della vita sui circuiti neuronali e sui sistemi di neurotrasmissione. Questi cambiamenti significativi sarebbero attivati dalla comunicazione inconscia tra paziente e analista, un processo considerato come <i>embodied</i> (incarnato).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Aspetti terapeutici in adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La <i>psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente</i> ha una sua specificità in quanto è connessa alle caratteristiche del funzionamento mentale dell’adolescente, la fioritura o straripamento fantasmatico (che rende il transfert e il controtransfert così drammatici), l’inondazione pulsionale e il rapporto con il corpo, la perdita dei riferimenti identitari e il processo di soggettivazione, la funzione del doppio, le variazioni utili della tecnica e la conclusione dell’analisi.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nello spazio <i>privato</i> che viene offerto, l’adolescente può rinforzare i confini precari del sé, scaricare stati protoemozionali esplosivi, eccitamenti istintuali e angosce non contenibili e cercare una nuova immagine di sé. L’ascolto analitico che include l’‘ascoltare con gli occhi’ nella psicoterapia <i>vis à vis</i> si sintonizza sui livelli non verbali e preverbali della comunicazione che avviene attraverso i gesti, i movimenti corporei, lo sguardo, i lunghi silenzi e il linguaggio in codice dei sogni senza associazioni. Il dispositivo analitico funziona come un sistema di trasformazione attraverso cui processi somatopsichici inconsci acquisiscono le condizioni di rappresentabilità e diventano suscettibili di legarsi in pensieri e significati. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Secondo gli autori&nbsp;&nbsp; la <i>terapia vis à vis</i> esporrebbe i soggetti traumatizzati a stimoli suscitati da espressioni facciali e interazioni interpersonali che probabilmente attivano <i>regioni subcorticali</i> del sistema limbico, in primo luogo l’amigdala, coinvolta nella <i>reazione emotiva</i> (subsimbolica) più che nell’esperienza emotiva (simbolica), mentre <i>il lettino</i> li esporrebbe a stimoli verbali che attivano regioni corticali, soprattutto la corteccia frontale, coinvolta nell’<i>esperienz</i>a <i>emozionale</i> più che nella reazione emozionale.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La teorizzazione sui fattori di cambiamento nella psicoanalisi che considera la relazione l’elemento catalizzatore del processo di cambiamento ha ricevuto un contributo notevole dalle acquisizioni delle neuroscienze cognitive sulla memoria e sulla conoscenza relazionale implicita e dalla ricerca sull’infanzia. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli psicoanalisti sviluppano una relazione con adolescenti traumatizzati che favorisce il potenziale plastico del cervello e del sé attraverso interventi <i>contenitivi </i>e interventi <i>non</i> interpretativi che modulano la capacità riparativa del cervello e la riorganizzazione del sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’introiezione di un’esperienza intersoggettiva <i>affettivamente</i> intensa e l’introduzione di <i>un nuovo modo di essere con</i> che produce nuove memorie implicite che depotenziano vecchie procedure, insieme alla capacità di significare e comunicare in modo efficace la propria esperienza interna, rivelano che è stata raggiunta una capacità di <i>padroneggiare il trauma</i> grazie a una maggior coesione del sé e alla possibilità di elaborare esperienze traumatiche recenti e passate che si sono ripetutenel transfert.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; text-transform: uppercase;">E</span></strong><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">stensione del setting psicoanalitico in trattamenti multipli e multimodali di adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Facendo riferimento al corpus teorico della neuropsicoanalisi e delle neuroscienze affettive, interventi terapeutici multipli e multimodali dovrebbero essere orientati a co-costruire un potenziale plastico adattivo del sé attraverso interventi orientati a modulare la capacità riparativa del cervello e la riorganizzazione del sé.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Trattamenti multipli e multimodali sono indicati quando il trauma degli adolescenti è massivo o comunque quando gli adolescenti non sono in grado di usare il setting duale che richiede una alleanza terapeutica con un ambiente familiare affidabile, e quando hanno bisogno di un continuo principio ordinatore capace di contenerli e di contrastare il rischio di acting postraumatici.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli <i>psicotraumatologi</i> che hanno approfondito le scoperte delle neuroscienze e i processi che sono alla base dello stress postraumatico e il percorso di cura di pazienti con sindrome post traumatica da stress (Van der Kolk, 2014) mettono l’accento sul dato che le sensazioni e le emozioni attivate dal trauma sono vissute non come ricordi ma come reazioni fisiche devastanti nel <i>presente</i>. Suggeriscono, pertanto, di affiancare alla psicoterapia una serie di <i>tecniche terapeutiche</i> (Yoga, Arti marziali, EMDR Neurofeedback, Mindfulness, Danza, Musica) che agiscono su funzioni corporee di base (sonno, appetito, digestione, <i>arousal</i>) e che possono riattivare le aeree del cervello che sono state modificate dal trauma – correlate all’autoregolazione emotiva, alla percezione del sé, all’attenzione, alla capacità di rimanere concentrati e sintonizzati sugli altri – agendo direttamente sul cervello e ripristinando <i>il giusto equilibrio tra cervello emotivo e cervello razionale </i>(Shore 2003, Piovano 2022). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">A questo proposito</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> i</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">l <i>Setting Istituzionale</i> offre un programma di trattamento che include una vasta gamma di interventi terapeutici.Lo psichiatra londinese Derek Miller, dopo aver effettuato un training psicoanalitico a Londra, assunse nel 1976 un importante incarico universitario alla North Western Memorial University di Chicago e organizzò un Adolescent Treatment Programme (che ho frequentato per tre mesi nell’89) in un Reparto di Psichiatria della stessa università. In questa struttura istituzionale venivano offerti una serie di interventi e attività: terapia di gruppo, psicoterapia individuale, attività artistiche e sportive, frequenza scolastica con gite ed escursioni in citta e dintorni, interventi sulla famiglia effettuati da assistenti sociali, regolari incontri settimanali tra i vari operatori del reparto.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Purtroppo questa esperienza terapeutica gratificante per il personale medico e paramedico e molto utile per adolescenti con gravi patologie ebbe un tempo limitato perché ritenuta troppo onerosa dagli Enti che mettevano a disposizione i fondi. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Lo stesso rischio che corrono Istituzioni che si reggono su finanziamenti di strutture pubbliche e private e offrono servizi multipli ad adolescenti. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Un’ esperienza terapeutica all’<i>avanguardia</i> del tipo su descritto viene offerta a Roma, dallo “Spazio Giovani”, il Centro diretto da Daniele Biondo e organizzato dal Centro Alfredo Rampi per conto del Municipio 5 di Roma Capitale. Il servizio </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">è attivo dal 1998 in una delle aree più periferiche e difficili della città di Roma, con l’obiettivo di proteggere gli adolescenti del territorio dai rischi della strada e da quelli che potrebbero compromettere la loro crescita ed il loro sviluppo. Lo ‘spazio giovani’ è diventato negli anni per i ragazzi traumatizzati un luogo fisico protetto in cui si realizza l’incontro con l’altro da Sé e la cura della sofferenza dell’adolescente. Il lavoro svolto si fonda sul <i>modello del setting psicodinamico multiplo </i>(Biondo, 2008, 2020) che prevede la compresenza di operatori – psicologi, educatori, psicoanalisti e antropologi – e di adolescenti per lo svolgimento di attività socializzanti, educative e di cura che oscillano dalla dimensione duale a quella gruppale, declinate sia sul piano educativo che su quello della cura psicoanalitica. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nelle considerazioni conclusive gli autori sottolineano i seguenti punti: </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">1.&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">I traumi interpersonali, intenzionali, cronici sono considerarti fattori di rischio per l’insorgenza di una psicopatologia internalizzante ed esternalizzante: l’adolescenza può comunque essere anche una fase in cui viene superato il trauma subìto nell’infanzia e la riorganizzazione bio-psicologica che si verifica in questa fase può aumentare la resilienza.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">2. L</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">a<i> resilienza</i> </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">originata dalle relazioni primarie, include aspetti sociali, consente l’attribuzione di <i>nuovi </i>significati agli aspetti traumatici e dissociativi che supportano l’integrazione del sé in presenza del trauma e promuove una plasticità neuronale a livello biologico.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">3.<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La relazione terapeutica con adolescenti traumatizzati può promuovere la plasticità nelle regioni neuronali che sottendono le <i>funzioni sociali</i> e potrebbe riorganizzare la reti neuronali suscettibili al trauma. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">4.<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sono necessari interventi terapeutici multipli e multimodali che <i>specificamente</i> possono agire terapeuticamente su aspetti bio-psico-sociali di adolescenti traumatizzati.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">5.&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per andare incontro ai diversi aspetti della sofferenza in pazienti traumatizzati è indicato un <i>setting psicodinamico multiplo</i> che offra interventi integrati di diverse figure professionali.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">In sintesi si ribadisce che un piano terapeutico allargato può influenzare la plasticità del cervello, promuovere abilita cognitive, emotive e sociali e aumentare la resilienza del sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Non c’è una chiara evidenza dell’efficacia terapeutica di una terapia psicologica rispetto ad un'altra e sarebbero necessari studi comparati e longitudinali nella pianificazione di ricerche capaci di identificare l’influenza di fattori significativi che influenzano l’uscita dal trauma per costruire un ponte tra psicoanalisi e neuroscienze utile all’implementazione di interventi mirati in adolescenza.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Considero questo lavoro come un invito rivolto agli psicoanalisti a <i>integrare</i> (e non solo giustapporre o contrapporre) il linguaggio neuroscientifico con il linguaggio psicoanalitico, ma anche come un invito rivolto a contestualizzare la psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente in un società nella quale le patologie comportamentali e le sofferenze dell’adolescente sono connesse alla <i>paura</i> di uscire dal guscio familiare (spesso frantumato) per confrontarsi in maniera imitativa e con la complicità collusiva dei genitori, con una società che ha perso i garanti metasociali (che stabiliscono una sufficiente stabilità e legittimità delle formazioni sociali) e i garanti metapsichici (che sono alla base della costruzione di un senso di identità). Una società sempre più dominata dalla sirena tecnologica digitale che annulla spazio e tempo e sostituisce la relazione con surrogati virtuali.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bibliografia</span></strong></span>&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">BIONDO D. (2008). <i>Fare gruppo con gli adolescenti. Fronteggiare le “patologie civili” negli ambienti educativi. </i>Milano: FrancoAngeli.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">BIONDO D. (2020). <i>Gruppo evolutivo e branco. Strumenti e tecniche per la prevenzione e la cura dei nuovi disagi degli adolescenti. </i>Franco Angeli, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">PIOVANO B. (2022). Dialogo intersoggettivo implicito e dialogo verbale. Il contributo</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;"> delle neuroscienze ad un approccio analitico alla sofferenza psicocorporea. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Rivista di psicoanalisi.</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> 2022, LXVIII, 2.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif;">SHORE A.S. (2003). </span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-BookItalic, serif;">La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. </span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif;">Roma, </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif; color: #808080;">Astrolabio, 2008.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">VAN der KOLK</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, B.A<strong>. </strong>(2014).</span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">The body keeps the score. Mind, brain, and Body in transformation</span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> of Trauma</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">. </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">London: Allen Lane. </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Trad It. <i>Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e </i></span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">. Cortina, Milano, 2015.</span></span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="color: #808080;"><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/XNEAY5BR/Barbara%20Piovano%20ultimo.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super; color: #808080;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 106%; font-family: Calibri, sans-serif;">[1]</span></span></a> <span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">L’apprendimento comporta sempre il compito di allargare il campo dell’esperienza; compito che alla luce dell’antica esperienza traumatica comporta il rischio di provare dolore e di essere nuovamente traumatizzati. Di conseguenza il cervello si protegge attivando l’impossibilità di “imparare memorie di sicurezza”. </span></span></p> </div></div> <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080; font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 12pt;">https://doi.org/10.3390/ adolescents2040032</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong>&nbsp;</strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Commento di <i>Barbara Piovano</i></span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il lavoro pubblicato sul n. 2/2022 della rivista internazionale <i>Adolescents</i> ha lo scopo di chiarire gli effetti del trauma in adolescenza, una fase dello sviluppo nella quale il trauma cronico o acuto produce effetti che possono compromettere funzioni cognitive affettive e comportamentali e aumentare il rischio di <i>Internalizing/ Externalizing problems</i> (problemi internalizzanti ed esternalizzanti).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti esternalizzanti si manifestano con <i>extraverted simptoms </i>(sintomi rivolti verso l’esterno) come ipervigilanza, impulsività, iperattività, aggressività e ipereccitabilità, difficolta nell’attenzione e concentrazione, accompagnati da derealizzazione e depersonalizzazione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti internalizzanti presentano <i>introverted simptoms </i>(sintomi rivolti verso l’interno) quali freezing, ritiro sociale, depressione dell’umore, inibizione cognitiva, riduzione delle abilità psicomotorie, comportamenti evitanti </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli autori dell’articolo – un gruppo interdisciplinare composto da ricercatrici in psicobiologia e psicologia (Panuccio, Picerni, Laricchiuta) e psicoanalisti SPI (Biondo e Genovesi) - offrono un contributo corale alla diagnosi e alla terapia del trauma in adolescenza attraverso un approccio <i>multidisciplinare</i> supportato dalla citazione in bibliografia di esponenti di scienze cognitive, biologia molecolare, neuroscienze, neuropsicologia, neuroendocrinologia, psicologia dello sviluppo, psicotraumatologia, psicoanalisi. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Si tratta di una rassegna che amplia la letteratura corrente sugli effetti del trauma in adolescenza e riassume la conoscenza attuale attraverso l’esplorazione della riorganizzazione dei sistemi neurobiologici associati ad un aumento del rischio di condotte esternalizzanti /internalizzanti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Aspetti diagnostici e correlati neurobiologici in adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La diagnosi di disturbi connessi al trauma in adolescenza è complessa a causa dei cambiamenti bio-psico-sociali che si verificano in questa fase della vita.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">I comportamenti esternalizzanti ed internalizzanti sono radicati ad una base neurobiologica che sottende i cambiamenti cruciali durante la adolescenza, specialmente in presenza di un trauma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Durante l’adolescenza il rimodellamento è caratterizzato da cambiamenti nei circuiti associativi e limbici (corteccia mediale prefrontale, amigdala, ippocampo) che supportano processi di ordine superiore (mentalizzazione, regolazione delle emozioni e cognizione sociale), insieme a importanti cambiamenti che si verificano nei sistemi endocrino, immunitario e biochimico.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nelle situazioni traumatiche l’amigdala, la corteccia mediale prefrontale e l’ippocampo sono stati investigati relativamente alla <i>fear learning and</i> <i>exinction,</i><span style="display: none;">ueste strutture sdi una </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;"> <i>threat reactivity and emotion regulation</i>: l’esposizione acuta ad avversità minacciose promuove la secrezione di ormoni (cortisolo) e citochine pro-infiammatorie che portano a cambiamenti nella plasticità strutturale dell’amigdala e dell’ippocampo che supportano il mantenimento dell’individuo in stati di paura e nell’impossibilità di imparare<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/XNEAY5BR/Barbara%20Piovano%20ultimo.docx#_ftn1"><span style="vertical-align: super; color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 106%; font-family: 'Times New Roman', serif;">[1]</span></span></a> memorie di sicurezza, mentre l’esposizione cronica a eventi traumatici produce una eccitotossicità glutammatergica e un’atrofia dell’amigdala e dell’ippocampo.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il dialogo tra psicoterapia psicoanalitica e neuroscienze è cominciato con Mac Kenna <i>et al.</i> e con Kandel che hanno ipotizzato che la prima cambiasse il cervello. È stato documentato che la psicoterapia psicodinamica può modificare le connessioni sinaptiche (rimodellamento delle connessioni corticali e limbiche) che producono modificazioni comportamentali a lungo termine connesse. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Studi successivi hanno documentato i cambiamenti prodotti dalla psicoterapia psicodinamica sulla citoarchitettura neuronale durante l’arco della vita sui circuiti neuronali e sui sistemi di neurotrasmissione. Questi cambiamenti significativi sarebbero attivati dalla comunicazione inconscia tra paziente e analista, un processo considerato come <i>embodied</i> (incarnato).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Aspetti terapeutici in adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La <i>psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente</i> ha una sua specificità in quanto è connessa alle caratteristiche del funzionamento mentale dell’adolescente, la fioritura o straripamento fantasmatico (che rende il transfert e il controtransfert così drammatici), l’inondazione pulsionale e il rapporto con il corpo, la perdita dei riferimenti identitari e il processo di soggettivazione, la funzione del doppio, le variazioni utili della tecnica e la conclusione dell’analisi.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nello spazio <i>privato</i> che viene offerto, l’adolescente può rinforzare i confini precari del sé, scaricare stati protoemozionali esplosivi, eccitamenti istintuali e angosce non contenibili e cercare una nuova immagine di sé. L’ascolto analitico che include l’‘ascoltare con gli occhi’ nella psicoterapia <i>vis à vis</i> si sintonizza sui livelli non verbali e preverbali della comunicazione che avviene attraverso i gesti, i movimenti corporei, lo sguardo, i lunghi silenzi e il linguaggio in codice dei sogni senza associazioni. Il dispositivo analitico funziona come un sistema di trasformazione attraverso cui processi somatopsichici inconsci acquisiscono le condizioni di rappresentabilità e diventano suscettibili di legarsi in pensieri e significati. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Secondo gli autori&nbsp;&nbsp; la <i>terapia vis à vis</i> esporrebbe i soggetti traumatizzati a stimoli suscitati da espressioni facciali e interazioni interpersonali che probabilmente attivano <i>regioni subcorticali</i> del sistema limbico, in primo luogo l’amigdala, coinvolta nella <i>reazione emotiva</i> (subsimbolica) più che nell’esperienza emotiva (simbolica), mentre <i>il lettino</i> li esporrebbe a stimoli verbali che attivano regioni corticali, soprattutto la corteccia frontale, coinvolta nell’<i>esperienz</i>a <i>emozionale</i> più che nella reazione emozionale.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La teorizzazione sui fattori di cambiamento nella psicoanalisi che considera la relazione l’elemento catalizzatore del processo di cambiamento ha ricevuto un contributo notevole dalle acquisizioni delle neuroscienze cognitive sulla memoria e sulla conoscenza relazionale implicita e dalla ricerca sull’infanzia. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli psicoanalisti sviluppano una relazione con adolescenti traumatizzati che favorisce il potenziale plastico del cervello e del sé attraverso interventi <i>contenitivi </i>e interventi <i>non</i> interpretativi che modulano la capacità riparativa del cervello e la riorganizzazione del sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’introiezione di un’esperienza intersoggettiva <i>affettivamente</i> intensa e l’introduzione di <i>un nuovo modo di essere con</i> che produce nuove memorie implicite che depotenziano vecchie procedure, insieme alla capacità di significare e comunicare in modo efficace la propria esperienza interna, rivelano che è stata raggiunta una capacità di <i>padroneggiare il trauma</i> grazie a una maggior coesione del sé e alla possibilità di elaborare esperienze traumatiche recenti e passate che si sono ripetutenel transfert.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; text-transform: uppercase;">E</span></strong><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">stensione del setting psicoanalitico in trattamenti multipli e multimodali di adolescenti traumatizzati</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Facendo riferimento al corpus teorico della neuropsicoanalisi e delle neuroscienze affettive, interventi terapeutici multipli e multimodali dovrebbero essere orientati a co-costruire un potenziale plastico adattivo del sé attraverso interventi orientati a modulare la capacità riparativa del cervello e la riorganizzazione del sé.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Trattamenti multipli e multimodali sono indicati quando il trauma degli adolescenti è massivo o comunque quando gli adolescenti non sono in grado di usare il setting duale che richiede una alleanza terapeutica con un ambiente familiare affidabile, e quando hanno bisogno di un continuo principio ordinatore capace di contenerli e di contrastare il rischio di acting postraumatici.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Gli <i>psicotraumatologi</i> che hanno approfondito le scoperte delle neuroscienze e i processi che sono alla base dello stress postraumatico e il percorso di cura di pazienti con sindrome post traumatica da stress (Van der Kolk, 2014) mettono l’accento sul dato che le sensazioni e le emozioni attivate dal trauma sono vissute non come ricordi ma come reazioni fisiche devastanti nel <i>presente</i>. Suggeriscono, pertanto, di affiancare alla psicoterapia una serie di <i>tecniche terapeutiche</i> (Yoga, Arti marziali, EMDR Neurofeedback, Mindfulness, Danza, Musica) che agiscono su funzioni corporee di base (sonno, appetito, digestione, <i>arousal</i>) e che possono riattivare le aeree del cervello che sono state modificate dal trauma – correlate all’autoregolazione emotiva, alla percezione del sé, all’attenzione, alla capacità di rimanere concentrati e sintonizzati sugli altri – agendo direttamente sul cervello e ripristinando <i>il giusto equilibrio tra cervello emotivo e cervello razionale </i>(Shore 2003, Piovano 2022). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">A questo proposito</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> i</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">l <i>Setting Istituzionale</i> offre un programma di trattamento che include una vasta gamma di interventi terapeutici.Lo psichiatra londinese Derek Miller, dopo aver effettuato un training psicoanalitico a Londra, assunse nel 1976 un importante incarico universitario alla North Western Memorial University di Chicago e organizzò un Adolescent Treatment Programme (che ho frequentato per tre mesi nell’89) in un Reparto di Psichiatria della stessa università. In questa struttura istituzionale venivano offerti una serie di interventi e attività: terapia di gruppo, psicoterapia individuale, attività artistiche e sportive, frequenza scolastica con gite ed escursioni in citta e dintorni, interventi sulla famiglia effettuati da assistenti sociali, regolari incontri settimanali tra i vari operatori del reparto.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Purtroppo questa esperienza terapeutica gratificante per il personale medico e paramedico e molto utile per adolescenti con gravi patologie ebbe un tempo limitato perché ritenuta troppo onerosa dagli Enti che mettevano a disposizione i fondi. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Lo stesso rischio che corrono Istituzioni che si reggono su finanziamenti di strutture pubbliche e private e offrono servizi multipli ad adolescenti. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Un’ esperienza terapeutica all’<i>avanguardia</i> del tipo su descritto viene offerta a Roma, dallo “Spazio Giovani”, il Centro diretto da Daniele Biondo e organizzato dal Centro Alfredo Rampi per conto del Municipio 5 di Roma Capitale. Il servizio </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">è attivo dal 1998 in una delle aree più periferiche e difficili della città di Roma, con l’obiettivo di proteggere gli adolescenti del territorio dai rischi della strada e da quelli che potrebbero compromettere la loro crescita ed il loro sviluppo. Lo ‘spazio giovani’ è diventato negli anni per i ragazzi traumatizzati un luogo fisico protetto in cui si realizza l’incontro con l’altro da Sé e la cura della sofferenza dell’adolescente. Il lavoro svolto si fonda sul <i>modello del setting psicodinamico multiplo </i>(Biondo, 2008, 2020) che prevede la compresenza di operatori – psicologi, educatori, psicoanalisti e antropologi – e di adolescenti per lo svolgimento di attività socializzanti, educative e di cura che oscillano dalla dimensione duale a quella gruppale, declinate sia sul piano educativo che su quello della cura psicoanalitica. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nelle considerazioni conclusive gli autori sottolineano i seguenti punti: </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">1.&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">I traumi interpersonali, intenzionali, cronici sono considerarti fattori di rischio per l’insorgenza di una psicopatologia internalizzante ed esternalizzante: l’adolescenza può comunque essere anche una fase in cui viene superato il trauma subìto nell’infanzia e la riorganizzazione bio-psicologica che si verifica in questa fase può aumentare la resilienza.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">2. L</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">a<i> resilienza</i> </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">originata dalle relazioni primarie, include aspetti sociali, consente l’attribuzione di <i>nuovi </i>significati agli aspetti traumatici e dissociativi che supportano l’integrazione del sé in presenza del trauma e promuove una plasticità neuronale a livello biologico.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">3.<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La relazione terapeutica con adolescenti traumatizzati può promuovere la plasticità nelle regioni neuronali che sottendono le <i>funzioni sociali</i> e potrebbe riorganizzare la reti neuronali suscettibili al trauma. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">4.<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sono necessari interventi terapeutici multipli e multimodali che <i>specificamente</i> possono agire terapeuticamente su aspetti bio-psico-sociali di adolescenti traumatizzati.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">5.&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per andare incontro ai diversi aspetti della sofferenza in pazienti traumatizzati è indicato un <i>setting psicodinamico multiplo</i> che offra interventi integrati di diverse figure professionali.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">In sintesi si ribadisce che un piano terapeutico allargato può influenzare la plasticità del cervello, promuovere abilita cognitive, emotive e sociali e aumentare la resilienza del sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Non c’è una chiara evidenza dell’efficacia terapeutica di una terapia psicologica rispetto ad un'altra e sarebbero necessari studi comparati e longitudinali nella pianificazione di ricerche capaci di identificare l’influenza di fattori significativi che influenzano l’uscita dal trauma per costruire un ponte tra psicoanalisi e neuroscienze utile all’implementazione di interventi mirati in adolescenza.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Considero questo lavoro come un invito rivolto agli psicoanalisti a <i>integrare</i> (e non solo giustapporre o contrapporre) il linguaggio neuroscientifico con il linguaggio psicoanalitico, ma anche come un invito rivolto a contestualizzare la psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente in un società nella quale le patologie comportamentali e le sofferenze dell’adolescente sono connesse alla <i>paura</i> di uscire dal guscio familiare (spesso frantumato) per confrontarsi in maniera imitativa e con la complicità collusiva dei genitori, con una società che ha perso i garanti metasociali (che stabiliscono una sufficiente stabilità e legittimità delle formazioni sociali) e i garanti metapsichici (che sono alla base della costruzione di un senso di identità). Una società sempre più dominata dalla sirena tecnologica digitale che annulla spazio e tempo e sostituisce la relazione con surrogati virtuali.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bibliografia</span></strong></span>&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">BIONDO D. (2008). <i>Fare gruppo con gli adolescenti. Fronteggiare le “patologie civili” negli ambienti educativi. </i>Milano: FrancoAngeli.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">BIONDO D. (2020). <i>Gruppo evolutivo e branco. Strumenti e tecniche per la prevenzione e la cura dei nuovi disagi degli adolescenti. </i>Franco Angeli, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">PIOVANO B. (2022). Dialogo intersoggettivo implicito e dialogo verbale. Il contributo</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;"> delle neuroscienze ad un approccio analitico alla sofferenza psicocorporea. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Rivista di psicoanalisi.</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> 2022, LXVIII, 2.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif;">SHORE A.S. (2003). </span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-BookItalic, serif;">La regolazione degli affetti e la riparazione del sé. </span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif;">Roma, </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: Caslon224ITCbyBT-Book, serif; color: #808080;">Astrolabio, 2008.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">VAN der KOLK</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, B.A<strong>. </strong>(2014).</span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">The body keeps the score. Mind, brain, and Body in transformation</span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"> of Trauma</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">. </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">London: Allen Lane. </span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Trad It. <i>Il corpo accusa il colpo. Mente, corpo e </i></span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">. Cortina, Milano, 2015.</span></span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="color: #808080;"><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/XNEAY5BR/Barbara%20Piovano%20ultimo.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super; color: #808080;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 106%; font-family: Calibri, sans-serif;">[1]</span></span></a> <span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">L’apprendimento comporta sempre il compito di allargare il campo dell’esperienza; compito che alla luce dell’antica esperienza traumatica comporta il rischio di provare dolore e di essere nuovamente traumatizzati. Di conseguenza il cervello si protegge attivando l’impossibilità di “imparare memorie di sicurezza”. </span></span></p> </div></div> Guido Berdini, La ricerca di un contenitore capace e flessibile: il rapporto tra genitori e figli nell'adozione. 2022 2022-06-13T10:41:18+02:00 2022-06-13T10:41:18+02:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/1233-guido-berdini-la-ricerca-di-un-contenitore-capace-e-flessibile-il-rapporto-tra-genitori-e-figli-nell-adozione-2022.html Guido Berdini biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Incontrare il trauma</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Mario, 5 anni e mezzo, da sei mesi è stato collocato in famiglia. Sta giocando sul letto con sua madre Antonietta. Il bambino le prende il braccio e inizia a tirarla a sé e spingerla via, ritmicamente e sempre più velocemente. Lei è stupita di quanto fa suo figlio, sente dolore al braccio per la sua presa sempre più serrata; prova a dirgli qualcosa, ma lui, come fosse in trance, non le risponde e prosegue a tirarla e a spingerla, tirarla e spingerla, tirarla e spingerla. Fino a che Mario non erompe in un urlo lancinante e la madre, abbracciandolo, sente nell’ urlo il dolore del figlio, ma anche l’acuto risuonare dentro di sé di situazioni della vita in cui si è sentita abbandonata.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nei termini di Bion, lanciando un urlo il bambino “nomina” la “congiunzione costante” e dà senso a quella sorta di “Fort-Da” del suo gioco, facendo sì che la madre riempia la sua “per-concezione” (era stata informata delle esperienze di abbandono vissute dal figlio e poteva immaginarne la sofferenza) con una “realizzazione” che viene a unire due storie, quella di Mario e la sua, entrambe gravide di un dolore che riesce, con fatica, a sopportare. Antonietta viene inserita nel gioco come oggetto senza valore da lanciare e tirare, e maltrattare.&nbsp;Non si oppone al gioco¹, prende il posto di Mario sperimentando quello che lui a suo tempo ha sperimentato: essere prima preso e poi abbandonato, come un rifiuto di cui disfarsi. Quando mi racconta l’accaduto, a qualche giorno di distanza, appare ancora provata. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">J. Grotstein scrive di come “l’infante o la parte infantile della personalità” inducano uno stato corrispettivo nella madre “vulnerabile perché ben disposta” ad accogliere, in modo da farle risperimentare esperienze pregresse che, se elaborate, preludono a una comprensione empatica (Grotstein, 2007).<i> </i>La ricettività di Antonietta dà quindi spessore emotivo alla comunicazione di Mario, a una configurazione centrata su un’”invariante” al tempo stesso astratta (lo schema “Tira e Spingi”), sensoriale ed emotiva (dolore, abbandono, rabbia): un’invariante in cerca di nuovo Autore, di traducibilità, di risignificazione. Sempre utilizzando la terminologia di Bion, quello che si è prodotto è un passaggio dal “senso” (lo schema ludico messo in atto da Mario) al “significato” dell’evento², e il significato può essere solo emotivo e relazionale assieme (Civitarese, 2018).³ </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Sappiamo che i bambini che vengono indirizzati all’adozione hanno vissuto esperienze traumatiche nelle relazioni con gli oggetti primari, trascuranti, “morti” (nel senso di A. Green), confondenti, intrusivi, violenti, abusanti, e che un trauma successivo è derivato dalla perdita della relazione con gli oggetti stessi, perdita che il bambino tenderà a imputare a se stesso. Scrive al riguardo C. Artoni: “Per le persone adottate le memorie, a volte parzialmente recuperabili, hanno a che fare quasi sempre con la memoria implicita e quindi col mondo sensoriale e sono legate a cambiamenti traumatici di allontanamenti catastrofici dagli oggetti primari, dall’ambiente e dai luoghi di origine” (Artoni Schlesinger, 2006, p.56). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’ ingresso nella nuova famiglia, se da un lato dà corpo alla speranza del bambino che nuove relazioni si possano stabilire, dall’altro arriva a sancire la perdita del legame con la famiglia d’origine. Sempre C. Artoni scrive di come &nbsp;la cesura tra la vecchia e la nuova vita venga&nbsp;&nbsp; a interrompere per il bambino la “continuità dell’essere” di cui ci ha parlato D. Winnicott ⁴. Potremmo aggiungere che molto probabilmente anche durante la vita all’interno del nucleo familiare originario il bambino potrà aver sperimentato interruzioni della continuità dell’essere. In questo caso nella sua mente si potrebbe esser sviluppato un sistema dissociato di memorie &nbsp;in cui i vissuti dell’esperienza di sé non sono<i> registrati</i> sotto forma di pensieri, sentimenti, sensazioni provenienti dal passato. Di conseguenza, il bambino si può trovare a sperimentare una condizione nella quale gli eventi traumatici verificatisi non sono stati pienamente vissuti, con una sospensione del tempo dove il presente non ha passato e il passato non ha presente.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Spesso in preda a stati di solitudine e di disperazione, il bambino adottato si potrebbe trovare in mezzo a un guado, con il terrore, davvero “senza nome” (per riprendere la nota formulazione di Bion), di perdere il legame sia con la vecchia sia con la nuova famiglia, di perdere appunto la continuità del suo essere nel mondo e l’integrità della sua mente. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nel lavoro “La paura del crollo”, D. Winnicott individua alcune “agonie primitive” e le difese del bambino contro di esse (Winnicott, 1974).&nbsp;&nbsp; Le reazioni difensive che il bambino mette in atto agiscono nel senso di contrastare le linee di frattura, la perdita di coesione del Sé e della psiche-soma, oppure di accelerare la rottura scissionale-dissociativa al fine di evitare l’angoscia e la sofferenza.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nell’ articolo in cui commenta questo lavoro di Winnicott, T. Ogden scrive che: “Quando è disconnesso dalla madre, il bambino, invece che esperire l’agonia, cortocircuita l’esperienza e la sostituisce con un’organizzazione difensiva psicotica” (Ogden, 2016, p. 59). Ogden sottolinea però come la relazione col genitore possa permettere al bambino di attraversare in modo affatto diverso le situazioni traumatiche. Il ricorso a difese estreme si verifica quando viene a mancare una relazione: “…. quelle sensazioni che sono tollerabili nel contesto del legame madre-bambino diventano agonie primitive quando il bambino è costretto a farne esperienza da solo” <i>(ibidem).</i> </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nella relazione con il genitore adottivo, il bambino può trovare l’opportunità di riattraversare in après-coup&nbsp;&nbsp; le esperienze traumatiche verificatesi. Abbiamo visto come Mario, sostenuto da una veemente intenzionalità inconscia, sia riuscito a coinvolgere la madre all’interno della sua traiettoria emozionale e a reinserire in una cornice temporale condivisa le passate esperienze non metabolizzate. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ma passiamo adesso a esaminare alcuni aspetti del modo in cui le coppie giungono all’ adozione. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il ciclo vitale della nuova famiglia e il riciclo delle “scorie” passate</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Anna Guerrieri, madre adottiva ed ex-presidente dell’associazione di genitori adottivi “Genitori si Diventa”, individua nitidamente alcune caratteristiche della situazione di partenza delle famiglie adottive:”…. sono <i>famiglie costituite per decisione giuridica</i>, dopo valutazione da parte dei Servizi e del Tribunale, dopo lunghe attese e percorsi impegnativi emotivamente e fisicamente. Sono famiglie<i> pubbliche</i>, immerse nelle necessità sociali (come quelle della scuola) quando la costruzione delle appartenenze reciproche è appena iniziata. Sono <i>famiglie nate</i>in assenza di una dimensione fisica e sessuale nell’attesa e nell’incontro col figlio; nate da un incontro di <i>biografie</i>e impegnate nel lavoro di accoglienza delle storie reciproche” (Guerrieri, 2021). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ricorderei inoltre che gran parte delle coppie proviene da periodi di utilizzo di metodiche di PMA (procreazione medicalmente assistita) senza esito. Per entrambi i partner alla condizione di infertilità si aggiungono così le esperienze derivate dal sottoporsi a tali pratiche; questi eventi, sommandosi, possono rappresentare un fattore traumatico che richiama a sé, in après-coup, i loci minoris resistentiae della vita precedente⁵.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Considerato il carico di esperienze dolorose che molti genitori adottivi portano con sé quando intraprendono un’adozione, verrebbe da chiedersi in quale modo, in prospettiva, potranno occuparsi di un bambino che presenta vissuti traumatici.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La difficoltà insita nell’incontro adottivo è innegabile. La storia del bambino, con i suoi strappi, i suoi segreti, entra in risonanza con quella dei genitori e la frequenza delle onde minaccia di far saltare il contenitore familiare che si sta costruendo. Non stupisce che troppo spesso si assista a un tentativo di assimilare e “normalizzare” il bambino. Questo si traduce fattualmente in &nbsp;battesimi, comunioni, check-up sanitari, inserimenti scolastici prematuri, presentazioni a innumerevoli parenti o chiusura a riccio del nucleo familiare. Atteggiamenti in una certa misura comprensibili, ma sottesi in generale dalla fretta e da un’ansia di controllo che inevitabilmente si veicola al bambino. Di frequente, poi, nell’adozione nazionale, le visite alla casa famiglia dove il bambino ha vissuto si diradano, come si diradano i contatti con i fratelli nel caso di inserimenti multifamiliari. Per non dire del fatto che alcune coppie optano per l’adozione internazionale per frapporre una distanza geografica rispetto alla famiglia d’origine. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nel lavoro con le coppie, si registra frequentemente la difficoltà a rapportarsi con la storia passata del bambino. Questa difficoltà è immediatamente percepita dallo stesso, che si può adeguare prontamente smettendo di fare alcun riferimento alla vita precedente. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Peraltro, le storie delle origini con cui i genitori adottivi si confrontano sono inevitabilmente lacunose, raccontate loro in maniera sommaria, sono spesso impressionanti se non raccapriccianti: contenuti questi che cimentano le capacità recettive delle coppie. La storia pregressa può inoltre suscitare nei genitori un doloroso senso di vuoto, in quanto ripropone la parte di vita del bambino non vissuta con lui e in quanto richiama i vissuti relativi alla mancata genitorialità biologica. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Se da un lato riannodare i fili della storia del bambino è un compito che i genitori si debbono assumere al fine di aiutarlo a metabolizzare le “scorie” passate, dall’altro questo compito può essere dagli stessi sperimentato come confronto con una realtà incombente, tale da indurre vissuti depressivi e persecutori. La famiglia originaria del bambino è spesso presente in controluce nelle fantasie dei genitori adottivi come sporca, violenta, promiscua, iperprolifica e pronta a riprendersi il bambino che le è stato tolto: pensiamo ad esempio all’immaginario riguardo alle famiglie Rom. Fatti salvi gli aspetti di realtà, il timore spesso francamente esagerato che la famiglia originaria venga a riprendersi il bambino è da collegarsi alla fantasia corrispettiva di averlo sottratto: una legge del taglione, un senso di colpa persecutorio o, ritengo, una vergogna persecutoria. In qualche caso in cui si creino le condizioni per accedere a un piano fantasmatico più profondo, si può rintracciare in uno o in entrambi i genitori adottivi la fantasia di una coppia genitoriale interna che non autorizza l’accesso alla dimensione procreativa e che vendicativamente si riprende il bambino che la coppia, trasgredendo una sorta di interdetto, ha accolto con sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Adelia, 6 anni, proviene da un contesto familiare assai degradato, unica figlia di genitori con rilevanti problematiche di vario genere. Sono elementi che hanno fin dall’inizio preoccupato i suoi genitori adottivi. Finalmente viene dichiarata l’adozione definitiva. Adelia non vedeva l’ora di avere il cognome paterno, che per altro ha già usato fin dall’ingresso a scuola. Un pomeriggio sta giocando a disegnare con un’amichetta, termina un disegno e lo firma con il suo vecchio cognome, la madre se ne avvede e le fa notare che adesso lei si chiama in un altro modo. Adelia si ammutolisce e smette di giocare; Giulia, la madre, le chiede più volte che cosa abbia, ma la bambina non risponde. Giorni dopo, Giulia mi racconta da subito quanto accaduto; mi colpisce come individui l’evento come significativo, ma fatichi a sviluppare un pensiero sull’ evento. ⁶ Le costerebbe pena pensare che quanto ha detto ad Adelia ha inibito la bambina, dandole il segnale che sopra il suo passato è stata messa una pietra. Rendersi gradualmente consapevole, nel prosieguo del colloquio, della sua implicazione emotiva, del rapporto conflittuale con la famiglia d’origine, la farà sentire in colpa, poco adeguata, e farà riaprire la dolorosa vicenda della mancata genitorialità. Però, diventerà per lei una nuova possibilità di sentirsi ancor “più” madre di sua figlia. Potrà ritornare da Adelia con un atteggiamento più disponibile ad affrontarne la storia. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il significato degli accadimenti passati, non può esser “ricostruito” ma deve essere piuttosto “costruito” nella relazione tra genitori adottivi e bambino, al fine di cominciare a tessere una rete di significati e di memorie condivise. Scrive L. Luzzatto in un lavoro sulla ricerca delle radici familiari: “La memoria in realtà è costruttiva, ogni volta, sulla base del presente ricostruisce gli episodi del passato. Una delle cose che figli adottivi e genitori adottivi possono fare insieme, quando non si hanno notizie per raccontare una storia reale, è costruire storie possibili o verosimili, creare insieme qualcosa che serva al bambino per costruire un’identità possibile man mano che cresce. Questa storia può essere cambiata, costruita, riproposta, reinventata a seconda dei bisogni che ha il bambino crescendo, o che ha la famiglia, per dialogare con il bambino che cresce” (Luzzatto, 2011). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Anche se non esatto, o talora persino improbabile, come sono certi racconti fatti dai bambini, quello che viene immaginato insieme può costituire il precursore di un contenitore che favorisca la crescita mentale.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Luigi, adottato a 10 anni, è cresciuto in un campo di baracche. In occasione della festa di Halloween si è travestito; vuole andare in giro con gli amichetti a bussare alle porte dicendo: “Dolcetto o scherzetto?”. Pamela, sua madre, lo trova in ginocchio per il corridoio, le mani giunte: “Fate la carità, bella signora!”. A Pamela si stringe il cuore, le viene in mente il girovagare di Luigi per il campo, in cerca di soldi o di qualcosa da mangiare, compito a cui la fredda e aggressiva madre originaria lo aveva destinato (esentando invece le sorelle, con cui si dimostrava affettuosa). Pamela lo abbraccia e si può far carico dell’emozione che Luigi le trasmette. Da quel giorno il dialogo tra di loro va incontro a un’accelerazione. Pamela inizia a parlare a Luigi di quel che sa del suo passato. Luigi ne è contento, si coinvolge nella storia, racconta a sua volta con dovizia di particolari. Non importa quanto sia corrispondente alla realtà quanto lui riferisce; vere o presunte che siano, le cose dette acquisiscono un significato nuovo. Anche in questo caso, la conoscenza che Pamela aveva della storia passata può diventare un presente emotivamente condiviso, con un passaggio dal senso al significato. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Frammenti che possono diventare fra-menti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Contenere ed Esser Contenuto</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Talvolta penso che ci vorrebbe una perifrastica progressiva per render conto in modo più efficace del rapporto tra contenente e contenuto (concedendosi una licenza grammaticale, una sorta di “star essendo contenente” e “star essendo contenuto”). Il rapporto contenitore-contenuto si declina in un incessante gioco di allineamenti e disallineamenti emotivi e relazionali: un succedersi di sintonizzazioni che permettono il contenimento di stati emotivi e il sopraggiungere di situazioni di crisi che scompaginano gli equilibri raggiunti e richiedono lo strutturarsi di nuovi contenitori. Se le cose procedono nel senso di una crescita psicologica, di sintonizzazione in sintonizzazione il contenitore si sviluppa e le crisi, una volta superate, non si ripetono più nello stesso modo. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Immagino un processo a due sensi dove “contenitore” e “contenuto” si possano anche invertire le parti. Fatta salva, naturalmente, l’asimmetria di posizione tra genitore e figlio, penso che anche il bambino, nel gioco degli scambi e spinto da una intenzionalità più o meno consapevole, contenga la madre, in primo luogo regalandole la desiderata identità di genitore e poi rassicurandola attraverso i suoi comportamenti: sorridendo, mangiando, dormendo, andando a scuola, al catechismo, dimostrandosi affettuoso coi nonni….; questo è particolarmente significativo perché in generale la coppia adottiva sperimenta una situazione di precarietà, come a non sentirsi sufficientemente legittimata nella sua posizione genitoriale (e se non sperimenta incertezza, a volte, è sulla base di un atteggiamento reattivo, segnale di un’insicurezza ancora maggiore). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Le reazioni del bambino al genitore adottivo possono non solo farlo sentire un cattivo genitore, ma addirittura possono disconfermarlo nella sua identità di genitore.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Combinando i due termini, contenitore e contenuto, potremmo dire che il bambino può porsi come contenuto accomodante e disponibile a farsi contenere, contenendo in questo modo le ansie dei genitori, oppure, al contrario, può porsi come contenuto indigeribile rifiutandosi di contenere le ansie suddette. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Simone, 5 anni, è arrivato in famiglia a un anno. È un bel bambino, intelligente e affettuoso. Ma un giorno si arrabbia di brutto per un divieto datogli dalla madre, e prorompe nel classico “Non mi puoi comandare, che ti credi, tu non sei mia madre!!”. Aurora, la madre, ha perso la propria madre in tenerissima età, ed è stata tirata su da nonni e zii. Sta cercando con fatica di creare con Simone quel rapporto materno che non ha mai conosciuto. “L’impatto su di me è stato molto duro –racconta- non lo avevo mai visto così arrabbiato e determinato. Non so pescando in quale luogo dentro di me, gli ho risposto: “Io non sarò tua madre, se vuoi, ma tu sei mio figlio!”. Simone si è tranquillizzato immediatamente e la frase “Non sei mia madre” non si è più sentita nella loro casa. Senza entrare in scontro sul fatto di essere o non esser la “vera” madre (questione nella quale, purtroppo, altri genitori adottivi si impelagano), Aurora riformula la frase del figlio e conferma a Simone la tenuta del loro rapporto e la disponibilità a contenere i suoi stati mentali. Si è disposta a perdere consistenza, a decentralizzarsi dalla posizione di madre, ma, obliquamente⁷, riesce a comunicare a Simone il suo esserci. Si pone come un contenitore lasco, pur se vulnerabile (se Simone, in preda a un’emozione ancora più violenta le avesse detto “Cosa dici? Io non sono tuo figlio!”?)</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’emergere di situazioni di crisi sul versante dei figli si accompagna, oltre che a loro fasi di crescita, a difficoltà transitorie o durature nel ciclo di vita dei genitori adottivi (malattie dei nonni, difficoltà lavorative, problemi di coppia) che si traducono in una minor capacità contenitiva degli stessi. A meno che non si ritiri in una identità compiacente (un rischio da tenere sempre presente⁸), il bambino tenderà a cimentare il funzionamento del contenitore genitoriale per saggiarne la tenuta, animato comunque, anche nei peggiori momenti di crisi, dalla speranza che esso sia un contenitore “capace” (nel senso di capiente, oltre che di abile), resistente, flessibile. <i></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">In misura maggiore che nelle famiglie biologiche, nelle famiglie adottive, specie in adolescenza, sono presenti situazioni conflittuali, talvolta esplosive, che possono anche concludersi con l’espulsione del bambino dal nucleo. Situazioni sottese in maniera preponderante da sentimenti di rabbia, colpa, angoscia, persecuzione. Spesso tra i membri della famiglia si sviluppano dinamiche collusive così forti da indurre una sorta di cecità reciproca, ed è necessario un lavoro psicoterapeutico perché si possa ristabilire un atteggiamento di conoscenza. Per capire emotivamente l’altro, e stabilire un legame K (knowledge), scrive Bion, ci vuole anche L (love), un legame di amore. Ma come fare se l’altro ci fa soffrire, ci colpisce dove siamo vulnerabili, sicché la pena rimbomba dentro di noi, si diffonde lungo linee di frattura profonde e dolenti, linee di frattura che magari nel corso della vita erano state ricucite, si erano rimarginate, eppure adesso riappaiono? </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Mentre suo figlio di 7 anni ha l’ennesima crisi pantoclastica, Annalisa prova sensazioni di angoscia così forti da farle rivivere l’esperienza del suo secondo aborto che, anni prima, aveva concluso una gravidanza (dopo PMA) di alcuni mesi. Il contenitore-utero mentale si sfascia e non contiene più, come l’utero fisico. Ma ciò che non permette ad Annalisa di contenere non è solo l’impeto di suo figlio, ma anche il vissuto di angoscia, rabbia, colpa, che la pervade. Le due vicende di maternità della sua vita si ripetono in modo isomorfico, ma il collegamento che le sue emozioni stabiliscono permette di riparlarne, di riprendere la narrazione interrotta di due storie che si sono intrecciate, la sua e quella di suo figlio. Nel tempo, le crisi del figlio si ridurranno per frequenza e intensità, col contributo di un lavoro psicoterapeutico. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Scrive D. Winnicott di una sua paziente: “L’ambiente della sua infanzia non sembrava capace di permetterle di essere senza forma ma doveva, così come lei lo aveva percepito, modellarla e tagliarla nelle fogge concepite dagli altri” (Winnicott, 1971, p. 66). Nessuno aveva capito che lei doveva incominciare dall’informe. Il lavoro terapeutico con Winnicott permette alla paziente di trovare nuove forme, sue forme. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ecco, ritengo che l’esigenza profonda del bambino adottato sia di ricominciare dall’informe, con un’auspicabile regressione al servizio dell’Io. Esistere in modo informe può significare per il bambino sperimentare fasi di non organizzazione, di confusione, può significare mostrare atteggiamenti contraddittori e intense emozioni ambivalenti, che si possono tradurre in una gamma di comportamenti, anche oppositivi e aggressivi, difficili da tollerare. Riconoscere al bambino questa necessità basilare può però portarlo (non necessariamente in tempi biblici) a liberare nuove possibilità di esistere nelle declinazioni della propria personalità, e magari, a tempo debito, di sperimentare persino il piacere di identificarsi con i suoi genitori.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Permettere di essere fluidi ai propri bambini implica per i genitori diventare anche se stessi meno definiti. Sospendere, mettere in discussione propri elementi identitari, modi d’essere, stili cognitivi, abitudini consolidate. </span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Diventare più vulnerabili, e più recettivi. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Note</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">1)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se Antonietta si fosse sottratta, si fosse rifiutata di andare avanti, avesse rimproverato Mario, l’esito della sequenza relazionale sarebbe stato tutt’ affatto diverso.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">2)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per esempio, descrivendo il funzionamento della Griglia, Bion scrive che si può pensare che tutte le categorie della griglia abbiano un “senso” ma non un “significato” fino a che l’esperienza non le investa di esso (Bion, 1963). </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">3)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Scrive G. Civitarese, dopo aver ricordato come per Bion l’emozione sia inseparabile dalla relazione: “Emozione qui è un sinonimo di significato (anche se di ordine estetico, semiotico, corporeo, preverbale: una prima sintesi intersoggettiva di molteplici elementi proto-emotivi e proto-sensoriali) e significato è un sinonimo di relazione”. Ne derivano schemi emotivi e procedurali che iniziano a ordinare l’esperienza che il bambino fa del mondo (Civitarese, 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">4)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per esempio, in “Gioco e realtà”: “Il trauma implica che il bambino ha vissuto una frattura nella continuità di vita, cosicché le primitive difese ora divengono organizzate per difendere da un ripetersi di “impensabile angoscia” o da un ritorno dell’acuto stato confusionale che è proprio della disintegrazione della nascente struttura dell’Io” (Winnicott, 1971, p.159).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">5)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Tra i contributi psicoanalitici in materia di procreazione medicalmente assistita, cito i due articoli di&nbsp;&nbsp; M. Vigneri (2011) sulla Rivista di Psicoanalisi e il lavoro del gruppo sulla PMA nato in seno all’AIPPI (Bruno et al., 2014).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">6)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Utilizzando la Griglia di Bion, si tratterebbe di un processo di Notazione che, sull’asse degli Usi, non procede verso l’Attenzione e l’Indagine.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">7)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Traggo da una relazione di G. Civitarese (2019) il riferimento a una poesia di E. Dickinson: “Tell all the truth but tell it slant”. “Slant” si può tradurre con “obliquo, sbieco”. Una verità troppo diretta non è sostenibile, la verità deve abbagliare gradualmente. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">8)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Molti bambini adottati possono vivere paure di abbandono tali da venire a sviluppare un falso sé ipertrofico che viene a soffocare la loro spontaneità e vitalità. Come ricorda Luzzatto il “fallimento” adottivo non è solo o tanto l’espulsione del minore dalla famiglia, quanto piuttosto il permanere all’ interno di essa strutturando un’identità compiacente. La paura di essere abbandonati può essere presente anche nei genitori e questi vissuti, se non affrontati ed elaborati, rischiano di condizionare pesantemente la vita familiare. Un esito possibile è quello di un nucleo nel quale le emozioni più profonde non trovano espressione. Traslandolo dal contesto in cui ne parla e fatte le debite proporzioni, trovo utile riprendere quanto scrive A. Ferro che fa un elenco di meccanismi di difesa contro ansie e angosce primitive: individua alcune modalità di “tamponamento e gestione senza evacuazione massiccia” come la “laterizzazione” (“ovvero quella modalità con la quale il campo viene addormentato, sedato, ad esempio con la noia. È come se in un circo in cui mancassero i domatori, gli animali, specie quelli feroci, venissero addormentati”) e la “bonsaizzazione” [“consiste nel miniaturizzare le emozioni, trasformandole in miniemozioni senza forza (…) si creano così mondi di microemozioni che prendono narrazione in storie calmierate e spente in cui tutto sembra dolcificato senza conflittualità e passionalità alcuna”] (Ferro,2016, p.21). A volte, poi, accade che questo clima dominato dall’inibizione venga meno e si inneschino situazioni conflittuali tanto più intense quanto meno previste. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il presente lavoro nasce dall’esperienza dello scrivente in seno al Gruppo Integrato di Lavoro Adozioni (GILA) della ASL Roma 6, gruppo costituito da psicologi e assistenti sociali della ASL e dei Comuni del Territorio del quale svolge la funzione di coordinatore. </span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">In maniera più libera rispetto alla fase preadottiva (centrata sul compito di valutazione), dopo l’abbinamento della coppia al bambino, gli operatori possono svolgere una funzione di “accompagnamento” del nucleo familiare neocostituito, agendo per facilitare le dinamiche relazionali e cercando di individuare situazioni di possibile “crisi” per poter intervenire sulle difficoltà. </span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%;">Bibliografia</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-weight: normal;">Artoni Schlesinger C. (2006). <i>Adozione e oltre</i>. Roma, Borla.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="color: #808080;"><strong style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Berdini G. (2021). Mappe e ricerca delle origini nel periodo post-adozione. <i>Richard e Piggle</i>, 2, pp. 137-145.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-weight: normal;">Bion W. R. (1970). <i> Attenzione e interpretazione. </i>Roma, Armando, 1973.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Bion W. R. (1963). La Griglia. In: <i>Addomesticare i pensieri selvatici </i>(1997). Milano, Franco Angeli,1998.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; font-weight: normal;">Bruno D. et al.</span></strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> (2014). R<strong><span style="font-weight: normal;">iflessioni su genitorialità e filiazione nella procreazione medicalmente assistita. In: Milana G. L. (a cura di), </span></strong><i>Processo analitico e dinamiche familiari. </i>Raffaello Cortina, Milano.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Civitarese G. (2018). Tradurre l’esperienza.<i> </i>Relazione presentata al 78° Congresso degli psicoanalisti di lingua francese<i>: Transformations et accomplissements psychiques</i>, Genova. </span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Civitarese G. (2019). <i>Dì tutta la verità ma dilla sbieca: l’interpretazione nella teoria del campo analitico. </i> Relazione letta in una giornata di studio presso l’Associazione Psicoanalitica Abruzzese, Chieti, 19 ottobre 2019.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Ferro A. (2016). Anoressie e discronie. In: Ferro A. (a cura di), <i>La clinica psicoanalitica oggi</i>. Carocci, Roma</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Grotstein J. S. (2007). <i>Un raggio di intensa oscurità. </i>Raffaello Cortina, Milano, 2010.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Guerrieri A. (2021). Alla ricerca di una terra cui appartenere. I gruppi di mutuo aiuto in ambito associativo familiare a sostegno delle famiglie adottive. <i>Richard e Piggle</i>, 2, pp. 146-154.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Luzzatto L. (2011). Tebe e Corinto: Adozione e conoscenza delle origini.&nbsp;&nbsp; <i>Minorigiustizia</i>, 2, pp. 74-87. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Ogden T. H. (2016). <i>Vite non vissute. </i>Raffaello Cortina, Milano, 2016<i>.</i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><span style="font-size: 12pt;">Vigneri M. </span><span style="font-size: 12pt;">(2011). I bambini che vengono dal freddo: sulla donna infertile e le nuove frontiere procreative<i>.</i> <i>Riv. Psicoanal.</i>,57, 1, pp. 117-145.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Vigneri M. (2011). I bambini che vengono dal freddo: seconda parte: nuove frontiere procreative: la concezione post-mortem. <i>Riv. Psicoanal.</i>, 57, 3, pp. 655-670.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Winnicott D. W. (1971). La sede dell’esperienza culturale. In: <i>Gioco e Realtà</i>. Roma, Armando, 2006 ristampa (prima ediz. 1990). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Winnicott D. W. (1974 [1963?]). La paura del crollo. In: <i>Esplorazioni psicoanalitiche. </i> Raffaello Cortina, Milano, 1995.</span></p></div> <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Incontrare il trauma</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Mario, 5 anni e mezzo, da sei mesi è stato collocato in famiglia. Sta giocando sul letto con sua madre Antonietta. Il bambino le prende il braccio e inizia a tirarla a sé e spingerla via, ritmicamente e sempre più velocemente. Lei è stupita di quanto fa suo figlio, sente dolore al braccio per la sua presa sempre più serrata; prova a dirgli qualcosa, ma lui, come fosse in trance, non le risponde e prosegue a tirarla e a spingerla, tirarla e spingerla, tirarla e spingerla. Fino a che Mario non erompe in un urlo lancinante e la madre, abbracciandolo, sente nell’ urlo il dolore del figlio, ma anche l’acuto risuonare dentro di sé di situazioni della vita in cui si è sentita abbandonata.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nei termini di Bion, lanciando un urlo il bambino “nomina” la “congiunzione costante” e dà senso a quella sorta di “Fort-Da” del suo gioco, facendo sì che la madre riempia la sua “per-concezione” (era stata informata delle esperienze di abbandono vissute dal figlio e poteva immaginarne la sofferenza) con una “realizzazione” che viene a unire due storie, quella di Mario e la sua, entrambe gravide di un dolore che riesce, con fatica, a sopportare. Antonietta viene inserita nel gioco come oggetto senza valore da lanciare e tirare, e maltrattare.&nbsp;Non si oppone al gioco¹, prende il posto di Mario sperimentando quello che lui a suo tempo ha sperimentato: essere prima preso e poi abbandonato, come un rifiuto di cui disfarsi. Quando mi racconta l’accaduto, a qualche giorno di distanza, appare ancora provata. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">J. Grotstein scrive di come “l’infante o la parte infantile della personalità” inducano uno stato corrispettivo nella madre “vulnerabile perché ben disposta” ad accogliere, in modo da farle risperimentare esperienze pregresse che, se elaborate, preludono a una comprensione empatica (Grotstein, 2007).<i> </i>La ricettività di Antonietta dà quindi spessore emotivo alla comunicazione di Mario, a una configurazione centrata su un’”invariante” al tempo stesso astratta (lo schema “Tira e Spingi”), sensoriale ed emotiva (dolore, abbandono, rabbia): un’invariante in cerca di nuovo Autore, di traducibilità, di risignificazione. Sempre utilizzando la terminologia di Bion, quello che si è prodotto è un passaggio dal “senso” (lo schema ludico messo in atto da Mario) al “significato” dell’evento², e il significato può essere solo emotivo e relazionale assieme (Civitarese, 2018).³ </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Sappiamo che i bambini che vengono indirizzati all’adozione hanno vissuto esperienze traumatiche nelle relazioni con gli oggetti primari, trascuranti, “morti” (nel senso di A. Green), confondenti, intrusivi, violenti, abusanti, e che un trauma successivo è derivato dalla perdita della relazione con gli oggetti stessi, perdita che il bambino tenderà a imputare a se stesso. Scrive al riguardo C. Artoni: “Per le persone adottate le memorie, a volte parzialmente recuperabili, hanno a che fare quasi sempre con la memoria implicita e quindi col mondo sensoriale e sono legate a cambiamenti traumatici di allontanamenti catastrofici dagli oggetti primari, dall’ambiente e dai luoghi di origine” (Artoni Schlesinger, 2006, p.56). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’ ingresso nella nuova famiglia, se da un lato dà corpo alla speranza del bambino che nuove relazioni si possano stabilire, dall’altro arriva a sancire la perdita del legame con la famiglia d’origine. Sempre C. Artoni scrive di come &nbsp;la cesura tra la vecchia e la nuova vita venga&nbsp;&nbsp; a interrompere per il bambino la “continuità dell’essere” di cui ci ha parlato D. Winnicott ⁴. Potremmo aggiungere che molto probabilmente anche durante la vita all’interno del nucleo familiare originario il bambino potrà aver sperimentato interruzioni della continuità dell’essere. In questo caso nella sua mente si potrebbe esser sviluppato un sistema dissociato di memorie &nbsp;in cui i vissuti dell’esperienza di sé non sono<i> registrati</i> sotto forma di pensieri, sentimenti, sensazioni provenienti dal passato. Di conseguenza, il bambino si può trovare a sperimentare una condizione nella quale gli eventi traumatici verificatisi non sono stati pienamente vissuti, con una sospensione del tempo dove il presente non ha passato e il passato non ha presente.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Spesso in preda a stati di solitudine e di disperazione, il bambino adottato si potrebbe trovare in mezzo a un guado, con il terrore, davvero “senza nome” (per riprendere la nota formulazione di Bion), di perdere il legame sia con la vecchia sia con la nuova famiglia, di perdere appunto la continuità del suo essere nel mondo e l’integrità della sua mente. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nel lavoro “La paura del crollo”, D. Winnicott individua alcune “agonie primitive” e le difese del bambino contro di esse (Winnicott, 1974).&nbsp;&nbsp; Le reazioni difensive che il bambino mette in atto agiscono nel senso di contrastare le linee di frattura, la perdita di coesione del Sé e della psiche-soma, oppure di accelerare la rottura scissionale-dissociativa al fine di evitare l’angoscia e la sofferenza.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nell’ articolo in cui commenta questo lavoro di Winnicott, T. Ogden scrive che: “Quando è disconnesso dalla madre, il bambino, invece che esperire l’agonia, cortocircuita l’esperienza e la sostituisce con un’organizzazione difensiva psicotica” (Ogden, 2016, p. 59). Ogden sottolinea però come la relazione col genitore possa permettere al bambino di attraversare in modo affatto diverso le situazioni traumatiche. Il ricorso a difese estreme si verifica quando viene a mancare una relazione: “…. quelle sensazioni che sono tollerabili nel contesto del legame madre-bambino diventano agonie primitive quando il bambino è costretto a farne esperienza da solo” <i>(ibidem).</i> </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nella relazione con il genitore adottivo, il bambino può trovare l’opportunità di riattraversare in après-coup&nbsp;&nbsp; le esperienze traumatiche verificatesi. Abbiamo visto come Mario, sostenuto da una veemente intenzionalità inconscia, sia riuscito a coinvolgere la madre all’interno della sua traiettoria emozionale e a reinserire in una cornice temporale condivisa le passate esperienze non metabolizzate. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ma passiamo adesso a esaminare alcuni aspetti del modo in cui le coppie giungono all’ adozione. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il ciclo vitale della nuova famiglia e il riciclo delle “scorie” passate</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Anna Guerrieri, madre adottiva ed ex-presidente dell’associazione di genitori adottivi “Genitori si Diventa”, individua nitidamente alcune caratteristiche della situazione di partenza delle famiglie adottive:”…. sono <i>famiglie costituite per decisione giuridica</i>, dopo valutazione da parte dei Servizi e del Tribunale, dopo lunghe attese e percorsi impegnativi emotivamente e fisicamente. Sono famiglie<i> pubbliche</i>, immerse nelle necessità sociali (come quelle della scuola) quando la costruzione delle appartenenze reciproche è appena iniziata. Sono <i>famiglie nate</i>in assenza di una dimensione fisica e sessuale nell’attesa e nell’incontro col figlio; nate da un incontro di <i>biografie</i>e impegnate nel lavoro di accoglienza delle storie reciproche” (Guerrieri, 2021). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ricorderei inoltre che gran parte delle coppie proviene da periodi di utilizzo di metodiche di PMA (procreazione medicalmente assistita) senza esito. Per entrambi i partner alla condizione di infertilità si aggiungono così le esperienze derivate dal sottoporsi a tali pratiche; questi eventi, sommandosi, possono rappresentare un fattore traumatico che richiama a sé, in après-coup, i loci minoris resistentiae della vita precedente⁵.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Considerato il carico di esperienze dolorose che molti genitori adottivi portano con sé quando intraprendono un’adozione, verrebbe da chiedersi in quale modo, in prospettiva, potranno occuparsi di un bambino che presenta vissuti traumatici.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">La difficoltà insita nell’incontro adottivo è innegabile. La storia del bambino, con i suoi strappi, i suoi segreti, entra in risonanza con quella dei genitori e la frequenza delle onde minaccia di far saltare il contenitore familiare che si sta costruendo. Non stupisce che troppo spesso si assista a un tentativo di assimilare e “normalizzare” il bambino. Questo si traduce fattualmente in &nbsp;battesimi, comunioni, check-up sanitari, inserimenti scolastici prematuri, presentazioni a innumerevoli parenti o chiusura a riccio del nucleo familiare. Atteggiamenti in una certa misura comprensibili, ma sottesi in generale dalla fretta e da un’ansia di controllo che inevitabilmente si veicola al bambino. Di frequente, poi, nell’adozione nazionale, le visite alla casa famiglia dove il bambino ha vissuto si diradano, come si diradano i contatti con i fratelli nel caso di inserimenti multifamiliari. Per non dire del fatto che alcune coppie optano per l’adozione internazionale per frapporre una distanza geografica rispetto alla famiglia d’origine. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Nel lavoro con le coppie, si registra frequentemente la difficoltà a rapportarsi con la storia passata del bambino. Questa difficoltà è immediatamente percepita dallo stesso, che si può adeguare prontamente smettendo di fare alcun riferimento alla vita precedente. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Peraltro, le storie delle origini con cui i genitori adottivi si confrontano sono inevitabilmente lacunose, raccontate loro in maniera sommaria, sono spesso impressionanti se non raccapriccianti: contenuti questi che cimentano le capacità recettive delle coppie. La storia pregressa può inoltre suscitare nei genitori un doloroso senso di vuoto, in quanto ripropone la parte di vita del bambino non vissuta con lui e in quanto richiama i vissuti relativi alla mancata genitorialità biologica. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Se da un lato riannodare i fili della storia del bambino è un compito che i genitori si debbono assumere al fine di aiutarlo a metabolizzare le “scorie” passate, dall’altro questo compito può essere dagli stessi sperimentato come confronto con una realtà incombente, tale da indurre vissuti depressivi e persecutori. La famiglia originaria del bambino è spesso presente in controluce nelle fantasie dei genitori adottivi come sporca, violenta, promiscua, iperprolifica e pronta a riprendersi il bambino che le è stato tolto: pensiamo ad esempio all’immaginario riguardo alle famiglie Rom. Fatti salvi gli aspetti di realtà, il timore spesso francamente esagerato che la famiglia originaria venga a riprendersi il bambino è da collegarsi alla fantasia corrispettiva di averlo sottratto: una legge del taglione, un senso di colpa persecutorio o, ritengo, una vergogna persecutoria. In qualche caso in cui si creino le condizioni per accedere a un piano fantasmatico più profondo, si può rintracciare in uno o in entrambi i genitori adottivi la fantasia di una coppia genitoriale interna che non autorizza l’accesso alla dimensione procreativa e che vendicativamente si riprende il bambino che la coppia, trasgredendo una sorta di interdetto, ha accolto con sé. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Adelia, 6 anni, proviene da un contesto familiare assai degradato, unica figlia di genitori con rilevanti problematiche di vario genere. Sono elementi che hanno fin dall’inizio preoccupato i suoi genitori adottivi. Finalmente viene dichiarata l’adozione definitiva. Adelia non vedeva l’ora di avere il cognome paterno, che per altro ha già usato fin dall’ingresso a scuola. Un pomeriggio sta giocando a disegnare con un’amichetta, termina un disegno e lo firma con il suo vecchio cognome, la madre se ne avvede e le fa notare che adesso lei si chiama in un altro modo. Adelia si ammutolisce e smette di giocare; Giulia, la madre, le chiede più volte che cosa abbia, ma la bambina non risponde. Giorni dopo, Giulia mi racconta da subito quanto accaduto; mi colpisce come individui l’evento come significativo, ma fatichi a sviluppare un pensiero sull’ evento. ⁶ Le costerebbe pena pensare che quanto ha detto ad Adelia ha inibito la bambina, dandole il segnale che sopra il suo passato è stata messa una pietra. Rendersi gradualmente consapevole, nel prosieguo del colloquio, della sua implicazione emotiva, del rapporto conflittuale con la famiglia d’origine, la farà sentire in colpa, poco adeguata, e farà riaprire la dolorosa vicenda della mancata genitorialità. Però, diventerà per lei una nuova possibilità di sentirsi ancor “più” madre di sua figlia. Potrà ritornare da Adelia con un atteggiamento più disponibile ad affrontarne la storia. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Il significato degli accadimenti passati, non può esser “ricostruito” ma deve essere piuttosto “costruito” nella relazione tra genitori adottivi e bambino, al fine di cominciare a tessere una rete di significati e di memorie condivise. Scrive L. Luzzatto in un lavoro sulla ricerca delle radici familiari: “La memoria in realtà è costruttiva, ogni volta, sulla base del presente ricostruisce gli episodi del passato. Una delle cose che figli adottivi e genitori adottivi possono fare insieme, quando non si hanno notizie per raccontare una storia reale, è costruire storie possibili o verosimili, creare insieme qualcosa che serva al bambino per costruire un’identità possibile man mano che cresce. Questa storia può essere cambiata, costruita, riproposta, reinventata a seconda dei bisogni che ha il bambino crescendo, o che ha la famiglia, per dialogare con il bambino che cresce” (Luzzatto, 2011). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Anche se non esatto, o talora persino improbabile, come sono certi racconti fatti dai bambini, quello che viene immaginato insieme può costituire il precursore di un contenitore che favorisca la crescita mentale.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Luigi, adottato a 10 anni, è cresciuto in un campo di baracche. In occasione della festa di Halloween si è travestito; vuole andare in giro con gli amichetti a bussare alle porte dicendo: “Dolcetto o scherzetto?”. Pamela, sua madre, lo trova in ginocchio per il corridoio, le mani giunte: “Fate la carità, bella signora!”. A Pamela si stringe il cuore, le viene in mente il girovagare di Luigi per il campo, in cerca di soldi o di qualcosa da mangiare, compito a cui la fredda e aggressiva madre originaria lo aveva destinato (esentando invece le sorelle, con cui si dimostrava affettuosa). Pamela lo abbraccia e si può far carico dell’emozione che Luigi le trasmette. Da quel giorno il dialogo tra di loro va incontro a un’accelerazione. Pamela inizia a parlare a Luigi di quel che sa del suo passato. Luigi ne è contento, si coinvolge nella storia, racconta a sua volta con dovizia di particolari. Non importa quanto sia corrispondente alla realtà quanto lui riferisce; vere o presunte che siano, le cose dette acquisiscono un significato nuovo. Anche in questo caso, la conoscenza che Pamela aveva della storia passata può diventare un presente emotivamente condiviso, con un passaggio dal senso al significato. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Frammenti che possono diventare fra-menti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Contenere ed Esser Contenuto</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Talvolta penso che ci vorrebbe una perifrastica progressiva per render conto in modo più efficace del rapporto tra contenente e contenuto (concedendosi una licenza grammaticale, una sorta di “star essendo contenente” e “star essendo contenuto”). Il rapporto contenitore-contenuto si declina in un incessante gioco di allineamenti e disallineamenti emotivi e relazionali: un succedersi di sintonizzazioni che permettono il contenimento di stati emotivi e il sopraggiungere di situazioni di crisi che scompaginano gli equilibri raggiunti e richiedono lo strutturarsi di nuovi contenitori. Se le cose procedono nel senso di una crescita psicologica, di sintonizzazione in sintonizzazione il contenitore si sviluppa e le crisi, una volta superate, non si ripetono più nello stesso modo. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Immagino un processo a due sensi dove “contenitore” e “contenuto” si possano anche invertire le parti. Fatta salva, naturalmente, l’asimmetria di posizione tra genitore e figlio, penso che anche il bambino, nel gioco degli scambi e spinto da una intenzionalità più o meno consapevole, contenga la madre, in primo luogo regalandole la desiderata identità di genitore e poi rassicurandola attraverso i suoi comportamenti: sorridendo, mangiando, dormendo, andando a scuola, al catechismo, dimostrandosi affettuoso coi nonni….; questo è particolarmente significativo perché in generale la coppia adottiva sperimenta una situazione di precarietà, come a non sentirsi sufficientemente legittimata nella sua posizione genitoriale (e se non sperimenta incertezza, a volte, è sulla base di un atteggiamento reattivo, segnale di un’insicurezza ancora maggiore). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Le reazioni del bambino al genitore adottivo possono non solo farlo sentire un cattivo genitore, ma addirittura possono disconfermarlo nella sua identità di genitore.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Combinando i due termini, contenitore e contenuto, potremmo dire che il bambino può porsi come contenuto accomodante e disponibile a farsi contenere, contenendo in questo modo le ansie dei genitori, oppure, al contrario, può porsi come contenuto indigeribile rifiutandosi di contenere le ansie suddette. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Simone, 5 anni, è arrivato in famiglia a un anno. È un bel bambino, intelligente e affettuoso. Ma un giorno si arrabbia di brutto per un divieto datogli dalla madre, e prorompe nel classico “Non mi puoi comandare, che ti credi, tu non sei mia madre!!”. Aurora, la madre, ha perso la propria madre in tenerissima età, ed è stata tirata su da nonni e zii. Sta cercando con fatica di creare con Simone quel rapporto materno che non ha mai conosciuto. “L’impatto su di me è stato molto duro –racconta- non lo avevo mai visto così arrabbiato e determinato. Non so pescando in quale luogo dentro di me, gli ho risposto: “Io non sarò tua madre, se vuoi, ma tu sei mio figlio!”. Simone si è tranquillizzato immediatamente e la frase “Non sei mia madre” non si è più sentita nella loro casa. Senza entrare in scontro sul fatto di essere o non esser la “vera” madre (questione nella quale, purtroppo, altri genitori adottivi si impelagano), Aurora riformula la frase del figlio e conferma a Simone la tenuta del loro rapporto e la disponibilità a contenere i suoi stati mentali. Si è disposta a perdere consistenza, a decentralizzarsi dalla posizione di madre, ma, obliquamente⁷, riesce a comunicare a Simone il suo esserci. Si pone come un contenitore lasco, pur se vulnerabile (se Simone, in preda a un’emozione ancora più violenta le avesse detto “Cosa dici? Io non sono tuo figlio!”?)</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">L’emergere di situazioni di crisi sul versante dei figli si accompagna, oltre che a loro fasi di crescita, a difficoltà transitorie o durature nel ciclo di vita dei genitori adottivi (malattie dei nonni, difficoltà lavorative, problemi di coppia) che si traducono in una minor capacità contenitiva degli stessi. A meno che non si ritiri in una identità compiacente (un rischio da tenere sempre presente⁸), il bambino tenderà a cimentare il funzionamento del contenitore genitoriale per saggiarne la tenuta, animato comunque, anche nei peggiori momenti di crisi, dalla speranza che esso sia un contenitore “capace” (nel senso di capiente, oltre che di abile), resistente, flessibile. <i></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">In misura maggiore che nelle famiglie biologiche, nelle famiglie adottive, specie in adolescenza, sono presenti situazioni conflittuali, talvolta esplosive, che possono anche concludersi con l’espulsione del bambino dal nucleo. Situazioni sottese in maniera preponderante da sentimenti di rabbia, colpa, angoscia, persecuzione. Spesso tra i membri della famiglia si sviluppano dinamiche collusive così forti da indurre una sorta di cecità reciproca, ed è necessario un lavoro psicoterapeutico perché si possa ristabilire un atteggiamento di conoscenza. Per capire emotivamente l’altro, e stabilire un legame K (knowledge), scrive Bion, ci vuole anche L (love), un legame di amore. Ma come fare se l’altro ci fa soffrire, ci colpisce dove siamo vulnerabili, sicché la pena rimbomba dentro di noi, si diffonde lungo linee di frattura profonde e dolenti, linee di frattura che magari nel corso della vita erano state ricucite, si erano rimarginate, eppure adesso riappaiono? </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Mentre suo figlio di 7 anni ha l’ennesima crisi pantoclastica, Annalisa prova sensazioni di angoscia così forti da farle rivivere l’esperienza del suo secondo aborto che, anni prima, aveva concluso una gravidanza (dopo PMA) di alcuni mesi. Il contenitore-utero mentale si sfascia e non contiene più, come l’utero fisico. Ma ciò che non permette ad Annalisa di contenere non è solo l’impeto di suo figlio, ma anche il vissuto di angoscia, rabbia, colpa, che la pervade. Le due vicende di maternità della sua vita si ripetono in modo isomorfico, ma il collegamento che le sue emozioni stabiliscono permette di riparlarne, di riprendere la narrazione interrotta di due storie che si sono intrecciate, la sua e quella di suo figlio. Nel tempo, le crisi del figlio si ridurranno per frequenza e intensità, col contributo di un lavoro psicoterapeutico. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Scrive D. Winnicott di una sua paziente: “L’ambiente della sua infanzia non sembrava capace di permetterle di essere senza forma ma doveva, così come lei lo aveva percepito, modellarla e tagliarla nelle fogge concepite dagli altri” (Winnicott, 1971, p. 66). Nessuno aveva capito che lei doveva incominciare dall’informe. Il lavoro terapeutico con Winnicott permette alla paziente di trovare nuove forme, sue forme. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #808080;">Ecco, ritengo che l’esigenza profonda del bambino adottato sia di ricominciare dall’informe, con un’auspicabile regressione al servizio dell’Io. Esistere in modo informe può significare per il bambino sperimentare fasi di non organizzazione, di confusione, può significare mostrare atteggiamenti contraddittori e intense emozioni ambivalenti, che si possono tradurre in una gamma di comportamenti, anche oppositivi e aggressivi, difficili da tollerare. Riconoscere al bambino questa necessità basilare può però portarlo (non necessariamente in tempi biblici) a liberare nuove possibilità di esistere nelle declinazioni della propria personalità, e magari, a tempo debito, di sperimentare persino il piacere di identificarsi con i suoi genitori.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Permettere di essere fluidi ai propri bambini implica per i genitori diventare anche se stessi meno definiti. Sospendere, mettere in discussione propri elementi identitari, modi d’essere, stili cognitivi, abitudini consolidate. </span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Diventare più vulnerabili, e più recettivi. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Note</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">1)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se Antonietta si fosse sottratta, si fosse rifiutata di andare avanti, avesse rimproverato Mario, l’esito della sequenza relazionale sarebbe stato tutt’ affatto diverso.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">2)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per esempio, descrivendo il funzionamento della Griglia, Bion scrive che si può pensare che tutte le categorie della griglia abbiano un “senso” ma non un “significato” fino a che l’esperienza non le investa di esso (Bion, 1963). </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">3)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Scrive G. Civitarese, dopo aver ricordato come per Bion l’emozione sia inseparabile dalla relazione: “Emozione qui è un sinonimo di significato (anche se di ordine estetico, semiotico, corporeo, preverbale: una prima sintesi intersoggettiva di molteplici elementi proto-emotivi e proto-sensoriali) e significato è un sinonimo di relazione”. Ne derivano schemi emotivi e procedurali che iniziano a ordinare l’esperienza che il bambino fa del mondo (Civitarese, 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">4)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per esempio, in “Gioco e realtà”: “Il trauma implica che il bambino ha vissuto una frattura nella continuità di vita, cosicché le primitive difese ora divengono organizzate per difendere da un ripetersi di “impensabile angoscia” o da un ritorno dell’acuto stato confusionale che è proprio della disintegrazione della nascente struttura dell’Io” (Winnicott, 1971, p.159).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">5)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Tra i contributi psicoanalitici in materia di procreazione medicalmente assistita, cito i due articoli di&nbsp;&nbsp; M. Vigneri (2011) sulla Rivista di Psicoanalisi e il lavoro del gruppo sulla PMA nato in seno all’AIPPI (Bruno et al., 2014).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">6)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Utilizzando la Griglia di Bion, si tratterebbe di un processo di Notazione che, sull’asse degli Usi, non procede verso l’Attenzione e l’Indagine.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">7)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Traggo da una relazione di G. Civitarese (2019) il riferimento a una poesia di E. Dickinson: “Tell all the truth but tell it slant”. “Slant” si può tradurre con “obliquo, sbieco”. Una verità troppo diretta non è sostenibile, la verità deve abbagliare gradualmente. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 6pt; text-align: justify; text-indent: 0cm; line-height: 150%;"><span style="color: #808080;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">8)<span style="font: 7pt 'Times New Roman';">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'Times New Roman', serif;">Molti bambini adottati possono vivere paure di abbandono tali da venire a sviluppare un falso sé ipertrofico che viene a soffocare la loro spontaneità e vitalità. Come ricorda Luzzatto il “fallimento” adottivo non è solo o tanto l’espulsione del minore dalla famiglia, quanto piuttosto il permanere all’ interno di essa strutturando un’identità compiacente. La paura di essere abbandonati può essere presente anche nei genitori e questi vissuti, se non affrontati ed elaborati, rischiano di condizionare pesantemente la vita familiare. Un esito possibile è quello di un nucleo nel quale le emozioni più profonde non trovano espressione. Traslandolo dal contesto in cui ne parla e fatte le debite proporzioni, trovo utile riprendere quanto scrive A. Ferro che fa un elenco di meccanismi di difesa contro ansie e angosce primitive: individua alcune modalità di “tamponamento e gestione senza evacuazione massiccia” come la “laterizzazione” (“ovvero quella modalità con la quale il campo viene addormentato, sedato, ad esempio con la noia. È come se in un circo in cui mancassero i domatori, gli animali, specie quelli feroci, venissero addormentati”) e la “bonsaizzazione” [“consiste nel miniaturizzare le emozioni, trasformandole in miniemozioni senza forza (…) si creano così mondi di microemozioni che prendono narrazione in storie calmierate e spente in cui tutto sembra dolcificato senza conflittualità e passionalità alcuna”] (Ferro,2016, p.21). A volte, poi, accade che questo clima dominato dall’inibizione venga meno e si inneschino situazioni conflittuali tanto più intense quanto meno previste. </span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il presente lavoro nasce dall’esperienza dello scrivente in seno al Gruppo Integrato di Lavoro Adozioni (GILA) della ASL Roma 6, gruppo costituito da psicologi e assistenti sociali della ASL e dei Comuni del Territorio del quale svolge la funzione di coordinatore. </span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #808080;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">In maniera più libera rispetto alla fase preadottiva (centrata sul compito di valutazione), dopo l’abbinamento della coppia al bambino, gli operatori possono svolgere una funzione di “accompagnamento” del nucleo familiare neocostituito, agendo per facilitare le dinamiche relazionali e cercando di individuare situazioni di possibile “crisi” per poter intervenire sulle difficoltà. </span></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%;">Bibliografia</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-weight: normal;">Artoni Schlesinger C. (2006). <i>Adozione e oltre</i>. Roma, Borla.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="color: #808080;"><strong style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Berdini G. (2021). Mappe e ricerca delle origini nel periodo post-adozione. <i>Richard e Piggle</i>, 2, pp. 137-145.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-weight: normal;">Bion W. R. (1970). <i> Attenzione e interpretazione. </i>Roma, Armando, 1973.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Bion W. R. (1963). La Griglia. In: <i>Addomesticare i pensieri selvatici </i>(1997). Milano, Franco Angeli,1998.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; font-weight: normal;">Bruno D. et al.</span></strong><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> (2014). R<strong><span style="font-weight: normal;">iflessioni su genitorialità e filiazione nella procreazione medicalmente assistita. In: Milana G. L. (a cura di), </span></strong><i>Processo analitico e dinamiche familiari. </i>Raffaello Cortina, Milano.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Civitarese G. (2018). Tradurre l’esperienza.<i> </i>Relazione presentata al 78° Congresso degli psicoanalisti di lingua francese<i>: Transformations et accomplissements psychiques</i>, Genova. </span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Civitarese G. (2019). <i>Dì tutta la verità ma dilla sbieca: l’interpretazione nella teoria del campo analitico. </i> Relazione letta in una giornata di studio presso l’Associazione Psicoanalitica Abruzzese, Chieti, 19 ottobre 2019.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-weight: normal;">Ferro A. (2016). Anoressie e discronie. In: Ferro A. (a cura di), <i>La clinica psicoanalitica oggi</i>. Carocci, Roma</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Grotstein J. S. (2007). <i>Un raggio di intensa oscurità. </i>Raffaello Cortina, Milano, 2010.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Guerrieri A. (2021). Alla ricerca di una terra cui appartenere. I gruppi di mutuo aiuto in ambito associativo familiare a sostegno delle famiglie adottive. <i>Richard e Piggle</i>, 2, pp. 146-154.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Luzzatto L. (2011). Tebe e Corinto: Adozione e conoscenza delle origini.&nbsp;&nbsp; <i>Minorigiustizia</i>, 2, pp. 74-87. </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: 200%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 200%; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Ogden T. H. (2016). <i>Vite non vissute. </i>Raffaello Cortina, Milano, 2016<i>.</i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #808080;"><span style="font-size: 12pt;">Vigneri M. </span><span style="font-size: 12pt;">(2011). I bambini che vengono dal freddo: sulla donna infertile e le nuove frontiere procreative<i>.</i> <i>Riv. Psicoanal.</i>,57, 1, pp. 117-145.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Vigneri M. (2011). I bambini che vengono dal freddo: seconda parte: nuove frontiere procreative: la concezione post-mortem. <i>Riv. Psicoanal.</i>, 57, 3, pp. 655-670.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Winnicott D. W. (1971). La sede dell’esperienza culturale. In: <i>Gioco e Realtà</i>. Roma, Armando, 2006 ristampa (prima ediz. 1990). </span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times; color: #808080;">Winnicott D. W. (1974 [1963?]). La paura del crollo. In: <i>Esplorazioni psicoanalitiche. </i> Raffaello Cortina, Milano, 1995.</span></p></div> Attaccamento e ansia di separazione. Speciale Podcast di Lorenzo Iannotta, a cura di Massimo Nardi, 16 aprile 2021 2021-04-15T21:18:19+02:00 2021-04-15T21:18:19+02:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/1068-podcast-speciale-iannotta.html Administrator info@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><div style="text-align: justify;"> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Lorenzo Iannotta, psicologo, psicoanalista membro associato della Società Psicoanalitica Italiana e Presidente dell’Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Infanzia, dell’adolescenza e della famiglia (AIPPI), viene presentato da Massimo Nardi, psicologo psicoanalista, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, Esperto bambini/adolescenti, che gli propone di parlarci dell’ansia di separazione in età evolutiva, un tema particolarmente avvertito in questo drammatico periodo storico di pandemia.</span></p> </div> <p>{jdhtml5player media="media/iannotta.mp3"/}</p></div> <div class="feed-description"><div style="text-align: justify;"> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Lorenzo Iannotta, psicologo, psicoanalista membro associato della Società Psicoanalitica Italiana e Presidente dell’Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Infanzia, dell’adolescenza e della famiglia (AIPPI), viene presentato da Massimo Nardi, psicologo psicoanalista, membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, Esperto bambini/adolescenti, che gli propone di parlarci dell’ansia di separazione in età evolutiva, un tema particolarmente avvertito in questo drammatico periodo storico di pandemia.</span></p> </div> <p>{jdhtml5player media="media/iannotta.mp3"/}</p></div> Papuzza E., Bambini e adolescenti iperconnessi in epoca di pandemia. 2020 2020-12-18T15:43:25+01:00 2020-12-18T15:43:25+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/977-papuzza-e-bambini-e-adolescenti-iperconnessi-in-epoca-di-pandemia-2020.html Livia biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin-left: 8cm; text-align: justify; background: white;"><strong>&nbsp;</strong></p> <p>“<i>C’è - nella condizione umana - da essere spaventati, ma c’è anche da sapersi legare al timone del vascello sotto la tempesta delle onde del nuovo - sconosciuto che incombe”.</i> Antonino Ferro (2013)<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn1"><span><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">[1]</span></span></span></a></p> <p style="text-align: justify; background: white;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Chi l’avrebbe mai immaginato che questo “<i>nuovo – sconosciuto che incombe” </i>(incipit), diventasse così pervasivo e attuale in questo periodo di pandemia? Mi riferisco <i>in primis</i> alla dimensione o<i>nlife</i> (secondo la geniale espressione del filosofo Luciano Floridi - 2015), ovvero alla centralità e trasversalità che il digitale e le tecnologie hanno ormai assunto nelle nostre vite, nel nostro modello di società e socialità (assai prima che arrivasse il Covid) e, di conseguenza, a quell’ansia che pervade gli adulti (genitori, insegnanti, educatori, caregivers in generale) davanti all’iperconnessione dei propri bambini e adolescenti. </span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i><span>In secundis</span></i><span> alludo proprio a questo virus, alla sua minacciosità, al modo in cui abbia copernicamente trasformato le nostre esistenze, ma soprattutto a quella dimensione fantasmatica per cui <i>l’altro da sè</i>, il <i>fuori</i>, sia pericoloso e vada pertanto tenuto a distanza, un virus invisibile agli occhi che tuttavia è veicolato dal contatto umano, a tal punto da costringere i governanti a imporre misure coatte di distanziamento sociale, ormai interiorizzate endemicamente (credo sia capitato a molti di noi di stranirsi sensorialmente davanti ad immagini pre – pandemiche in cui banalmente ci si salutava o presentava stringendosi la mano, o baciandosi, o ci si assembrava in luoghi pubblici, tipo stadio, cinema, locali, ecc.).</span></span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Le tecnologie sembra allora ci abbiano soccorso, grandi e piccoli, dalla vita privata a quella lavorativa, nel commutare il <i>vicino</i> in <i>lontano</i>, nel rendere possibile incontri che altrimenti non sarebbero avvenuti, anche se ne ha trasformato i tratti, forse snaturandoli, chissà. Sono arrivati i webinar, le riunioni su Zoom, la didattica a distanza, lo smart working, le psicoterapie on line, le feste di compleanno su Skype, gli acquisti su Amazon, i concerti musicali su streaming, lo sport in rete, ecc., in aggiunta a tutte quelle forme di iperconnessione già in essere, soprattutto nel mondo giovanile.</span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Internet, il digitale, il mondo virtuale, hanno da tempo ormai cambiato profondamente le nostre vite, di adulti, bambini e adolescenti, le nostre relazioni sociali, familiari, il rapporto con noi stessi, con il tempo e con lo spazio, il modo di comunicare, il nostro stesso senso identitario, cioè chi pensiamo e sentiamo di essere, perfino il modo di stare al mondo, il nostro principio di realtà. E’ inutile e fuorviante contrapporre <i>mondo reale </i>e<i> realtà virtuale</i>, la seconda è ormai parte integrante della prima e l’ha profondamente cambiata, ma soprattutto la <i>rete</i> non è più semplicemente un mezzo, bensì un generatore di realtà (Pellizzari, 2018), un tessuto connettivo. Era già così prima della pandemia, oggi più che mai: siamo tutti continuamente connessi, mentalmente in contatto costante con gli altri, una condizione esistenziale per cui, per esempio, i social network offrono un pubblico sempre presente, una piazza di relazioni che consente di non sentirsi mai veramente soli, in nessun luogo e in nessun momento della giornata e della vita. Mentre fino a qualche anno fa, ogni tanto ci si connetteva e la costante era la disconnessione, oggi sembra esattamente il contrario; anzi, in realtà, si è direttamente <i>onlife</i>, una partecipazione istantanea e ubiquitaria che assorbe ogni storicità e ogni spazialità, una nuova condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo che il filosofo Floridi descrive come la <strong>quarta rivoluzione </strong>(dopo Cartesio, Darwin e Freud). </span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Mi chiedo, tuttavia, quanto l’iperconnessione ci abbia avvicinato o piuttosto ulteriormente distanziato, quanto la connessione corrisponda ad una effettiva capacità e possibilità di entrare in relazione; per certo si è intensificata la dimensione <i>onlife</i>, cioè la pervasività del digitale e la labilità dei confini, ponendo forse nuove questioni ed accentuando le vecchie. Quali nuove problematiche e criticità tutto questo comporta, pensando nello specifico allo sviluppo di bambini e adolescenti? Quali nuove attenzioni e responsabilità si presentano agli adulti caregiver, genitori, insegnanti, operatori di varia natura (pediatri, psicologi, psicoterapeuti, educatori, ecc.), cui spetta l’accudimento, la cura, l’educazione delle nuove generazioni? </span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">I giovani di oggi (definiti appunto Internet Generation<a title="" name="_ftnref2" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn2"><span style="vertical-align: super;">[2]</span></a>) trascorrono il tempo e vivono esperienze quotidiane in modo del tutto diverso dai fratelli maggiori o dai propri genitori: in media un adolescente contemporaneo controlla il cellulare più di 80 volte al giorno, dorme con lo smarthphone sotto il cuscino, pronto a controllare messaggi e i <i>likes</i> sui Social. Il tempo passato sui nuovi media (scrivere, messaggiare, condividere, guardare i social, navigare, giocare, flirtare, ascoltare musica, ecc.) è praticamente tutto quello che gli rimane come tempo libero al netto delle ore di sonno, di scuola, di studio, di sport; il totale del tempo supera ampiamente le 24 ore, ma ciò si spiega con un’esperienza multitasking.</span></p> <p style="margin: 0cm; text-align: justify; background: white; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span>Bambini e adolescenti passano senza soluzione di continuità da Tik Tok ad Instagram, a videogiochi on line, a videochat, WhatsApp, a You Tube, Facebook, Spotify, Twich, e applicazioni di ogni sorta, tutto per seguire le vite altrui e informare gli altri della propria, con una strategia specifica di auto rappresentazione che per lo più deve mostrare il lato bello di sè, della propria vita, e ricevere immediata gratificazione e consensi, monitorando e accumulando <i>I like</i> e <i>follower</i> in modo compulsivo, come lo psicoanalista francesce Serge Tisseron (2016) ben descrive con il concetto, da lui coniato, di <strong>extimitè</strong><i> (versus</i> <strong>intimitè), </strong>per cui </span><span style="border: 1pt none windowtext; padding: 0cm;">un individuo fonda il senso di sè identitario sull’immagine in rete del proprio profilo on line, assai più che attraverso la propria interiorità.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Il successo dei <i>reality e dei social network </i>dimostra proprio quanto, più che la <i>riservatezza,</i> sia in fondo la <i>condivisione</i> il modello vincente; non tanto la condivisione intesa come <i>socialità</i>, ma come <i>notorietà</i>, la possibilità che il proprio nome e il proprio volto siano conosciuti dal numero maggiore di persone, indipendentemente dal motivo per cui ciò accada. Gli adulti dipingono se stessi come “inesperti” o comunque non sufficientemente preparati a familiarizzare con il <i>digitale</i>, vissuto più come appannaggio dei propri figli, o studenti, che di loro competenza, come a sottolineare un forte gap generazionale (“nativi digitali” <i>versus</i> “immigrants”). E’ pur vero tuttavia che, come è normale che sia, i giovani tendano a vivere il mondo digitale, ammesso che abbia ancora senso distinguerlo da quello reale, come uno spazio proprio, da cui l’adulto deve rimanere fuori. Per bambini e adolescenti, l’adulto è <i>presunto non sapere</i>, cioè percepito come all’oscuro, inesperto, incompetente, in una parola molto distante, dall’esperienza <i>onlife</i> della nuova generazione. La difficoltà ad avvicinarsi a questo fenomeno, riguarda il singolo genitore quanto l’insegnante; ma anche, sebbene in modo diverso, molti operatori e studiosi, appartenenti a varie branche del sapere (filosofi, psicologi, psicoanalisti, psicoterapeuti, pedagogisti, antropologi, sociologi, pediatri, neuroscienziati, psichiatri, linguisti, ecc. ), in qualità di rappresentanti delle loro discipline, portavoce delle specifiche culture professionali, quando esprimono gli arroccamenti difensivi e ideologici di ogni settore dello scibile alle prese con il <i>nuovo e sconosciuto</i>, tra la curiosità verso la scoperta e la paura di perdere identità e specificità.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Questo concerne in primo luogo, nell’esperienza a me più vicina, il mio mestiere di psicoanalista, nello specifico lavoro con bambini e adolescenti, e l’ampio dibattito interno fra colleghi, sul ruolo che le nuove tecnologie possano svolgere, concretamente e simbolicamente, nella stanza d’analisi, nella relazione con i giovani pazienti. Non ho mai disdegnato, sebbene con una certa ambivalenza, l’ingresso nella mia stanza di terapia degli strumenti tecnologici con bambini e adolescenti (videogiochi, musica, video, cellulare, ecc.) al contrario, ho cercato di coglierne il ruolo centrale nelle loro vite e l’importanza del loro utilizzo nella clinica come via d’accesso, talvolta anche privilegiata, al loro mondo interno. Ho accolti questi dispositivi, talvolta tollerati, anche quando li ho vivamente percepiti come un’evasione, una difesa del mio giovane paziente rispetto alla relazione con me. In fondo una comunicazione anche quella, sulla quale e attraverso cui lavorare. Per non parlare della centralità che hanno assunto durante il lockdown, quando la stessa relazione analitica passava attraverso una comunicazione tecnomediata, che fungeva al contempo da strumento e da ambiente, da tessuto connettivo, da generatore di realtà. Ricordo bene con quanto piacere e soddisfazione una mia piccola paziente di 6 anni durante le videochiamate, in periodo di lockdown, <i>mi spegneva e riaccendeva</i> sullo schermo, a mò di nascondino, ridendo e giocando, come a controllare lei magicamente la relazione con me, la realtà della separatezza e della lontananza fisica.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Del resto anche da prima, spesso, nel mio usuale (pre - Covid) lavoro analitico con bambini piccoli, alla fine delle sedute, al momento di salutarsi compariva un cellulare, di plastica, di carta, o simulato, pronto all’uso, per esprimere la fantasia di un contatto prolungato, il bisogno di una connessione, a fronte di un’ansia o angoscia di separazione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso inoltre al difficile e nevralgico lavoro degli insegnanti in questo periodo, catapultati, chi più chi meno preparato, nella didattica a distanza (DAD), per entrare in ciò che per definizione era stato finora appannaggio dei giovani, il mondo del digitale e dell’iperconnessione, e attraverso Internet, gestire una relazione educativa, affettiva e di apprendimento, dove ogni comportamento online richiede un nuovo pensiero (per esempio l’obbligatorietà della webcam accesa come forma di controllo della presenza degli alunni, ma forse in fondo come possibilità di uno sguardo, di un contatto che attraversi lo schermo), in un periodo in cui il pensiero è quanto mai necessario per dare voce ad esperienze e vissuti importanti, spesso relativi ad angosce di morte e malattia.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso ai pediatri, riferimento principale, spesso unico, per tanti genitori e famiglie, oggi sovraccaricati di richieste, non solo quelle relative alle certificazioni per le scuole secondo i nuovi protocolli Covid, ma soprattutto quelle che riguardano i segni di disagio psicologico dei giovani pazienti, spesso manifestato a livello sintomatico attraverso comportamenti di dipendenza dal digitale, cui gli stessi pediatri fanno fatica ad offrire adeguata lettura e risposta.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso ai genitori, sempre più soli davanti a ciò che il digitale rappresenta per i propri figli, fin dalla primissima infanzia, dai videogiochi al primo cellulare, che ormai sembra rappresentare la prima vera esperienza di passaggio, a mò di rito di iniziazione in senso antropologico, attraverso cui ogni bambino o bambina (di solito arriva con la prima comunione - per chi la fa – intorno ai 9-10 anni) può sperimentare una nuova forma di partecipazione e autonomia, sviluppare un formidabile senso di appartenenza, la possibilità di sentirsi parte di un mondo, anzi <i>del mondo</i>, ma è anche improvvisamente esposto a contatti e contenuti di ogni sorta, spesso inadatti a quell’età, alle proprie capacità di comprensione, elaborazione e gestione. Sempre più diffusamente, inoltre, il cellulare funge da cordone ombelicale e più in generale da splendido antidoto contro la solitudine e l’angoscia di separazione, cui può corrispondere, specularmente, da parte dei genitori stessi, il bisogno di mantenere con i figli un rapporto improntato sulla dipendenza ed il controllo. I genitori sono sempre più preoccupati che i figli “incappino” in esperienze potenzialmente traumatiche, di cui i fatti di cronaca sono pieni, quali episodi di cyberbullismo, di pedopornografia, di adescamenti online, di truffe e giochi d’azzardo in rete, e più in generale che sviluppino forme di vera e propria dipendenza da iperconnessione<a title="" name="_ftnref3" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn3"><span style="vertical-align: super;">[3]</span></a>. Del resto la generazione attuale non è più passivamente esposta a contenuti specifici (come un tempo davanti alla Tv o ai giornali), bensì coinvolta attivamente nella gestione di relazioni, contatti e contenuti on line, con un livello di partecipazione e interazione molto elevato ed un confine tra realtà e virtualità sempre più labile, per cui esperienze di vita fondamentali, relative alla socialità, l’affettività, l’apprendimento, la sessualità, il divertimento, la creatività e lo stesso processo di soggettivazione, sono in fondo tecnomediati. L’utente non è più fruitore passivo della rete ma attivo e reattivo produttore a sua volta di contenuti, chiunque può realizzare un video, un canale You Tube, un blog, un contributo mediatico, e condividerlo, facendolo circolare in rete.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Internet diventa così una formidabile occasione di democrazia e di partecipazione, oltre che di creatività, sul piano per esempio artistico, letterario, musicale: questo vale per gli adulti e più che mai per i giovani, cui difficilmente sono accessibili altri canali di partecipazione sociale (vi ricordate, per esempio, il “fenomeno” Greta Tumberg?), in un mondo attuale in cui gli adolescenti sono marginalizzati dalla società e vi è un grande scarto fra le loro potenzialità, le loro risorse e la loro effettiva possibilità di partecipare in modo attivo e creativo. Il digitale consente di sperimentare forme di partecipazione, di libertà, di creatività intellettuale e artistica, di espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce ai giovani negli spazi reali del vivere quotidiano.</span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span>La dimensione <i>onlife </i>implica inoltre l’esperienza della costante connessione, dell’essere mentalmente in contatto continuo con gli altri, una condizione esistenziale per cui i Social offrono un pubblico sempre presente, una piazza di relazioni che consente di non sentirsi mai veramente soli, in nessun luogo e in nessun momento della giornata e della vita. L</span><span>a rete risponde al bisogno di ottenere tutto e subito, di vivere nel principio di piacere in cui non esiste l’assente, la perdita, la frustrazione, l’attesa. Gli inventori di Spotify affermano di avere inventato la popolare <i>app</i> per procurare musica istantanea a chiunque lo desiderasse, senza dovere attendere, cercare, scambiare, perdere nemmeno un secondo per scaricarla. L’instant messaging si impone sulle mail, ormai utilizzate solo in ambito lavorativo e per lo più dagli adulti, perchè ormai tra una mail e l’altra, per quanto sia una corrispondenza che viaggia velocemente in quanto elettronica, implica, come nelle lettere di un tempo, uno scarto di tempo tra una comunicazione e l’altra e ciò spesso diventa intollerabile (bastano pochi secondi di attesa di una spunta blu su WhatsApp, di una risposta al proprio messaggio, per agitarsi e fremere); sembra difficile o impossibile fermarsi a riflettere, ad ascoltare l’emozione, prevale l’impulso, l’azione, l’evacuazione.</span></span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">L’iperconnessione sembra lenire l’angoscia di vacuità, il senso di inesistenza e di fisiologica precarietà della vita: su Internet, grazie ai social, ai <i>likes</i> di conferma e aprezzamento, al continuo scambio di immagini e fotografie, si è costantemente presenti, addirittura immortali (in senso stretto e reale, la vita on line sopravvive alla propria morte, come numerosi fatti di cronaca hanno ampiamente raccontato); al tempo stesso, in modo apparentemente contraddittorio, si passa velocemente dalla permanenza alla dissolvenza, quando l’attualità dura un secondo e, per esempio, su Instagram (nella sezione “Stories”), che ormai è tra i social più diffusi tra i giovani, alcune immagini scompaiono automaticamente dopo 24 ore. La “ rete diventa come lo sguardo della madre, se gli altri sui social ti vedono, ti taggano, ti rispondono con un like, ti cercano, ecc. Allora vuol dire che esisti. Fragili esistenze di adolescenti possono trarre da questi riscontri rinforzi necessari al loro senso di esistere e valere, per se stessi e per gli altri ... “ (Ruggero, 2012). Internet consente, proprio in virtù della sua rapidità, del suo annullare le distanze, del suo anonimato, di sperimentare la compresenza trasversale e frenetica di più contesti (sia dentro che fuori la rete), uno spazio senza soglie e una temporalità simultanea priva di sfumature, una condizione virtuale di onnipotenza legata al superamento illusorio di ogni normale vincolo e limite spazio-temporali. Ripenso, a tal proposito, a quando, durante le sedute svolte attraverso videochiamate o telefonate nel periodo del lockdown pandemico, i miei pazienti fremessero ad ogni disturbo o interruzione di connessione, come in balìa di un vissuto di perdita abbandonico e, di contro, provassero invece un intenso piacere illusorio nel connettersi a ogni inizio seduta al tempo di un click, annullando ogni tragitto, tempo e l’attesa necessari per raggiungere concretamente lo studio.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Il digitale sta modificando proprio la qualità della socialità, il rapporto con gli altri, all’insegna della <strong>liquidità relazionale </strong>(Bauman, 2011): le relazioni online sono numerose, spesso superficiali, talvolta nemmeno corrispondenti a legami reali, e vengono coltivate all’insegna della debolezza del legame. Nell’epoca di Tik Tok, di Instagram, di Twitter, l’identità si virtualizza, come anche le emozioni, l’amore e l’amicizia, tutto è rapido, fugace, deresponsabilizzante, necessariamente divertente, ci si espone senza mettervi la “faccia”, alla ricerca di riscontri positivi, di seguaci e di <i>like</i>s, di contatti e di <i>post</i>, dove il superamento di vincoli e di confronti, apre a dimensioni narcisistiche imperiose e prepotenti e l<i>’altro</i> viene spesso vissuto in funzione di se stessi. Il fatto di non vedersi e di non sentirsi direttamente, o di non entrare in contatto visivo, abbassa timidezze e inibizioni, per cui spesso nella comunicazione in rete si raggiungono elevati livelli di apparente confidenza e intimità, a volte di seduttività, proprio perché l’altro può essere uno sconosciuto e come tale, liberamente immaginato e idealizzato. Anche di se stessi si possono facilmente esprimere ed esplorare differenti aspetti della propria personalità, quelli di cui si è meno o per nulla consapevoli, aspetti dissociati di sè che vengono più facilmente rappresentati in un contesto fluido e poco responsabilizzante come quello virtuale.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Può tuttavia avvenire anche il contrario, cioè che il cyberspace possa rappresentare un luogo e un modo per sperimentarsi dal punto di vista identitario, proponendo di sè profili diversi e verificando come gli altri si rapportano ad essi. Il distanziamento sociale imposto dalla attuale pandemia rende l’iperconnessione ancora più pervasiva, indispensabile a garantire le forme primarie di comunicazione (basti pensare, una fra tutte, alla didattica a distanza che ha permesso la continuità di un’esperienza fondamentale come quella scolastica per i bambini e gli adolescenti), ma al contempo ne sottolinea la sussidiarietà, l’incompletezza, i limiti, i rischi, quando il cybercontatto si allontana sempre più dalla relazione umana.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Queste considerazioni aiutano a comprendere meglio i motivi per cui la cosiddetta “Internet addiction” stia aumentando: di dipendenza fino a qualche tempo fa si parlava esclusivamente riferendosi alla tossicomania, cioe’ al consumo di stupefacenti; oggi invece il concetto, dall’abuso di sostanze, si e’ esteso all’assunzione di comportamenti e fra essi compare a pieno titolo l’utilizzo eccessivo e inadeguato di Internet<a title="" name="_ftnref4" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn4"><span style="vertical-align: super;">[4]</span></a>, alla base di un’ansia crescente da parte di genitori, insegnanti, operatori, che si chiedono quando e quanto ci sia da preoccuparsi per i comportamenti di dipendenza da iperconnessione delle nuove generazioni.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">La relazione on line con persone sconosciute, di cui nemmeno si conosce la voce, crea spesso forte dipendenza perche’ il rapporto che si sviluppa, svincolato dalle limitazioni della conoscenza diretta, permette la liberazione della fantasia, un diretto appagamento dei propri desideri, si sperimenta il rapporto ideale come nelle cotte adolescenziali, in cui basta un dettaglio per innamorarsi, ma in realta’ una persona vale l’altra, l’importante e’ trovare qualcuno su cui proiettare il proprio desiderio e la propria fantasia. Il bisogno profondo di sperimentare qualcosa di bello con l’immaginazione, di evadere, di provare sentimenti intensi, all’interno di una relazione dove l’altro non si incontra mai veramente, dove il nickname può servire sia a celare che a svelare aspetti di sè, dove l’anonimato e la non visibilità fanno dell’identità in rete un foglio bianco. Il <i>cyberspace</i> permette di vivere in una sorta di delirio di onnipotenza, per cui ti immagini l’altro come vorresti che fosse e proponi te stesso per come ti piacerebbe essere, senza che mai nulla ti tradisca (uno sguardo, un rossore, un battito accelerato, il tono della voce, un silenzio, ecc.).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Anche lo smartphone assolve ad una medesima funzione d’onnipotenza e, soprattutto, di gestione del legame con l’altro, in quanto rappresenta il possesso illusorio che serve per negare la separazione e la consistenza reale dell’altro. Annulla il tempo e lo spazio dell’attesa, facilita un’ esperienza magica di contiguità relazionale, come una volta mi ha ben spiegato un mio paziente di 12 anni, quando raggiante mi comunica di avere finalmente sconfitto il suo terrore di prendere l’ascensore da solo (“ <i>parlo con mio padre al cellulare dal piano terra fin su a casa </i>”).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Bambini e adolescenti la cui esperienza <i>onlife</i> si rivela troppo pervasiva nelle sue varie forme, sembra cerchino nel <i>cyberspace</i>, attraverso ciò che esso offre, dai videogiochi ai social network, alle scommesse, al sesso, una risposta facile, accessibile e socialmente accettata a bisogni profondi, a desideri autentici di relazione e affettivita’, di ricerca di senso e di contenimento.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Non credo sia l’iperconnessione da temere, o criticare, insomma da demonizzare come espressione dello <i>sconosciuto che incombe</i>, piuttosto da considerare come una cartina di tornasole di una nuova condizione esistenziale che tuttavia s’intreccia con lo strumento stesso, che a sua volta diventa ambiente, e ne viene trasformata all’interno di una relazione circolare, dove è difficile distinguere le cause dagli effetti, le opportunità dalle criticità, l’estraneo dal familiare.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Elisabetta Papuzza</strong> è psicologa, psicoterapeuta, psicoanalista, specializzanda in psicoanalisi dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Istituto Nazionale del Training - Società Psicoanalitica Italiana, Corso di Pefezionamento Bambini e Adolescenti.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i>Questo è un testo originale, interamente scritto e pensato da Elisabetta Papuzza per il sito del Centro di Psicoanalisi Romano; alcune sue parti sono sono state riprese e rielaborate dal libro di A. Pellai ed E. Papuzza, Cyber Generation, Franco Angeli (2019).</i></span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i><span style="line-height: 107%;"><br clear="all" /> </span></i></span></p> <p style="margin-bottom: 8pt; line-height: 107%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i>&nbsp;</i></span></p> <p style="text-align: center;" align="center"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Bibliografia</strong></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">ALBERTO PELLAI, ELISABETTA.PAPUZZA, Cyber Generation, Franco Angeli (2019).</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BAUMAN ZYGMUT, Amori liquidi. Sulla fragilità dei legami affettivi, Editori Laterza, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BION WILFRED, Apprendere dall’esperienza, Armando, 1996.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BIONDO DANIELE, Mondo digitale e dolore evolutivo, Rivista di Psicoanalisi 2017/1, Raffaello Cortina Editore, Società Psicoanalitica Italiana, 2017.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">CANTELMI TONINO, Tecnoliquidità. La psicologia ai tempi di Internet: la mente tecnoliquida, Edizioni San Paolo, 2013.</span></p> <p style="margin-top: 0cm; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">FLORIDI LUCIANO, La quarta rivoluzione. Come l'infosfera sta trasformando il mondo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">MANZI ANDREA, Psicoanalisi, identità e Internet, Franco Angeli, 2013.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">NERI CLAUDIO, Interazione contenitore-contenuto e contenimento fusionale<strong>, </strong>in Rivista di Psicoanalisi. XXXI, 3, 316:326</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">PAPUZZA ELISABETTA, Educazione e Nuovi media, Risorse Didattiche Guida per insegnanti, Save the Children, Mondadori Educational, 2010.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">PELLIZZARI GIUSEPPE, Psicoanalisi nell’era della posterizzazione, Rivista di Psicoanalisi 2017/4, Raffaello Cortina Editore, Società Psicoanalitica Italiana, 2017.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">RUGGERO IRENE, Adolescenti, rete e social network, Società Psicoanalitica Italiana, SPIWEB, 2012.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">TISSERON SERGE, 3-6-9-12. Diventare grandi all'epoca degli schermi digitali, Editore La Scuola, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">TONIONI FEDERICO, Quando internet diventa una droga, Einaudi 2011.TWENGE JEAN, Iperconnessi, Einaudi, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">WINNICOTT DONALD, Gioco e Realtà, Armando, 1974.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">WINNICOTT DONALD, Sviluppo Affettivo e ambiente, Armando, 1974.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Convegno “La psicoanalisi all’epoca della rete: identità, soggetto e cura tra illimitate connessioni e ritiri narcisistici”, Milano 14 aprile 2018, Centro Milanese di Psicoanalisi.</span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super;">[1]</span></a> Psicoanalisi, identità e Internet, (a cura di) Andrea Manzi, Prefazione di Antonino Ferro, Franco Angeli (2013).</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn2" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref2"><span style="vertical-align: super;">[2]</span></a> Baby Boomer (1950-1960), Generazione X (nati tra il 1960 -1980), Millennial (1980 – 1990), <strong>I (Internet) Gen (1995-2012)</strong>, da Iperconnessi, Jean Twenge, 2017.</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn3" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref3"><span style="vertical-align: super;">[3]</span></a> Il termine Internet Addiction Disease (IAD) è stato coniato da <a title="Ivan Goldberg (pagina inesistente)" href="http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ivan_Goldberg&amp;action=edit&amp;redlink=1"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">Ivan Goldberg</span></a>, M.D. nel <a title="1995" href="http://it.wikipedia.org/wiki/1995"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">1995</span></a> e <span style="background: white;">sta riscuotendo sempre più attenzione da parte della comunità scientifica, sebbene ancora non compaia a pieno titolo nel D</span>SM – V.</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn4" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref4"><span style="vertical-align: super;">[4]</span></a> Il termine Internet Addiction Disease (IAD) è stato coniato da <a title="Ivan Goldberg (pagina inesistente)" href="http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ivan_Goldberg&amp;action=edit&amp;redlink=1"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">Ivan Goldberg</span></a>, M.D. nel <a title="1995" href="http://it.wikipedia.org/wiki/1995"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">1995</span></a> e <span style="background: white;">ha riscosso una certa attenzione da parte della comunità scientifica, sebbene ancora non compaia a pieno titolo nel D</span>SM – V.</span></p> <p><strong><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Vedi anche</span></strong></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=1065:incontro-con-l-autore-elisabetta-papuzza-presenta-cyber-generation-sabato-24-aprile-2021-ore-17-00-19-00&amp;catid=168:attivita-scientifiche-esterne&amp;Itemid=215">Incontro con l'Autore, Elisabetta Papuzza presenta Cyber Generation. Sabato 24 aprile 2021 ore 17.00-19,00</a></span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=667:crescere-nel-tempo-di-internet-le-nuove-forme-comunicative-e-i-giochi-virtuali-cambiano-l-analisi&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">De Intinis G., Crescere nel tempo di Internet: le nuove forme comunicative e i giochi virtuali cambiano l’analisi? 2015</a><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=977:papuzza-e-bambini-e-adolescenti-iperconnessi-in-epoca-di-pandemia-2020&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169"></a></span></p> <p>&nbsp;</p> </div></div> <div class="feed-description"><p style="margin-left: 8cm; text-align: justify; background: white;"><strong>&nbsp;</strong></p> <p>“<i>C’è - nella condizione umana - da essere spaventati, ma c’è anche da sapersi legare al timone del vascello sotto la tempesta delle onde del nuovo - sconosciuto che incombe”.</i> Antonino Ferro (2013)<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn1"><span><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">[1]</span></span></span></a></p> <p style="text-align: justify; background: white;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Chi l’avrebbe mai immaginato che questo “<i>nuovo – sconosciuto che incombe” </i>(incipit), diventasse così pervasivo e attuale in questo periodo di pandemia? Mi riferisco <i>in primis</i> alla dimensione o<i>nlife</i> (secondo la geniale espressione del filosofo Luciano Floridi - 2015), ovvero alla centralità e trasversalità che il digitale e le tecnologie hanno ormai assunto nelle nostre vite, nel nostro modello di società e socialità (assai prima che arrivasse il Covid) e, di conseguenza, a quell’ansia che pervade gli adulti (genitori, insegnanti, educatori, caregivers in generale) davanti all’iperconnessione dei propri bambini e adolescenti. </span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i><span>In secundis</span></i><span> alludo proprio a questo virus, alla sua minacciosità, al modo in cui abbia copernicamente trasformato le nostre esistenze, ma soprattutto a quella dimensione fantasmatica per cui <i>l’altro da sè</i>, il <i>fuori</i>, sia pericoloso e vada pertanto tenuto a distanza, un virus invisibile agli occhi che tuttavia è veicolato dal contatto umano, a tal punto da costringere i governanti a imporre misure coatte di distanziamento sociale, ormai interiorizzate endemicamente (credo sia capitato a molti di noi di stranirsi sensorialmente davanti ad immagini pre – pandemiche in cui banalmente ci si salutava o presentava stringendosi la mano, o baciandosi, o ci si assembrava in luoghi pubblici, tipo stadio, cinema, locali, ecc.).</span></span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Le tecnologie sembra allora ci abbiano soccorso, grandi e piccoli, dalla vita privata a quella lavorativa, nel commutare il <i>vicino</i> in <i>lontano</i>, nel rendere possibile incontri che altrimenti non sarebbero avvenuti, anche se ne ha trasformato i tratti, forse snaturandoli, chissà. Sono arrivati i webinar, le riunioni su Zoom, la didattica a distanza, lo smart working, le psicoterapie on line, le feste di compleanno su Skype, gli acquisti su Amazon, i concerti musicali su streaming, lo sport in rete, ecc., in aggiunta a tutte quelle forme di iperconnessione già in essere, soprattutto nel mondo giovanile.</span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Internet, il digitale, il mondo virtuale, hanno da tempo ormai cambiato profondamente le nostre vite, di adulti, bambini e adolescenti, le nostre relazioni sociali, familiari, il rapporto con noi stessi, con il tempo e con lo spazio, il modo di comunicare, il nostro stesso senso identitario, cioè chi pensiamo e sentiamo di essere, perfino il modo di stare al mondo, il nostro principio di realtà. E’ inutile e fuorviante contrapporre <i>mondo reale </i>e<i> realtà virtuale</i>, la seconda è ormai parte integrante della prima e l’ha profondamente cambiata, ma soprattutto la <i>rete</i> non è più semplicemente un mezzo, bensì un generatore di realtà (Pellizzari, 2018), un tessuto connettivo. Era già così prima della pandemia, oggi più che mai: siamo tutti continuamente connessi, mentalmente in contatto costante con gli altri, una condizione esistenziale per cui, per esempio, i social network offrono un pubblico sempre presente, una piazza di relazioni che consente di non sentirsi mai veramente soli, in nessun luogo e in nessun momento della giornata e della vita. Mentre fino a qualche anno fa, ogni tanto ci si connetteva e la costante era la disconnessione, oggi sembra esattamente il contrario; anzi, in realtà, si è direttamente <i>onlife</i>, una partecipazione istantanea e ubiquitaria che assorbe ogni storicità e ogni spazialità, una nuova condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo che il filosofo Floridi descrive come la <strong>quarta rivoluzione </strong>(dopo Cartesio, Darwin e Freud). </span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Mi chiedo, tuttavia, quanto l’iperconnessione ci abbia avvicinato o piuttosto ulteriormente distanziato, quanto la connessione corrisponda ad una effettiva capacità e possibilità di entrare in relazione; per certo si è intensificata la dimensione <i>onlife</i>, cioè la pervasività del digitale e la labilità dei confini, ponendo forse nuove questioni ed accentuando le vecchie. Quali nuove problematiche e criticità tutto questo comporta, pensando nello specifico allo sviluppo di bambini e adolescenti? Quali nuove attenzioni e responsabilità si presentano agli adulti caregiver, genitori, insegnanti, operatori di varia natura (pediatri, psicologi, psicoterapeuti, educatori, ecc.), cui spetta l’accudimento, la cura, l’educazione delle nuove generazioni? </span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">I giovani di oggi (definiti appunto Internet Generation<a title="" name="_ftnref2" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn2"><span style="vertical-align: super;">[2]</span></a>) trascorrono il tempo e vivono esperienze quotidiane in modo del tutto diverso dai fratelli maggiori o dai propri genitori: in media un adolescente contemporaneo controlla il cellulare più di 80 volte al giorno, dorme con lo smarthphone sotto il cuscino, pronto a controllare messaggi e i <i>likes</i> sui Social. Il tempo passato sui nuovi media (scrivere, messaggiare, condividere, guardare i social, navigare, giocare, flirtare, ascoltare musica, ecc.) è praticamente tutto quello che gli rimane come tempo libero al netto delle ore di sonno, di scuola, di studio, di sport; il totale del tempo supera ampiamente le 24 ore, ma ciò si spiega con un’esperienza multitasking.</span></p> <p style="margin: 0cm; text-align: justify; background: white; vertical-align: baseline;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span>Bambini e adolescenti passano senza soluzione di continuità da Tik Tok ad Instagram, a videogiochi on line, a videochat, WhatsApp, a You Tube, Facebook, Spotify, Twich, e applicazioni di ogni sorta, tutto per seguire le vite altrui e informare gli altri della propria, con una strategia specifica di auto rappresentazione che per lo più deve mostrare il lato bello di sè, della propria vita, e ricevere immediata gratificazione e consensi, monitorando e accumulando <i>I like</i> e <i>follower</i> in modo compulsivo, come lo psicoanalista francesce Serge Tisseron (2016) ben descrive con il concetto, da lui coniato, di <strong>extimitè</strong><i> (versus</i> <strong>intimitè), </strong>per cui </span><span style="border: 1pt none windowtext; padding: 0cm;">un individuo fonda il senso di sè identitario sull’immagine in rete del proprio profilo on line, assai più che attraverso la propria interiorità.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Il successo dei <i>reality e dei social network </i>dimostra proprio quanto, più che la <i>riservatezza,</i> sia in fondo la <i>condivisione</i> il modello vincente; non tanto la condivisione intesa come <i>socialità</i>, ma come <i>notorietà</i>, la possibilità che il proprio nome e il proprio volto siano conosciuti dal numero maggiore di persone, indipendentemente dal motivo per cui ciò accada. Gli adulti dipingono se stessi come “inesperti” o comunque non sufficientemente preparati a familiarizzare con il <i>digitale</i>, vissuto più come appannaggio dei propri figli, o studenti, che di loro competenza, come a sottolineare un forte gap generazionale (“nativi digitali” <i>versus</i> “immigrants”). E’ pur vero tuttavia che, come è normale che sia, i giovani tendano a vivere il mondo digitale, ammesso che abbia ancora senso distinguerlo da quello reale, come uno spazio proprio, da cui l’adulto deve rimanere fuori. Per bambini e adolescenti, l’adulto è <i>presunto non sapere</i>, cioè percepito come all’oscuro, inesperto, incompetente, in una parola molto distante, dall’esperienza <i>onlife</i> della nuova generazione. La difficoltà ad avvicinarsi a questo fenomeno, riguarda il singolo genitore quanto l’insegnante; ma anche, sebbene in modo diverso, molti operatori e studiosi, appartenenti a varie branche del sapere (filosofi, psicologi, psicoanalisti, psicoterapeuti, pedagogisti, antropologi, sociologi, pediatri, neuroscienziati, psichiatri, linguisti, ecc. ), in qualità di rappresentanti delle loro discipline, portavoce delle specifiche culture professionali, quando esprimono gli arroccamenti difensivi e ideologici di ogni settore dello scibile alle prese con il <i>nuovo e sconosciuto</i>, tra la curiosità verso la scoperta e la paura di perdere identità e specificità.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Questo concerne in primo luogo, nell’esperienza a me più vicina, il mio mestiere di psicoanalista, nello specifico lavoro con bambini e adolescenti, e l’ampio dibattito interno fra colleghi, sul ruolo che le nuove tecnologie possano svolgere, concretamente e simbolicamente, nella stanza d’analisi, nella relazione con i giovani pazienti. Non ho mai disdegnato, sebbene con una certa ambivalenza, l’ingresso nella mia stanza di terapia degli strumenti tecnologici con bambini e adolescenti (videogiochi, musica, video, cellulare, ecc.) al contrario, ho cercato di coglierne il ruolo centrale nelle loro vite e l’importanza del loro utilizzo nella clinica come via d’accesso, talvolta anche privilegiata, al loro mondo interno. Ho accolti questi dispositivi, talvolta tollerati, anche quando li ho vivamente percepiti come un’evasione, una difesa del mio giovane paziente rispetto alla relazione con me. In fondo una comunicazione anche quella, sulla quale e attraverso cui lavorare. Per non parlare della centralità che hanno assunto durante il lockdown, quando la stessa relazione analitica passava attraverso una comunicazione tecnomediata, che fungeva al contempo da strumento e da ambiente, da tessuto connettivo, da generatore di realtà. Ricordo bene con quanto piacere e soddisfazione una mia piccola paziente di 6 anni durante le videochiamate, in periodo di lockdown, <i>mi spegneva e riaccendeva</i> sullo schermo, a mò di nascondino, ridendo e giocando, come a controllare lei magicamente la relazione con me, la realtà della separatezza e della lontananza fisica.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Del resto anche da prima, spesso, nel mio usuale (pre - Covid) lavoro analitico con bambini piccoli, alla fine delle sedute, al momento di salutarsi compariva un cellulare, di plastica, di carta, o simulato, pronto all’uso, per esprimere la fantasia di un contatto prolungato, il bisogno di una connessione, a fronte di un’ansia o angoscia di separazione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso inoltre al difficile e nevralgico lavoro degli insegnanti in questo periodo, catapultati, chi più chi meno preparato, nella didattica a distanza (DAD), per entrare in ciò che per definizione era stato finora appannaggio dei giovani, il mondo del digitale e dell’iperconnessione, e attraverso Internet, gestire una relazione educativa, affettiva e di apprendimento, dove ogni comportamento online richiede un nuovo pensiero (per esempio l’obbligatorietà della webcam accesa come forma di controllo della presenza degli alunni, ma forse in fondo come possibilità di uno sguardo, di un contatto che attraversi lo schermo), in un periodo in cui il pensiero è quanto mai necessario per dare voce ad esperienze e vissuti importanti, spesso relativi ad angosce di morte e malattia.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso ai pediatri, riferimento principale, spesso unico, per tanti genitori e famiglie, oggi sovraccaricati di richieste, non solo quelle relative alle certificazioni per le scuole secondo i nuovi protocolli Covid, ma soprattutto quelle che riguardano i segni di disagio psicologico dei giovani pazienti, spesso manifestato a livello sintomatico attraverso comportamenti di dipendenza dal digitale, cui gli stessi pediatri fanno fatica ad offrire adeguata lettura e risposta.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Penso ai genitori, sempre più soli davanti a ciò che il digitale rappresenta per i propri figli, fin dalla primissima infanzia, dai videogiochi al primo cellulare, che ormai sembra rappresentare la prima vera esperienza di passaggio, a mò di rito di iniziazione in senso antropologico, attraverso cui ogni bambino o bambina (di solito arriva con la prima comunione - per chi la fa – intorno ai 9-10 anni) può sperimentare una nuova forma di partecipazione e autonomia, sviluppare un formidabile senso di appartenenza, la possibilità di sentirsi parte di un mondo, anzi <i>del mondo</i>, ma è anche improvvisamente esposto a contatti e contenuti di ogni sorta, spesso inadatti a quell’età, alle proprie capacità di comprensione, elaborazione e gestione. Sempre più diffusamente, inoltre, il cellulare funge da cordone ombelicale e più in generale da splendido antidoto contro la solitudine e l’angoscia di separazione, cui può corrispondere, specularmente, da parte dei genitori stessi, il bisogno di mantenere con i figli un rapporto improntato sulla dipendenza ed il controllo. I genitori sono sempre più preoccupati che i figli “incappino” in esperienze potenzialmente traumatiche, di cui i fatti di cronaca sono pieni, quali episodi di cyberbullismo, di pedopornografia, di adescamenti online, di truffe e giochi d’azzardo in rete, e più in generale che sviluppino forme di vera e propria dipendenza da iperconnessione<a title="" name="_ftnref3" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn3"><span style="vertical-align: super;">[3]</span></a>. Del resto la generazione attuale non è più passivamente esposta a contenuti specifici (come un tempo davanti alla Tv o ai giornali), bensì coinvolta attivamente nella gestione di relazioni, contatti e contenuti on line, con un livello di partecipazione e interazione molto elevato ed un confine tra realtà e virtualità sempre più labile, per cui esperienze di vita fondamentali, relative alla socialità, l’affettività, l’apprendimento, la sessualità, il divertimento, la creatività e lo stesso processo di soggettivazione, sono in fondo tecnomediati. L’utente non è più fruitore passivo della rete ma attivo e reattivo produttore a sua volta di contenuti, chiunque può realizzare un video, un canale You Tube, un blog, un contributo mediatico, e condividerlo, facendolo circolare in rete.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Internet diventa così una formidabile occasione di democrazia e di partecipazione, oltre che di creatività, sul piano per esempio artistico, letterario, musicale: questo vale per gli adulti e più che mai per i giovani, cui difficilmente sono accessibili altri canali di partecipazione sociale (vi ricordate, per esempio, il “fenomeno” Greta Tumberg?), in un mondo attuale in cui gli adolescenti sono marginalizzati dalla società e vi è un grande scarto fra le loro potenzialità, le loro risorse e la loro effettiva possibilità di partecipare in modo attivo e creativo. Il digitale consente di sperimentare forme di partecipazione, di libertà, di creatività intellettuale e artistica, di espressione che difficilmente il mondo adulto garantisce ai giovani negli spazi reali del vivere quotidiano.</span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span>La dimensione <i>onlife </i>implica inoltre l’esperienza della costante connessione, dell’essere mentalmente in contatto continuo con gli altri, una condizione esistenziale per cui i Social offrono un pubblico sempre presente, una piazza di relazioni che consente di non sentirsi mai veramente soli, in nessun luogo e in nessun momento della giornata e della vita. L</span><span>a rete risponde al bisogno di ottenere tutto e subito, di vivere nel principio di piacere in cui non esiste l’assente, la perdita, la frustrazione, l’attesa. Gli inventori di Spotify affermano di avere inventato la popolare <i>app</i> per procurare musica istantanea a chiunque lo desiderasse, senza dovere attendere, cercare, scambiare, perdere nemmeno un secondo per scaricarla. L’instant messaging si impone sulle mail, ormai utilizzate solo in ambito lavorativo e per lo più dagli adulti, perchè ormai tra una mail e l’altra, per quanto sia una corrispondenza che viaggia velocemente in quanto elettronica, implica, come nelle lettere di un tempo, uno scarto di tempo tra una comunicazione e l’altra e ciò spesso diventa intollerabile (bastano pochi secondi di attesa di una spunta blu su WhatsApp, di una risposta al proprio messaggio, per agitarsi e fremere); sembra difficile o impossibile fermarsi a riflettere, ad ascoltare l’emozione, prevale l’impulso, l’azione, l’evacuazione.</span></span></p> <p style="text-align: justify; background: white;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">L’iperconnessione sembra lenire l’angoscia di vacuità, il senso di inesistenza e di fisiologica precarietà della vita: su Internet, grazie ai social, ai <i>likes</i> di conferma e aprezzamento, al continuo scambio di immagini e fotografie, si è costantemente presenti, addirittura immortali (in senso stretto e reale, la vita on line sopravvive alla propria morte, come numerosi fatti di cronaca hanno ampiamente raccontato); al tempo stesso, in modo apparentemente contraddittorio, si passa velocemente dalla permanenza alla dissolvenza, quando l’attualità dura un secondo e, per esempio, su Instagram (nella sezione “Stories”), che ormai è tra i social più diffusi tra i giovani, alcune immagini scompaiono automaticamente dopo 24 ore. La “ rete diventa come lo sguardo della madre, se gli altri sui social ti vedono, ti taggano, ti rispondono con un like, ti cercano, ecc. Allora vuol dire che esisti. Fragili esistenze di adolescenti possono trarre da questi riscontri rinforzi necessari al loro senso di esistere e valere, per se stessi e per gli altri ... “ (Ruggero, 2012). Internet consente, proprio in virtù della sua rapidità, del suo annullare le distanze, del suo anonimato, di sperimentare la compresenza trasversale e frenetica di più contesti (sia dentro che fuori la rete), uno spazio senza soglie e una temporalità simultanea priva di sfumature, una condizione virtuale di onnipotenza legata al superamento illusorio di ogni normale vincolo e limite spazio-temporali. Ripenso, a tal proposito, a quando, durante le sedute svolte attraverso videochiamate o telefonate nel periodo del lockdown pandemico, i miei pazienti fremessero ad ogni disturbo o interruzione di connessione, come in balìa di un vissuto di perdita abbandonico e, di contro, provassero invece un intenso piacere illusorio nel connettersi a ogni inizio seduta al tempo di un click, annullando ogni tragitto, tempo e l’attesa necessari per raggiungere concretamente lo studio.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Il digitale sta modificando proprio la qualità della socialità, il rapporto con gli altri, all’insegna della <strong>liquidità relazionale </strong>(Bauman, 2011): le relazioni online sono numerose, spesso superficiali, talvolta nemmeno corrispondenti a legami reali, e vengono coltivate all’insegna della debolezza del legame. Nell’epoca di Tik Tok, di Instagram, di Twitter, l’identità si virtualizza, come anche le emozioni, l’amore e l’amicizia, tutto è rapido, fugace, deresponsabilizzante, necessariamente divertente, ci si espone senza mettervi la “faccia”, alla ricerca di riscontri positivi, di seguaci e di <i>like</i>s, di contatti e di <i>post</i>, dove il superamento di vincoli e di confronti, apre a dimensioni narcisistiche imperiose e prepotenti e l<i>’altro</i> viene spesso vissuto in funzione di se stessi. Il fatto di non vedersi e di non sentirsi direttamente, o di non entrare in contatto visivo, abbassa timidezze e inibizioni, per cui spesso nella comunicazione in rete si raggiungono elevati livelli di apparente confidenza e intimità, a volte di seduttività, proprio perché l’altro può essere uno sconosciuto e come tale, liberamente immaginato e idealizzato. Anche di se stessi si possono facilmente esprimere ed esplorare differenti aspetti della propria personalità, quelli di cui si è meno o per nulla consapevoli, aspetti dissociati di sè che vengono più facilmente rappresentati in un contesto fluido e poco responsabilizzante come quello virtuale.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Può tuttavia avvenire anche il contrario, cioè che il cyberspace possa rappresentare un luogo e un modo per sperimentarsi dal punto di vista identitario, proponendo di sè profili diversi e verificando come gli altri si rapportano ad essi. Il distanziamento sociale imposto dalla attuale pandemia rende l’iperconnessione ancora più pervasiva, indispensabile a garantire le forme primarie di comunicazione (basti pensare, una fra tutte, alla didattica a distanza che ha permesso la continuità di un’esperienza fondamentale come quella scolastica per i bambini e gli adolescenti), ma al contempo ne sottolinea la sussidiarietà, l’incompletezza, i limiti, i rischi, quando il cybercontatto si allontana sempre più dalla relazione umana.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Queste considerazioni aiutano a comprendere meglio i motivi per cui la cosiddetta “Internet addiction” stia aumentando: di dipendenza fino a qualche tempo fa si parlava esclusivamente riferendosi alla tossicomania, cioe’ al consumo di stupefacenti; oggi invece il concetto, dall’abuso di sostanze, si e’ esteso all’assunzione di comportamenti e fra essi compare a pieno titolo l’utilizzo eccessivo e inadeguato di Internet<a title="" name="_ftnref4" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftn4"><span style="vertical-align: super;">[4]</span></a>, alla base di un’ansia crescente da parte di genitori, insegnanti, operatori, che si chiedono quando e quanto ci sia da preoccuparsi per i comportamenti di dipendenza da iperconnessione delle nuove generazioni.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">La relazione on line con persone sconosciute, di cui nemmeno si conosce la voce, crea spesso forte dipendenza perche’ il rapporto che si sviluppa, svincolato dalle limitazioni della conoscenza diretta, permette la liberazione della fantasia, un diretto appagamento dei propri desideri, si sperimenta il rapporto ideale come nelle cotte adolescenziali, in cui basta un dettaglio per innamorarsi, ma in realta’ una persona vale l’altra, l’importante e’ trovare qualcuno su cui proiettare il proprio desiderio e la propria fantasia. Il bisogno profondo di sperimentare qualcosa di bello con l’immaginazione, di evadere, di provare sentimenti intensi, all’interno di una relazione dove l’altro non si incontra mai veramente, dove il nickname può servire sia a celare che a svelare aspetti di sè, dove l’anonimato e la non visibilità fanno dell’identità in rete un foglio bianco. Il <i>cyberspace</i> permette di vivere in una sorta di delirio di onnipotenza, per cui ti immagini l’altro come vorresti che fosse e proponi te stesso per come ti piacerebbe essere, senza che mai nulla ti tradisca (uno sguardo, un rossore, un battito accelerato, il tono della voce, un silenzio, ecc.).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Anche lo smartphone assolve ad una medesima funzione d’onnipotenza e, soprattutto, di gestione del legame con l’altro, in quanto rappresenta il possesso illusorio che serve per negare la separazione e la consistenza reale dell’altro. Annulla il tempo e lo spazio dell’attesa, facilita un’ esperienza magica di contiguità relazionale, come una volta mi ha ben spiegato un mio paziente di 12 anni, quando raggiante mi comunica di avere finalmente sconfitto il suo terrore di prendere l’ascensore da solo (“ <i>parlo con mio padre al cellulare dal piano terra fin su a casa </i>”).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Bambini e adolescenti la cui esperienza <i>onlife</i> si rivela troppo pervasiva nelle sue varie forme, sembra cerchino nel <i>cyberspace</i>, attraverso ciò che esso offre, dai videogiochi ai social network, alle scommesse, al sesso, una risposta facile, accessibile e socialmente accettata a bisogni profondi, a desideri autentici di relazione e affettivita’, di ricerca di senso e di contenimento.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Non credo sia l’iperconnessione da temere, o criticare, insomma da demonizzare come espressione dello <i>sconosciuto che incombe</i>, piuttosto da considerare come una cartina di tornasole di una nuova condizione esistenziale che tuttavia s’intreccia con lo strumento stesso, che a sua volta diventa ambiente, e ne viene trasformata all’interno di una relazione circolare, dove è difficile distinguere le cause dagli effetti, le opportunità dalle criticità, l’estraneo dal familiare.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Elisabetta Papuzza</strong> è psicologa, psicoterapeuta, psicoanalista, specializzanda in psicoanalisi dell’infanzia e dell’adolescenza presso l’Istituto Nazionale del Training - Società Psicoanalitica Italiana, Corso di Pefezionamento Bambini e Adolescenti.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i>Questo è un testo originale, interamente scritto e pensato da Elisabetta Papuzza per il sito del Centro di Psicoanalisi Romano; alcune sue parti sono sono state riprese e rielaborate dal libro di A. Pellai ed E. Papuzza, Cyber Generation, Franco Angeli (2019).</i></span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i><span style="line-height: 107%;"><br clear="all" /> </span></i></span></p> <p style="margin-bottom: 8pt; line-height: 107%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><i>&nbsp;</i></span></p> <p style="text-align: center;" align="center"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Bibliografia</strong></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">ALBERTO PELLAI, ELISABETTA.PAPUZZA, Cyber Generation, Franco Angeli (2019).</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BAUMAN ZYGMUT, Amori liquidi. Sulla fragilità dei legami affettivi, Editori Laterza, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BION WILFRED, Apprendere dall’esperienza, Armando, 1996.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">BIONDO DANIELE, Mondo digitale e dolore evolutivo, Rivista di Psicoanalisi 2017/1, Raffaello Cortina Editore, Società Psicoanalitica Italiana, 2017.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">CANTELMI TONINO, Tecnoliquidità. La psicologia ai tempi di Internet: la mente tecnoliquida, Edizioni San Paolo, 2013.</span></p> <p style="margin-top: 0cm; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">FLORIDI LUCIANO, La quarta rivoluzione. Come l'infosfera sta trasformando il mondo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">MANZI ANDREA, Psicoanalisi, identità e Internet, Franco Angeli, 2013.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">NERI CLAUDIO, Interazione contenitore-contenuto e contenimento fusionale<strong>, </strong>in Rivista di Psicoanalisi. XXXI, 3, 316:326</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">PAPUZZA ELISABETTA, Educazione e Nuovi media, Risorse Didattiche Guida per insegnanti, Save the Children, Mondadori Educational, 2010.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">PELLIZZARI GIUSEPPE, Psicoanalisi nell’era della posterizzazione, Rivista di Psicoanalisi 2017/4, Raffaello Cortina Editore, Società Psicoanalitica Italiana, 2017.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">RUGGERO IRENE, Adolescenti, rete e social network, Società Psicoanalitica Italiana, SPIWEB, 2012.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">TISSERON SERGE, 3-6-9-12. Diventare grandi all'epoca degli schermi digitali, Editore La Scuola, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">TONIONI FEDERICO, Quando internet diventa una droga, Einaudi 2011.TWENGE JEAN, Iperconnessi, Einaudi, 2016.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">WINNICOTT DONALD, Gioco e Realtà, Armando, 1974.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">WINNICOTT DONALD, Sviluppo Affettivo e ambiente, Armando, 1974.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Convegno “La psicoanalisi all’epoca della rete: identità, soggetto e cura tra illimitate connessioni e ritiri narcisistici”, Milano 14 aprile 2018, Centro Milanese di Psicoanalisi.</span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super;">[1]</span></a> Psicoanalisi, identità e Internet, (a cura di) Andrea Manzi, Prefazione di Antonino Ferro, Franco Angeli (2013).</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn2" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref2"><span style="vertical-align: super;">[2]</span></a> Baby Boomer (1950-1960), Generazione X (nati tra il 1960 -1980), Millennial (1980 – 1990), <strong>I (Internet) Gen (1995-2012)</strong>, da Iperconnessi, Jean Twenge, 2017.</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn3" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref3"><span style="vertical-align: super;">[3]</span></a> Il termine Internet Addiction Disease (IAD) è stato coniato da <a title="Ivan Goldberg (pagina inesistente)" href="http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ivan_Goldberg&amp;action=edit&amp;redlink=1"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">Ivan Goldberg</span></a>, M.D. nel <a title="1995" href="http://it.wikipedia.org/wiki/1995"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">1995</span></a> e <span style="background: white;">sta riscuotendo sempre più attenzione da parte della comunità scientifica, sebbene ancora non compaia a pieno titolo nel D</span>SM – V.</span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a title="" name="_ftn4" href="file:///C:/Users/Utente/Desktop/Articolo%20per%20sito%20CdPR%20-%20Bambini%20e%20adolescenti%20iperconnessi%20-%20ultima%20versione.docx#_ftnref4"><span style="vertical-align: super;">[4]</span></a> Il termine Internet Addiction Disease (IAD) è stato coniato da <a title="Ivan Goldberg (pagina inesistente)" href="http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Ivan_Goldberg&amp;action=edit&amp;redlink=1"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">Ivan Goldberg</span></a>, M.D. nel <a title="1995" href="http://it.wikipedia.org/wiki/1995"><span style="color: windowtext; text-decoration: none;">1995</span></a> e <span style="background: white;">ha riscosso una certa attenzione da parte della comunità scientifica, sebbene ancora non compaia a pieno titolo nel D</span>SM – V.</span></p> <p><strong><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;">Vedi anche</span></strong></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=1065:incontro-con-l-autore-elisabetta-papuzza-presenta-cyber-generation-sabato-24-aprile-2021-ore-17-00-19-00&amp;catid=168:attivita-scientifiche-esterne&amp;Itemid=215">Incontro con l'Autore, Elisabetta Papuzza presenta Cyber Generation. Sabato 24 aprile 2021 ore 17.00-19,00</a></span></p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=667:crescere-nel-tempo-di-internet-le-nuove-forme-comunicative-e-i-giochi-virtuali-cambiano-l-analisi&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">De Intinis G., Crescere nel tempo di Internet: le nuove forme comunicative e i giochi virtuali cambiano l’analisi? 2015</a><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=977:papuzza-e-bambini-e-adolescenti-iperconnessi-in-epoca-di-pandemia-2020&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169"></a></span></p> <p>&nbsp;</p> </div></div> Nardi M., Aspetti specifici della consultazione psicoanalitica con i genitori. Introduzione al tema [1]. 2014 2020-04-01T12:44:00+02:00 2020-04-01T12:44:00+02:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/651-aspetti-specifici-della-consultazione-psicoanalitica-con-i-genitori-introduzione-al-tema-1.html Nardi Massimo biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';">Massimo Nardi&nbsp;<span style="color: #0000ff;"></span></span></i></strong><span style="color: #800000;"><strong><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'TIMES NEW ROMAN', 'SERIF';"> <sup><span style="font-size: 11pt; line-height: 107%; font-family: 'Calibri', 'sans-serif'; text-decoration: none;">[</span></sup><strong><i><sup><span style="font-size: 11pt; line-height: 107%; font-family: 'Calibri', 'sans-serif';"><a title="" href="#FTN1"><span style="text-decoration: none; color: #800000;">2]</span></a></span></sup></i></strong></span></i></strong></span><i></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';"><a title="" href="#ftn1"><span style="color: #0000ff;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';"><span style="vertical-align: super;"></span></span></i></span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';">Intendo soffermarmi su alcune specificità riguardanti la consultazione psicoanalitica in età evolutiva, nello specifico quella con i genitori che chiedono aiuto per un figlio, il cui disagio è a volte avvertito direttamente dai genitori, altre volte viene loro riferito dalla scuola o da altri contesti. Propongo un canovaccio più che una metodologia fissa, buona per ogni occasione. Considero infatti la persona dell’analista quella che dovrà curvare e adattare le proprie conoscenze teoriche a una tecnica che terrà conto delle diversità e singolarità delle persone che incontra.&nbsp;</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;">&nbsp;</p> </div> <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';">Massimo Nardi&nbsp;<span style="color: #0000ff;"></span></span></i></strong><span style="color: #800000;"><strong><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'TIMES NEW ROMAN', 'SERIF';"> <sup><span style="font-size: 11pt; line-height: 107%; font-family: 'Calibri', 'sans-serif'; text-decoration: none;">[</span></sup><strong><i><sup><span style="font-size: 11pt; line-height: 107%; font-family: 'Calibri', 'sans-serif';"><a title="" href="#FTN1"><span style="text-decoration: none; color: #800000;">2]</span></a></span></sup></i></strong></span></i></strong></span><i></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';"><a title="" href="#ftn1"><span style="color: #0000ff;"><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';"><span style="vertical-align: super;"></span></span></i></span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', 'serif';">Intendo soffermarmi su alcune specificità riguardanti la consultazione psicoanalitica in età evolutiva, nello specifico quella con i genitori che chiedono aiuto per un figlio, il cui disagio è a volte avvertito direttamente dai genitori, altre volte viene loro riferito dalla scuola o da altri contesti. Propongo un canovaccio più che una metodologia fissa, buona per ogni occasione. Considero infatti la persona dell’analista quella che dovrà curvare e adattare le proprie conoscenze teoriche a una tecnica che terrà conto delle diversità e singolarità delle persone che incontra.&nbsp;</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;">&nbsp;</p> </div> Porzio Giusto L., Origini e percorsi delle famiglie omogenitoriali. 2019 2020-01-14T13:54:07+01:00 2020-01-14T13:54:07+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/868-origini-e-percorsi-delle-famiglie-omogenitoriali.html Porzio Giusto Laura biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il benessere dei bambini e delle loro famiglie è un tema serio e delicato.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Da alcuni anni le famiglie omogenitoriali sono al centro di un ampio dibattito “forse più conosciuto mediaticamente e ‘ideologicamente’ che scientificamente” (Speranza, 2013, p. 71). Per evitare opinionismi e avviare riflessioni scientificamente fondate, è invece alla ricerca empirica che dobbiamo prima di tutto rivolgere la nostra attenzione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il dibattito è oltremodo complesso in quanto si muove intersecando diversi piani: sociale, politico e giuridico. Non si può dunque affrontare e comprendere la realtà di queste famiglie senza tenere presente l’intreccio che ne deriva, fortemente influenzato dal contesto storico e geografico. Per questo motivo cercherò, nel mio discorso, di tenere insieme questa trama, con particolare riferimento al contesto italiano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lo studio delle famiglie omogenitoriali va intanto collocato nel più ampio panorama dello studio sulle “famiglie moderne”<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[1]</span></span></a>, ossia tutte quelle famiglie che si discostano da padre, madre e figli uniti tra loro da legami biologici. Pensiamo ai genitori separati, alle famiglie ricostituite, allargate, ai genitori single, ai figli adottati o ai genitori affidatari, ma anche a coppie eterosessuali che hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), gestazione per altri (GPA) e fecondazioni eterologhe.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Insomma, ci sono molti modi di venire al mondo e una varietà di percorsi e luoghi entro cui i legami familiari possono costruirsi e crescere.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per famiglie omogenitoriali intendiamo realtà anche molto diverse tra loro: figli concepiti in una precedente relazione eterosessuale, genitori gay single, nuclei pianificati (coppie di genitori omosessuali con figli concepiti all’interno di quel rapporto), co-genitorialità allargate.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Nonostante l’esistenza di diverse configurazioni di famiglia, “questa parola anziché evocare una costruzione relazionale di affetti e progetti, per molti coincide solo con l’immagine di un uomo e di una donna sposati, monogami, eterosessuali e possibilmente fertili” (Lingiardi, 2016, p.189).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se vogliamo poi comprendere la specificità delle&nbsp;<i>famiglie</i>&nbsp;omogenitoriali dobbiamo considerare la storia e l’attualità del peso dei pregiudizi che le&nbsp;<i>persone&nbsp;</i>omosessuali portano sulle loro spalle. Nonostante i consistenti cambiamenti intercorsi e in corso, è indubbio che gay e lesbiche debbano ancora fronteggiare, in grado diverso a seconda del contesto ambientale, atteggiamenti e comportamenti omofobi. Non stupisce (o forse si), dunque, che le famiglie omogenitoriali si trovino ora a vivere una sorta di ripetizione dello stigma, con tutti gli annessi e connessi (bisogno di dimostrare di essere sani, discriminazioni, mancanza o limitazione di diritti, ecc.), vissuto come individui e ora come famiglie. I risultati di una recentissima ricerca italiana (Ioverno et al., 2019) suggeriscono che lo stigma nei confronti delle famiglie omogenitoriali è in genere espressione di aspettative culturali sui ruoli di genere e sulla struttura familiare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Queste famiglie si trovano spesso nella necessità di contrastare da una parte la disconferma sociale eterosessita, ossia la tendenza del contesto a dare per scontata la famiglia tradizionale e dunque a comportarsi come se la loro non esistesse, e dall’altra la squalifica sociale omofobica, ossia lo sguardo dell’ambiente connotato da pregiudizi (Ferrari, 2014). Le famiglie omogenitoriali possono perciò facilmente sperimentare un senso di alienazione e di stress dovuto alla continua necessità di spiegare e giustificare la propria realtà familiare, non prevista dall’interlocutore. Questo avviene sia nelle relazioni con le istituzioni, sia nei rapporti personali. A questo va aggiunto un continuo stato di allerta e incertezza relativo alle possibili reazioni del contesto. Poiché infatti “il pregiudizio è certamente diffuso ma invisibile”, per chi teme di esserne vittima può essere “sempre probabile” ma “mai certo”. Questa incertezza può generare ambivalenza nei rapporti con gli altri, tesi in uno stato di sospensione tra desiderio di autenticità, ricerca di sostegno e diffidenza (Ferrari, 2016).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Che cosa significa per un individuo, e per una coppia, vedere prima il proprio desiderio di genitorialità e poi la propria famiglia, guardata con sospetto, de-legittimata, non riconosciuta, fino ad essere fortemente osteggiata ed offesa? Quali ripercussioni ha questo sguardo su bambini e adolescenti? Quali difficoltà, quali compiti aggiuntivi devono affrontare gay e lesbiche che vogliono diventare e che diventano genitori? Quali risorse possono attivare?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Queste sono solo alcune tra le molte domande che i clinici dovrebbero porsi se vogliono lavorare con queste persone e con queste famiglie.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><strong><span style="font-size: 12pt;">La ricerca: interrogativi ed esiti</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Gli studi sulle famiglie omogenitoriali si sono concentrati principalmente su tre filoni di ricerca:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">1. Le competenze genitoriali (I genitori omosessuali sono buoni genitori?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">2. Lo sviluppo psicologico dei figli di genitori omosessuali (I bambini/ragazzi stanno bene?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">3. Il funzionamento familiare (Le famiglie omogenitoriali funzionano bene? Il loro funzionamento presenta delle specificità?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Una vasta mole di ricerche internazionali e nazionali (più di 1600 studi svolti negli ultimi 40 anni) ha concluso che l’orientamento (omo)sessuale non influisce sulle capacità genitoriali e che lo sviluppo psicologico, emotivo e sociale dei bambini e degli adolescenti cresciuti in famiglie omogenitoriali è del tutto paragonabile a quello dei loro pari, cresciuti in famiglie eterosessuali</span><a title="" name="_ftnref2" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn2"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[2]</span></span></span></a><span style="font-size: 12pt;">.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La ricerca ha mostrato inoltre che esse funzionano bene, con alcune specificità che riporterò in seguito.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La maggior parte degli studi ha preso in esame famiglie composte da madri lesbiche e dai loro figli, in particolare nuclei pianificati, mentre meno numerosi, ma in aumento, sono gli studi sui padri gay. Per esempio, da una ricerca (Carone et al. 2019) emerge che bambini cresciuti da padri gay hanno livelli di attaccamento sicuro pari a bambini cresciuti da madri lesbiche e da genitori eterosessuali.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Lesbian and gay parenting (Patterson, 2005) riporta una sintesi dei risultati della ricerca su madri lesbiche, padri gay e i loro figli, con una bibliografia di circa 150 pubblicazioni scientifiche sull’omogenitorialità. Nelle conclusioni si legge:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“[…] ad oggi le prove suggeriscono che gli ambienti domestici forniti da genitori omosessuali hanno la stessa probabilità di quelli forniti da genitori eterosessuali di supportare e realizzare lo sviluppo psicosociale dei figli” (p.17)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Dal 2005 ad oggi numerosi altri studi hanno replicato i risultati scientifici ottenuti, sia in ambito internazionale (per una rassegna si veda ad esempio Perrin, Siegel e Commitee), che nazionale (vedi ad es. Baiocco et al. 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Esistono poi alcuni studi longitudinali, il più importante dei quali è il NLLFS (National Longitudinal Lesbian Family Study) che ha esaminato il benessere psicologico di figli, dall’infanzia all’età adulta, concepiti attraverso l’inseminazione artificiale eterologa da madri lesbiche, non rilevando differenze significative rispetto ai figli cresciuti in coppie etero. Dallo studio emergono inoltre alcuni fattori protettivi che hanno aiutato gli adolescenti a fronteggiare meglio gli episodi di omofobia: il miglior atteggiamento culturale verso le famiglie omogenitoriali e il supporto dei coetanei e degli insegnanti (Gartrell, Bos, 2010; 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">I risultati delle ricerche hanno spinto le maggiori associazioni nazionali e internazionali di medici e psicologi ad esprimersi con chiarezza sul tema. Solo per fare alcuni esempi, già nel 2005, l’American Academy of Pediatrics:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“[…] Questi dati dimostrano che un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Inoltre, i diritti, i benefici e i fattori protettivi che derivano dall’unione civile possono dare ulteriore stabilità a queste famiglie.”</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">E nel 2012 l’American Psychoanalytic Association:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“è nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale.”</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Posizioni analoghe sono state sostenute da molte altre associazioni di professionisti della salute mentale tra cui l’American Psychiatric Association (2013), la British Psychological Society (2012), l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatriy (2013).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Anche in Italia il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (2014) e l’Associazione italiana di psicologia (2011) hanno richiamato l’attenzione sugli esiti della ricerca sull’omogenitorialità, invitando i responsabili delle istituzioni a tenerne conto e a garantire la tutela dei diritti di queste famiglie al pari di quelle etero, senza discriminazioni né condizionamenti ideologici.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Le ricerche mostrano dunque che il benessere dei bambini non è influenzato dalle configurazioni familiari, legate all’orientamento sessuale o al genere dei genitori, bensì dalla qualità delle relazioni. Genitori omosessuali possono essere buoni (Lalli, 2009) o cattivi genitori quanto quelli eterosessuali. A fare la differenza sarebbero le capacità di esercitare quelle funzioni (genitoriali) in grado di promuovere una crescita sana dei propri figli, tra cui: prendersi cura, essere responsivi, fornire sicurezza e protezione, negoziare i conflitti, insegnare il senso del limite, entrare in risonanza/sintonizzazione affettiva, garantire processi di regolazione emotiva, provvedere al raggiungimento delle tappe evolutive, svolgere funzioni significanti.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La genitorialità sarebbe innanzitutto da intendersi come “dimensione interna simbolica” (Bastianoni et al. 2015, p.108), che trova le sue origini e i suoi sviluppi in configurazioni relazionali interne e nella possibilità di tradurre il proprio mondo affettivo in sentimenti e comportamenti di cura, co-costruendo pattern interattivo-relazionali. “La genitorialità simbolica è quella situazione nella quale i genitori si prendono carico della crescita psicologica del figlio investendolo di contenuti simbolici che qualificano quella filiazione specifica, e colloca il bambino all’interno di una rete di relazioni emotive […]”. Questo concetto investe sia le famiglie tradizionali che non tradizionali (omogenitoriali, ricostituite, monoparentali, che hanno fatto ricorso a PMA, ecc) (Nicolò, 2005, p. 51).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Sgombrato il campo dal presunto pericolo della genitorialità omosessuale, dimostrato che “i ragazzi stanno bene”</span><a title="" name="_ftnref3" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn3"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[3]</span></span></span></a><span style="font-size: 12pt;">, ricercatori e studiosi si sono via via posti altri interrogativi, approfondendo dinamiche e funzionamenti interni alle famiglie, quali ad esempio, lo stile genitoriale, la divisione dei compiti e dei ruoli all’interno della coppia, la scelta del genitore biologico, le vicissitudini della fecondazione eterologa, i motivi che sottendono la scelta di diversi tipi di donatore (aperto o chiuso), l’influenza che queste scelte hanno sui figli.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Dopo aver mostrato che l’esercizio delle funzioni genitoriali non dipende dalla presenza di una madre e di un padre, la ricerca infatti potrebbe giovarsi di un approccio qualitativo-narrativo (da affiancare a quello quantitativo) in grado di approfondire le complessità delle diverse configurazioni genitoriali (Lingiardi, Carone, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Mi limito a riportare alcuni di questi dati.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Diverse ricerche hanno mostrato una maggiore competenza delle coppie omosessuali rispetto a quelle etero e un livello più elevato di benessere psicologico nei figli arcobaleno rispetto ai figli cresciuti in famiglie tradizionali. Le ragioni di queste differenze possono rintracciarsi in alcuni elementi specifici del funzionamento di queste famiglie, tra cui: madri e padri omosessuali fanno meno uso di punizioni fisiche, privilegiando, per mantenere la disciplina, l’uso del linguaggio e del ragionamento; i genitori non biologici delle coppie omo sembrano maggiormente consapevoli del proprio ruolo genitoriale e più coinvolti nella cura dei figli rispetto ai padri eterosessuali (Tasker, 2010; Saramozza, 2009); la genitorialità omosessuale è sempre una genitorialità desiderata, il più delle volte frutto di&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">lunghi percorsi (interni ed esterni) in cui la coppia condivide ed elabora pensieri, paure, desideri e sentimenti inerenti la genitorialità, le tappe necessarie alla sua realizzazione e i progetti educativi che ne potranno discendere; le coppie lesbiche manifestano un livello di sincronicità molto alto nell’esercizio delle funzioni genitoriali (Bottino, Danna, 2005), una divisione più egualitaria e un impegno maggiore nella cura dei figli, e godono di un maggiore supporto da parte delle proprie partners (Golombok, Badger, 2010; Bos van Balen, 2010).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Inoltre, i figli di genitori gay sembrano esprimere livelli minori di aggressività (Vanfraussen et al. 2003) e sembrano meno sottoposti alla pressione della conformità di genere, mostrandosi più aperti e tolleranti verso comportamenti e attività tipici del genere opposto (Goldberg et al. 2012).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Questi risultati ci possono aiutare a riflettere sui diversi funzionamenti familiari che coppie genitoriali (omo o etero) possono co-creare e sulle influenze che tali funzionamenti possono avere sulla crescita dei figli.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Per esempio, la maggiore flessibilità di genere invece che allarmare può essere considerata una risorsa in quanto può contribuire e/o riflettere una maggiore flessibilità cognitiva, che a sua volta può portare a migliori risultati, per esempio in ambito scolastico o lavorativo. Per questo, invece che fermarci al risultato delle ricerche secondo cui i figli di genitori omosessuali hanno comportamenti di genere meno stereotipati, sarebbe interessante esplorare in che modo e perché questo avviene, ampliando i nostri modelli sullo sviluppo del genere, e traendo delle indicazioni per quei genitori (omo o etero) che ritengono auspicabile una tale flessibilità per i loro figli (Goldberg, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La scelta del genitore biologico può essere compiuta sulla base di diversi desideri e sentimenti che possono animare i due aspiranti genitori (per esempio in una coppia lesbica, una donna potrebbe desiderare molto portare avanti la gravidanza e l’altra no), oppure i criteri possono essere età e stato di salute (per es., la scelta può ricadere sul/la partner meno giovane per dare a entrambi/e la possibilità di una genitorialità biologica nel progetto di un secondo figlio oppure la scelta può ricadere sul/la partner più fertile per accrescere le possibilità di riuscita).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">In merito alla scelta del donatore, sembra che il fatto che questo sia aperto (contattabile dal/la ragazzo/a all’età di 16 o 18 anni a seconda della legislazione vigente) o chiuso (non contattabile) non faccia differenza per l’adattamento psicologico degli adolescenti (Bos, Gartrell, 2011). Interessanti sono alcuni dati che emergono dalla ricerca sulle differenze, nelle madri lesbiche, tra pensieri, sentimenti e immagini relativi al donatore, che portano a fare scelte diverse. La scelta di un donatore aperto sembrerebbe corrispondere maggiormente all’idea di questo come persona (“un signore gentile”), accompagnata da sentimenti di gratitudine e curiosità relativa alle somiglianze fisiche con il proprio figlio, mentre la scelta del donatore chiuso sembrerebbe associarsi maggiormente a fantasie del donatore come entità o come processo medico, attribuendo ad esso un ruolo di minore importanza (Lingiardi et al., 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Infine, la ricerca ha individuato una variabile capace di influire negativamente sul benessere di questi bambini e delle loro famiglie: essa è l’impatto degli atteggiamenti omofobici (Bos et al. 2008; Bos, van Balen 2008; Gartrell et al. 2005). Nonostante questa difficoltà, i figli di coppie omogenitoriali mostrano buone capacità di adattamento, con problemi esternalizzanti inferiori rispetto alla norma (Gartrell, Bos, 2010). Fattori protettivi che possono concorrere a spiegare le qualità resilienti di questi bambini sono un ambiente familiare amorevole e protettivo, una buona comunicazione tra genitori e figli, con scambi adeguati in base all’età, e l’apertura dei genitori rispetto al proprio orientamento sessuale (ibidem).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Se dunque, dati alla mano, pregiudizi e discriminazioni sembrano essere gli unici elementi capaci di influire negativamente sul benessere di questi bambini, risulta evidente che, coloro i quali, invocando “il bene e l’interesse del bambino” alimentano un clima di pregiudizio e rifiuto nei confronti di queste famiglie, portando avanti politiche discriminatorie, fanno esattamente ciò che dicono di voler evitare.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><strong><span style="font-size: 12pt;">La situazione italiana: le famiglie arcobaleno non esistono</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Nel 2016 la legge Cirinnà sulle unioni civili viene approvata a patto di stralciare l’articolo 5 sulla stepchild adoption che, pur essendo un riconoscimento della filiazione al ribasso, avrebbe costituito una forma di protezione e garanzia per le famiglie omogenitoriali<a title="" name="_ftnref4" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[4]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">A nulla è valsa la scesa in campo dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che invia a tutti i Senatori un dossier molto accurato con i risultati degli studi, nazionali e internazionali, condotti sul tema, dal 1978 al 2015<a title="" name="_ftnref5" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[5]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Confesso che, al netto delle dinamiche politiche in gioco, l’aver ignorato il dossier degli psicologi mi ha molto colpito. Qual è il senso di questa ignoranza (nel suo doppio significato di non conoscere e/o di non considerare) che non è solo politica, ma è sociale e, talvolta, riscontrabile anche nel mondo scientifico? Qualche anno fa partecipai ad un convegno su questi temi e un relatore (!) nel corso del dibattito con la sala, in risposta a dubbi sollevati sulla genitorialità omosessuale, candidamente disse: “la questione si dirimerà quando sapremo come crescono questi bambini”. In quanto professionisti della salute mentale, possiamo permetterci di ignorare le ricerche?</span><a title="" name="_ftnref6" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn6"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[6]</span></span></span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Secondo Ferro i dubbi sulle capacità genitoriali delle coppie gay sarebbero da rintracciarsi in “un&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">motivo squisitamente umano. Perché siamo conservatori, vogliamo stare in poltrone comode, in cose che già sappiamo, e ogni cambiamento è visto, sempre, come una cosa terribile”.<a title="" name="_ftnref7" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn7"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[7]</span></span></a>&nbsp;Ribadisce poi ciò che già nel 2013 aveva detto nel corso di un’altra intervista<a title="" name="_ftnref8" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[8]</span></span></a>, ossia che ciò che conta sono le capacità genitoriali di svolgere quelle funzioni (materne e paterne) necessarie per uno sviluppo armonico della personalità, funzioni che prescindono sia dal sesso biologico del genitore, sia dal suo orientamento sessuale.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Dunque, in Italia, la genitorialità omosessuale non è riconosciuta.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Sappiamo che riconoscere significa vedere, attribuire valore, convalidare l’esistenza, legittimare. Non riconoscere, va da sé, significa relegare nell’invisibilità, negare l’esistenza, de-legittimare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Come è possibile ignorare che la mancanza di un riconoscimento giuridico, oltre a fondamentali ripercussioni sulla vita quotidiana e non, di genitori e figli (dalla possibilità di andare a prendere il proprio figlio a scuola senza deleghe al diritto di prendere decisioni sanitarie alla tutela giuridica del minore in caso di morte del genitore biologico), concretizza la negazione dell’esistenza di progetti, affetti e legami?&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">È chiaro poi che la mancanza di riconoscimento giuridico rafforza la legittimazione di atteggiamenti omofobi con inevitabili ripercussioni sui vissuti interni delle persone gay e lesbiche (Lingiardi, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Come pensa di comportarsi nei confronti delle famiglie Arcobaleno?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Perché? Esistono le famiglie Arcobaleno?”</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Sì, esistono e sono tante in Italia”</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Ma per la legge non esistono in questo momento” (Corriere della Sera, 2 giugno 2018)</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Così il ministro della famiglia (singolare!) e delle disabilità, Lorenzo Fontana, in un’intervista destinata a diventare tristemente nota.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Eppure, Fontana, esprime ed incarna uno degli aspetti maggiormente significativi del riverbero tra ambiente, vissuti interni e condizioni esterne entro cui queste famiglie si trovano a vivere e a muoversi.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">L’inesistenza si connota infatti come un filo rosso che intesse, all’origine, le loro vite. A ben vedere, inizia ancor prima della nascita di un figlio. Il desiderio e il progetto di omogenitorialità, per lo Stato italiano, non è infatti pensabile e dunque questi aspiranti genitori sono esclusi dalla legge che ne consentirebbe la realizzazione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Quale lavoro interno devono affrontare, queste coppie, per far fronte a un vuoto (normativo e simbolico) che rischia di (ri)gettare il loro desiderio nella non esistenza? Quali sentimenti accompagnano questi percorsi verso la genitorialità, il più delle volte già resi difficili e faticosi per il ricorso alle PMA e i viaggi all’estero? E cosa accade dopo, alla nascita di un figlio che lo Stato, negando l’esistenza del genitore non biologico, fa sì che quel bambino sia un semi-orfano? Quali adattamenti interni ed esterni adottano, genitori e figli, per fronteggiare una tale situazione?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Intanto laddove la politica non arriva, alcuni sindaci hanno avvertito l’urgenza di intervenire per colmare questo vuoto.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Nell’aprile 2018 la sindaca di Torino, Chiara Appendino, compie un gesto destinato a passare alla storia: riconosce una coppia di donne come entrambe madri della loro figlia appena nata. Si tratta di un riconoscimento anagrafico alla nascita. Questa è la novità rispetto ad alcune sentenze di Tribunale già avvenute<a title="" name="_ftnref9" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn9"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[9]</span></span></a>, che hanno dato esito positivo alla domanda di stepchild adoption.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Dopo Torino diversi comuni seguono l’esempio di Appendino, dando luogo a quella che viene definita “la primavera arcobaleno”: Milano, Bologna, Napoli, Palermo, Firenze, solo per citare alcune tra le maggiori città.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-family: 'times new roman', times;">Attualmente, quindi, mentre alcune famiglie godono di diritti e doveri che derivano dal riconoscimento di entrambi i genitori, le altre rimangono nel territorio dell’inesistenza, determinando, tra l’altro, una disparità all’interno della stessa comunità discriminata. Anche le prime tuttavia non possono stare del tutto tranquille: restano infatti in uno stato di incertezza, vivendo nel timore che i diritti acquisiti, in assenza di una legge, possano venire meno.</span><i></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Origini e appartenenza</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Va subito detto che il dibattito mediatico (e talvolta anche quello scientifico) ha spesso associato, generando confusione, PMA, fecondazioni eterologhe e gestazione per altri (GPA) all’omogenitorialità. Se è vero che le coppie omosessuali per diventare genitori devono necessariamente ricorrere a queste tecniche, esse non costituiscono uno specifico delle famiglie omogenitoriali. Al contrario, da Louise Brown in poi (prima bambina nata con la fivet nel 1978) le PMA sono nate per aiutare le coppie eterosessuali infertili e tuttora sono queste coppie a farne il maggior utilizzo. Le coppie same sex, al pari di qualsiasi altra coppia infertile, hanno semplicemente utilizzato ciò che già esisteva.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se è ormai diffusamente accettata la sessualità senza procreazione, non si può dire altrettanto dell’idea di una procreazione senza sessualità. Questa disgiunzione oltre ad animare il dibattito sociale, solleva, talvolta, anche in ambiente psicoanalitico, alcune perplessità:&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">e la scena primaria? E il ruolo dei corpi (assenti)? Interrogativi che ci costringono ad una riflessione sulla presenza e sulle funzioni delle persone coinvolte, nonché sulle diverse modalità attraverso cui corpi e desideri possono intrecciarsi per concepire.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La scena primaria lungi dal poter essere intesa come (soltanto e concretamente) un rapporto sessuale che genera una nuova vita, rappresenta piuttosto, in un registro simbolico, il mistero delle origini, la storia del (di quel particolare) concepimento.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">I corpi (sessuati) di coloro che si avvalgono delle PMA continuano ad esistere e ad incontrarsi. La differenza sta nel fatto che, in quella coppia (che sia omo o etero), la possibilità di concepire&nbsp;<i>non</i>&nbsp;coincide con il momento del rapporto sessuale. Ha importanza questo? Se sì, quale?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Anche la geometria delle identificazioni non può solo coincidere con “la possibilità di identificazioni con specifici corpi sessuati, ma “ciò che struttura il complesso edipico è la possibilità di trovare il&nbsp;<i>proprio posto</i>&nbsp;all’interno della scena familiare” (Lingiardi &amp; Carone, 2016, p. 68). Ri-pensare in questi termini ci consente di passare dal “complesso alla complessità di Edipo” (ibidem) o da un complesso edipico a un complesso familiare in cui il classico triangolo si allunga fino a diventare un cerchio che comprende tutti coloro che hanno preso parte al concepimento (Ehrensaft, 2016), dove non saranno genetica e status legale a stabilire la qualità dei legami affettivi e il posto di ciascuno all’interno del quadro familiare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Credo che il nostro compito non sia quello di far entrare la realtà in teorie o costrutti (psicoanalitici e non) pre-esistenti, ma al contrario di guardare e ascoltare la realtà, utilizzando lenti che ci consentano di comprenderla.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per fare questo occorre creare uno spazio di pensiero che, se non intralciato e precipitato in</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">&nbsp;“categorie e concetti precedentemente elaborati [e sovrapposti] al nuovo, per controllarlo e ricondurlo all’interno del proprio ordine […], può essere offerto da un ascolto analitico profondo che “ci chiama a una problematizzazione del nostro sapere per poter svolgere ancora la funzione di «oggetti trasformativi» (Bollas, 1987) rispetto alle domande dei nostri pazienti” (Marion, 2017 p. 113).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sviluppare una narrazione in merito alle proprie origini significa inserire la propria storia in una storia. Tra le funzioni genitoriali acquista dunque rilevanza&nbsp;<em>“favorire una funzione trans-generazionale, ossia garantire all’altro l’immissione dentro una storia relazionale, una narrazione (miti e racconti familiari) come contenitore simbolico di un continuum generazionale (nel caso di figli generati) o inclusivamente simbolico” (Bastianoni et al. 2015, p. 108).</em></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Che differenza c’è tra&nbsp;<i>generatività</i>&nbsp;e&nbsp;<i>genitorialità</i>? E che cosa intendiamo per&nbsp;<i>generatività</i>? È l’incontro dei gameti della coppia durante un rapporto sessuale o l’incontro di due persone che costruiscono un legame al cui interno&nbsp;<i>generano</i>&nbsp;il&nbsp;<i>desiderio</i>&nbsp;e la&nbsp;<i>scelta</i>&nbsp;di mettere al mondo una vita di cui assumersi la&nbsp;<i>responsabilità</i>&nbsp;della cura? Talvolta la seconda ipotesi contempla la prima, talvolta no.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Provenienza e appartenenza sono aspetti della storia di un individuo che non sempre coincidono. “La prima corrisponde all’esplicita conoscenza della propria genealogia, la seconda alla continuità dell’esperienza di essere qualcuno per altri e di sentirsi parte di una rete di affetti che intreccia passato e futuro” (Lingiardi &amp; Carone, 2019, p.233).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">È chiaro che desiderio, scelta e responsabilità sono elementi fondamentali ma non sufficienti a procreare. Per fare questo sono necessari corpi e biologia. Ecco che, nel caso di coppie omo (e in molti casi di coppie etero) venire alla vita è possibile solo grazie all’intervento di terzi (donatori, donatrici, donne portatrici): il “birth other” (Ehrensaft, 2005). È dunque essenziale tenere conto di questi attori esterni alla coppia che, in quanto parte del processo procreativo, diventano elementi narrativi della storia delle origini di quella particolare famiglia.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Fondamentale risulta l’assetto interno dei genitori. Si possono riscontrare infatti situazioni di dissociazione nei casi in cui i genitori ricorsi a PMA tendono a mantenere il segreto sulle origini del concepimento rivelando così, in quel silenzio, meccanismi difensivi da sentimenti di vergogna e paure rispetto a possibili reazioni del figlio o dei parenti (Marion, 2017). Un nucleo dunque non integrato foriero di trasmissioni di “non detti”, questi sì, potenzialmente dannosi per uno sviluppo sano della personalità e della qualità delle relazioni familiari. È noto infatti che i segreti possono dare origine a problemi psicologici (Papp, 1993; Lane, Wegner, 1995; Wegner, Laner, 2002).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ciascuna configurazione familiare ha il compito di ricostruire le proprie origini. Quanto più queste sono non conosciute, negate, non dicibili, “rese non narrabili” tanto più diventano traumatiche e impossibili da elaborare (Lingiardi &amp; Carone, 2016; 2019). Edipo, storia di abbandono e adozione, non ha mai dubitato della propria appartenenza ai genitori di Corinto, ma è la bugia sui suoi genitori tebani a non permettergli di entrare in contatto con le proprie origini. È infatti la mancanza di conoscenza, il vuoto di comunicazione che non consente agli elementi fantasmatici di trovare contenimento ed elaborazione (ibidem).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Diversi studi che hanno indagato gli effetti del segreto in merito al concepimento con donazione hanno mostrato che questo interferisce nella comunicazione tra genitori e figli (Clamar, 1989; Turner, Coyle, 2000), che il mantenimento del segreto può essere segnale di un cattivo funzionamento familiare (Berger, Paul, 2008; Paul, Berger 2007) e che adolescenti cresciuti sapendo di essere stati concepiti tramite donazione riferiscono di sentirsi sereni al riguardo e di non aver avuto ripercussioni negative nel rapporto con i loro genitori (Scheib et al. 2005).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il tema della verità in merito al proprio concepimento è fondamentale nella pratica spesso ribadita nella comunità omogenitoriale. “Crescere i figli nella verità delle loro origini” (Ferrari, 2016, p.115) si esplica attraverso racconti calibrati in base alle età e alle domande dei bambini. Se è vero che per le coppie omo, rispetto a quello etero ricorse a PMA, in qualche modo si impone la necessità di spiegare ai propri figli come sono nati, non è questo il solo motivo, né il più importante, che spinge questi genitori a “narrare”. Il pensiero diffuso è infatti che il racconto della verità sia foriero di una buona crescita, di buoni legami tra genitori e figli, e che esso costituisca anche un “diritto” del figlio. La verità è dunque raccontata anche nel caso di coppie di lesbiche che hanno fatto ricorso a ovodonazione, oltre che alla donazione di seme.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Donazioni di gameti, interventi medici, donne che portano avanti la gravidanza per altri, suscitano non di rado critiche, fino ad arrivare talvolta a vere e proprie ostilità. Sono comuni commenti che si esprimono in termini di compravendita di gameti, scelta di questi come se si fosse in un supermercato, “utero in affitto”. Espressioni oltremodo svilenti e che non intercettano la realtà. È interessante notare infatti che al termine&nbsp;<i>donazioni&nbsp;</i>si contrappongono parole che richiamano una&nbsp;<i>mercificazione commerciale</i>&nbsp;di basso livello.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“I limiti del linguaggio sono i limiti del mio mondo” diceva Wittgenstein. Le parole, infatti, contano: esse veicolano e creano significati. Per questo credo sia molto importante porre attenzione all’uso che ne facciamo, interrogandoci sui significati e sul tipo di sguardo che esse possono portare all’interno di una relazione (anche terapeutica). Mi chiedo inoltre quali siano le ragioni profonde che sottendono una logica mortificante del desiderio quando si tratta di dare alla vita, logica invece assai diversa quando le premesse richiamano una situazione da riparare o salvare (pensiamo alle adozioni o in ambito medico a donazioni o interventi curativi o salva vita).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Uno sguardo diverso vedrebbe nella scelta di donare (e di ricevere) possibilità altrimenti non realizzabili. Potremmo forse chiamarle co-costruzioni che richiedono l’intervento di più attori dove scienza, desideri, legami, affetti, scelte e responsabilità si amalgamano in un progetto di vita.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Un breve cenno va fatto all</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">a gestazione per altri (GPA), detta anche gestazione di sostegno, che non intendo qui approfondire poiché la complessità degli elementi in gioco richiederebbe uno spazio a parte<a title="" name="_ftnref10" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn10"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[10]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La GPA continua a essere utilizzata, nel dibattito corrente, per osteggiare, nella migliore delle ipotesi, le famiglie di padri gay (nonostante, come per le altre tecniche di PMA, a farne il maggior ricorso siano le coppie etero), spesso vittime di un doppio pregiudizio: essere gay ed essere uomini.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ne è un chiaro esempio la comparsa a Roma, meno di un anno fa, di alcuni manifesti (ad opera delle Associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia) che ritraggono due uomini, denominati genitore 1 e genitore 2, che spingono un carrello della spesa al cui interno vi è un bambino che piange disperato e sul cui petto è in evidenza un codice a barre. Accanto all’immagine campeggia: “Due uomini non fanno una madre. Stoputeroinaffitto”. Ecco che il ricorso a termini commerciali è qui espressamente concretizzato in parole ed immagini che fin troppo chiaramente esprimono il pensiero di chi le ha concepite. Lascio la parola ad alcuni figli arcobaleno i quali, intervistati da L’Espresso<a title="" name="_ftnref11" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn11"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[11]</span></span></a>, hanno commentato questi manifesti, che il comune di Roma ha poi provveduto a rimuovere.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Questo manifesto è agghiacciante. […] Niente di tutto questo ha riscontro con la vita vera. Con la mia.</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">&nbsp;Io anche ero così. Quando mi sbucciavo un ginocchio però, non certo perché ho due mamme che mi amano. Conosco le famiglie arcobaleno, se penso ai bambini durante le nostre cene e li confronto con quello di questo del manifesto mi viene quasi da ridere”. (Joshua, 17 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Questa immagine non ha senso. Vogliono parlare a nome nostro, pretendono di rappresentare qualcuno senza averlo mai ascoltato” (Lisa Marie, 16 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Mi ha colpito questa frase ‘Due uomini non fanno una madre’. È vero ma non è una cosa brutta. Ho due papà ma non ho mai avuto nessun problema e sono felice così. Come se dicessero che sono cresciuta male e infelice. Ma questi politici che dicono tutte queste cose, qualcuno di loro ci ha mai chiesto qualcosa? Mai. E poi dietro questa immagine non dovremmo neanche perderci tempo perché è insensata come quel politico che dice che noi non esistiamo, non ha senso. Forse dicono questo perché sono di epoche più vecchie, i miei amici quando saranno adulti non diranno mai una cosa del genere. Ma del resto non sono i figli che devono crescere, ma i genitori” (Lia, 12 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sono colpita dalle loro parole, in particolare quando lamentano che altri “pretendono di rappresentare qualcuno senza averlo mai ascoltato”. Con una semplicità disarmante questi ragazzi e queste ragazze ci pongono di fronte ad un pilastro della nostra professione: un ascolto libero da a-priori del nostro interlocutore e della realtà in cui vive/viviamo, poiché “la realtà va sempre ascoltata e conosciuta – negarla significa solo farla proliferare nell’oscurità” (Lingiardi, 2016, p. 185).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Le parole di questi/e adolescenti fanno da eco a quelle di Danielle, una delle donne portatrici intervistate dalla giornalista Serena Marchi nel suo bel libro “Mio tuo suo loro - donne che partoriscono per altri”<a title="" name="_ftnref12" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn12"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[12]</span></span></a>:</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Le chiedo cosa pensa delle polemiche in corso in Italia. Si mette a ridere. ‘È divertente leggere e sentire cosa sei, cosa senti e perché lo fai senza essere mai stata interpellata. Ho letto che siamo tutte analfabete, povere, obbligate, che abbiamo bisogno di soldi. Per me è pazzesco. Io ho studiato, non sono povera, ho un lavoro a tempo pieno che mi permette di mantenermi egregiamente. La verità è che nessuno può dirmi cosa posso o non posso fare e io&nbsp;<i>scelgo</i>&nbsp;(corsivo mio), consapevolmente, per me stessa. Forse proprio questo infastidisce. Se non avessi voluto farlo, non lo avrei fatto. È un viaggio fantastico e non c’è niente di più bello di aiutare qualcuno ad avere una famiglia’” (p.130).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Una rassegna sistematica della letteratura scientifica (Soderstrom-Antttila et al., 2016), conclude che non sono state riscontrate differenze, nè per quanto concerne problemi medici né in merito allo stato psicologico, tra bambini nati da gestazione per altri, bambini nati attraverso altre tecniche di PMA o bambini concepiti naturalmente. Stessi risultati (ossia nessuna differenza significativa) sono stati riscontrati tra madri intenzionali (di bambini nati con GPA), madri che hanno concepito con PMA e madri che hanno concepito naturalmente. Infine, la ricerca ha mostrato che le donne portatrici godono di una buona salute psicofisica. Sono risultati che ovviamente necessitano di essere replicati e che quindi incoraggiano a coltivare la ricerca piuttosto che presagire scenari apocalittici o appiattire le diverse realtà senza considerarne specificità e complessità.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Conclusioni</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per comprendere i cambiamenti che queste diverse configurazioni familiari ci pongono innanzi occorre mettere in moto un cambiamento al nostro interno.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ciò significa avviare una riflessione profonda (personale, teorica, istituzionale), muovendoci dalle nostre “comode poltrone” e interrogando le nostre lenti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Non è possibile infatti leggere il nuovo con il vecchio, senza apporre nessun adattamento, o senza fare lo sforzo di conoscere (versus ignorare) ciò che può risultarci non familiare. Con Ehrensaft (2016, p. 129) potremmo dire che “quando abbiamo a che fare con i modi in cui può formarsi una famiglia e si sviluppano i bambini, quello che credevamo fosse una roccia basilare ora diventa un masso che rotola”.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">È nota la “storia complessa e dolorosa” del rapporto tra omosessualità e psicoanalisi (Lingiardi, Luci, 2006, p.2). Oggi abbiamo la&nbsp;<i>responsabilità</i>, per non ripetere il passato, di fare ciò che la stessa psicoanalisi ci ha insegnato sin dai suoi arbori: avere il coraggio e l’onestà di mettere in discussione le nostre asserzioni ed esplorare nuovi territori con l’ascolto libero del clinico e lo spirito rigoroso del ricercatore.</span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[1]</span></span></a>&nbsp;Golombok S. (2015), Famiglie moderne. Barone L., Lingiardi V. (a cura di) Edra, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn2" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref2"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[2]</span></span></a>&nbsp;Un sito della Columbia Law School raccoglie tutte le ricerche sull’omogenitorialità:&nbsp;<a href="http://whatweknow.law.columbia.edi/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-abaut-the-wellbeing-of-children-with-gay-or-lesbian-parents/.">http://whatweknow.law.columbia.edi/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-abaut-the-wellbeing-of-children-with-gay-or-lesbian-parents/.</a></p> <p><a title="" name="_ftn3" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref3"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[3]</span></span></a>&nbsp;Film del 2010 di&nbsp;<span class="st"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">Lisa Cholodenko su</span>&nbsp;una famiglia composta da una coppia di madri lesbiche e i loro figli, alle prese con alcune vicissitudini legate alla conoscenza del donatore di seme.</span></p> <p><a title="" name="_ftn4" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[4]</span></span></a>&nbsp;<span style="font-size: 11pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Stepchild adoption significa letteralmente adozione del “figlioccio”. Essa consente l’adozione del figlio biologico del proprio partner. Pur essendo una forma di garanzia e protezione, facente parte delle adozioni speciali, si rivela uno strumento insufficiente e discriminatorio. Innanzitutto, perché costringe il genitore non biologico ad adottare quello che è già suo figlio e poi perché essa tutela il legame tra adottante e adottato ma non, come avviene invece per le adozioni legittime (anche esse non consentite alle coppie gay), tra figlio e tutta la parentela del genitore che adotta. Va aggiunto che nel 2014 avviene un’importante modifica della legge 40 grazie alla quale le coppie eterosessuali possono accedere in Italia alla fecondazione eterologa. Viene così a cadere la concezione della filiazione basata esclusivamente sulla genetica: le coppie eterosessuali che accedono all’eterologa&nbsp;<i>riconoscono&nbsp;</i>allo stato civile i propri figli alla nascita, a prescindere che abbiano o meno un legame biologico con loro (La Delfa, 2016). Ma tutto questo resta vietato alle coppie omosessuali, tuttora costrette a una “migrazione procreativa”</span></p> <p><a title="" name="_ftn5" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[5]</span></span></a>&nbsp;Reperibile online all’indirizzo:&nbsp;<a href="https://irp-cdn.multiscreensite.com/c636ddc7/docs/1.2704213.pdf">https://irp-cdn.multiscreensite.com/c636ddc7/docs/1.2704213.pdf</a></p> <p><a title="" name="_ftn6" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref6"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[6]</span></span></a>&nbsp;Vedi “Conoscere le ricerche sull’omogenitorialità” In Lingiardi, Nardelli (2013), Etica competenza buone prassi, pp.286-289. Cortina, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn7" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref7"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[7]</span></span></a>&nbsp;L’Espresso, 9 febbraio 2016.</p> <p><a title="" name="_ftn8" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[8]</span></span></a>&nbsp;Ferro A., Nel presepe moderno anche le coppie gay. In&nbsp;<i>Corriere della Sera</i>, 6 gennaio 2013, p. 6.</p> <p><a title="" name="_ftn9" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref9"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[9]</span></span></a>&nbsp;La prima, depositata il 30 luglio 2014 dal Tribunale dei Minorenni di Roma, ha riconosciuto ad una bambina, figlia di due mamme, il diritto di essere adottata dalla propria mamma non biologica e a prendere il doppio cognome.</p> <p><a title="" name="_ftn10" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref10"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[10]</span></span></a>&nbsp;Per approfondimenti vedi ad es. Carone N. (2016), In origine è il dono. Donatori e portatrici nell’immaginario delle famiglie omogenitoriali. Il Saggiatore, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn11" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref11"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[11]</span></span></a>&nbsp;L’Espresso, 16 ottobre 2018</p> <p><a title="" name="_ftn12" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref12"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[12]</span></span></a>&nbsp;Marchi S. (2017), Mio tuo suo loro. Donne che partoriscono per altri. Fandango, Roma.</p> </div> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div>&nbsp;</div> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano,&nbsp;</span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 12pt; text-align: center;">Serata Scientifica, 27 giugno 2019</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bibliografia</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">American Psychoanalytic Association (APSAA) (2012), “Position Statement on Parenting”.&nbsp;</span><a href="http://www.apsa.org/sites/default/files/2012%20%20Position%20Statement%20on%25Parenting.pdf"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">www.apsa.org/sites/default/files/2012%20%20Position%20Statement%20on%Parenting.pdf</span></a><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">American Academy of Child %Adolescent Psychiatrics (AACAP) (2013), “Children with Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Parents”. In&nbsp;<i>Facts for Families Guide</i>, XCII, agosto.&nbsp;</span><a href="http://www.aacap.org/App_Themes/AACAP/docs/facts_for_families/92_children_With_lesbian_gay_bisexual:transgender_parents.pdf"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">www.aacap.org/App_Themes/AACAP/docs/facts_for_families/92_children_With_lesbian_gay_bisexual:transgender_parents.pdf</span></a><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Baiocco, R., Carone, N., Ioverno, S.,&nbsp;<span class="il">Lingiardi</span>, V. (2018).&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Same-sex and different-sex parent families in Italy: Is parents' sexual orientation associated with child health outcomes and parental dimensions?<span style="color: #222222; background-image: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-attachment: initial;">&nbsp;In&nbsp;</span><i>Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics</i>, 39,7, 555-563.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bastianoni P., Baiamonte C. De Paolo F. (2015), “Co-genitorialità e relazioni triadiche nelle famiglie omogenitoriali: una ricercar italiana”. In Bastioanoni P, Baiamonte C. (a cura di) “Le famiglie omogenitoriali in Italia. Relazioni familiari e diritti dei figli”. Junior, Parma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Berger R., Paul M (2008), Family secrets and family functioning: The case of donor assistance. In&nbsp;<i>Family Process</i>, 47, 4, 553-566.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bos HMW, van Balen F. (2008), Children in planned lesbian families Stigmatization, psychological adjustment and protective factors. In&nbsp;<i>Culture, Health &amp; Sexuality</i>, 10, 3, 221-236.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bos HMW, van Balen F. (2010), Children of the new reproductive technologies: Social and genetic parenthood. In&nbsp;<i>Patient Education and Counseling</i>, 81, 3, 429-435.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bottino M., Danna D. (2005), La famiglia gaia. Che cos’è l’omogenitorialità. Asterios, Trieste.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Carone N., Baiocco R., Lingiardi V., Kerns K. (2019), Child attachment security in gay father surrogacy families: Parents as safe havens and secure bases during middle childhood. In&nbsp;<i>Attacment &amp; Human Development</i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Clamar A. (1989). Psychological implications for the anonymous pregnancy. Plenum, New York and London.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ehrensaft D. (2005), Mommies, daddies, donors, surrogates: Answering tough questions and building strong families. Guilford, New York.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ehrensaft D. (2016), Dai triangoli edipici ai complessi familiari. In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII, 1-2, marzo-maggio, 129-132.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ferrari F. (2014), Omogenitorialità, eterosessismo e ricerca scientifica. In&nbsp;<i>GenIus</i>. Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, I: 2, 109-119.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ferrari F. (2016), “L’intervento psicologico nel sostegno delle buone prassi”. In M. Everri (a cura di) Genitori come gli altri e tra gli altri. Essere genitori omosessuali in Italia. Mimesis, Sesto San Giovanni, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N.K., Bos H.M.W. (2010), The US National Longitudinal Lesbian Family Study: psychological adjustment of 17-year-old adolescents. In&nbsp;<i>Psychiatry</i>, 126, 1-9.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N.K., Bos H.M.W. (2018), The US National Longitudinal Lesbian Family Study – Mental Health of Adult Offspring. In&nbsp;<i>N Engl J. Med</i>, 379, 297-299.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N., Deck A., Rodas C., Peyser H., Banks A. (2005), The national lesbian family study: 4. Interviews with the 10-years old children. In&nbsp;<i>American Journal of Othopschiatry</i>, 75, 518-524.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Goldberg A.E., Kashi D.A., Smith J.Z. (2012), Gender-typed play behaviour in early childhood: Adopted children with lesbian, gay, heterosexual parents. In&nbsp;<i>Sex Roles</i>, 67, 9, 503-515.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Goldberg A.E. (2016), Oltre il binarismo: concettualizzare il genere nelle ricerche sui bambini con genitori gay e lesbiche. In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII, 1-2, marzo-maggio, 143-146.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Golombok S., Badger s. (2010), Children raised in mother-headed families from infancy: A follow-up of children of lesbian and single heterosexual mothers, at early adult.hood. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 25, 1, 150-157.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ioverno S., Baiocco R., Lingiardi V., Verrastro V., D’Amore S., Green R.J. (2019), Attitudes towards same-sex parenting in Italy: the influence of traditional gender ideology. In&nbsp;<i>Culture, Health and Sexuality</i>, 21:2, 188-204.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La Delfa G. (2016), “Perché non vogliamo adottare i nostri figli”. In Everri M. (a cura di), Genitori&nbsp;<i>come</i>gli altri e&nbsp;<i>tra</i>&nbsp;gli altri. Essere genitori omosessuali in Italia. Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi), pp. 157-161.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lalli C. (2009), Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay. Il Saggiatore, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lane J.D., Wegner D. M. (1995), The cognitive consequences of secrecy. In&nbsp;<i>Journal of Personality and Social Psychology</i>, 69, 2, 237-253.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V. (2016), Citizien gay. Affetti e diritti. Il Saggiatore, Milano</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V., Carone N. (2016), Madri lesbiche, padri gay: genitori de-generati? In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII: 1-2, 57-79.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V. Carone N. (2019), Challenging Oedipus in changing families: Gender Identifications and access to origins in same-sex parent families created through third-party reproduction. In&nbsp;<i>International Journal of Psychoanalysis</i>, 100, 2, 229-246.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span class="il"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, V., Carone, N., Morelli, M., Baiocco, R. (2016).&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">It's a bit too much fathering this seed': The meaning-making of the sperm donor in Italian lesbian mother families. In&nbsp;</span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Reproductive BioMedicine Online</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, 33,3, 412–424.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V., Luci M. (2006), “L’omosessualità in psicoanalisi”. In Rigliano P, Graglia M. (a cura di),&nbsp;<i>Gay e lesbiche in psicoterapia.</i>&nbsp;Raffaello Cortina, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Marion P. (2017), Il disagio del desiderio. Sessualità e procreazione al tempo delle biotecnologie. Donzelli, Roma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Nicolò A.M. (2005), Nuove forme di genitotialità. Riflessioni a partire da un caso di procreazione assistita. In&nbsp;<i>Interazioni</i>, 23, 1, 43-52.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Papp P. (1993), “The wormin the bud: Secrets between parents and children”. In E. Imber-Black,&nbsp;<i>Secrets in families and family therapy.&nbsp;</i>Norton W.W., London, pp. 66-85.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Patterson C.J. (2005),&nbsp;<i>Lesbian &amp; gay parenting</i>. APA, Washington.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Perrin E.C., Siegel B.S. e Committee on Psychosocial Aspect of Child and Family Health (2013), Promoting the Well-Being of Children Whose Parents Are Gay or Lesbian. In&nbsp;<i>Pediatrics</i>, CXXXI, 4, e1374-e1383.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Paul M.S., Berger R. (2007), Topic avoidance and family functioning in families conceveid with donor insemination. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 22, 9, 2566-2571.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Scaramozza V. (2009), Crescere in famiglie omogenitoriali: differenza non implica deficit. In&nbsp;<i>Rivista di Sessuologia</i>, 33,3, 172-182.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sheib J.E., Riorsan M., Rubin S. (2005), Adolescents with open identity sperm-donors: Reports from 12-17 years old. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 20, 239-252.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Soderstrom-Antttila V., Wennerholm U., Loft A., Pinborg A., Aittomaki K., Romundstad L.B., Bergh C. (2016), Surrogacy: outcomes for surrogate mothers, children and the resulting families- a systematic review. In&nbsp;<i>Human Reproduction Update</i>, XXII, 2, 260-272.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Speranza A.M. (2013), Introduzione. In&nbsp;<i>Infanzia e Adolescenza</i>, 12: 2,71-73</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Tasker F. (2010), Same-sex parenting and child development: reviewing the contributionof parental gender. In&nbsp;<i>Journal of Marriageand Family</i>, 72, 35-40.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Turner A.J., Coyle A. (2000), What does it mean to be a donor offspring? The identity experiences of adults conceived by donors insemination and the implications for counelling and therapy. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 15, 2041-2051.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Vanfraussen K., Ponjaert_Kristoffersen I., Brewaeyes A. (2003), Family functioning in lesbian families created by donor insemination. In&nbsp;<i>American Journal of Orthopsychiatry</i>, 73, 78-90.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Wegner D.M., Lane J.D. (2002), From secrecy to psychopathy. In J. Pennebaker,&nbsp;<i>Emotion, disclosure, and health</i>. American Psychological Association, Waschington DC.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Vedi anche:</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"></span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #0000ff;"><a style="font-family: 'times new roman', times;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1170"><span style="color: #0000ff;">Alexandro Fortunato, Laura Porzio Giusto: "Quel che resta del DDL Zan" (14 dicembre 2021)</span></a></span></p> <p style="background-image: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-attachment: initial; margin: 7.5pt 0cm; line-height: 23.4pt;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-weight: normal; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1092"><span style="color: #0000ff;">Laura Porzio Giusto, La vicenda di Malika: risvolti psicologici dell'omofobia sociale (17 maggio, 2021)</span></a></span></p> <p style="margin: 0px 0px 15px; color: #686868; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #0000ff; font-size: 12pt;"><a style="color: #f0600b; outline: none;" href="https://www.youtube.com/watch?v=p30p-_qCAtw"><span style="color: #0000ff;">Podcast: I risvolti psicologici dell'omofobia sociale nei ragazzi e nei genitori. Intervista a Massimo Ammaniti</span></a></span></p> <p><span style="color: #0000ff;"><a style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1147"><span style="color: #0000ff;">Nicola Carone (2021). Le famiglie omogenitoriali. Teoria, clinica e ricerca. Raffaello Cortina Editore</span></a></span></p> <p><span style="color: #0000ff;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/infanzia-e-adolescenza/673-percorsi-della-nuova-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Nicolò A.M., Percorsi della nuova genitorialità. 2013</span></a></span><span style="font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;">&nbsp;</span></span></p> <p style="margin: 0px 0px 15px; color: #686868; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Report di Adriana D'Arezzo su "Psicoanalisi e società: Le nuove genitorialità", 9 novembre 2013</span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #0000ff;">&nbsp;</span></p> <div><span style="color: #0000ff;">&nbsp;</span></div></div> <div class="feed-description"><p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il benessere dei bambini e delle loro famiglie è un tema serio e delicato.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Da alcuni anni le famiglie omogenitoriali sono al centro di un ampio dibattito “forse più conosciuto mediaticamente e ‘ideologicamente’ che scientificamente” (Speranza, 2013, p. 71). Per evitare opinionismi e avviare riflessioni scientificamente fondate, è invece alla ricerca empirica che dobbiamo prima di tutto rivolgere la nostra attenzione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il dibattito è oltremodo complesso in quanto si muove intersecando diversi piani: sociale, politico e giuridico. Non si può dunque affrontare e comprendere la realtà di queste famiglie senza tenere presente l’intreccio che ne deriva, fortemente influenzato dal contesto storico e geografico. Per questo motivo cercherò, nel mio discorso, di tenere insieme questa trama, con particolare riferimento al contesto italiano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lo studio delle famiglie omogenitoriali va intanto collocato nel più ampio panorama dello studio sulle “famiglie moderne”<a title="" name="_ftnref1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[1]</span></span></a>, ossia tutte quelle famiglie che si discostano da padre, madre e figli uniti tra loro da legami biologici. Pensiamo ai genitori separati, alle famiglie ricostituite, allargate, ai genitori single, ai figli adottati o ai genitori affidatari, ma anche a coppie eterosessuali che hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), gestazione per altri (GPA) e fecondazioni eterologhe.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Insomma, ci sono molti modi di venire al mondo e una varietà di percorsi e luoghi entro cui i legami familiari possono costruirsi e crescere.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per famiglie omogenitoriali intendiamo realtà anche molto diverse tra loro: figli concepiti in una precedente relazione eterosessuale, genitori gay single, nuclei pianificati (coppie di genitori omosessuali con figli concepiti all’interno di quel rapporto), co-genitorialità allargate.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Nonostante l’esistenza di diverse configurazioni di famiglia, “questa parola anziché evocare una costruzione relazionale di affetti e progetti, per molti coincide solo con l’immagine di un uomo e di una donna sposati, monogami, eterosessuali e possibilmente fertili” (Lingiardi, 2016, p.189).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se vogliamo poi comprendere la specificità delle&nbsp;<i>famiglie</i>&nbsp;omogenitoriali dobbiamo considerare la storia e l’attualità del peso dei pregiudizi che le&nbsp;<i>persone&nbsp;</i>omosessuali portano sulle loro spalle. Nonostante i consistenti cambiamenti intercorsi e in corso, è indubbio che gay e lesbiche debbano ancora fronteggiare, in grado diverso a seconda del contesto ambientale, atteggiamenti e comportamenti omofobi. Non stupisce (o forse si), dunque, che le famiglie omogenitoriali si trovino ora a vivere una sorta di ripetizione dello stigma, con tutti gli annessi e connessi (bisogno di dimostrare di essere sani, discriminazioni, mancanza o limitazione di diritti, ecc.), vissuto come individui e ora come famiglie. I risultati di una recentissima ricerca italiana (Ioverno et al., 2019) suggeriscono che lo stigma nei confronti delle famiglie omogenitoriali è in genere espressione di aspettative culturali sui ruoli di genere e sulla struttura familiare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Queste famiglie si trovano spesso nella necessità di contrastare da una parte la disconferma sociale eterosessita, ossia la tendenza del contesto a dare per scontata la famiglia tradizionale e dunque a comportarsi come se la loro non esistesse, e dall’altra la squalifica sociale omofobica, ossia lo sguardo dell’ambiente connotato da pregiudizi (Ferrari, 2014). Le famiglie omogenitoriali possono perciò facilmente sperimentare un senso di alienazione e di stress dovuto alla continua necessità di spiegare e giustificare la propria realtà familiare, non prevista dall’interlocutore. Questo avviene sia nelle relazioni con le istituzioni, sia nei rapporti personali. A questo va aggiunto un continuo stato di allerta e incertezza relativo alle possibili reazioni del contesto. Poiché infatti “il pregiudizio è certamente diffuso ma invisibile”, per chi teme di esserne vittima può essere “sempre probabile” ma “mai certo”. Questa incertezza può generare ambivalenza nei rapporti con gli altri, tesi in uno stato di sospensione tra desiderio di autenticità, ricerca di sostegno e diffidenza (Ferrari, 2016).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Che cosa significa per un individuo, e per una coppia, vedere prima il proprio desiderio di genitorialità e poi la propria famiglia, guardata con sospetto, de-legittimata, non riconosciuta, fino ad essere fortemente osteggiata ed offesa? Quali ripercussioni ha questo sguardo su bambini e adolescenti? Quali difficoltà, quali compiti aggiuntivi devono affrontare gay e lesbiche che vogliono diventare e che diventano genitori? Quali risorse possono attivare?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Queste sono solo alcune tra le molte domande che i clinici dovrebbero porsi se vogliono lavorare con queste persone e con queste famiglie.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><strong><span style="font-size: 12pt;">La ricerca: interrogativi ed esiti</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Gli studi sulle famiglie omogenitoriali si sono concentrati principalmente su tre filoni di ricerca:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">1. Le competenze genitoriali (I genitori omosessuali sono buoni genitori?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">2. Lo sviluppo psicologico dei figli di genitori omosessuali (I bambini/ragazzi stanno bene?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">3. Il funzionamento familiare (Le famiglie omogenitoriali funzionano bene? Il loro funzionamento presenta delle specificità?)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Una vasta mole di ricerche internazionali e nazionali (più di 1600 studi svolti negli ultimi 40 anni) ha concluso che l’orientamento (omo)sessuale non influisce sulle capacità genitoriali e che lo sviluppo psicologico, emotivo e sociale dei bambini e degli adolescenti cresciuti in famiglie omogenitoriali è del tutto paragonabile a quello dei loro pari, cresciuti in famiglie eterosessuali</span><a title="" name="_ftnref2" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn2"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[2]</span></span></span></a><span style="font-size: 12pt;">.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La ricerca ha mostrato inoltre che esse funzionano bene, con alcune specificità che riporterò in seguito.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La maggior parte degli studi ha preso in esame famiglie composte da madri lesbiche e dai loro figli, in particolare nuclei pianificati, mentre meno numerosi, ma in aumento, sono gli studi sui padri gay. Per esempio, da una ricerca (Carone et al. 2019) emerge che bambini cresciuti da padri gay hanno livelli di attaccamento sicuro pari a bambini cresciuti da madri lesbiche e da genitori eterosessuali.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Lesbian and gay parenting (Patterson, 2005) riporta una sintesi dei risultati della ricerca su madri lesbiche, padri gay e i loro figli, con una bibliografia di circa 150 pubblicazioni scientifiche sull’omogenitorialità. Nelle conclusioni si legge:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“[…] ad oggi le prove suggeriscono che gli ambienti domestici forniti da genitori omosessuali hanno la stessa probabilità di quelli forniti da genitori eterosessuali di supportare e realizzare lo sviluppo psicosociale dei figli” (p.17)</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Dal 2005 ad oggi numerosi altri studi hanno replicato i risultati scientifici ottenuti, sia in ambito internazionale (per una rassegna si veda ad esempio Perrin, Siegel e Commitee), che nazionale (vedi ad es. Baiocco et al. 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Esistono poi alcuni studi longitudinali, il più importante dei quali è il NLLFS (National Longitudinal Lesbian Family Study) che ha esaminato il benessere psicologico di figli, dall’infanzia all’età adulta, concepiti attraverso l’inseminazione artificiale eterologa da madri lesbiche, non rilevando differenze significative rispetto ai figli cresciuti in coppie etero. Dallo studio emergono inoltre alcuni fattori protettivi che hanno aiutato gli adolescenti a fronteggiare meglio gli episodi di omofobia: il miglior atteggiamento culturale verso le famiglie omogenitoriali e il supporto dei coetanei e degli insegnanti (Gartrell, Bos, 2010; 2018).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">I risultati delle ricerche hanno spinto le maggiori associazioni nazionali e internazionali di medici e psicologi ad esprimersi con chiarezza sul tema. Solo per fare alcuni esempi, già nel 2005, l’American Academy of Pediatrics:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“[…] Questi dati dimostrano che un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, possono essere ottimi genitori. Inoltre, i diritti, i benefici e i fattori protettivi che derivano dall’unione civile possono dare ulteriore stabilità a queste famiglie.”</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">E nel 2012 l’American Psychoanalytic Association:</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">“è nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti e capaci di cure. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale.”</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Posizioni analoghe sono state sostenute da molte altre associazioni di professionisti della salute mentale tra cui l’American Psychiatric Association (2013), la British Psychological Society (2012), l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatriy (2013).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Anche in Italia il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (2014) e l’Associazione italiana di psicologia (2011) hanno richiamato l’attenzione sugli esiti della ricerca sull’omogenitorialità, invitando i responsabili delle istituzioni a tenerne conto e a garantire la tutela dei diritti di queste famiglie al pari di quelle etero, senza discriminazioni né condizionamenti ideologici.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Le ricerche mostrano dunque che il benessere dei bambini non è influenzato dalle configurazioni familiari, legate all’orientamento sessuale o al genere dei genitori, bensì dalla qualità delle relazioni. Genitori omosessuali possono essere buoni (Lalli, 2009) o cattivi genitori quanto quelli eterosessuali. A fare la differenza sarebbero le capacità di esercitare quelle funzioni (genitoriali) in grado di promuovere una crescita sana dei propri figli, tra cui: prendersi cura, essere responsivi, fornire sicurezza e protezione, negoziare i conflitti, insegnare il senso del limite, entrare in risonanza/sintonizzazione affettiva, garantire processi di regolazione emotiva, provvedere al raggiungimento delle tappe evolutive, svolgere funzioni significanti.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La genitorialità sarebbe innanzitutto da intendersi come “dimensione interna simbolica” (Bastianoni et al. 2015, p.108), che trova le sue origini e i suoi sviluppi in configurazioni relazionali interne e nella possibilità di tradurre il proprio mondo affettivo in sentimenti e comportamenti di cura, co-costruendo pattern interattivo-relazionali. “La genitorialità simbolica è quella situazione nella quale i genitori si prendono carico della crescita psicologica del figlio investendolo di contenuti simbolici che qualificano quella filiazione specifica, e colloca il bambino all’interno di una rete di relazioni emotive […]”. Questo concetto investe sia le famiglie tradizionali che non tradizionali (omogenitoriali, ricostituite, monoparentali, che hanno fatto ricorso a PMA, ecc) (Nicolò, 2005, p. 51).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Sgombrato il campo dal presunto pericolo della genitorialità omosessuale, dimostrato che “i ragazzi stanno bene”</span><a title="" name="_ftnref3" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn3"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[3]</span></span></span></a><span style="font-size: 12pt;">, ricercatori e studiosi si sono via via posti altri interrogativi, approfondendo dinamiche e funzionamenti interni alle famiglie, quali ad esempio, lo stile genitoriale, la divisione dei compiti e dei ruoli all’interno della coppia, la scelta del genitore biologico, le vicissitudini della fecondazione eterologa, i motivi che sottendono la scelta di diversi tipi di donatore (aperto o chiuso), l’influenza che queste scelte hanno sui figli.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Dopo aver mostrato che l’esercizio delle funzioni genitoriali non dipende dalla presenza di una madre e di un padre, la ricerca infatti potrebbe giovarsi di un approccio qualitativo-narrativo (da affiancare a quello quantitativo) in grado di approfondire le complessità delle diverse configurazioni genitoriali (Lingiardi, Carone, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Mi limito a riportare alcuni di questi dati.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Diverse ricerche hanno mostrato una maggiore competenza delle coppie omosessuali rispetto a quelle etero e un livello più elevato di benessere psicologico nei figli arcobaleno rispetto ai figli cresciuti in famiglie tradizionali. Le ragioni di queste differenze possono rintracciarsi in alcuni elementi specifici del funzionamento di queste famiglie, tra cui: madri e padri omosessuali fanno meno uso di punizioni fisiche, privilegiando, per mantenere la disciplina, l’uso del linguaggio e del ragionamento; i genitori non biologici delle coppie omo sembrano maggiormente consapevoli del proprio ruolo genitoriale e più coinvolti nella cura dei figli rispetto ai padri eterosessuali (Tasker, 2010; Saramozza, 2009); la genitorialità omosessuale è sempre una genitorialità desiderata, il più delle volte frutto di&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">lunghi percorsi (interni ed esterni) in cui la coppia condivide ed elabora pensieri, paure, desideri e sentimenti inerenti la genitorialità, le tappe necessarie alla sua realizzazione e i progetti educativi che ne potranno discendere; le coppie lesbiche manifestano un livello di sincronicità molto alto nell’esercizio delle funzioni genitoriali (Bottino, Danna, 2005), una divisione più egualitaria e un impegno maggiore nella cura dei figli, e godono di un maggiore supporto da parte delle proprie partners (Golombok, Badger, 2010; Bos van Balen, 2010).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Inoltre, i figli di genitori gay sembrano esprimere livelli minori di aggressività (Vanfraussen et al. 2003) e sembrano meno sottoposti alla pressione della conformità di genere, mostrandosi più aperti e tolleranti verso comportamenti e attività tipici del genere opposto (Goldberg et al. 2012).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Questi risultati ci possono aiutare a riflettere sui diversi funzionamenti familiari che coppie genitoriali (omo o etero) possono co-creare e sulle influenze che tali funzionamenti possono avere sulla crescita dei figli.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Per esempio, la maggiore flessibilità di genere invece che allarmare può essere considerata una risorsa in quanto può contribuire e/o riflettere una maggiore flessibilità cognitiva, che a sua volta può portare a migliori risultati, per esempio in ambito scolastico o lavorativo. Per questo, invece che fermarci al risultato delle ricerche secondo cui i figli di genitori omosessuali hanno comportamenti di genere meno stereotipati, sarebbe interessante esplorare in che modo e perché questo avviene, ampliando i nostri modelli sullo sviluppo del genere, e traendo delle indicazioni per quei genitori (omo o etero) che ritengono auspicabile una tale flessibilità per i loro figli (Goldberg, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">La scelta del genitore biologico può essere compiuta sulla base di diversi desideri e sentimenti che possono animare i due aspiranti genitori (per esempio in una coppia lesbica, una donna potrebbe desiderare molto portare avanti la gravidanza e l’altra no), oppure i criteri possono essere età e stato di salute (per es., la scelta può ricadere sul/la partner meno giovane per dare a entrambi/e la possibilità di una genitorialità biologica nel progetto di un secondo figlio oppure la scelta può ricadere sul/la partner più fertile per accrescere le possibilità di riuscita).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">In merito alla scelta del donatore, sembra che il fatto che questo sia aperto (contattabile dal/la ragazzo/a all’età di 16 o 18 anni a seconda della legislazione vigente) o chiuso (non contattabile) non faccia differenza per l’adattamento psicologico degli adolescenti (Bos, Gartrell, 2011). Interessanti sono alcuni dati che emergono dalla ricerca sulle differenze, nelle madri lesbiche, tra pensieri, sentimenti e immagini relativi al donatore, che portano a fare scelte diverse. La scelta di un donatore aperto sembrerebbe corrispondere maggiormente all’idea di questo come persona (“un signore gentile”), accompagnata da sentimenti di gratitudine e curiosità relativa alle somiglianze fisiche con il proprio figlio, mentre la scelta del donatore chiuso sembrerebbe associarsi maggiormente a fantasie del donatore come entità o come processo medico, attribuendo ad esso un ruolo di minore importanza (Lingiardi et al., 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Infine, la ricerca ha individuato una variabile capace di influire negativamente sul benessere di questi bambini e delle loro famiglie: essa è l’impatto degli atteggiamenti omofobici (Bos et al. 2008; Bos, van Balen 2008; Gartrell et al. 2005). Nonostante questa difficoltà, i figli di coppie omogenitoriali mostrano buone capacità di adattamento, con problemi esternalizzanti inferiori rispetto alla norma (Gartrell, Bos, 2010). Fattori protettivi che possono concorrere a spiegare le qualità resilienti di questi bambini sono un ambiente familiare amorevole e protettivo, una buona comunicazione tra genitori e figli, con scambi adeguati in base all’età, e l’apertura dei genitori rispetto al proprio orientamento sessuale (ibidem).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Se dunque, dati alla mano, pregiudizi e discriminazioni sembrano essere gli unici elementi capaci di influire negativamente sul benessere di questi bambini, risulta evidente che, coloro i quali, invocando “il bene e l’interesse del bambino” alimentano un clima di pregiudizio e rifiuto nei confronti di queste famiglie, portando avanti politiche discriminatorie, fanno esattamente ciò che dicono di voler evitare.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><strong><span style="font-size: 12pt;">La situazione italiana: le famiglie arcobaleno non esistono</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Nel 2016 la legge Cirinnà sulle unioni civili viene approvata a patto di stralciare l’articolo 5 sulla stepchild adoption che, pur essendo un riconoscimento della filiazione al ribasso, avrebbe costituito una forma di protezione e garanzia per le famiglie omogenitoriali<a title="" name="_ftnref4" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[4]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">A nulla è valsa la scesa in campo dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che invia a tutti i Senatori un dossier molto accurato con i risultati degli studi, nazionali e internazionali, condotti sul tema, dal 1978 al 2015<a title="" name="_ftnref5" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[5]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Confesso che, al netto delle dinamiche politiche in gioco, l’aver ignorato il dossier degli psicologi mi ha molto colpito. Qual è il senso di questa ignoranza (nel suo doppio significato di non conoscere e/o di non considerare) che non è solo politica, ma è sociale e, talvolta, riscontrabile anche nel mondo scientifico? Qualche anno fa partecipai ad un convegno su questi temi e un relatore (!) nel corso del dibattito con la sala, in risposta a dubbi sollevati sulla genitorialità omosessuale, candidamente disse: “la questione si dirimerà quando sapremo come crescono questi bambini”. In quanto professionisti della salute mentale, possiamo permetterci di ignorare le ricerche?</span><a title="" name="_ftnref6" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn6"><span style="font-size: 12pt;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[6]</span></span></span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Secondo Ferro i dubbi sulle capacità genitoriali delle coppie gay sarebbero da rintracciarsi in “un&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">motivo squisitamente umano. Perché siamo conservatori, vogliamo stare in poltrone comode, in cose che già sappiamo, e ogni cambiamento è visto, sempre, come una cosa terribile”.<a title="" name="_ftnref7" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn7"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[7]</span></span></a>&nbsp;Ribadisce poi ciò che già nel 2013 aveva detto nel corso di un’altra intervista<a title="" name="_ftnref8" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[8]</span></span></a>, ossia che ciò che conta sono le capacità genitoriali di svolgere quelle funzioni (materne e paterne) necessarie per uno sviluppo armonico della personalità, funzioni che prescindono sia dal sesso biologico del genitore, sia dal suo orientamento sessuale.</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Dunque, in Italia, la genitorialità omosessuale non è riconosciuta.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Sappiamo che riconoscere significa vedere, attribuire valore, convalidare l’esistenza, legittimare. Non riconoscere, va da sé, significa relegare nell’invisibilità, negare l’esistenza, de-legittimare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt;">Come è possibile ignorare che la mancanza di un riconoscimento giuridico, oltre a fondamentali ripercussioni sulla vita quotidiana e non, di genitori e figli (dalla possibilità di andare a prendere il proprio figlio a scuola senza deleghe al diritto di prendere decisioni sanitarie alla tutela giuridica del minore in caso di morte del genitore biologico), concretizza la negazione dell’esistenza di progetti, affetti e legami?&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt;">È chiaro poi che la mancanza di riconoscimento giuridico rafforza la legittimazione di atteggiamenti omofobi con inevitabili ripercussioni sui vissuti interni delle persone gay e lesbiche (Lingiardi, 2016).</span></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Come pensa di comportarsi nei confronti delle famiglie Arcobaleno?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Perché? Esistono le famiglie Arcobaleno?”</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Sì, esistono e sono tante in Italia”</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Ma per la legge non esistono in questo momento” (Corriere della Sera, 2 giugno 2018)</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Così il ministro della famiglia (singolare!) e delle disabilità, Lorenzo Fontana, in un’intervista destinata a diventare tristemente nota.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Eppure, Fontana, esprime ed incarna uno degli aspetti maggiormente significativi del riverbero tra ambiente, vissuti interni e condizioni esterne entro cui queste famiglie si trovano a vivere e a muoversi.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">L’inesistenza si connota infatti come un filo rosso che intesse, all’origine, le loro vite. A ben vedere, inizia ancor prima della nascita di un figlio. Il desiderio e il progetto di omogenitorialità, per lo Stato italiano, non è infatti pensabile e dunque questi aspiranti genitori sono esclusi dalla legge che ne consentirebbe la realizzazione.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Quale lavoro interno devono affrontare, queste coppie, per far fronte a un vuoto (normativo e simbolico) che rischia di (ri)gettare il loro desiderio nella non esistenza? Quali sentimenti accompagnano questi percorsi verso la genitorialità, il più delle volte già resi difficili e faticosi per il ricorso alle PMA e i viaggi all’estero? E cosa accade dopo, alla nascita di un figlio che lo Stato, negando l’esistenza del genitore non biologico, fa sì che quel bambino sia un semi-orfano? Quali adattamenti interni ed esterni adottano, genitori e figli, per fronteggiare una tale situazione?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Intanto laddove la politica non arriva, alcuni sindaci hanno avvertito l’urgenza di intervenire per colmare questo vuoto.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Nell’aprile 2018 la sindaca di Torino, Chiara Appendino, compie un gesto destinato a passare alla storia: riconosce una coppia di donne come entrambe madri della loro figlia appena nata. Si tratta di un riconoscimento anagrafico alla nascita. Questa è la novità rispetto ad alcune sentenze di Tribunale già avvenute<a title="" name="_ftnref9" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn9"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[9]</span></span></a>, che hanno dato esito positivo alla domanda di stepchild adoption.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">Dopo Torino diversi comuni seguono l’esempio di Appendino, dando luogo a quella che viene definita “la primavera arcobaleno”: Milano, Bologna, Napoli, Palermo, Firenze, solo per citare alcune tra le maggiori città.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"><span style="font-family: 'times new roman', times;">Attualmente, quindi, mentre alcune famiglie godono di diritti e doveri che derivano dal riconoscimento di entrambi i genitori, le altre rimangono nel territorio dell’inesistenza, determinando, tra l’altro, una disparità all’interno della stessa comunità discriminata. Anche le prime tuttavia non possono stare del tutto tranquille: restano infatti in uno stato di incertezza, vivendo nel timore che i diritti acquisiti, in assenza di una legge, possano venire meno.</span><i></i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Origini e appartenenza</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Va subito detto che il dibattito mediatico (e talvolta anche quello scientifico) ha spesso associato, generando confusione, PMA, fecondazioni eterologhe e gestazione per altri (GPA) all’omogenitorialità. Se è vero che le coppie omosessuali per diventare genitori devono necessariamente ricorrere a queste tecniche, esse non costituiscono uno specifico delle famiglie omogenitoriali. Al contrario, da Louise Brown in poi (prima bambina nata con la fivet nel 1978) le PMA sono nate per aiutare le coppie eterosessuali infertili e tuttora sono queste coppie a farne il maggior utilizzo. Le coppie same sex, al pari di qualsiasi altra coppia infertile, hanno semplicemente utilizzato ciò che già esisteva.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Se è ormai diffusamente accettata la sessualità senza procreazione, non si può dire altrettanto dell’idea di una procreazione senza sessualità. Questa disgiunzione oltre ad animare il dibattito sociale, solleva, talvolta, anche in ambiente psicoanalitico, alcune perplessità:&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">e la scena primaria? E il ruolo dei corpi (assenti)? Interrogativi che ci costringono ad una riflessione sulla presenza e sulle funzioni delle persone coinvolte, nonché sulle diverse modalità attraverso cui corpi e desideri possono intrecciarsi per concepire.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La scena primaria lungi dal poter essere intesa come (soltanto e concretamente) un rapporto sessuale che genera una nuova vita, rappresenta piuttosto, in un registro simbolico, il mistero delle origini, la storia del (di quel particolare) concepimento.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">I corpi (sessuati) di coloro che si avvalgono delle PMA continuano ad esistere e ad incontrarsi. La differenza sta nel fatto che, in quella coppia (che sia omo o etero), la possibilità di concepire&nbsp;<i>non</i>&nbsp;coincide con il momento del rapporto sessuale. Ha importanza questo? Se sì, quale?</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Anche la geometria delle identificazioni non può solo coincidere con “la possibilità di identificazioni con specifici corpi sessuati, ma “ciò che struttura il complesso edipico è la possibilità di trovare il&nbsp;<i>proprio posto</i>&nbsp;all’interno della scena familiare” (Lingiardi &amp; Carone, 2016, p. 68). Ri-pensare in questi termini ci consente di passare dal “complesso alla complessità di Edipo” (ibidem) o da un complesso edipico a un complesso familiare in cui il classico triangolo si allunga fino a diventare un cerchio che comprende tutti coloro che hanno preso parte al concepimento (Ehrensaft, 2016), dove non saranno genetica e status legale a stabilire la qualità dei legami affettivi e il posto di ciascuno all’interno del quadro familiare.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Credo che il nostro compito non sia quello di far entrare la realtà in teorie o costrutti (psicoanalitici e non) pre-esistenti, ma al contrario di guardare e ascoltare la realtà, utilizzando lenti che ci consentano di comprenderla.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per fare questo occorre creare uno spazio di pensiero che, se non intralciato e precipitato in</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">&nbsp;“categorie e concetti precedentemente elaborati [e sovrapposti] al nuovo, per controllarlo e ricondurlo all’interno del proprio ordine […], può essere offerto da un ascolto analitico profondo che “ci chiama a una problematizzazione del nostro sapere per poter svolgere ancora la funzione di «oggetti trasformativi» (Bollas, 1987) rispetto alle domande dei nostri pazienti” (Marion, 2017 p. 113).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sviluppare una narrazione in merito alle proprie origini significa inserire la propria storia in una storia. Tra le funzioni genitoriali acquista dunque rilevanza&nbsp;<em>“favorire una funzione trans-generazionale, ossia garantire all’altro l’immissione dentro una storia relazionale, una narrazione (miti e racconti familiari) come contenitore simbolico di un continuum generazionale (nel caso di figli generati) o inclusivamente simbolico” (Bastianoni et al. 2015, p. 108).</em></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Che differenza c’è tra&nbsp;<i>generatività</i>&nbsp;e&nbsp;<i>genitorialità</i>? E che cosa intendiamo per&nbsp;<i>generatività</i>? È l’incontro dei gameti della coppia durante un rapporto sessuale o l’incontro di due persone che costruiscono un legame al cui interno&nbsp;<i>generano</i>&nbsp;il&nbsp;<i>desiderio</i>&nbsp;e la&nbsp;<i>scelta</i>&nbsp;di mettere al mondo una vita di cui assumersi la&nbsp;<i>responsabilità</i>&nbsp;della cura? Talvolta la seconda ipotesi contempla la prima, talvolta no.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Provenienza e appartenenza sono aspetti della storia di un individuo che non sempre coincidono. “La prima corrisponde all’esplicita conoscenza della propria genealogia, la seconda alla continuità dell’esperienza di essere qualcuno per altri e di sentirsi parte di una rete di affetti che intreccia passato e futuro” (Lingiardi &amp; Carone, 2019, p.233).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">È chiaro che desiderio, scelta e responsabilità sono elementi fondamentali ma non sufficienti a procreare. Per fare questo sono necessari corpi e biologia. Ecco che, nel caso di coppie omo (e in molti casi di coppie etero) venire alla vita è possibile solo grazie all’intervento di terzi (donatori, donatrici, donne portatrici): il “birth other” (Ehrensaft, 2005). È dunque essenziale tenere conto di questi attori esterni alla coppia che, in quanto parte del processo procreativo, diventano elementi narrativi della storia delle origini di quella particolare famiglia.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Fondamentale risulta l’assetto interno dei genitori. Si possono riscontrare infatti situazioni di dissociazione nei casi in cui i genitori ricorsi a PMA tendono a mantenere il segreto sulle origini del concepimento rivelando così, in quel silenzio, meccanismi difensivi da sentimenti di vergogna e paure rispetto a possibili reazioni del figlio o dei parenti (Marion, 2017). Un nucleo dunque non integrato foriero di trasmissioni di “non detti”, questi sì, potenzialmente dannosi per uno sviluppo sano della personalità e della qualità delle relazioni familiari. È noto infatti che i segreti possono dare origine a problemi psicologici (Papp, 1993; Lane, Wegner, 1995; Wegner, Laner, 2002).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ciascuna configurazione familiare ha il compito di ricostruire le proprie origini. Quanto più queste sono non conosciute, negate, non dicibili, “rese non narrabili” tanto più diventano traumatiche e impossibili da elaborare (Lingiardi &amp; Carone, 2016; 2019). Edipo, storia di abbandono e adozione, non ha mai dubitato della propria appartenenza ai genitori di Corinto, ma è la bugia sui suoi genitori tebani a non permettergli di entrare in contatto con le proprie origini. È infatti la mancanza di conoscenza, il vuoto di comunicazione che non consente agli elementi fantasmatici di trovare contenimento ed elaborazione (ibidem).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Diversi studi che hanno indagato gli effetti del segreto in merito al concepimento con donazione hanno mostrato che questo interferisce nella comunicazione tra genitori e figli (Clamar, 1989; Turner, Coyle, 2000), che il mantenimento del segreto può essere segnale di un cattivo funzionamento familiare (Berger, Paul, 2008; Paul, Berger 2007) e che adolescenti cresciuti sapendo di essere stati concepiti tramite donazione riferiscono di sentirsi sereni al riguardo e di non aver avuto ripercussioni negative nel rapporto con i loro genitori (Scheib et al. 2005).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Il tema della verità in merito al proprio concepimento è fondamentale nella pratica spesso ribadita nella comunità omogenitoriale. “Crescere i figli nella verità delle loro origini” (Ferrari, 2016, p.115) si esplica attraverso racconti calibrati in base alle età e alle domande dei bambini. Se è vero che per le coppie omo, rispetto a quello etero ricorse a PMA, in qualche modo si impone la necessità di spiegare ai propri figli come sono nati, non è questo il solo motivo, né il più importante, che spinge questi genitori a “narrare”. Il pensiero diffuso è infatti che il racconto della verità sia foriero di una buona crescita, di buoni legami tra genitori e figli, e che esso costituisca anche un “diritto” del figlio. La verità è dunque raccontata anche nel caso di coppie di lesbiche che hanno fatto ricorso a ovodonazione, oltre che alla donazione di seme.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Donazioni di gameti, interventi medici, donne che portano avanti la gravidanza per altri, suscitano non di rado critiche, fino ad arrivare talvolta a vere e proprie ostilità. Sono comuni commenti che si esprimono in termini di compravendita di gameti, scelta di questi come se si fosse in un supermercato, “utero in affitto”. Espressioni oltremodo svilenti e che non intercettano la realtà. È interessante notare infatti che al termine&nbsp;<i>donazioni&nbsp;</i>si contrappongono parole che richiamano una&nbsp;<i>mercificazione commerciale</i>&nbsp;di basso livello.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“I limiti del linguaggio sono i limiti del mio mondo” diceva Wittgenstein. Le parole, infatti, contano: esse veicolano e creano significati. Per questo credo sia molto importante porre attenzione all’uso che ne facciamo, interrogandoci sui significati e sul tipo di sguardo che esse possono portare all’interno di una relazione (anche terapeutica). Mi chiedo inoltre quali siano le ragioni profonde che sottendono una logica mortificante del desiderio quando si tratta di dare alla vita, logica invece assai diversa quando le premesse richiamano una situazione da riparare o salvare (pensiamo alle adozioni o in ambito medico a donazioni o interventi curativi o salva vita).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Uno sguardo diverso vedrebbe nella scelta di donare (e di ricevere) possibilità altrimenti non realizzabili. Potremmo forse chiamarle co-costruzioni che richiedono l’intervento di più attori dove scienza, desideri, legami, affetti, scelte e responsabilità si amalgamano in un progetto di vita.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Un breve cenno va fatto all</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">a gestazione per altri (GPA), detta anche gestazione di sostegno, che non intendo qui approfondire poiché la complessità degli elementi in gioco richiederebbe uno spazio a parte<a title="" name="_ftnref10" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn10"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[10]</span></span></a>.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La GPA continua a essere utilizzata, nel dibattito corrente, per osteggiare, nella migliore delle ipotesi, le famiglie di padri gay (nonostante, come per le altre tecniche di PMA, a farne il maggior ricorso siano le coppie etero), spesso vittime di un doppio pregiudizio: essere gay ed essere uomini.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ne è un chiaro esempio la comparsa a Roma, meno di un anno fa, di alcuni manifesti (ad opera delle Associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia) che ritraggono due uomini, denominati genitore 1 e genitore 2, che spingono un carrello della spesa al cui interno vi è un bambino che piange disperato e sul cui petto è in evidenza un codice a barre. Accanto all’immagine campeggia: “Due uomini non fanno una madre. Stoputeroinaffitto”. Ecco che il ricorso a termini commerciali è qui espressamente concretizzato in parole ed immagini che fin troppo chiaramente esprimono il pensiero di chi le ha concepite. Lascio la parola ad alcuni figli arcobaleno i quali, intervistati da L’Espresso<a title="" name="_ftnref11" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn11"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[11]</span></span></a>, hanno commentato questi manifesti, che il comune di Roma ha poi provveduto a rimuovere.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Questo manifesto è agghiacciante. […] Niente di tutto questo ha riscontro con la vita vera. Con la mia.</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">&nbsp;Io anche ero così. Quando mi sbucciavo un ginocchio però, non certo perché ho due mamme che mi amano. Conosco le famiglie arcobaleno, se penso ai bambini durante le nostre cene e li confronto con quello di questo del manifesto mi viene quasi da ridere”. (Joshua, 17 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Questa immagine non ha senso. Vogliono parlare a nome nostro, pretendono di rappresentare qualcuno senza averlo mai ascoltato” (Lisa Marie, 16 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Mi ha colpito questa frase ‘Due uomini non fanno una madre’. È vero ma non è una cosa brutta. Ho due papà ma non ho mai avuto nessun problema e sono felice così. Come se dicessero che sono cresciuta male e infelice. Ma questi politici che dicono tutte queste cose, qualcuno di loro ci ha mai chiesto qualcosa? Mai. E poi dietro questa immagine non dovremmo neanche perderci tempo perché è insensata come quel politico che dice che noi non esistiamo, non ha senso. Forse dicono questo perché sono di epoche più vecchie, i miei amici quando saranno adulti non diranno mai una cosa del genere. Ma del resto non sono i figli che devono crescere, ma i genitori” (Lia, 12 anni).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sono colpita dalle loro parole, in particolare quando lamentano che altri “pretendono di rappresentare qualcuno senza averlo mai ascoltato”. Con una semplicità disarmante questi ragazzi e queste ragazze ci pongono di fronte ad un pilastro della nostra professione: un ascolto libero da a-priori del nostro interlocutore e della realtà in cui vive/viviamo, poiché “la realtà va sempre ascoltata e conosciuta – negarla significa solo farla proliferare nell’oscurità” (Lingiardi, 2016, p. 185).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Le parole di questi/e adolescenti fanno da eco a quelle di Danielle, una delle donne portatrici intervistate dalla giornalista Serena Marchi nel suo bel libro “Mio tuo suo loro - donne che partoriscono per altri”<a title="" name="_ftnref12" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftn12"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 17.12px;">[12]</span></span></a>:</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">“Le chiedo cosa pensa delle polemiche in corso in Italia. Si mette a ridere. ‘È divertente leggere e sentire cosa sei, cosa senti e perché lo fai senza essere mai stata interpellata. Ho letto che siamo tutte analfabete, povere, obbligate, che abbiamo bisogno di soldi. Per me è pazzesco. Io ho studiato, non sono povera, ho un lavoro a tempo pieno che mi permette di mantenermi egregiamente. La verità è che nessuno può dirmi cosa posso o non posso fare e io&nbsp;<i>scelgo</i>&nbsp;(corsivo mio), consapevolmente, per me stessa. Forse proprio questo infastidisce. Se non avessi voluto farlo, non lo avrei fatto. È un viaggio fantastico e non c’è niente di più bello di aiutare qualcuno ad avere una famiglia’” (p.130).</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Una rassegna sistematica della letteratura scientifica (Soderstrom-Antttila et al., 2016), conclude che non sono state riscontrate differenze, nè per quanto concerne problemi medici né in merito allo stato psicologico, tra bambini nati da gestazione per altri, bambini nati attraverso altre tecniche di PMA o bambini concepiti naturalmente. Stessi risultati (ossia nessuna differenza significativa) sono stati riscontrati tra madri intenzionali (di bambini nati con GPA), madri che hanno concepito con PMA e madri che hanno concepito naturalmente. Infine, la ricerca ha mostrato che le donne portatrici godono di una buona salute psicofisica. Sono risultati che ovviamente necessitano di essere replicati e che quindi incoraggiano a coltivare la ricerca piuttosto che presagire scenari apocalittici o appiattire le diverse realtà senza considerarne specificità e complessità.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Conclusioni</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Per comprendere i cambiamenti che queste diverse configurazioni familiari ci pongono innanzi occorre mettere in moto un cambiamento al nostro interno.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ciò significa avviare una riflessione profonda (personale, teorica, istituzionale), muovendoci dalle nostre “comode poltrone” e interrogando le nostre lenti.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Non è possibile infatti leggere il nuovo con il vecchio, senza apporre nessun adattamento, o senza fare lo sforzo di conoscere (versus ignorare) ciò che può risultarci non familiare. Con Ehrensaft (2016, p. 129) potremmo dire che “quando abbiamo a che fare con i modi in cui può formarsi una famiglia e si sviluppano i bambini, quello che credevamo fosse una roccia basilare ora diventa un masso che rotola”.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">È nota la “storia complessa e dolorosa” del rapporto tra omosessualità e psicoanalisi (Lingiardi, Luci, 2006, p.2). Oggi abbiamo la&nbsp;<i>responsabilità</i>, per non ripetere il passato, di fare ciò che la stessa psicoanalisi ci ha insegnato sin dai suoi arbori: avere il coraggio e l’onestà di mettere in discussione le nostre asserzioni ed esplorare nuovi territori con l’ascolto libero del clinico e lo spirito rigoroso del ricercatore.</span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><a title="" name="_ftn1" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[1]</span></span></a>&nbsp;Golombok S. (2015), Famiglie moderne. Barone L., Lingiardi V. (a cura di) Edra, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn2" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref2"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[2]</span></span></a>&nbsp;Un sito della Columbia Law School raccoglie tutte le ricerche sull’omogenitorialità:&nbsp;<a href="http://whatweknow.law.columbia.edi/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-abaut-the-wellbeing-of-children-with-gay-or-lesbian-parents/.">http://whatweknow.law.columbia.edi/topics/lgbt-equality/what-does-the-scholarly-research-say-abaut-the-wellbeing-of-children-with-gay-or-lesbian-parents/.</a></p> <p><a title="" name="_ftn3" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref3"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[3]</span></span></a>&nbsp;Film del 2010 di&nbsp;<span class="st"><span style="font-family: 'Times New Roman', serif;">Lisa Cholodenko su</span>&nbsp;una famiglia composta da una coppia di madri lesbiche e i loro figli, alle prese con alcune vicissitudini legate alla conoscenza del donatore di seme.</span></p> <p><a title="" name="_ftn4" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[4]</span></span></a>&nbsp;<span style="font-size: 11pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Stepchild adoption significa letteralmente adozione del “figlioccio”. Essa consente l’adozione del figlio biologico del proprio partner. Pur essendo una forma di garanzia e protezione, facente parte delle adozioni speciali, si rivela uno strumento insufficiente e discriminatorio. Innanzitutto, perché costringe il genitore non biologico ad adottare quello che è già suo figlio e poi perché essa tutela il legame tra adottante e adottato ma non, come avviene invece per le adozioni legittime (anche esse non consentite alle coppie gay), tra figlio e tutta la parentela del genitore che adotta. Va aggiunto che nel 2014 avviene un’importante modifica della legge 40 grazie alla quale le coppie eterosessuali possono accedere in Italia alla fecondazione eterologa. Viene così a cadere la concezione della filiazione basata esclusivamente sulla genetica: le coppie eterosessuali che accedono all’eterologa&nbsp;<i>riconoscono&nbsp;</i>allo stato civile i propri figli alla nascita, a prescindere che abbiano o meno un legame biologico con loro (La Delfa, 2016). Ma tutto questo resta vietato alle coppie omosessuali, tuttora costrette a una “migrazione procreativa”</span></p> <p><a title="" name="_ftn5" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[5]</span></span></a>&nbsp;Reperibile online all’indirizzo:&nbsp;<a href="https://irp-cdn.multiscreensite.com/c636ddc7/docs/1.2704213.pdf">https://irp-cdn.multiscreensite.com/c636ddc7/docs/1.2704213.pdf</a></p> <p><a title="" name="_ftn6" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref6"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[6]</span></span></a>&nbsp;Vedi “Conoscere le ricerche sull’omogenitorialità” In Lingiardi, Nardelli (2013), Etica competenza buone prassi, pp.286-289. Cortina, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn7" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref7"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[7]</span></span></a>&nbsp;L’Espresso, 9 febbraio 2016.</p> <p><a title="" name="_ftn8" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[8]</span></span></a>&nbsp;Ferro A., Nel presepe moderno anche le coppie gay. In&nbsp;<i>Corriere della Sera</i>, 6 gennaio 2013, p. 6.</p> <p><a title="" name="_ftn9" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref9"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[9]</span></span></a>&nbsp;La prima, depositata il 30 luglio 2014 dal Tribunale dei Minorenni di Roma, ha riconosciuto ad una bambina, figlia di due mamme, il diritto di essere adottata dalla propria mamma non biologica e a prendere il doppio cognome.</p> <p><a title="" name="_ftn10" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref10"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[10]</span></span></a>&nbsp;Per approfondimenti vedi ad es. Carone N. (2016), In origine è il dono. Donatori e portatrici nell’immaginario delle famiglie omogenitoriali. Il Saggiatore, Milano.</p> <p><a title="" name="_ftn11" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref11"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[11]</span></span></a>&nbsp;L’Espresso, 16 ottobre 2018</p> <p><a title="" name="_ftn12" href="file:///C:/Users/Utente/AppData/Local/Microsoft/Windows/INetCache/Content.Outlook/QW7AB04N/famiglie%20omogenitoriali%2027%20giugno%20per%20sito%20corretta.docx#_ftnref12"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 14.2667px; font-family: Calibri, sans-serif;">[12]</span></span></a>&nbsp;Marchi S. (2017), Mio tuo suo loro. Donne che partoriscono per altri. Fandango, Roma.</p> </div> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div>&nbsp;</div> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; line-height: normal; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano,&nbsp;</span><span style="font-family: 'Times New Roman', serif; font-size: 12pt; text-align: center;">Serata Scientifica, 27 giugno 2019</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bibliografia</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">American Psychoanalytic Association (APSAA) (2012), “Position Statement on Parenting”.&nbsp;</span><a href="http://www.apsa.org/sites/default/files/2012%20%20Position%20Statement%20on%25Parenting.pdf"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">www.apsa.org/sites/default/files/2012%20%20Position%20Statement%20on%Parenting.pdf</span></a><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">American Academy of Child %Adolescent Psychiatrics (AACAP) (2013), “Children with Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Parents”. In&nbsp;<i>Facts for Families Guide</i>, XCII, agosto.&nbsp;</span><a href="http://www.aacap.org/App_Themes/AACAP/docs/facts_for_families/92_children_With_lesbian_gay_bisexual:transgender_parents.pdf"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">www.aacap.org/App_Themes/AACAP/docs/facts_for_families/92_children_With_lesbian_gay_bisexual:transgender_parents.pdf</span></a><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Baiocco, R., Carone, N., Ioverno, S.,&nbsp;<span class="il">Lingiardi</span>, V. (2018).&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Same-sex and different-sex parent families in Italy: Is parents' sexual orientation associated with child health outcomes and parental dimensions?<span style="color: #222222; background-image: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-attachment: initial;">&nbsp;In&nbsp;</span><i>Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics</i>, 39,7, 555-563.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bastianoni P., Baiamonte C. De Paolo F. (2015), “Co-genitorialità e relazioni triadiche nelle famiglie omogenitoriali: una ricercar italiana”. In Bastioanoni P, Baiamonte C. (a cura di) “Le famiglie omogenitoriali in Italia. Relazioni familiari e diritti dei figli”. Junior, Parma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Berger R., Paul M (2008), Family secrets and family functioning: The case of donor assistance. In&nbsp;<i>Family Process</i>, 47, 4, 553-566.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bos HMW, van Balen F. (2008), Children in planned lesbian families Stigmatization, psychological adjustment and protective factors. In&nbsp;<i>Culture, Health &amp; Sexuality</i>, 10, 3, 221-236.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bos HMW, van Balen F. (2010), Children of the new reproductive technologies: Social and genetic parenthood. In&nbsp;<i>Patient Education and Counseling</i>, 81, 3, 429-435.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Bottino M., Danna D. (2005), La famiglia gaia. Che cos’è l’omogenitorialità. Asterios, Trieste.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Carone N., Baiocco R., Lingiardi V., Kerns K. (2019), Child attachment security in gay father surrogacy families: Parents as safe havens and secure bases during middle childhood. In&nbsp;<i>Attacment &amp; Human Development</i></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Clamar A. (1989). Psychological implications for the anonymous pregnancy. Plenum, New York and London.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ehrensaft D. (2005), Mommies, daddies, donors, surrogates: Answering tough questions and building strong families. Guilford, New York.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ehrensaft D. (2016), Dai triangoli edipici ai complessi familiari. In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII, 1-2, marzo-maggio, 129-132.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ferrari F. (2014), Omogenitorialità, eterosessismo e ricerca scientifica. In&nbsp;<i>GenIus</i>. Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, I: 2, 109-119.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ferrari F. (2016), “L’intervento psicologico nel sostegno delle buone prassi”. In M. Everri (a cura di) Genitori come gli altri e tra gli altri. Essere genitori omosessuali in Italia. Mimesis, Sesto San Giovanni, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N.K., Bos H.M.W. (2010), The US National Longitudinal Lesbian Family Study: psychological adjustment of 17-year-old adolescents. In&nbsp;<i>Psychiatry</i>, 126, 1-9.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N.K., Bos H.M.W. (2018), The US National Longitudinal Lesbian Family Study – Mental Health of Adult Offspring. In&nbsp;<i>N Engl J. Med</i>, 379, 297-299.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Gartrell N., Deck A., Rodas C., Peyser H., Banks A. (2005), The national lesbian family study: 4. Interviews with the 10-years old children. In&nbsp;<i>American Journal of Othopschiatry</i>, 75, 518-524.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Goldberg A.E., Kashi D.A., Smith J.Z. (2012), Gender-typed play behaviour in early childhood: Adopted children with lesbian, gay, heterosexual parents. In&nbsp;<i>Sex Roles</i>, 67, 9, 503-515.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Goldberg A.E. (2016), Oltre il binarismo: concettualizzare il genere nelle ricerche sui bambini con genitori gay e lesbiche. In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII, 1-2, marzo-maggio, 143-146.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Golombok S., Badger s. (2010), Children raised in mother-headed families from infancy: A follow-up of children of lesbian and single heterosexual mothers, at early adult.hood. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 25, 1, 150-157.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Ioverno S., Baiocco R., Lingiardi V., Verrastro V., D’Amore S., Green R.J. (2019), Attitudes towards same-sex parenting in Italy: the influence of traditional gender ideology. In&nbsp;<i>Culture, Health and Sexuality</i>, 21:2, 188-204.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">La Delfa G. (2016), “Perché non vogliamo adottare i nostri figli”. In Everri M. (a cura di), Genitori&nbsp;<i>come</i>gli altri e&nbsp;<i>tra</i>&nbsp;gli altri. Essere genitori omosessuali in Italia. Mimesis, Sesto San Giovanni (Mi), pp. 157-161.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lalli C. (2009), Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay. Il Saggiatore, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lane J.D., Wegner D. M. (1995), The cognitive consequences of secrecy. In&nbsp;<i>Journal of Personality and Social Psychology</i>, 69, 2, 237-253.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V. (2016), Citizien gay. Affetti e diritti. Il Saggiatore, Milano</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V., Carone N. (2016), Madri lesbiche, padri gay: genitori de-generati? In&nbsp;<i>Giornale Italiano di Psicologia</i>, XLIII: 1-2, 57-79.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V. Carone N. (2019), Challenging Oedipus in changing families: Gender Identifications and access to origins in same-sex parent families created through third-party reproduction. In&nbsp;<i>International Journal of Psychoanalysis</i>, 100, 2, 229-246.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span class="il"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi</span></span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, V., Carone, N., Morelli, M., Baiocco, R. (2016).&nbsp;</span><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">It's a bit too much fathering this seed': The meaning-making of the sperm donor in Italian lesbian mother families. In&nbsp;</span><i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Reproductive BioMedicine Online</span></i><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">, 33,3, 412–424.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Lingiardi V., Luci M. (2006), “L’omosessualità in psicoanalisi”. In Rigliano P, Graglia M. (a cura di),&nbsp;<i>Gay e lesbiche in psicoterapia.</i>&nbsp;Raffaello Cortina, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Marion P. (2017), Il disagio del desiderio. Sessualità e procreazione al tempo delle biotecnologie. Donzelli, Roma.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Nicolò A.M. (2005), Nuove forme di genitotialità. Riflessioni a partire da un caso di procreazione assistita. In&nbsp;<i>Interazioni</i>, 23, 1, 43-52.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Papp P. (1993), “The wormin the bud: Secrets between parents and children”. In E. Imber-Black,&nbsp;<i>Secrets in families and family therapy.&nbsp;</i>Norton W.W., London, pp. 66-85.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Patterson C.J. (2005),&nbsp;<i>Lesbian &amp; gay parenting</i>. APA, Washington.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Perrin E.C., Siegel B.S. e Committee on Psychosocial Aspect of Child and Family Health (2013), Promoting the Well-Being of Children Whose Parents Are Gay or Lesbian. In&nbsp;<i>Pediatrics</i>, CXXXI, 4, e1374-e1383.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Paul M.S., Berger R. (2007), Topic avoidance and family functioning in families conceveid with donor insemination. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 22, 9, 2566-2571.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Scaramozza V. (2009), Crescere in famiglie omogenitoriali: differenza non implica deficit. In&nbsp;<i>Rivista di Sessuologia</i>, 33,3, 172-182.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Sheib J.E., Riorsan M., Rubin S. (2005), Adolescents with open identity sperm-donors: Reports from 12-17 years old. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 20, 239-252.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Soderstrom-Antttila V., Wennerholm U., Loft A., Pinborg A., Aittomaki K., Romundstad L.B., Bergh C. (2016), Surrogacy: outcomes for surrogate mothers, children and the resulting families- a systematic review. In&nbsp;<i>Human Reproduction Update</i>, XXII, 2, 260-272.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Speranza A.M. (2013), Introduzione. In&nbsp;<i>Infanzia e Adolescenza</i>, 12: 2,71-73</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Tasker F. (2010), Same-sex parenting and child development: reviewing the contributionof parental gender. In&nbsp;<i>Journal of Marriageand Family</i>, 72, 35-40.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Turner A.J., Coyle A. (2000), What does it mean to be a donor offspring? The identity experiences of adults conceived by donors insemination and the implications for counelling and therapy. In&nbsp;<i>Human Reproduction</i>, 15, 2041-2051.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Vanfraussen K., Ponjaert_Kristoffersen I., Brewaeyes A. (2003), Family functioning in lesbian families created by donor insemination. In&nbsp;<i>American Journal of Orthopsychiatry</i>, 73, 78-90.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Wegner D.M., Lane J.D. (2002), From secrecy to psychopathy. In J. Pennebaker,&nbsp;<i>Emotion, disclosure, and health</i>. American Psychological Association, Waschington DC.</span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;">Vedi anche:</span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><strong><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif;"></span></strong></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;">&nbsp;</p> <p><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman', serif; color: #0000ff;"><a style="font-family: 'times new roman', times;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1170"><span style="color: #0000ff;">Alexandro Fortunato, Laura Porzio Giusto: "Quel che resta del DDL Zan" (14 dicembre 2021)</span></a></span></p> <p style="background-image: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-attachment: initial; margin: 7.5pt 0cm; line-height: 23.4pt;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-weight: normal; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1092"><span style="color: #0000ff;">Laura Porzio Giusto, La vicenda di Malika: risvolti psicologici dell'omofobia sociale (17 maggio, 2021)</span></a></span></p> <p style="margin: 0px 0px 15px; color: #686868; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; color: #0000ff; font-size: 12pt;"><a style="color: #f0600b; outline: none;" href="https://www.youtube.com/watch?v=p30p-_qCAtw"><span style="color: #0000ff;">Podcast: I risvolti psicologici dell'omofobia sociale nei ragazzi e nei genitori. Intervista a Massimo Ammaniti</span></a></span></p> <p><span style="color: #0000ff;"><a style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;layout=edit&amp;id=1147"><span style="color: #0000ff;">Nicola Carone (2021). Le famiglie omogenitoriali. Teoria, clinica e ricerca. Raffaello Cortina Editore</span></a></span></p> <p><span style="color: #0000ff;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/infanzia-e-adolescenza/673-percorsi-della-nuova-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Nicolò A.M., Percorsi della nuova genitorialità. 2013</span></a></span><span style="font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;">&nbsp;</span></span></p> <p style="margin: 0px 0px 15px; color: #686868; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Report di Adriana D'Arezzo su "Psicoanalisi e società: Le nuove genitorialità", 9 novembre 2013</span></a></span></p> <p style="margin: 0cm 14.2pt 0.0001pt; text-align: justify; line-height: normal;"><span style="color: #0000ff;">&nbsp;</span></p> <div><span style="color: #0000ff;">&nbsp;</span></div></div> Nicolò A.M., Percorsi della nuova genitorialità. 2013 2018-02-09T10:30:04+01:00 2018-02-09T10:30:04+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/673-percorsi-della-nuova-genitorialita.html Nicolò Anna Maria biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i>&nbsp;</i></span></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Gli studi psicoanalitici, sociologici, antropologici di questi ultimi dieci anni hanno osservato un incremento di nuove configurazioni familiari<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[1]</span></a>. Ma la forma della famiglia si è sempre continuamente trasformata. Claude Lévi-Strauss ,citando differenti popolazioni nelle parti del mondo più disparate, descrive e documenta differenti forme di famiglia e conclude che : l’esistenza della famiglia è necessaria, ma «[…]la forma in cui viene ad esistere è del tutto irrilevante, almeno dal punto di vista di una necessità naturale» (Lévi-Strauss, 1967, p. 165). </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La famiglia occidentale è stata negli ultimi secoli fondata su un accoppiamento coniugale che a seconda dei costumi o delle situazioni socioeconomiche poteva prendersi diretto o indiretto carico e della cura dei bambini piccoli. La sua forma sta attualmente cambiando, ma come psicoanalisti dobbiamo chiederci quali sono gli effetti del cambiamento della forma o se invece essi sono irrilevanti e dovremo piuttosto osservare la capacità della famiglia di espletare le sue funzioni fondamentali. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Molti psicoanalisti si sono cimentati su questa domanda. Meltzer (1983) ci ha detto che la funzione della famiglia è contenere la sofferenza legata alla crescita dei suoi membri, e ha delineato le funzioni introiettive della coppia genitoriale: il generare amore e contenere l’odio, il promuovere la speranza, contenere il dolore depressivo e pensare. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Holding, continuità e stabilità nel rapporto, con&nbsp;sufficiente distacco e una successiva fase di de-accomodamento («un venir meno adattativo»&nbsp;ai&nbsp;bisogni del bambino), sono per Winnicott (1965) elementi fondanti. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Altri, come Aulagner (1984) e Racamier (1995), hanno sottolineato l’importanza della separazione tra i sessi e tra le generazioni, come elemento strutturante un funzionamento che permette la svolgimento dell’edipo. Altri ancora sottolineano l’importanza di una distinzione di confini, dell’esistenza di una membrana o “io pelle della coppia” e di una membrana o “io pelle della famiglia” (Anzieu, 1985, 1986, 1993), distinzioni che mancano nelle famiglie psicotiche.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Queste riflessioni ci permettono di riconsiderare le mutazioni attuali della famiglia e di ridimensionare lo sconcerto che caratterizza molte pubblicazioni psicologiche su questo tema oggi.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Uno di questi cambiamenti è la nostra maggiore libertà nelle scelte coniugali o genitoriali rispetto a modelli relazionali precostituiti e orientati dalle convenienze sociali e da esigenze normative o morali che caratterizzavano il passato. Possiamo scegliere più facilmente il partner che preferiamo, possiamo scegliere con maggiore libertà di avere o no dei figli, se adottarli invece che generarli, se adottare un bambino di un altro colore, se generare un bambino senza alcun problema fisico o abortire un bambino, geneticamente malato e le nuove tecnologie ci aprono scenari molto complessi.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Il fuoco è oggi sulla centralità delle scelte soggettive, non solo come evidenza sociale, ma anche come obiettivo da raggiungere. Non più legami di sangue o obblighi istituzionali ci costringono nella maggior parte dei casi, nell’organizzare i nostri accoppiamenti. Questo ha naturalmente il suo contraltare in certe forme di frammentazione familiare, come le ripetute separazioni coniugali, le famiglie pluriricostituite, che pure per converso possono rappresentare una risorsa sostitutiva nel caso di carenze genitoriali, laddove ad esempio il nuovo compagno di uno dei genitori può svolgere una funzione genitoriale vicaria, carente nella coppia originaria. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La pregnanza del qui ed ora, dell’attuale, del presente prodotta dalla minore importanza della trasmissione intergenerazionale e dall’accentuazione sulla coppia piuttosto che sulla famiglia allargata, genera molteplici effetti.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Uno di essi è la messa a distanza dei fondamenti mitologici e ritualistici che avevano caratterizzato la famiglia, la coppia genitoriale e coniugale nelle precedenti generazioni. La perdita della funzione del mito<a title="" href="#ftn2"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[2]</span></a> o meglio il suo affievolirsi nella trasmissione inter e transgenerazionale è un evento di grande importanza dato che il mito è un modo di trasmettere la conoscenza di un evento, ma anche un codice di comportamento (Nicolò, 2013). Mentre sembra descrivere la realtà, insegna e prescrive piuttosto come la realtà deve essere letta. Il mito può anche rappresentare una sorgente di identificazioni condivise nel gruppo familiare anche se ciascuno può rideclinarlo secondo la propria esperienza individuale. Il rito potremmo considerarlo per certi versi e per certi livelli l’equivalente agito e concreto del mito. La generazione da dove veniamo era piena di riti e conservava i suoi miti. Riti di Natale non solo pubblici ma anche familiari, riti Pasquali che incerte regioni duravano intere settimane, riti battesimali, riti matrimoniali, trasmissione dei nomi di famiglia, abitudini ritualistiche nella parentela, particolari abitini del neonato o della sposa, il corredo, il quadro di famiglia, che venivano trasmesse di generazione in generazione oggi sembrano, ogni giorno di più, messi a distanza. Le coppie di fatto ad esempio senza la celebrazione di un matrimonio ritualizzato, come modalità di fondazione di una famiglia, sono in numero sempre crescente.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Tutto questo ha indebolito l’identità familiare e creato una maggiore difficoltà nello stabilirsi dell’identità individuale. Non a caso il periodo più problematico oggi sul piano del disagio psicologico è l’adolescenza, il periodo cioè della vita cruciale rispetto alla definizione di sé e della propria identità, quando l’adolescente deve trovare in sé e nel patrimonio familiare fantasmatico e in quello internalizzato gli strumenti per la sua rifondazione.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Un’altra delle conseguenze più rilevanti di questo indebolimento è la messa in discussione del ruolo del padre (Carau, 2013; Lucarelli, 2013).</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Un recente progetto di legge ha accolto alcuni di questi cambiamenti sociali e progetta<a title="" href="#ftn3"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[3]</span></a> di inserire aspetti importanti come il superamento del principio di potestà genitoriale, che verrebbe sostituito con quello di responsabilità. Si conferisce così al genitore una funzione di presa in carico e di dovere più che potere e diritto.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Non ruoli, ma funzioni</strong></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Se facciamo però attenzione ci accorgiamo che non si tratta tanto della messa in discussione del ruolo del padre, ma di una crisi della sua funzione e che questa funzione come quella della madre attengono alla genitorialità come stato adulto della mente capace di prendersi carico del bambino interno e di quello reale.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Le funzioni materna o paterna possono essere presenti nel gruppo familiare, nella coppia genitoriale, possono ciascuna essere svolte alternativamente da uno o l’altro dei genitori o da ciascuno dei nonni ad esempio. Pensate che nientedimeno nel 1913 Ernest Jones parlava dell’identificazione con i nonni e in ogni caso assistiamo sempre ad una sorta di diffrazione di queste funzioni nella famiglia. Possiamo ad esempio osservare che il padre ha una capacità di contenimento materno verso la coppia madre-bambino nel momento in cui il bambino è appena nato e la madre regredisce per accogliere i bisogni primitivi del neonato. Anche la madre può avere una funzione paterna e ce l’ha quasi sempre, nel suo permettere la separazione dal figlio, nel suo scegliere il marito come partner favorendo l’installarsi dell’edipo e il suo superamento.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Per parlare di funzioni genitoriali dobbiamo in realtà fare riferimento a concetti plurali.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Genitorialità, coniugalità sono concetti che si riferiscono ad unità multiple, ad esempio la coppia come unità diadica. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La genitorialità non è mai correlata con la personalità di un solo soggetto, ma è invece una funzione complessa alla cui costruzione contribuiscono sia il genitore che il figlio, e sicuramente è costruita dalla coppia dei genitori e non ad uno solo di essi. Essa è sia una funzione della mente che l'espressione dell'interazione tra due o più persone solitamente (ma non sempre) identificate nella coppia dei genitori nell'ambito di una famiglia nucleare. Questa funzione perciò non è omologabile al ruolo corrispondente dentro una famiglia. Non è detto, in altre parole, che in una famiglia la funzione genitoriale sia svolta dalle persone che per ruolo sociale sono preposte a questo compito. Può invece essere ritrovata altrove, in altri membri o nella famiglia nel suo insieme. Ciascuna funzione è influenzata da quella complementare corrispondente svolta dall'altro partner e dalla risposta di ciascun figlio a seconda della fase del ciclo vitale. Ci sono, ad esempio, modelli genitoriali funzionanti per bambini piccoli, ma insufficienti o inadeguati in adolescenza. Ci sono figli che cimentano in modo particolare i loro genitori e li inducono in confusione o altri bambini capaci invece di resistere agli attacchi intrusivi che subiscono (Nicolò, 1994, p. 31). </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Il desiderio di un figlio e una nuova genitorialità</strong></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Interroghiamoci perciò sulla genitorialità. Cosa significa avere un figlio? Ma è la stessa cosa dell’essere genitori?</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Ci sono in numero crescente coppie che non vogliono avere figli. Soli, senza l’aiuto della famiglia allargata, i membri della coppia fanno fatica ad affrontare quel lavoro psichico complesso che comporta il “mestiere del genitore” (Winnicott, 1965), quel lento apprendimento trasformativo dell’identità basato più su impegno e abnegazione, sulla <i>capacity to concern</i> di cui ci parlava Winnicott che sull’amore <i>tout court</i>. Winnicott diceva di diffidare tanto delle persone che dicono “mi piacciono tanto i bambini!!”.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Il desiderio di un bambino ancor prima della sua nascita è un evento complesso.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Selma Fraiberg (1975) distingue tre bambini: quello della mente che è l'equivalente del bambino fantasmatico di Lebovici (1994), un bambino cioè figlio dei fantasmi inconsci dei genitori; il bambino del cuore, che coinvolge invece il progetto affettivo dei genitori e delle loro famiglie di origine; e infine il bambino reale, che con la sua nascita e la sua presenza concreta rimette in discussione i primi due e ne comporta il ridimensionamento e la disillusione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Dal punto di vista della distinzione tra i tre bambini di cui ci parlava la Fraiberg, il processo per diventare genitori comporta un doppio lutto: sia una rinuncia a vedere il bambino solo in se stessi perché c'è un bambino reale nuovo nato, sia il ridimensionamento del bambino fantasticato e immaginario, il bambino della mente e del cuore della Fraiberg a favore del bambino reale, meno ideale ma presente.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Qualsiasi bambino rappresenta una parte del sé del genitore, una parte del partner, ma anche un oggetto nuovo, altro da sé che per questa sua quota estranea diventa straniero e perciò perturbante.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Questo bambino reale attiverà inoltre una trasformazione straordinaria che riattualizzando le tematiche edipiche, consentirà il superamento dei fantasmi di fusione con i propri oggetti parentali, che hanno trovato nella fusione della coppia coniugale una prima tappa evolutiva. Per certi versi potremmo dire che avere un figlio ci libera dai nostri genitori e avere un figlio ci matura, perfezionando quell'identità personale e di genere che da sempre abbiamo cominciato a costruire. Avere un figlio poi cimenta e modifica l'essere coppia coniugale perché inserisce la coppia nella continuità generazionale, riequilibra la coppia quando è troppo centrata narcisisticamente su se stessa. Il lavoro per diventare un genitore è perciò un processo complesso che non attiene solo all'amore narcisistico per il figlio, come affermava Freud.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Alcune persone hanno figli, ma non avviano un processo che li genitorializza, che modifica perciò la loro identità in questo senso.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Questa distinzione tra avere un figlio ed essere genitore è molto importante perché nelle situazioni più patologiche è il primo aspetto che prevale, e questo cimenta molto i genitori oggi, in particolare i genitori che affrontano nuove forme di genitorialità, come la fecondazione artificiale, l'adozione internazionale o le famiglie multietniche. Queste situazioni possono apparire diversissime, ma sembrano alla fine accomunate in un punto specifico: l’incapacità di sviluppare una genitorialità simbolica e l’importanza di accogliere l'alieno, la necessità di affiliarlo ed elaborare il profondo perturbamento dell'identità che questi eventi hanno comportato. Perché è questo in effetti il punto cruciale: tutti questi funzionamenti ci sfidano ad un nuovo concetto di identità e mettono in discussione il concetto di identità a cui siamo abituati.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Il possibile divario tra coniugalità e genitorialità </strong></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In certe situazioni la sterilità di coppia è espressione di un profondo rifiuto tra i partner che invece la fecondazione artificiale forza in un ruolo reciproco e in un legame che essi emotivamente rifiutano, ma che per ragioni culturali, sociali o varie si obbligano a mantenere. La nascita del bambino a questo punto paradossalmente può precipitare la crisi della coppia dato che la presenza reale di un figlio è ben altra cosa delle fantasie che la coppia aveva prima di volerlo concepire a tutti i costi. Così all'onnipotenza e alla strumentalizzazione che avevano portato ad “acquistare il bambino” come si sarebbe potuta acquistare un'autovettura, segue il crollo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In queste situazioni ci possono essere disconoscimenti della paternità che sono una delle piaghe che accompagnano queste esperienze, che per altro nelle versioni positive sono invece di grande arricchimento.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Conclusioni</strong></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Per risolvere i problemi che ci sono posti da queste nuove realtà, dobbiamo cominciare a pensare alle diverse forme di genitorialità, coesistenti nella stessa famiglia. Le esperienze a cui ho fatto riferimento ci costringono a distinguere tra vari tipi di genitorialità: biologica, sociale, legale, del gruppo familiare (per quanto attiene alla trasmissione dell'identità familiare e dei miti familiari), ma di tutte queste forme, la più importante, è quella che in un vecchio lavoro ho chiamato “genitorialità simbolica” (Nicolò, 2005, p. 51). Mentre le prime tre sono facilmente comprensibili, voglio specificare l'ultima, anche perché sembra essere più significativa. Essa è quella situazione nella quale i genitori si prendono carico della crescita psicologica del figlio investendolo dei contenuti simbolici che qualificano quella filiazione specifica,e colloca il bambino all'interno di una rete di relazioni emotive del genitore, della coppia genitoriale e della rete intergenerazionale familiare e lo costituisce al contempo come soggetto-oggetto del desiderio, quello genitoriale e quello proprio. Questo concetto di genitorialità simbolica può qualificare sia il processo per diventare genitori che si ritrova nelle famiglie più classiche, sia quello che occorre fondare nelle famiglie adottive, monoparentali, omoparentali o ricostituite, o anche nella genitorialità di bambini nati dalla fecondazione artificiale.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Una genitorialità cioè che trasmette simboli e perciò determina una affiliazione sia al genitore che alla coppia genitoriale e alla famiglia nella sua continuità, ma anche consente il generarsi di una capacità simbolica nel figlio stesso e attende pazientemente lo svilupparsi di questo processo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In un circuito virtuoso e reciprocamente influenzantesi, uno dei problemi più rilevanti che esiste nelle coppie genitoriali è perciò proprio a carico di questa genitorialità simbolica che nella coppia senza problemi trova nel momento del concepimento naturale uno dei suoi momenti culminanti, ma non sempre. </span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Il mito di Edipo ci continua a perturbare anche a questo proposito e come voi sapete, è stato oggetto di numerose interpretazioni diverse, letterarie, psicoanalitiche.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Carico di fantasmi persecutori, il piccolo Edipo viene abbandonato dalla sua famiglia naturale, incapace di una genitorialità simbolica, presa al suo interno da una dinamica persecutoria, incestuale e figlicida e da un segreto trans generazionale, la pedofilia di Laio. Trova invece nella famiglia di Corinto, famiglia adottiva, il suo accoglimento, il suo contenimento. La famiglia di Corinto lo sostiene e gli consente la separazione, il viaggio all’incontro di se stesso, confrontandosi con l’ignoto e l’alieno, la sfinge che gli pone tra le tante una domanda che lo interroga sull’identità dell’uomo e sul senso del tempo<a title="" href="#ftn4"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[4]</span></a>.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Egli supererà questo scoglio, metafora del cammino della sua soggettivazione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Ma sarà il segreto allora, il vuoto nella comunicazione che trasporta con sé elementi fantasmatici bruti e non elaborati, prodotti dal funzionamento traumatico dei suoi genitori biologici, e mantenuto dal funzionamento familiare dei suoi genitori adottivi, a segnare il suo futuro e perciò il suo ritorno a Tebe per compiere l’atroce fato che lo possiede senza che ne sia consapevole. Edipo continuerà per tutta la vita la sua ricerca di un’appartenenza che gli era stata negata.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Una genitorialità simbolica permette lo sviluppo di un’analoga capacità nel figlio e nasce dall’accettazione del limite, limite tra i sessi e tra le generazioni, limite della nostra onnipotenza come genitori e come figli.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Sono perciò non tanto i cambiamenti della forma famiglia a incidere nella trasformazione dell’identità e nella comparsa di nuove patologie e/o di nuove forme di patologia, ma invece la perdita delle funzioni simboliche di essa.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Bibliografia</strong></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">AA.VV. (1994), Coniugalità e genitorialità, <i>Interazioni</i>, n. 2-1994, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2001), Nuovi scenari familiari: famiglia e mito tra stabilità e cambiamento, <i>Interazioni</i>, n.1-2001/15 (a cura di Brignone A., Lucarelli D., Tavazza G.),</span> FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2002), Famiglie ricostituite e nuove filiazioni, <i>Interazioni</i>, n.1-2002/17 (a cura di Brignone A., Lucarelli D., Tavazza G.),</span> FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2005), Genitorialità in cambiamento, <i>Interazioni</i>, n.1-2005/23 (a cura di Lucarelli D., Nicolò A.M., Tavazza G.), </span>FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Anzieu D. (1986), Introduzione allo studio delle funzioni dell’Io-pelle nella coppia, <i>Interazioni</i>, 1/1993, pp. 75-79, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Anzieu D. (1993), L’Io-pelle familiare e gruppale, <i>Interazioni</i>, 1, 7, 1996, pp. 9-17, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <h3 style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-weight: normal;">Aulagnier P. (1984), <i>L'apprenti historien et le maître-sorcier: </i><i>du discours identifiant au discours délirant</i>, PUF, Paris.</span></h3> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Bonfiglio B. (2013), Relazione di apertura all’anno didattico 2013 dell’I.N.T.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span class="apple-converted-space" style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Carau B. (2013), <i>“Il paterno nella coppia”: Appunti per una discussione</i>, relazione presentata al seminario Sipsia “Il paterno nella coppia” (19/10/2013).</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span class="apple-converted-space">Chianese D.</span><span class="apple-converted-space"> (2007), “La linea d’ombra” dell’eredità: la psicoanalisi di fronte al futuro, <i>Psiche</i>, 2, 2008, pp.167-177.</span></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span class="apple-converted-space" style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Corrao F., cit. in Bonfiglio 2013.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span class="apple-converted-space">Deleuze G., Guattari F. (1972),&nbsp;</span><cite>L'Anti-Edipo</cite><cite><span style="font-style: normal;">,</span></cite><span class="apple-converted-space">&nbsp;Minuit, Paris </span><cite><span style="font-style: normal;">(Einuadi, Torino, 2002).</span></cite></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Fraiberg S., Adelson E., Shapiro V. (1975), Ghosts in the nursery: a psychoanalytic approach to the problem of impaired infant-mother relationships, <i>J. Amer. Acad. Child Psychiat</i>., 14: 387–422.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1912-1913), Totem e tabù, <i>O.S.F</i>, vol. 7. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1929), Il disagio della civiltà, <i>O.S.F</i>, vol. 10. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1934-1938), Mosè e il monoteismo, <i>O.S.F</i>, vol. 11. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Jones E. (1913), La fantasia del capovolgimento delle generazioni, in: <i>Teoria del simbolismo. Scritti sulla sessualità femminile</i> (1948), Astrolabio, Roma, 1972. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">Kaës, R. (2005). Il futuro in eredità. Un rovesciamento della prospettiva intergenerazionale a proposito del complesso del nonno.<i>Quaderni di psicoterapia infantile</i>,50 – Paura del futuro (a cura di M. Lugones, M.L. Algini), pp. 27-42.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lacan J. (1938), <i>I complessi familiari nella formazione dell’individuo. Saggio di analisi di una funzione in psicologia</i>, Einaudi, Torino, 2005. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lebovici S. (1994), Le interazioni fantasmatiche, <i>Interazioni</i>, n.1/1997, FrancoAngeli, Milano, pp.32-42.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lévi-Strauss C. (1938). <i>Razza e storia e altri studi di antropologia</i>, Einuadi, Torino, 1967.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Lucarelli D. (2013), <i>Commento a “Il paterno nella coppia” di Bachisio Carau</i>, seminario SIPsIA “il paterno nella coppia” (19/10/2013).</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Meltzer D., Harris M. (1983), <i>Child, Family and Community: a Psycho-Analytical Model of the Learning Process</i>, Organization of Economic Co-operation and Development, Paris (trad. It. <i>Il ruolo educativo della famiglia</i>, Centro Scientifico Torinese, Torino 1986). </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><em><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%; font-style: normal;">Mitscherlich A. (1963)</span></em><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">,<em>Verso una società senza padri</em>, Feltrinelli, Milano, 1970</span></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2005). Nuove forme di genitorialità. Riflessioni a partire<span class="apple-converted-space"><strong>&nbsp;</strong></span>da un caso di procreazione assistita<strong>,</strong><em>Interazioni</em>, 1, 23, pp. 43-52, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2012), Quelques brèves réflexions sur la fonction paternelle, in: Korff Sausse S., Sacco F. (eds), <i>Être père aujourd’hui. Un modèle à réinventer</i>, In Press, Paris, collection SEPEA.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2013), Family myths and pathological links, in: Nicolò A.M, Benghozi P., Lucarelli D. (eds), <i>Families in Transformation</i>, Karnac, London (in stampa).</span></p> <p class="Default" style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000; font-family: arial,helvetica,sans-serif;">Nunziante Cesàro A. (a cura di) (2000). <i>Il bambino che viene dal freddo</i>, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p class="Default" style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000; font-family: arial,helvetica,sans-serif;">Racamier P.-C. (1995), <i>L’incesto e l’incestuale</i>, FrancoAngeli, Milano, 2003. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Recalcati M. (2011), <i>Cosa resta del padre?</i>, Cortina, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Tavazza G. (2006). <i>La funzione genitoriale tra stabilità e cambiamento</i>, relazione presentata ai Seminari <strong><span style="font-weight: normal;">ASL-SPI Firenze (31 Marzo 2006), <a href="http://www.spi-firenze.it">www.spi-firenze.it</a>.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Winnicott W.D. (1965), <i>The family and Individual Development</i>, Tavistock London (trad. it. <i>La famiglia e lo sviluppo dell’individuo</i>, Armando, Roma, 1968).</span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;"> 1 Come le coppie di fatto, le famiglie monoparentali, le famiglie ricostituite, le famiglie miste per religione o razza, le famiglie con adozioni internazionali, le famiglie con uno o più bambini nati da fecondazioni artificiali, le coppie omosessuali e omogenitoriali, le adozioni effettuate da coppie omosessuali, i cambiamenti di genere sessuale, le patologie da internet, le nuove forme di socializzazione telematica.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;"> 2 Il mito nella famiglia collega differenti livelli della realtà e la sua grande importanza nasce dalla sua capacità di essere un intercodice. Esso è la trasformazione narrativa e fantasmatica di un evento storico reale ed è espressione di una fantasia inconscia del gruppo familiare intorno a quella esperienza. Corrao afferma che il mito fornisce in maniera discorsiva una verità che non può essere trasmessa per definizione diretta (Corrao, citato in Bonfiglio, 2013).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"> 3 In una delle tante versioni del mito,questi gli enigmi della sfinge: «Qual è l'essere che cammina ora a quattro gambe, ora a due, ora a tre e che, contrariamente alla legge generale, più gambe ha più manifesta la propria debolezza?». Esisteva anche un altro enigma, meno noto: «Ci sono due sorelle, delle quali l'una genera l'altra, e delle quali la seconda, a sua volta, genera la prima. Chi sono?». Edipo rispose ad ambedue gli enigmi: il primo era l'uomo, perchécammina a quattro gambe durante l’infanzia, poi a due, e infine a tre appoggiandosi in vecchiaia ad un bastone; al secondo, rispose il Giorno e la Notte.</span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano il <span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i><span style="color: windowtext;">9 novembre 2013 - </span></i><i><span style="line-height: 150%; color: windowtext;">GIORNATE APERTE: LE NUOVE GENITORIALITA’</span></i></span></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i><span style="line-height: 150%; color: windowtext;">Vedi anche</span></i></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><span style="line-height: 150%; color: windowtext;"><a style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 16px; color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;"></span></a><a style="font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;" href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=868:origini-e-percorsi-delle-famiglie-omogenitoriali&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;">Porzio Giusto L., Origini e percorsi delle famiglie omogenitoriali. 2019</span></a></span></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Report di Adriana D'Arezzo su "Psicoanalisi e società: Le nuove genitorialità", 9 novembre 2013</span></a></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> </div></div> <div class="feed-description"><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i>&nbsp;</i></span></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Gli studi psicoanalitici, sociologici, antropologici di questi ultimi dieci anni hanno osservato un incremento di nuove configurazioni familiari<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[1]</span></a>. Ma la forma della famiglia si è sempre continuamente trasformata. Claude Lévi-Strauss ,citando differenti popolazioni nelle parti del mondo più disparate, descrive e documenta differenti forme di famiglia e conclude che : l’esistenza della famiglia è necessaria, ma «[…]la forma in cui viene ad esistere è del tutto irrilevante, almeno dal punto di vista di una necessità naturale» (Lévi-Strauss, 1967, p. 165). </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La famiglia occidentale è stata negli ultimi secoli fondata su un accoppiamento coniugale che a seconda dei costumi o delle situazioni socioeconomiche poteva prendersi diretto o indiretto carico e della cura dei bambini piccoli. La sua forma sta attualmente cambiando, ma come psicoanalisti dobbiamo chiederci quali sono gli effetti del cambiamento della forma o se invece essi sono irrilevanti e dovremo piuttosto osservare la capacità della famiglia di espletare le sue funzioni fondamentali. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Molti psicoanalisti si sono cimentati su questa domanda. Meltzer (1983) ci ha detto che la funzione della famiglia è contenere la sofferenza legata alla crescita dei suoi membri, e ha delineato le funzioni introiettive della coppia genitoriale: il generare amore e contenere l’odio, il promuovere la speranza, contenere il dolore depressivo e pensare. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Holding, continuità e stabilità nel rapporto, con&nbsp;sufficiente distacco e una successiva fase di de-accomodamento («un venir meno adattativo»&nbsp;ai&nbsp;bisogni del bambino), sono per Winnicott (1965) elementi fondanti. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Altri, come Aulagner (1984) e Racamier (1995), hanno sottolineato l’importanza della separazione tra i sessi e tra le generazioni, come elemento strutturante un funzionamento che permette la svolgimento dell’edipo. Altri ancora sottolineano l’importanza di una distinzione di confini, dell’esistenza di una membrana o “io pelle della coppia” e di una membrana o “io pelle della famiglia” (Anzieu, 1985, 1986, 1993), distinzioni che mancano nelle famiglie psicotiche.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Queste riflessioni ci permettono di riconsiderare le mutazioni attuali della famiglia e di ridimensionare lo sconcerto che caratterizza molte pubblicazioni psicologiche su questo tema oggi.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Uno di questi cambiamenti è la nostra maggiore libertà nelle scelte coniugali o genitoriali rispetto a modelli relazionali precostituiti e orientati dalle convenienze sociali e da esigenze normative o morali che caratterizzavano il passato. Possiamo scegliere più facilmente il partner che preferiamo, possiamo scegliere con maggiore libertà di avere o no dei figli, se adottarli invece che generarli, se adottare un bambino di un altro colore, se generare un bambino senza alcun problema fisico o abortire un bambino, geneticamente malato e le nuove tecnologie ci aprono scenari molto complessi.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Il fuoco è oggi sulla centralità delle scelte soggettive, non solo come evidenza sociale, ma anche come obiettivo da raggiungere. Non più legami di sangue o obblighi istituzionali ci costringono nella maggior parte dei casi, nell’organizzare i nostri accoppiamenti. Questo ha naturalmente il suo contraltare in certe forme di frammentazione familiare, come le ripetute separazioni coniugali, le famiglie pluriricostituite, che pure per converso possono rappresentare una risorsa sostitutiva nel caso di carenze genitoriali, laddove ad esempio il nuovo compagno di uno dei genitori può svolgere una funzione genitoriale vicaria, carente nella coppia originaria. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La pregnanza del qui ed ora, dell’attuale, del presente prodotta dalla minore importanza della trasmissione intergenerazionale e dall’accentuazione sulla coppia piuttosto che sulla famiglia allargata, genera molteplici effetti.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Uno di essi è la messa a distanza dei fondamenti mitologici e ritualistici che avevano caratterizzato la famiglia, la coppia genitoriale e coniugale nelle precedenti generazioni. La perdita della funzione del mito<a title="" href="#ftn2"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[2]</span></a> o meglio il suo affievolirsi nella trasmissione inter e transgenerazionale è un evento di grande importanza dato che il mito è un modo di trasmettere la conoscenza di un evento, ma anche un codice di comportamento (Nicolò, 2013). Mentre sembra descrivere la realtà, insegna e prescrive piuttosto come la realtà deve essere letta. Il mito può anche rappresentare una sorgente di identificazioni condivise nel gruppo familiare anche se ciascuno può rideclinarlo secondo la propria esperienza individuale. Il rito potremmo considerarlo per certi versi e per certi livelli l’equivalente agito e concreto del mito. La generazione da dove veniamo era piena di riti e conservava i suoi miti. Riti di Natale non solo pubblici ma anche familiari, riti Pasquali che incerte regioni duravano intere settimane, riti battesimali, riti matrimoniali, trasmissione dei nomi di famiglia, abitudini ritualistiche nella parentela, particolari abitini del neonato o della sposa, il corredo, il quadro di famiglia, che venivano trasmesse di generazione in generazione oggi sembrano, ogni giorno di più, messi a distanza. Le coppie di fatto ad esempio senza la celebrazione di un matrimonio ritualizzato, come modalità di fondazione di una famiglia, sono in numero sempre crescente.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Tutto questo ha indebolito l’identità familiare e creato una maggiore difficoltà nello stabilirsi dell’identità individuale. Non a caso il periodo più problematico oggi sul piano del disagio psicologico è l’adolescenza, il periodo cioè della vita cruciale rispetto alla definizione di sé e della propria identità, quando l’adolescente deve trovare in sé e nel patrimonio familiare fantasmatico e in quello internalizzato gli strumenti per la sua rifondazione.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Un’altra delle conseguenze più rilevanti di questo indebolimento è la messa in discussione del ruolo del padre (Carau, 2013; Lucarelli, 2013).</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Un recente progetto di legge ha accolto alcuni di questi cambiamenti sociali e progetta<a title="" href="#ftn3"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[3]</span></a> di inserire aspetti importanti come il superamento del principio di potestà genitoriale, che verrebbe sostituito con quello di responsabilità. Si conferisce così al genitore una funzione di presa in carico e di dovere più che potere e diritto.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Non ruoli, ma funzioni</strong></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Se facciamo però attenzione ci accorgiamo che non si tratta tanto della messa in discussione del ruolo del padre, ma di una crisi della sua funzione e che questa funzione come quella della madre attengono alla genitorialità come stato adulto della mente capace di prendersi carico del bambino interno e di quello reale.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Le funzioni materna o paterna possono essere presenti nel gruppo familiare, nella coppia genitoriale, possono ciascuna essere svolte alternativamente da uno o l’altro dei genitori o da ciascuno dei nonni ad esempio. Pensate che nientedimeno nel 1913 Ernest Jones parlava dell’identificazione con i nonni e in ogni caso assistiamo sempre ad una sorta di diffrazione di queste funzioni nella famiglia. Possiamo ad esempio osservare che il padre ha una capacità di contenimento materno verso la coppia madre-bambino nel momento in cui il bambino è appena nato e la madre regredisce per accogliere i bisogni primitivi del neonato. Anche la madre può avere una funzione paterna e ce l’ha quasi sempre, nel suo permettere la separazione dal figlio, nel suo scegliere il marito come partner favorendo l’installarsi dell’edipo e il suo superamento.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Per parlare di funzioni genitoriali dobbiamo in realtà fare riferimento a concetti plurali.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Genitorialità, coniugalità sono concetti che si riferiscono ad unità multiple, ad esempio la coppia come unità diadica. </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">La genitorialità non è mai correlata con la personalità di un solo soggetto, ma è invece una funzione complessa alla cui costruzione contribuiscono sia il genitore che il figlio, e sicuramente è costruita dalla coppia dei genitori e non ad uno solo di essi. Essa è sia una funzione della mente che l'espressione dell'interazione tra due o più persone solitamente (ma non sempre) identificate nella coppia dei genitori nell'ambito di una famiglia nucleare. Questa funzione perciò non è omologabile al ruolo corrispondente dentro una famiglia. Non è detto, in altre parole, che in una famiglia la funzione genitoriale sia svolta dalle persone che per ruolo sociale sono preposte a questo compito. Può invece essere ritrovata altrove, in altri membri o nella famiglia nel suo insieme. Ciascuna funzione è influenzata da quella complementare corrispondente svolta dall'altro partner e dalla risposta di ciascun figlio a seconda della fase del ciclo vitale. Ci sono, ad esempio, modelli genitoriali funzionanti per bambini piccoli, ma insufficienti o inadeguati in adolescenza. Ci sono figli che cimentano in modo particolare i loro genitori e li inducono in confusione o altri bambini capaci invece di resistere agli attacchi intrusivi che subiscono (Nicolò, 1994, p. 31). </span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Il desiderio di un figlio e una nuova genitorialità</strong></span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Interroghiamoci perciò sulla genitorialità. Cosa significa avere un figlio? Ma è la stessa cosa dell’essere genitori?</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Ci sono in numero crescente coppie che non vogliono avere figli. Soli, senza l’aiuto della famiglia allargata, i membri della coppia fanno fatica ad affrontare quel lavoro psichico complesso che comporta il “mestiere del genitore” (Winnicott, 1965), quel lento apprendimento trasformativo dell’identità basato più su impegno e abnegazione, sulla <i>capacity to concern</i> di cui ci parlava Winnicott che sull’amore <i>tout court</i>. Winnicott diceva di diffidare tanto delle persone che dicono “mi piacciono tanto i bambini!!”.</span></p> <p><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Il desiderio di un bambino ancor prima della sua nascita è un evento complesso.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Selma Fraiberg (1975) distingue tre bambini: quello della mente che è l'equivalente del bambino fantasmatico di Lebovici (1994), un bambino cioè figlio dei fantasmi inconsci dei genitori; il bambino del cuore, che coinvolge invece il progetto affettivo dei genitori e delle loro famiglie di origine; e infine il bambino reale, che con la sua nascita e la sua presenza concreta rimette in discussione i primi due e ne comporta il ridimensionamento e la disillusione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Dal punto di vista della distinzione tra i tre bambini di cui ci parlava la Fraiberg, il processo per diventare genitori comporta un doppio lutto: sia una rinuncia a vedere il bambino solo in se stessi perché c'è un bambino reale nuovo nato, sia il ridimensionamento del bambino fantasticato e immaginario, il bambino della mente e del cuore della Fraiberg a favore del bambino reale, meno ideale ma presente.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Qualsiasi bambino rappresenta una parte del sé del genitore, una parte del partner, ma anche un oggetto nuovo, altro da sé che per questa sua quota estranea diventa straniero e perciò perturbante.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Questo bambino reale attiverà inoltre una trasformazione straordinaria che riattualizzando le tematiche edipiche, consentirà il superamento dei fantasmi di fusione con i propri oggetti parentali, che hanno trovato nella fusione della coppia coniugale una prima tappa evolutiva. Per certi versi potremmo dire che avere un figlio ci libera dai nostri genitori e avere un figlio ci matura, perfezionando quell'identità personale e di genere che da sempre abbiamo cominciato a costruire. Avere un figlio poi cimenta e modifica l'essere coppia coniugale perché inserisce la coppia nella continuità generazionale, riequilibra la coppia quando è troppo centrata narcisisticamente su se stessa. Il lavoro per diventare un genitore è perciò un processo complesso che non attiene solo all'amore narcisistico per il figlio, come affermava Freud.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Alcune persone hanno figli, ma non avviano un processo che li genitorializza, che modifica perciò la loro identità in questo senso.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Questa distinzione tra avere un figlio ed essere genitore è molto importante perché nelle situazioni più patologiche è il primo aspetto che prevale, e questo cimenta molto i genitori oggi, in particolare i genitori che affrontano nuove forme di genitorialità, come la fecondazione artificiale, l'adozione internazionale o le famiglie multietniche. Queste situazioni possono apparire diversissime, ma sembrano alla fine accomunate in un punto specifico: l’incapacità di sviluppare una genitorialità simbolica e l’importanza di accogliere l'alieno, la necessità di affiliarlo ed elaborare il profondo perturbamento dell'identità che questi eventi hanno comportato. Perché è questo in effetti il punto cruciale: tutti questi funzionamenti ci sfidano ad un nuovo concetto di identità e mettono in discussione il concetto di identità a cui siamo abituati.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Il possibile divario tra coniugalità e genitorialità </strong></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In certe situazioni la sterilità di coppia è espressione di un profondo rifiuto tra i partner che invece la fecondazione artificiale forza in un ruolo reciproco e in un legame che essi emotivamente rifiutano, ma che per ragioni culturali, sociali o varie si obbligano a mantenere. La nascita del bambino a questo punto paradossalmente può precipitare la crisi della coppia dato che la presenza reale di un figlio è ben altra cosa delle fantasie che la coppia aveva prima di volerlo concepire a tutti i costi. Così all'onnipotenza e alla strumentalizzazione che avevano portato ad “acquistare il bambino” come si sarebbe potuta acquistare un'autovettura, segue il crollo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In queste situazioni ci possono essere disconoscimenti della paternità che sono una delle piaghe che accompagnano queste esperienze, che per altro nelle versioni positive sono invece di grande arricchimento.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Conclusioni</strong></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Per risolvere i problemi che ci sono posti da queste nuove realtà, dobbiamo cominciare a pensare alle diverse forme di genitorialità, coesistenti nella stessa famiglia. Le esperienze a cui ho fatto riferimento ci costringono a distinguere tra vari tipi di genitorialità: biologica, sociale, legale, del gruppo familiare (per quanto attiene alla trasmissione dell'identità familiare e dei miti familiari), ma di tutte queste forme, la più importante, è quella che in un vecchio lavoro ho chiamato “genitorialità simbolica” (Nicolò, 2005, p. 51). Mentre le prime tre sono facilmente comprensibili, voglio specificare l'ultima, anche perché sembra essere più significativa. Essa è quella situazione nella quale i genitori si prendono carico della crescita psicologica del figlio investendolo dei contenuti simbolici che qualificano quella filiazione specifica,e colloca il bambino all'interno di una rete di relazioni emotive del genitore, della coppia genitoriale e della rete intergenerazionale familiare e lo costituisce al contempo come soggetto-oggetto del desiderio, quello genitoriale e quello proprio. Questo concetto di genitorialità simbolica può qualificare sia il processo per diventare genitori che si ritrova nelle famiglie più classiche, sia quello che occorre fondare nelle famiglie adottive, monoparentali, omoparentali o ricostituite, o anche nella genitorialità di bambini nati dalla fecondazione artificiale.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Una genitorialità cioè che trasmette simboli e perciò determina una affiliazione sia al genitore che alla coppia genitoriale e alla famiglia nella sua continuità, ma anche consente il generarsi di una capacità simbolica nel figlio stesso e attende pazientemente lo svilupparsi di questo processo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">In un circuito virtuoso e reciprocamente influenzantesi, uno dei problemi più rilevanti che esiste nelle coppie genitoriali è perciò proprio a carico di questa genitorialità simbolica che nella coppia senza problemi trova nel momento del concepimento naturale uno dei suoi momenti culminanti, ma non sempre. </span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Il mito di Edipo ci continua a perturbare anche a questo proposito e come voi sapete, è stato oggetto di numerose interpretazioni diverse, letterarie, psicoanalitiche.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Carico di fantasmi persecutori, il piccolo Edipo viene abbandonato dalla sua famiglia naturale, incapace di una genitorialità simbolica, presa al suo interno da una dinamica persecutoria, incestuale e figlicida e da un segreto trans generazionale, la pedofilia di Laio. Trova invece nella famiglia di Corinto, famiglia adottiva, il suo accoglimento, il suo contenimento. La famiglia di Corinto lo sostiene e gli consente la separazione, il viaggio all’incontro di se stesso, confrontandosi con l’ignoto e l’alieno, la sfinge che gli pone tra le tante una domanda che lo interroga sull’identità dell’uomo e sul senso del tempo<a title="" href="#ftn4"><span style="vertical-align: super; color: #000000;">[4]</span></a>.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Egli supererà questo scoglio, metafora del cammino della sua soggettivazione.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Ma sarà il segreto allora, il vuoto nella comunicazione che trasporta con sé elementi fantasmatici bruti e non elaborati, prodotti dal funzionamento traumatico dei suoi genitori biologici, e mantenuto dal funzionamento familiare dei suoi genitori adottivi, a segnare il suo futuro e perciò il suo ritorno a Tebe per compiere l’atroce fato che lo possiede senza che ne sia consapevole. Edipo continuerà per tutta la vita la sua ricerca di un’appartenenza che gli era stata negata.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Una genitorialità simbolica permette lo sviluppo di un’analoga capacità nel figlio e nasce dall’accettazione del limite, limite tra i sessi e tra le generazioni, limite della nostra onnipotenza come genitori e come figli.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Sono perciò non tanto i cambiamenti della forma famiglia a incidere nella trasformazione dell’identità e nella comparsa di nuove patologie e/o di nuove forme di patologia, ma invece la perdita delle funzioni simboliche di essa.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><strong>Bibliografia</strong></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">AA.VV. (1994), Coniugalità e genitorialità, <i>Interazioni</i>, n. 2-1994, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2001), Nuovi scenari familiari: famiglia e mito tra stabilità e cambiamento, <i>Interazioni</i>, n.1-2001/15 (a cura di Brignone A., Lucarelli D., Tavazza G.),</span> FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2002), Famiglie ricostituite e nuove filiazioni, <i>Interazioni</i>, n.1-2002/17 (a cura di Brignone A., Lucarelli D., Tavazza G.),</span> FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">AA.VV. (2005), Genitorialità in cambiamento, <i>Interazioni</i>, n.1-2005/23 (a cura di Lucarelli D., Nicolò A.M., Tavazza G.), </span>FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Anzieu D. (1986), Introduzione allo studio delle funzioni dell’Io-pelle nella coppia, <i>Interazioni</i>, 1/1993, pp. 75-79, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Anzieu D. (1993), L’Io-pelle familiare e gruppale, <i>Interazioni</i>, 1, 7, 1996, pp. 9-17, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <h3 style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-weight: normal;">Aulagnier P. (1984), <i>L'apprenti historien et le maître-sorcier: </i><i>du discours identifiant au discours délirant</i>, PUF, Paris.</span></h3> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Bonfiglio B. (2013), Relazione di apertura all’anno didattico 2013 dell’I.N.T.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span class="apple-converted-space" style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Carau B. (2013), <i>“Il paterno nella coppia”: Appunti per una discussione</i>, relazione presentata al seminario Sipsia “Il paterno nella coppia” (19/10/2013).</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span class="apple-converted-space">Chianese D.</span><span class="apple-converted-space"> (2007), “La linea d’ombra” dell’eredità: la psicoanalisi di fronte al futuro, <i>Psiche</i>, 2, 2008, pp.167-177.</span></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span class="apple-converted-space" style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Corrao F., cit. in Bonfiglio 2013.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span class="apple-converted-space">Deleuze G., Guattari F. (1972),&nbsp;</span><cite>L'Anti-Edipo</cite><cite><span style="font-style: normal;">,</span></cite><span class="apple-converted-space">&nbsp;Minuit, Paris </span><cite><span style="font-style: normal;">(Einuadi, Torino, 2002).</span></cite></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Fraiberg S., Adelson E., Shapiro V. (1975), Ghosts in the nursery: a psychoanalytic approach to the problem of impaired infant-mother relationships, <i>J. Amer. Acad. Child Psychiat</i>., 14: 387–422.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1912-1913), Totem e tabù, <i>O.S.F</i>, vol. 7. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1929), Il disagio della civiltà, <i>O.S.F</i>, vol. 10. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Freud S. (1934-1938), Mosè e il monoteismo, <i>O.S.F</i>, vol. 11. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Jones E. (1913), La fantasia del capovolgimento delle generazioni, in: <i>Teoria del simbolismo. Scritti sulla sessualità femminile</i> (1948), Astrolabio, Roma, 1972. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">Kaës, R. (2005). Il futuro in eredità. Un rovesciamento della prospettiva intergenerazionale a proposito del complesso del nonno.<i>Quaderni di psicoterapia infantile</i>,50 – Paura del futuro (a cura di M. Lugones, M.L. Algini), pp. 27-42.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lacan J. (1938), <i>I complessi familiari nella formazione dell’individuo. Saggio di analisi di una funzione in psicologia</i>, Einaudi, Torino, 2005. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lebovici S. (1994), Le interazioni fantasmatiche, <i>Interazioni</i>, n.1/1997, FrancoAngeli, Milano, pp.32-42.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Lévi-Strauss C. (1938). <i>Razza e storia e altri studi di antropologia</i>, Einuadi, Torino, 1967.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Lucarelli D. (2013), <i>Commento a “Il paterno nella coppia” di Bachisio Carau</i>, seminario SIPsIA “il paterno nella coppia” (19/10/2013).</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Meltzer D., Harris M. (1983), <i>Child, Family and Community: a Psycho-Analytical Model of the Learning Process</i>, Organization of Economic Co-operation and Development, Paris (trad. It. <i>Il ruolo educativo della famiglia</i>, Centro Scientifico Torinese, Torino 1986). </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><em><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%; font-style: normal;">Mitscherlich A. (1963)</span></em><span style="background: white none repeat scroll 0% 0%;">,<em>Verso una società senza padri</em>, Feltrinelli, Milano, 1970</span></span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; background: white none repeat scroll 0% 0%; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2005). Nuove forme di genitorialità. Riflessioni a partire<span class="apple-converted-space"><strong>&nbsp;</strong></span>da un caso di procreazione assistita<strong>,</strong><em>Interazioni</em>, 1, 23, pp. 43-52, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2012), Quelques brèves réflexions sur la fonction paternelle, in: Korff Sausse S., Sacco F. (eds), <i>Être père aujourd’hui. Un modèle à réinventer</i>, In Press, Paris, collection SEPEA.</span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Nicolò A.M. (2013), Family myths and pathological links, in: Nicolò A.M, Benghozi P., Lucarelli D. (eds), <i>Families in Transformation</i>, Karnac, London (in stampa).</span></p> <p class="Default" style="margin-left: 14.2pt; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000; font-family: arial,helvetica,sans-serif;">Nunziante Cesàro A. (a cura di) (2000). <i>Il bambino che viene dal freddo</i>, FrancoAngeli, Milano.</span></p> <p class="Default" style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-size: 10pt; color: #000000; font-family: arial,helvetica,sans-serif;">Racamier P.-C. (1995), <i>L’incesto e l’incestuale</i>, FrancoAngeli, Milano, 2003. </span></p> <p style="margin-left: 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;">Recalcati M. (2011), <i>Cosa resta del padre?</i>, Cortina, Milano.</span></p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;">Tavazza G. (2006). <i>La funzione genitoriale tra stabilità e cambiamento</i>, relazione presentata ai Seminari <strong><span style="font-weight: normal;">ASL-SPI Firenze (31 Marzo 2006), <a href="http://www.spi-firenze.it">www.spi-firenze.it</a>.</span></strong></span></p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-align: justify; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt 14.2pt; text-indent: -14.2pt; line-height: 10pt; background: white none repeat scroll 0% 0%;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Winnicott W.D. (1965), <i>The family and Individual Development</i>, Tavistock London (trad. it. <i>La famiglia e lo sviluppo dell’individuo</i>, Armando, Roma, 1968).</span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000;"> 1 Come le coppie di fatto, le famiglie monoparentali, le famiglie ricostituite, le famiglie miste per religione o razza, le famiglie con adozioni internazionali, le famiglie con uno o più bambini nati da fecondazioni artificiali, le coppie omosessuali e omogenitoriali, le adozioni effettuate da coppie omosessuali, i cambiamenti di genere sessuale, le patologie da internet, le nuove forme di socializzazione telematica.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; color: #000000; font-size: 10pt;"> 2 Il mito nella famiglia collega differenti livelli della realtà e la sua grande importanza nasce dalla sua capacità di essere un intercodice. Esso è la trasformazione narrativa e fantasmatica di un evento storico reale ed è espressione di una fantasia inconscia del gruppo familiare intorno a quella esperienza. Corrao afferma che il mito fornisce in maniera discorsiva una verità che non può essere trasmessa per definizione diretta (Corrao, citato in Bonfiglio, 2013).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"> 3 In una delle tante versioni del mito,questi gli enigmi della sfinge: «Qual è l'essere che cammina ora a quattro gambe, ora a due, ora a tre e che, contrariamente alla legge generale, più gambe ha più manifesta la propria debolezza?». Esisteva anche un altro enigma, meno noto: «Ci sono due sorelle, delle quali l'una genera l'altra, e delle quali la seconda, a sua volta, genera la prima. Chi sono?». Edipo rispose ad ambedue gli enigmi: il primo era l'uomo, perchécammina a quattro gambe durante l’infanzia, poi a due, e infine a tre appoggiandosi in vecchiaia ad un bastone; al secondo, rispose il Giorno e la Notte.</span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano il <span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i><span style="color: windowtext;">9 novembre 2013 - </span></i><i><span style="line-height: 150%; color: windowtext;">GIORNATE APERTE: LE NUOVE GENITORIALITA’</span></i></span></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><i><span style="line-height: 150%; color: windowtext;">Vedi anche</span></i></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: arial,helvetica,sans-serif; font-size: 10pt; color: #000000;"><span style="font-size: 10pt; font-family: arial,helvetica,sans-serif;"><span style="line-height: 150%; color: windowtext;"><a style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 16px; color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;"></span></a><a style="font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-size: 14px;" href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=868:origini-e-percorsi-delle-famiglie-omogenitoriali&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;">Porzio Giusto L., Origini e percorsi delle famiglie omogenitoriali. 2019</span></a></span></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt; color: #0000ff;"><a style="color: #8c0000;" href="https://www.centropsicoanalisiromano.it/attivita-scientifica/archivio-eventi-report/405-report-le-nuove-genitorialita.html"><span style="color: #0000ff;">Report di Adriana D'Arezzo su "Psicoanalisi e società: Le nuove genitorialità", 9 novembre 2013</span></a></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> </div></div> De Intinis G., Crescere nel tempo di Internet: le nuove forme comunicative e i giochi virtuali cambiano l’analisi? 2015 2018-01-23T13:29:34+01:00 2018-01-23T13:29:34+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/667-crescere-nel-tempo-di-internet-le-nuove-forme-comunicative-e-i-giochi-virtuali-cambiano-l-analisi.html De Intinis Gabriella biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #231f20;">Non c’è ragazzo che arrivi in seduta senza uno smartphone che gli permette di essere connesso in rete, ricevere e inviare messaggi dalle chat spesso anche durante la seduta. Se è pensabile che un adulto spenga il cellulare, con gli adolescenti ciò non accade quasi mai. </span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">I ragazzi fanno entrare nella relazione analitica anche i videogiochi sia attraverso il racconto, sia non di rado in modo diretto. Questi due semplici fatti ci inducono ad interrogarci se adolescenti e analisti siano oggi separati solo da una distanza generazionale o facciano parte di due specie diverse. In particolare cosa è cambiato nei processi associativi, che tessono il dialogo analitico e nella capacità di giocare che sostanzia lo sviluppo del processo terapeutico? </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Tratteggerò un breve profilo, per come emerge dalle ricerche comparse in letteratura, rispetto allo sviluppo delle rappresentazioni, della comunicazione e della gestione psichica delle emozioni nella generazione che ha utilizzato l’informatica sin dai primi anni di vita, di chi cioè è un «nativo digitale». </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Un analista è al contrario un «immigrato digitale» ed ha una serie di caratteristiche relazionali diverse da quelle che stanno sviluppando i ragazzi. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La capacità di concentrazione focalizzata di chi si è formato attraverso la lettura e la scrittura rispetto alla capacità delle nuove generazioni di gestire in parallelo diversi contenuti informativi sembra avere un peso nel modo di conoscere la realtà. La modalità dei ragazzi di costruire le rappresentazioni non è lineare e l’apprendimento procede per esperienza e per approssimazioni successive (Prensky, 2001; Carr, 2011; Ferri, 2011). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Indagare e sottolineare la differenza non comporta ovviamente un giudizio di valore, in quanto non è dimostrato che queste nuove modalità di costruzione della conoscenza ostacolino la capacità degli adolescenti di pensare in modo approfondito e creativo. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La comunicazione orale impegna tutto il corpo e il processo con cui vengono comunicate le libere associazioni non è confinato al registro verbale, ma attraverso quello mimico-gestuale-posturale, permette l’espressione di esperienze soggettive primarie (Roussillon, 2009). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">I messaggi digitali di cui i ragazzi fanno ampio uso sono invece incorporei (Ong,1986). L’esigenza di impegnare il corpo nel mondo virtuale e le interfacce sensoriali sono una delle nuove frontiere del mondo digitale, ma al momento lo stile comunicativo dei ragazzi è molto diverso da quello intersoggettivo. Un uso costante e massiccio delle tecnologie digitali fa sì che gli adolescenti stiano sperimentando, oltre ad un modo diverso di comunicare, differenti schemi di interpretazione della realtà e anche di costruzione dell’identità. Essi mettono parti importanti di sé su Facebook e You Tube, sembrano vivere nello e sullo schermo, abitare nei social network, in modo simile a quello in cui abitano il mondo reale. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">C’è un desiderio di immediatezza molto forte, le risposte seguono le domande senza soluzione di continuità, anche se poi paradossalmente i ragazzi vivono in una perenne attesa di contatto. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Anche lo stile emotivo registra un cambiamento in quanto la tecnologia permette di esprimere le emozioni mentre si stanno formando e i sentimenti non sono pienamente vissuti finché non vengono comunicati (Turkle, 2012). Le protesi comunicative ed espressive digitali contribuiscono attivamente a delineare il perimetro del loro sé e del loro agire (Moriggi, Nicoletti, 2009). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Un ulteriore fenomeno ricco di possibilità di modificare lo sviluppo e quindi anche l’interazione analitica con i più giovani è l’uso diffuso dei videogiochi che varcano anche concretamente la soglia della stanza di terapia e che alcuni analisti hanno integrato fra i giochi possibili. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Nei videogiochi vi è la mobilitazione di una forte intensità emozionale, indipendentemente dal loro contenuto.</span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La differenza fra il videogioco che crea dipendenza e quello che permette una crescita scaturisce proprio dalla capacità del giocatore di contenere ed elaborare sensazioni e emozioni (o protoemozioni) suscitate in lui dal gioco stesso. Emozioni che sono vere e indistinguibili da quelle provate in contesti reali. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La struttura di alcuni videogiochi, ad esempio quelli di guerra, mobilitano emozioni primarie quali paura rabbia e tristezza che facilmente eccedono la capacità di contenimento e che stimolano comportamenti di attacco/fuga. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Tisseron (2009) sottolinea che la ricerca di sensazioni e di eccitazione non è separabile da un’esigenza di attribuzione di significato; tuttavia il bagno di eccitazioni multiformi nel quale il giocatore si immerge evoca una situazione simile a quella dello sviluppo primario in cui sensazioni e protoemozioni sono alla ricerca di un contenitore prima ancora che un significato. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Possiamo ipotizzare che alcuni giochi immersivi, cioè in grado di generare attraverso dei guanti o un caschetto high tech la sensazione di essere all’interno della realtà virtuale e di interagire fisicamente con gli oggetti, produrranno ulteriori modificazioni nel processo relazionale (Civitarese, 2008). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Qualcosa di questi fenomeni possiamo intravederla attraverso i giochi di ruolo in cui il giocatore, identificato con un suo avatar, può non solo determinare gli sviluppi della storia, ma influire e interagire con altri utenti collegati che rimangono anonimi e che variano di giorno in giorno (Marzi, 2013). Questa spersonalizzazione dell’interlocutore modifica profondamente l’esperienza del gioco intersoggettivo. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; line-height: 150%; text-align: center;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=592:crescere-nel-tempo-di-internet-le-nuove-forme-comunicative-e-i-giochi-virtuali-cambiano-l-analisi&amp;catid=107:archivio-lavori-2001-2009&amp;Itemid=44"><strong>LEGGI TUTTO</strong></a></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; line-height: 150%; text-align: justify;"><strong>Vedi anche</strong></p> <p><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=977:papuzza-e-bambini-e-adolescenti-iperconnessi-in-epoca-di-pandemia-2020&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">Papuzza E., Bambini e adolescenti iperconnessi in epoca di pandemia. 2020</a></p></div> <div class="feed-description"><p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;">&nbsp;</p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="color: #231f20;">Non c’è ragazzo che arrivi in seduta senza uno smartphone che gli permette di essere connesso in rete, ricevere e inviare messaggi dalle chat spesso anche durante la seduta. Se è pensabile che un adulto spenga il cellulare, con gli adolescenti ciò non accade quasi mai. </span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">I ragazzi fanno entrare nella relazione analitica anche i videogiochi sia attraverso il racconto, sia non di rado in modo diretto. Questi due semplici fatti ci inducono ad interrogarci se adolescenti e analisti siano oggi separati solo da una distanza generazionale o facciano parte di due specie diverse. In particolare cosa è cambiato nei processi associativi, che tessono il dialogo analitico e nella capacità di giocare che sostanzia lo sviluppo del processo terapeutico? </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Tratteggerò un breve profilo, per come emerge dalle ricerche comparse in letteratura, rispetto allo sviluppo delle rappresentazioni, della comunicazione e della gestione psichica delle emozioni nella generazione che ha utilizzato l’informatica sin dai primi anni di vita, di chi cioè è un «nativo digitale». </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Un analista è al contrario un «immigrato digitale» ed ha una serie di caratteristiche relazionali diverse da quelle che stanno sviluppando i ragazzi. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La capacità di concentrazione focalizzata di chi si è formato attraverso la lettura e la scrittura rispetto alla capacità delle nuove generazioni di gestire in parallelo diversi contenuti informativi sembra avere un peso nel modo di conoscere la realtà. La modalità dei ragazzi di costruire le rappresentazioni non è lineare e l’apprendimento procede per esperienza e per approssimazioni successive (Prensky, 2001; Carr, 2011; Ferri, 2011). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Indagare e sottolineare la differenza non comporta ovviamente un giudizio di valore, in quanto non è dimostrato che queste nuove modalità di costruzione della conoscenza ostacolino la capacità degli adolescenti di pensare in modo approfondito e creativo. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La comunicazione orale impegna tutto il corpo e il processo con cui vengono comunicate le libere associazioni non è confinato al registro verbale, ma attraverso quello mimico-gestuale-posturale, permette l’espressione di esperienze soggettive primarie (Roussillon, 2009). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">I messaggi digitali di cui i ragazzi fanno ampio uso sono invece incorporei (Ong,1986). L’esigenza di impegnare il corpo nel mondo virtuale e le interfacce sensoriali sono una delle nuove frontiere del mondo digitale, ma al momento lo stile comunicativo dei ragazzi è molto diverso da quello intersoggettivo. Un uso costante e massiccio delle tecnologie digitali fa sì che gli adolescenti stiano sperimentando, oltre ad un modo diverso di comunicare, differenti schemi di interpretazione della realtà e anche di costruzione dell’identità. Essi mettono parti importanti di sé su Facebook e You Tube, sembrano vivere nello e sullo schermo, abitare nei social network, in modo simile a quello in cui abitano il mondo reale. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">C’è un desiderio di immediatezza molto forte, le risposte seguono le domande senza soluzione di continuità, anche se poi paradossalmente i ragazzi vivono in una perenne attesa di contatto. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Anche lo stile emotivo registra un cambiamento in quanto la tecnologia permette di esprimere le emozioni mentre si stanno formando e i sentimenti non sono pienamente vissuti finché non vengono comunicati (Turkle, 2012). Le protesi comunicative ed espressive digitali contribuiscono attivamente a delineare il perimetro del loro sé e del loro agire (Moriggi, Nicoletti, 2009). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Un ulteriore fenomeno ricco di possibilità di modificare lo sviluppo e quindi anche l’interazione analitica con i più giovani è l’uso diffuso dei videogiochi che varcano anche concretamente la soglia della stanza di terapia e che alcuni analisti hanno integrato fra i giochi possibili. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Nei videogiochi vi è la mobilitazione di una forte intensità emozionale, indipendentemente dal loro contenuto.</span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La differenza fra il videogioco che crea dipendenza e quello che permette una crescita scaturisce proprio dalla capacità del giocatore di contenere ed elaborare sensazioni e emozioni (o protoemozioni) suscitate in lui dal gioco stesso. Emozioni che sono vere e indistinguibili da quelle provate in contesti reali. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">La struttura di alcuni videogiochi, ad esempio quelli di guerra, mobilitano emozioni primarie quali paura rabbia e tristezza che facilmente eccedono la capacità di contenimento e che stimolano comportamenti di attacco/fuga. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Tisseron (2009) sottolinea che la ricerca di sensazioni e di eccitazione non è separabile da un’esigenza di attribuzione di significato; tuttavia il bagno di eccitazioni multiformi nel quale il giocatore si immerge evoca una situazione simile a quella dello sviluppo primario in cui sensazioni e protoemozioni sono alla ricerca di un contenitore prima ancora che un significato. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Possiamo ipotizzare che alcuni giochi immersivi, cioè in grado di generare attraverso dei guanti o un caschetto high tech la sensazione di essere all’interno della realtà virtuale e di interagire fisicamente con gli oggetti, produrranno ulteriori modificazioni nel processo relazionale (Civitarese, 2008). </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; line-height: 150%;"><span><span style="color: #231f20;">Qualcosa di questi fenomeni possiamo intravederla attraverso i giochi di ruolo in cui il giocatore, identificato con un suo avatar, può non solo determinare gli sviluppi della storia, ma influire e interagire con altri utenti collegati che rimangono anonimi e che variano di giorno in giorno (Marzi, 2013). Questa spersonalizzazione dell’interlocutore modifica profondamente l’esperienza del gioco intersoggettivo. </span></span></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; line-height: 150%; text-align: center;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=592:crescere-nel-tempo-di-internet-le-nuove-forme-comunicative-e-i-giochi-virtuali-cambiano-l-analisi&amp;catid=107:archivio-lavori-2001-2009&amp;Itemid=44"><strong>LEGGI TUTTO</strong></a></p> <p style="margin-bottom: 0.0001pt; line-height: 150%; text-align: justify;"><strong>Vedi anche</strong></p> <p><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=977:papuzza-e-bambini-e-adolescenti-iperconnessi-in-epoca-di-pandemia-2020&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">Papuzza E., Bambini e adolescenti iperconnessi in epoca di pandemia. 2020</a></p></div> Imparato G. - Ferite sul corpo, ferite nell’anima. Condotte autolesive in prima adolescenza. Tra Psicoanalisi e Neuroscienze. 2015 2016-01-05T14:58:04+01:00 2016-01-05T14:58:04+01:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/998-ferite-sul-corpo-ferite-nell-anima-condotte-autolesive-in-prima-adolescenza-tra-psicoanalisi-e-neuroscienze-2.html Imparato Giampaolo biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Inizialmente, è nato tutto per scherzo, a scuola si parlava di persone che si tagliavano, poi una mia amica mi ha confidato che lo faceva e che poi si sentiva meglio, ho provato anch’io, era un modo di sfogarmi….poi ho avuto l’ idea di bruciarmi sui polpastrelli…</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Resoconti dai contenuti simili a quello appena riferito sono divenuti familiari negli ultimi anni a chi quotidianamente si confronta con il disagio adolescenziale e con le sue manifestazioni sintomatiche come le Condotte Autolesive non Suicidarie, categoria diagnostica introdotta nell’ultima edizione del DSM (2013), come è noto, per descrivere una sintomatologia che, al di là delle questioni nosografiche, nel corso degli ultimi anni è divenuta molto diffusa, soprattutto in adolescenza. Si tratta, infatti, di sintomatologie che esordiscono, spesso, nella prima adolescenza , che in molti casi si esauriscono durante l’adolescenza perché espressione di un disagio che portato sulla pelle, alla “superficie”, viene in qualche modo, con un sostegno da parte dell’ambiente, superato. In altri casi la scomparsa della condotta specifica non viene a corrispondere ad un esaurimento delle condizioni che l’hanno sostenuta, ma piuttosto ad un loro incistamento o involuzione, che verrà ad esprimersi con varie forme compreso, in alcuni casi, il passaggio ad atti di tipo suicidario. </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">E’ indubitabile quindi che tale condotta rappresenti perlomeno una condizione di rischio psicopatologico da non sottovalutare. In effetti l’attuale andamento “epidemico” di comportamenti autolesionistici negli adolescenti, in particolare nelle adolescenti, sembra inserirsi nelle forme cliniche culture-bound che hanno nelle anoressie e bulimie le condizioni cliniche attualmente più rilevanti. Si è parlato, a proposito dell’incremento di tali condotte, di anoressia new age; verrebbe da dire anche, almeno apparentemente: low cost. Una guerra a bassa intensità, comunque logorante, che l’adolescente avvia con il proprio Sé e il proprio corpo nel momento in cui fisiologicamente si trova a confrontarsi con l’esigenza di iniziare a definire un’identità corporea e mentale. Condotte che l’adolescente sembra mettere in atto per contrastare il contatto con intollerabili affetti negativi, che si verifica quando emerge una rappresentazione del Sé fortemente “inadeguato”, a fronte di una rappresentazione dell’altro, dell’oggetto, scarsamente accogliente e tollerante, nonché fortemente svalutante. Il self-cutting, quindi, si propone di primo acchito come affezione della pelle, o meglio, ricordando Anzieu (1987), dell’io-pelle, evocativamente, autoimmunitaria. Una sorta di “dermatite autoimmune” che segnala il non riconoscimento, la non accettazione, di parti del sé e del corpo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> Le neuroscienze hanno confermato d’altronde quanto corpo e mente siano due aspetti della stessa sostanza<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">[1]</span></span></a>. Identità tra corpo e mente che trova nel cervello il suo cardine, il suo luogo di articolazione. E’ ormai patrimonio comune il dato che i cambiamenti che sperimenta il soggetto in età evolutiva nell’attraversare l’adolescenza non sono sostenuti solo dai fenomeni ormonali, ma anche da consistenti e paralleli fenomeni di trasformazione del cervello . Potremmo dire che le trasformazioni fisiche dell’adolescente riguardano il suo intero corpo a partire dal cervello. Tali trasformazioni appaiono sostenute dallo scopo di “attrezzare” progressivamente il teenager a divenire sempre più autonomo e a consolidare man mano un senso di identità personale. Sotto questo punto di vista l’esigenza di mettersi alla prova e la ricerca di novità rappresentano delle esperienze necessarie a favorire un maggiore senso di sicurezza e di padroneggiamento della realtà e del proprio corpo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Questi aspetti possono rivestire un ruolo anche nel favorire l’accesso, di alcuni adolescenti in difficoltà, a condotte come il self cutting , sulla base di una esigenza di ricerca di novità, che in questo caso viene messa soprattutto al servizio della necessità di mettere a punto dispositivi che, contenendo l’angoscia, restituiscano un senso di controllo sulla propria minacciata realtà personale. Dobbiamo peraltro considerare, a proposito della propensione alla “novelty seeking” tipica della fase di sviluppo, che la diffusione delle pratiche autolesionistiche in adolescenza è la conseguenza della “appropriazione” di comportamenti che originariamente erano messi principalmente in atto da persone con particolari caratteristiche o in particolari condizioni (soggetti con gravi disturbi di personalità o psicosi o esposti a condizioni particolari come la detenzione in carcere ecc..) aspetto che d’altro canto è ravvisabile nei “trattamenti” sul corpo, come piercing e tatuaggi, generalmente non connotabili, come ci ricorda Lemma (2011), in senso psicopatologico.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Quando incontro Claudia, 14 anni, ella da alcuni mesi si ferisce sulle braccia con la lametta che, come spesso accade, ha svitato dal suo temperamatite. Afferma di non sapersi spiegare perché lo faccia, e ritiene di essere cambiata negli ultimi tempi, non perché si ritenga meno suscettibile di prima a critiche e rimproveri ma perché ora, quando sperimenta situazioni del genere, non le vengono “<i> le lacrime agli occhi” . </i></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Sembra che la ragazza si ritenga più capace di contenere certi suoi stati emotivi dolorosi o per usare un termine mutuato dalla psicologia dello sviluppo, più competente nella autoregolazione delle sue emozioni, Tronick (2008); Beebe e Lachman(2003), ma evidentemente è solo parzialmente consapevole che si tratta di un’autoregolazione patologica, che trova nel self-cutting uno strumento elettivo di pronto intervento, che la calma temporaneamente. Parzialmente consapevole, perché è stata comunque lei stessa a sollecitare e richiedere un aiuto anche attraverso il sintomo ,“marcatore somatico” (Damasio, 1994,2003) (utilizzo qui tale concetto in termini figurativi) di una persistente condizione di sofferenza. Damasio ha elaborato il concetto di marcatore somatico riferendosi a una configurazione emozionale intesa come variazione dello stato corporeo; una risposta, che diviene tipica, dell’organismo a un evento. In qualche modo è la variazione dello stato corporeo, in primis, a comunicare al soggetto ed eventualmente all’ambiente un cambiamento di cui tener conto. La tipicità della risposta corporea all’evento istituirà un meccanismo che si metterà in atto successivamente in modo automatico quando le contingenze lo richiederanno, quando si proporranno situazioni riconosciute dall’organismo come assimilabili a quella iniziale. </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> E’ possibile interpretare forse l’istituirsi delle condotte autolesive nell’adolescente non solo come ricerca di un sollievo alla sofferenza mentale e eventualmente una sollecitazione in tal senso al mondo esterno ma anche come una comunicazione dell’adolescente a sé stesso, attraverso il corpo, del proprio disagio. Una condizione percepibile, a volte, in maniera più netta, in prime adolescenti che giungono alla consultazione particolarmente disorientate, che non trovano facilmente pensieri e parole da associare a una condotta da cui, per certi versi, si sentono agite. L’instaurarsi del comportamento autolesivo spesso si accompagna alla ricerca di un senso dell’atto e forse di un senso di sé, ricerca che più che mai in adolescenza ha bisogno di “appoggiarsi” a quello che offre l’ambiente<i>. “ … autolesionismo…l’autolesionismo è quando si fa male a sé stessi, quando si è depressi” </i>affermava Claudia<i> </i>facendo riferimento alla biografia della nota<i> cantante ”autolesionista”….”e puoi arrivare al suicidio, ma io a questo non ho lo mai pensato,… più che altro per i miei “ </i>. Affermazione ambigua, quest’ultima, che segnala probabilmente in sé una negazione, in termini freudiani, e nello stesso tempo la persistenza di un legame, seppur con implicazioni regressive, nel mare magnum degli scompaginamenti adolescenziali. L’ancoraggio ai legami familiari, si potrebbe dire, per statuto dell’adolescenza, deve allentarsi. In assenza però di una relativa sicurezza di poter, almeno per un certo tempo, navigare a vista in attesa di poter individuare rotte più definite, anche approdi che sembrano non costituire una sosta e un rifornimento di un percorso soggettivante, possono essere praticati. <i>“Sono autolesionista”,</i> un’affermazione che mi è capitato diverse volte di ascoltare all’inizio del primo colloquio con ragazze adolescenti che presentano tale tipo di problematica. Nel primo incontro generalmente, soprattutto se non vi è alla base una richiesta esplicita dell’adolescente, non si va subito “al dunque”, ma si avvia una cauta esplorazione dell’altro alla ricerca di elementi che possano suggerire la possibilità di un’apertura. Nel contempo l’esitazione che spesso percepiamo testimonia di questa peraltro fisiologica incertezza identitaria, questa difficoltà a narrare qualcosa che ancora non è. Attraverso un’affermazione così perentoria si definisce invece, senza apparente incertezza, un’identità, denunciando contemporaneamente una mancanza, una chiusura, almeno temporanea, alla speranza di trovare in sé aspetti meno mortificati e più vitali. Non sempre però queste condotte in adolescenza sembrano rivestire questo tipo di vantaggio secondario. Soprattutto in adolescenti più grandi qualche volta l’idea che la loro sofferenza possa rientrare in schemi, tendenze, può risultare un elemento di mortificazione che si aggiunge a quelli che sostengono tali comportamenti. Al senso di vergogna per come ci sente e si ritiene di essere visti dagli altri si aggiunge in certi casi la vergogna dello stesso gesto, le cui tracce si cerca di nascondere. Non è certo un caso che si tratti anche di un tipo di adolescenti che risultano meno disponibili ad accedere ad una relazione terapeutica e, nel caso in cui questo accada, a “darci un taglio” quando il livello di sofferenza è divenuto meno pervasivo o, nel caso in cui si determino anche lievi increspature nella sintonia tra paziente e terapeuta. Frizioni difficilmente riparabili all’interno della diade, per l’esposizione dell’adolescente a intollerabili vissuti di vergogna e di rabbia. E’ un elemento, quello della “ clandestinità”, che in maschi adolescenti che fanno ricorso a tale pratica, sembra più pronunciato. In questo caso tale condotta probabilmente viene ad essere maggiormente connotata &nbsp;come una debolezza, un vissuto che, a volte, sembra compensato concretamente da una maggiore profondità dei tagli. Mi domando quanto gli aspetti ora considerati possano avere un ruolo nella frequenza significativamente maggiore con cui le ragazze, rispetto ai ragazzi, ricorrono al self-cutting . </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Darci un taglio quindi con l’indeterminatezza, con la confusione, con il malessere. Come afferma Le Breton (2009): <i>”Si tratta di fabbricare un dolore che argini la sofferenza”</i> o, come in maniera altrettanto pregnante mi ha riferito un’altra giovane paziente, di <i>“soffocare un grido”. </i></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> <i>“Mi piaceva un ragazzo che non mi filava…magari poi si aggiungevano le litigate in famiglia…un professore a cui non stavo troppo simpatica….la prima volta ho provato una grossa sensazione di sollievo ho voluto rifarlo.... mi sfogavo quando lo facevo”.</i> Il taglio, come figurazione della ferita interiore e nello stesso tempo modo di cura della ferita stessa. Come incidere un ascesso e lasciar defluire i liquidi, le emozioni tossiche, negative. Si sa che, in assenza di una cura profonda, si verificheranno facilmente delle recidive. In alcuni casi la procedura potrà comunque favorire attraverso questo apparentemente paradossale meccanismo di algesia-analgesia, una delimitazione del dilagare di emozioni dolorose. <i>“ non mi vengono più le lacrime agli occhi”</i>, le lacrime, il pianto, segnali dal mondo dell’infanzia, di un legame regressivo con gli oggetti genitoriali. Segnali la cui percezione va interrotta, recisa, semmai sequestrata, isolata. Un incistamento che consegue allo stabilirsi di una ripetizione; un dolore che lenisce una sofferenza e che può sancire una dipendenza. Cabrè (2011) recupera la nozione di Ferenczi (1921) di “Autotomia”, processo di automutilazione di parti del Sé che si determina con l’esposizione a situazioni traumatiche. Per sopravvivere al trauma il soggetto deve rinunciare a parti vitali del suo Sé, così come l’amputazione chirurgica di un arto viene a rappresentare l’unica possibilità di arrestare la diffusione di un processo gangrenoso. Il bisturi che viene utilizzato nel caso del trauma psichico è quello della dissociazione, non si dissociano solo esperienze traumatiche ma viene danneggiato, per la sopravvivenza del Sé, lo sviluppo dell’apparato percettivo-affettivo. Il sistema difensivo approntato permette il distanziamento da emozioni dolorose, ma limita le possibilità di crescita emotiva e cognitiva del soggetto sostenuto da un adeguato sviluppo della capacità di autoregolazione affettiva.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Buone capacità di autoregolazione affettiva, la Winnicottiana capacità di essere soli, non possono che svilupparsi come conseguenza di buone esperienze di eteroregolazione affettiva che il bambino sperimenta nella relazione con le figure di accudimento primarie. Per certi bambini alle soglie della pubertà, più facilmente per quelli che durante l’infanzia hanno sperimentato relazioni emotivamente scadenti con le figure di accudimento, l’ingresso in adolescenza può presentarsi esso stesso come traumatico. La restituzione sintomatica segnala il tentativo di riparare il trauma nei modi possibili, determinando il rischio di variabili gradi di automutilazione del Sé adolescente all’interno dei quali può rientrare, come difesa autarchica e pauperizzante, il self cutting.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Claudia usa spesso fogli e matita, in una delle prime sedute, disegna un albero. L’albero occupa la parte sinistra del foglio, ha un lungo tronco da cui si dipartono diversi rami con numerose ulteriori ramificazioni, i rami sono tutti molto corti e spogli, alcune foglie sembrano cadere giù, sospese a varia altezza dal terreno, la base, le radici dell’albero, appaiono molto sfumate, le foglie che cadono hanno tutte la punta rivolta verso il terreno e più che lanceolate sembrano delle vere e proprie punte di lancia pronte a infilarsi nella terra. Penso alla sua difficoltà ad andare a scuola, fino al momentaneo ritiro. Al suo timore di misurarsi con un mondo e compiti nuovi, alla pulsione a tornare indietro a un mondo indifferenziato, a scomparire , diciamo cosi, anche dalla parte sinistra del foglio, vivendo in una situazione di torpore esistenziale, insieme ad un gruppo di coetanei che, come tanti, condividono la cannabis quotidiana, qualche alcolico e questa condizione di “sospensione dello sviluppo”. Se angosce emergenti riaprono le ferite, ferite concrete possono temporaneamente sopirle. D’altro canto ha già affrontato una parte di percorso della sua crescita come evoca il lungo tronco non esile, il quale sembra però su poggiare su radici poco consistenti, su fragili basi narcisistiche, che possono far fatica a sostenere il tronco quando oscilla esposto ai venti del turmoil adolescenziale. Colpiscono i rami, così corti, come se non trovassero la forza di crescere e di aggettarsi verso la vita. Nello stesso tempo la conformazione dei rami ricorda anche quella di certi alberi appena potati. Viene alla mente un altro tipo di potatura: Il pruning delle connessioni sinaptiche del cervello adolescente, come è noto (p.e. Giedd et al.1999), accanto alla massiccia mielinizzazione delle vie nervose di connessione intracerebrale è tra i fenomeni più rilevanti delle pronunciate modificazioni neurobiologiche dell’adolescenza. E’ una potatura determinata da fattori genetici e ambientali. I secondi sembrano sostenuti dal principio “o lo usi o lo perdi” riferendosi all’ampliamento e alla stabilizzazione di certi circuiti sinaptici e all’obsolescenza di altri scarsamente utilizzati. Non possiamo certo ridurre la capacità dell’adolescente di tollerare le angosce emergenti, di modulare e regolare i suoi stati affettivi al servizio della crescita del Sé e del suo progetto esistenziale, alla “plasticità neuronale” del suo cervello, né attribuire tout court la sua vulnerabilità affettiva a quella neurobiologica. L’articolazione tra i due livelli è invece più che una probabilità e le varie combinazioni possono esitare in profili più favorevoli al processo di soggettivazione o al contrario in condizioni di arresto dello sviluppo sostenute da una tendenza subdola o drammatica all’autodistruttività. Ritorna quindi il disegno , che appare come una radiografia dello stato mentale del periodo in cui è stato realizzato. In particolare le foglie acuminate che vanno ad attaccare la sua matrice, le sue basi narcisistiche già precarie. Foglie acuminate che cadono, a testimonianza di una condizione depressiva, di perdita, tinta di un’aggressività che&nbsp;&nbsp; volge verso sé stessa nella speranza di tradurla in uno strumento a suo favore (il self-cutting). Volgendoci poi dalle foglie all’albero, che questo sia coartato nella sua crescita o piuttosto appena potato è questione non trascurabile. Nel secondo caso ci troveremmo di fronte ad uno stato potenziale, dove la potatura dei rami secchi e la caduta delle foglie morte potrebbe rappresentare una condizione di base per una ripresa dello sviluppo. Il percorso della relazione terapeutica testimonia forse di una evoluzione, almeno parziale, dal primo al secondo scenario. La ragazza ha ridotto sensibilmente i comportamenti autolesivi, anche l’uso della cannabis è divenuto sporadico, si confronta apertamente con i suoi bisogni emergenti, individuati più chiaramente, e con i sentimenti di solitudine e di malinconia che sperimenta. Alcuni suoi progetti possono apparire, ad unadulto che li ascolta, velleitari, ma testimoniano di una idea di futuro che prima non si intravedeva all’orizzonte.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><i><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">Lavoro presentato al Convegno Nazionale SPI sul Lavoro ana</span></i><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">litico <i>con i Bambini e gli Adolescenti.</i> </span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Case<span style="text-decoration: underline;">r</span>ta 27-28/11/2015</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> Riferimenti bibliografici</span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; font-size: 7pt; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">Anzieu D.(1987),<i>L’Io-pelle</i>,tr.it Borla </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%; color: #000000;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Beebe B.,Lachmann F.B.(2003),<i>Infant Research e Trattamento degli Adulti.</i> Cortina ed.</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;</span></span><span style="line-height: 150%;">Cabré L. J. M.(2011), <i>Dall'introiezione all'intropressione: evoluzione di un concetto teorico e sue conseguenze nella tecnica psicoanalitica.</i>Relazione presentata al</span> <span style="line-height: 150%;">Centro di Psicoanalisi Romano il 26-3-2011</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Damasio A.R.(1995),<i>L’Errore di Cartesio,</i>tr.it Adelphi </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Damasio A.R.(2003),<i>Alla Ricerca di Spinoza,</i>tr.it. Adelphi </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp; D</span></span><span style="line-height: 150%;">iagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders DSM-5(2013),American Psychiatric Association</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Ferenczi S.(1921),<i>Osservazioni psicoanalitiche sul tic. </i>In <i>Opere,</i>Volume Terzo</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Giedd J.N., Blumenthal J., Jeffries N., Castellanos F.X., Liu H., Zijdenbos A., Paus T., Evans A. and Rapoport J. L.(1999),</span><span style="line-height: 150%;">Brain development during childhood and adolescence: a longitudinal MRI study.Nature Neuroscience,2(10)</span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;"> &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span><span style="line-height: 150%;">-&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Le Breton D.(2009),&nbsp;<i>Esperienze del Dolore.</i>Tr.it. Cortina ed.</span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Lemma A.(2011),<i>Sotto la pelle</i>, Cortina ed.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tronick E.(2008), <i>Regolazione Emotiva,&nbsp;</i>Cortina ed.</span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 10pt;">1 Vedi p.e. Damasio, a partire dal suo “Errore di Cartesio”, o ai neuroni mirror di Rizzolatti e Gallese.</span></p> <p>&nbsp;</p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Vedi anche</strong></span></p> <h2 style="margin: 10px 0px; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-weight: normal; line-height: 31.2px; color: #686868; font-size: 22.4px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=150:pelle-per-comunicare-pelle-da-danneggiare-riflessioni-su-scarificazioni-self-cutting-in-adolescenza&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">Nicolò A.M., Pelle per comunicare pelle da danneggiare riflessioni su scarificazioni, self cutting in adolescenza. 2009</a></span></h2> </div></div> <div class="feed-description"><p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; font-family: 'times new roman', times;">“Inizialmente, è nato tutto per scherzo, a scuola si parlava di persone che si tagliavano, poi una mia amica mi ha confidato che lo faceva e che poi si sentiva meglio, ho provato anch’io, era un modo di sfogarmi….poi ho avuto l’ idea di bruciarmi sui polpastrelli…</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Resoconti dai contenuti simili a quello appena riferito sono divenuti familiari negli ultimi anni a chi quotidianamente si confronta con il disagio adolescenziale e con le sue manifestazioni sintomatiche come le Condotte Autolesive non Suicidarie, categoria diagnostica introdotta nell’ultima edizione del DSM (2013), come è noto, per descrivere una sintomatologia che, al di là delle questioni nosografiche, nel corso degli ultimi anni è divenuta molto diffusa, soprattutto in adolescenza. Si tratta, infatti, di sintomatologie che esordiscono, spesso, nella prima adolescenza , che in molti casi si esauriscono durante l’adolescenza perché espressione di un disagio che portato sulla pelle, alla “superficie”, viene in qualche modo, con un sostegno da parte dell’ambiente, superato. In altri casi la scomparsa della condotta specifica non viene a corrispondere ad un esaurimento delle condizioni che l’hanno sostenuta, ma piuttosto ad un loro incistamento o involuzione, che verrà ad esprimersi con varie forme compreso, in alcuni casi, il passaggio ad atti di tipo suicidario. </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">E’ indubitabile quindi che tale condotta rappresenti perlomeno una condizione di rischio psicopatologico da non sottovalutare. In effetti l’attuale andamento “epidemico” di comportamenti autolesionistici negli adolescenti, in particolare nelle adolescenti, sembra inserirsi nelle forme cliniche culture-bound che hanno nelle anoressie e bulimie le condizioni cliniche attualmente più rilevanti. Si è parlato, a proposito dell’incremento di tali condotte, di anoressia new age; verrebbe da dire anche, almeno apparentemente: low cost. Una guerra a bassa intensità, comunque logorante, che l’adolescente avvia con il proprio Sé e il proprio corpo nel momento in cui fisiologicamente si trova a confrontarsi con l’esigenza di iniziare a definire un’identità corporea e mentale. Condotte che l’adolescente sembra mettere in atto per contrastare il contatto con intollerabili affetti negativi, che si verifica quando emerge una rappresentazione del Sé fortemente “inadeguato”, a fronte di una rappresentazione dell’altro, dell’oggetto, scarsamente accogliente e tollerante, nonché fortemente svalutante. Il self-cutting, quindi, si propone di primo acchito come affezione della pelle, o meglio, ricordando Anzieu (1987), dell’io-pelle, evocativamente, autoimmunitaria. Una sorta di “dermatite autoimmune” che segnala il non riconoscimento, la non accettazione, di parti del sé e del corpo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> Le neuroscienze hanno confermato d’altronde quanto corpo e mente siano due aspetti della stessa sostanza<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 107%;">[1]</span></span></a>. Identità tra corpo e mente che trova nel cervello il suo cardine, il suo luogo di articolazione. E’ ormai patrimonio comune il dato che i cambiamenti che sperimenta il soggetto in età evolutiva nell’attraversare l’adolescenza non sono sostenuti solo dai fenomeni ormonali, ma anche da consistenti e paralleli fenomeni di trasformazione del cervello . Potremmo dire che le trasformazioni fisiche dell’adolescente riguardano il suo intero corpo a partire dal cervello. Tali trasformazioni appaiono sostenute dallo scopo di “attrezzare” progressivamente il teenager a divenire sempre più autonomo e a consolidare man mano un senso di identità personale. Sotto questo punto di vista l’esigenza di mettersi alla prova e la ricerca di novità rappresentano delle esperienze necessarie a favorire un maggiore senso di sicurezza e di padroneggiamento della realtà e del proprio corpo.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Questi aspetti possono rivestire un ruolo anche nel favorire l’accesso, di alcuni adolescenti in difficoltà, a condotte come il self cutting , sulla base di una esigenza di ricerca di novità, che in questo caso viene messa soprattutto al servizio della necessità di mettere a punto dispositivi che, contenendo l’angoscia, restituiscano un senso di controllo sulla propria minacciata realtà personale. Dobbiamo peraltro considerare, a proposito della propensione alla “novelty seeking” tipica della fase di sviluppo, che la diffusione delle pratiche autolesionistiche in adolescenza è la conseguenza della “appropriazione” di comportamenti che originariamente erano messi principalmente in atto da persone con particolari caratteristiche o in particolari condizioni (soggetti con gravi disturbi di personalità o psicosi o esposti a condizioni particolari come la detenzione in carcere ecc..) aspetto che d’altro canto è ravvisabile nei “trattamenti” sul corpo, come piercing e tatuaggi, generalmente non connotabili, come ci ricorda Lemma (2011), in senso psicopatologico.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Quando incontro Claudia, 14 anni, ella da alcuni mesi si ferisce sulle braccia con la lametta che, come spesso accade, ha svitato dal suo temperamatite. Afferma di non sapersi spiegare perché lo faccia, e ritiene di essere cambiata negli ultimi tempi, non perché si ritenga meno suscettibile di prima a critiche e rimproveri ma perché ora, quando sperimenta situazioni del genere, non le vengono “<i> le lacrime agli occhi” . </i></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Sembra che la ragazza si ritenga più capace di contenere certi suoi stati emotivi dolorosi o per usare un termine mutuato dalla psicologia dello sviluppo, più competente nella autoregolazione delle sue emozioni, Tronick (2008); Beebe e Lachman(2003), ma evidentemente è solo parzialmente consapevole che si tratta di un’autoregolazione patologica, che trova nel self-cutting uno strumento elettivo di pronto intervento, che la calma temporaneamente. Parzialmente consapevole, perché è stata comunque lei stessa a sollecitare e richiedere un aiuto anche attraverso il sintomo ,“marcatore somatico” (Damasio, 1994,2003) (utilizzo qui tale concetto in termini figurativi) di una persistente condizione di sofferenza. Damasio ha elaborato il concetto di marcatore somatico riferendosi a una configurazione emozionale intesa come variazione dello stato corporeo; una risposta, che diviene tipica, dell’organismo a un evento. In qualche modo è la variazione dello stato corporeo, in primis, a comunicare al soggetto ed eventualmente all’ambiente un cambiamento di cui tener conto. La tipicità della risposta corporea all’evento istituirà un meccanismo che si metterà in atto successivamente in modo automatico quando le contingenze lo richiederanno, quando si proporranno situazioni riconosciute dall’organismo come assimilabili a quella iniziale. </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> E’ possibile interpretare forse l’istituirsi delle condotte autolesive nell’adolescente non solo come ricerca di un sollievo alla sofferenza mentale e eventualmente una sollecitazione in tal senso al mondo esterno ma anche come una comunicazione dell’adolescente a sé stesso, attraverso il corpo, del proprio disagio. Una condizione percepibile, a volte, in maniera più netta, in prime adolescenti che giungono alla consultazione particolarmente disorientate, che non trovano facilmente pensieri e parole da associare a una condotta da cui, per certi versi, si sentono agite. L’instaurarsi del comportamento autolesivo spesso si accompagna alla ricerca di un senso dell’atto e forse di un senso di sé, ricerca che più che mai in adolescenza ha bisogno di “appoggiarsi” a quello che offre l’ambiente<i>. “ … autolesionismo…l’autolesionismo è quando si fa male a sé stessi, quando si è depressi” </i>affermava Claudia<i> </i>facendo riferimento alla biografia della nota<i> cantante ”autolesionista”….”e puoi arrivare al suicidio, ma io a questo non ho lo mai pensato,… più che altro per i miei “ </i>. Affermazione ambigua, quest’ultima, che segnala probabilmente in sé una negazione, in termini freudiani, e nello stesso tempo la persistenza di un legame, seppur con implicazioni regressive, nel mare magnum degli scompaginamenti adolescenziali. L’ancoraggio ai legami familiari, si potrebbe dire, per statuto dell’adolescenza, deve allentarsi. In assenza però di una relativa sicurezza di poter, almeno per un certo tempo, navigare a vista in attesa di poter individuare rotte più definite, anche approdi che sembrano non costituire una sosta e un rifornimento di un percorso soggettivante, possono essere praticati. <i>“Sono autolesionista”,</i> un’affermazione che mi è capitato diverse volte di ascoltare all’inizio del primo colloquio con ragazze adolescenti che presentano tale tipo di problematica. Nel primo incontro generalmente, soprattutto se non vi è alla base una richiesta esplicita dell’adolescente, non si va subito “al dunque”, ma si avvia una cauta esplorazione dell’altro alla ricerca di elementi che possano suggerire la possibilità di un’apertura. Nel contempo l’esitazione che spesso percepiamo testimonia di questa peraltro fisiologica incertezza identitaria, questa difficoltà a narrare qualcosa che ancora non è. Attraverso un’affermazione così perentoria si definisce invece, senza apparente incertezza, un’identità, denunciando contemporaneamente una mancanza, una chiusura, almeno temporanea, alla speranza di trovare in sé aspetti meno mortificati e più vitali. Non sempre però queste condotte in adolescenza sembrano rivestire questo tipo di vantaggio secondario. Soprattutto in adolescenti più grandi qualche volta l’idea che la loro sofferenza possa rientrare in schemi, tendenze, può risultare un elemento di mortificazione che si aggiunge a quelli che sostengono tali comportamenti. Al senso di vergogna per come ci sente e si ritiene di essere visti dagli altri si aggiunge in certi casi la vergogna dello stesso gesto, le cui tracce si cerca di nascondere. Non è certo un caso che si tratti anche di un tipo di adolescenti che risultano meno disponibili ad accedere ad una relazione terapeutica e, nel caso in cui questo accada, a “darci un taglio” quando il livello di sofferenza è divenuto meno pervasivo o, nel caso in cui si determino anche lievi increspature nella sintonia tra paziente e terapeuta. Frizioni difficilmente riparabili all’interno della diade, per l’esposizione dell’adolescente a intollerabili vissuti di vergogna e di rabbia. E’ un elemento, quello della “ clandestinità”, che in maschi adolescenti che fanno ricorso a tale pratica, sembra più pronunciato. In questo caso tale condotta probabilmente viene ad essere maggiormente connotata &nbsp;come una debolezza, un vissuto che, a volte, sembra compensato concretamente da una maggiore profondità dei tagli. Mi domando quanto gli aspetti ora considerati possano avere un ruolo nella frequenza significativamente maggiore con cui le ragazze, rispetto ai ragazzi, ricorrono al self-cutting . </span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Darci un taglio quindi con l’indeterminatezza, con la confusione, con il malessere. Come afferma Le Breton (2009): <i>”Si tratta di fabbricare un dolore che argini la sofferenza”</i> o, come in maniera altrettanto pregnante mi ha riferito un’altra giovane paziente, di <i>“soffocare un grido”. </i></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> <i>“Mi piaceva un ragazzo che non mi filava…magari poi si aggiungevano le litigate in famiglia…un professore a cui non stavo troppo simpatica….la prima volta ho provato una grossa sensazione di sollievo ho voluto rifarlo.... mi sfogavo quando lo facevo”.</i> Il taglio, come figurazione della ferita interiore e nello stesso tempo modo di cura della ferita stessa. Come incidere un ascesso e lasciar defluire i liquidi, le emozioni tossiche, negative. Si sa che, in assenza di una cura profonda, si verificheranno facilmente delle recidive. In alcuni casi la procedura potrà comunque favorire attraverso questo apparentemente paradossale meccanismo di algesia-analgesia, una delimitazione del dilagare di emozioni dolorose. <i>“ non mi vengono più le lacrime agli occhi”</i>, le lacrime, il pianto, segnali dal mondo dell’infanzia, di un legame regressivo con gli oggetti genitoriali. Segnali la cui percezione va interrotta, recisa, semmai sequestrata, isolata. Un incistamento che consegue allo stabilirsi di una ripetizione; un dolore che lenisce una sofferenza e che può sancire una dipendenza. Cabrè (2011) recupera la nozione di Ferenczi (1921) di “Autotomia”, processo di automutilazione di parti del Sé che si determina con l’esposizione a situazioni traumatiche. Per sopravvivere al trauma il soggetto deve rinunciare a parti vitali del suo Sé, così come l’amputazione chirurgica di un arto viene a rappresentare l’unica possibilità di arrestare la diffusione di un processo gangrenoso. Il bisturi che viene utilizzato nel caso del trauma psichico è quello della dissociazione, non si dissociano solo esperienze traumatiche ma viene danneggiato, per la sopravvivenza del Sé, lo sviluppo dell’apparato percettivo-affettivo. Il sistema difensivo approntato permette il distanziamento da emozioni dolorose, ma limita le possibilità di crescita emotiva e cognitiva del soggetto sostenuto da un adeguato sviluppo della capacità di autoregolazione affettiva.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Buone capacità di autoregolazione affettiva, la Winnicottiana capacità di essere soli, non possono che svilupparsi come conseguenza di buone esperienze di eteroregolazione affettiva che il bambino sperimenta nella relazione con le figure di accudimento primarie. Per certi bambini alle soglie della pubertà, più facilmente per quelli che durante l’infanzia hanno sperimentato relazioni emotivamente scadenti con le figure di accudimento, l’ingresso in adolescenza può presentarsi esso stesso come traumatico. La restituzione sintomatica segnala il tentativo di riparare il trauma nei modi possibili, determinando il rischio di variabili gradi di automutilazione del Sé adolescente all’interno dei quali può rientrare, come difesa autarchica e pauperizzante, il self cutting.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Claudia usa spesso fogli e matita, in una delle prime sedute, disegna un albero. L’albero occupa la parte sinistra del foglio, ha un lungo tronco da cui si dipartono diversi rami con numerose ulteriori ramificazioni, i rami sono tutti molto corti e spogli, alcune foglie sembrano cadere giù, sospese a varia altezza dal terreno, la base, le radici dell’albero, appaiono molto sfumate, le foglie che cadono hanno tutte la punta rivolta verso il terreno e più che lanceolate sembrano delle vere e proprie punte di lancia pronte a infilarsi nella terra. Penso alla sua difficoltà ad andare a scuola, fino al momentaneo ritiro. Al suo timore di misurarsi con un mondo e compiti nuovi, alla pulsione a tornare indietro a un mondo indifferenziato, a scomparire , diciamo cosi, anche dalla parte sinistra del foglio, vivendo in una situazione di torpore esistenziale, insieme ad un gruppo di coetanei che, come tanti, condividono la cannabis quotidiana, qualche alcolico e questa condizione di “sospensione dello sviluppo”. Se angosce emergenti riaprono le ferite, ferite concrete possono temporaneamente sopirle. D’altro canto ha già affrontato una parte di percorso della sua crescita come evoca il lungo tronco non esile, il quale sembra però su poggiare su radici poco consistenti, su fragili basi narcisistiche, che possono far fatica a sostenere il tronco quando oscilla esposto ai venti del turmoil adolescenziale. Colpiscono i rami, così corti, come se non trovassero la forza di crescere e di aggettarsi verso la vita. Nello stesso tempo la conformazione dei rami ricorda anche quella di certi alberi appena potati. Viene alla mente un altro tipo di potatura: Il pruning delle connessioni sinaptiche del cervello adolescente, come è noto (p.e. Giedd et al.1999), accanto alla massiccia mielinizzazione delle vie nervose di connessione intracerebrale è tra i fenomeni più rilevanti delle pronunciate modificazioni neurobiologiche dell’adolescenza. E’ una potatura determinata da fattori genetici e ambientali. I secondi sembrano sostenuti dal principio “o lo usi o lo perdi” riferendosi all’ampliamento e alla stabilizzazione di certi circuiti sinaptici e all’obsolescenza di altri scarsamente utilizzati. Non possiamo certo ridurre la capacità dell’adolescente di tollerare le angosce emergenti, di modulare e regolare i suoi stati affettivi al servizio della crescita del Sé e del suo progetto esistenziale, alla “plasticità neuronale” del suo cervello, né attribuire tout court la sua vulnerabilità affettiva a quella neurobiologica. L’articolazione tra i due livelli è invece più che una probabilità e le varie combinazioni possono esitare in profili più favorevoli al processo di soggettivazione o al contrario in condizioni di arresto dello sviluppo sostenute da una tendenza subdola o drammatica all’autodistruttività. Ritorna quindi il disegno , che appare come una radiografia dello stato mentale del periodo in cui è stato realizzato. In particolare le foglie acuminate che vanno ad attaccare la sua matrice, le sue basi narcisistiche già precarie. Foglie acuminate che cadono, a testimonianza di una condizione depressiva, di perdita, tinta di un’aggressività che&nbsp;&nbsp; volge verso sé stessa nella speranza di tradurla in uno strumento a suo favore (il self-cutting). Volgendoci poi dalle foglie all’albero, che questo sia coartato nella sua crescita o piuttosto appena potato è questione non trascurabile. Nel secondo caso ci troveremmo di fronte ad uno stato potenziale, dove la potatura dei rami secchi e la caduta delle foglie morte potrebbe rappresentare una condizione di base per una ripresa dello sviluppo. Il percorso della relazione terapeutica testimonia forse di una evoluzione, almeno parziale, dal primo al secondo scenario. La ragazza ha ridotto sensibilmente i comportamenti autolesivi, anche l’uso della cannabis è divenuto sporadico, si confronta apertamente con i suoi bisogni emergenti, individuati più chiaramente, e con i sentimenti di solitudine e di malinconia che sperimenta. Alcuni suoi progetti possono apparire, ad unadulto che li ascolta, velleitari, ma testimoniano di una idea di futuro che prima non si intravedeva all’orizzonte.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><i><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">Lavoro presentato al Convegno Nazionale SPI sul Lavoro ana</span></i><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">litico <i>con i Bambini e gli Adolescenti.</i> </span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">Case<span style="text-decoration: underline;">r</span>ta 27-28/11/2015</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;"> Riferimenti bibliografici</span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; font-size: 7pt; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%;">Anzieu D.(1987),<i>L’Io-pelle</i>,tr.it Borla </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%; color: #000000;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Beebe B.,Lachmann F.B.(2003),<i>Infant Research e Trattamento degli Adulti.</i> Cortina ed.</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;</span></span><span style="line-height: 150%;">Cabré L. J. M.(2011), <i>Dall'introiezione all'intropressione: evoluzione di un concetto teorico e sue conseguenze nella tecnica psicoanalitica.</i>Relazione presentata al</span> <span style="line-height: 150%;">Centro di Psicoanalisi Romano il 26-3-2011</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Damasio A.R.(1995),<i>L’Errore di Cartesio,</i>tr.it Adelphi </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Damasio A.R.(2003),<i>Alla Ricerca di Spinoza,</i>tr.it. Adelphi </span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp; D</span></span><span style="line-height: 150%;">iagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders DSM-5(2013),American Psychiatric Association</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Ferenczi S.(1921),<i>Osservazioni psicoanalitiche sul tic. </i>In <i>Opere,</i>Volume Terzo</span></span></p> <p style="margin-left: 36pt; text-align: justify; text-indent: -18pt; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;">-<span style="font-style: normal; font-weight: normal; line-height: normal; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-feature-settings: normal; font-language-override: normal; font-kerning: auto; font-synthesis: weight style; font-variant: normal;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span></span><span style="line-height: 150%;">Giedd J.N., Blumenthal J., Jeffries N., Castellanos F.X., Liu H., Zijdenbos A., Paus T., Evans A. and Rapoport J. L.(1999),</span><span style="line-height: 150%;">Brain development during childhood and adolescence: a longitudinal MRI study.Nature Neuroscience,2(10)</span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><span style="line-height: 150%;"> &nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span><span style="line-height: 150%;">-&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Le Breton D.(2009),&nbsp;<i>Esperienze del Dolore.</i>Tr.it. Cortina ed.</span></span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Lemma A.(2011),<i>Sotto la pelle</i>, Cortina ed.</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 12pt; line-height: 150%; font-family: 'times new roman', times;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; -&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Tronick E.(2008), <i>Regolazione Emotiva,&nbsp;</i>Cortina ed.</span></p> <p><br clear="all" /></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <div> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 10pt;">1 Vedi p.e. Damasio, a partire dal suo “Errore di Cartesio”, o ai neuroni mirror di Rizzolatti e Gallese.</span></p> <p>&nbsp;</p> <p><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><strong>Vedi anche</strong></span></p> <h2 style="margin: 10px 0px; font-family: ptserif, Verdana, Helvetica, Arial, sans-serif; font-weight: normal; line-height: 31.2px; color: #686868; font-size: 22.4px;"><span style="font-family: 'times new roman', times; font-size: 12pt;"><a href="index.php?option=com_content&amp;view=article&amp;id=150:pelle-per-comunicare-pelle-da-danneggiare-riflessioni-su-scarificazioni-self-cutting-in-adolescenza&amp;catid=49:infanzia-e-adolescenza&amp;Itemid=169">Nicolò A.M., Pelle per comunicare pelle da danneggiare riflessioni su scarificazioni, self cutting in adolescenza. 2009</a></span></h2> </div></div> Biondo D., Patologie civili e nuovi adolescenti. 2014 2015-04-10T07:32:21+02:00 2015-04-10T07:32:21+02:00 https://www.centropsicoanalisiromano.it/rubriche/infanzia-e-adolescenza/472-patologie-civili-e-nuovi-adolescenti.html Biondo Daniele biblioteca@centropsicoanalisiromano.it <div class="feed-description"><p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">LA FRATTURA GENERAZIONALE</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">Ritengo che la sofferenza adolescenziale della società postmoderna si presenti sempre più nelle diverse forme delle patologie delle condotte agite a causa di una <i>forma d'imbarbarimento sociale caratterizzata soprattutto dalla frattura generazionale. </i>Le condotte agite (dalla dipendenza intesa come stile di vita, che include l'intenso uso di alcool e sostanze leggere, all'alta frequenza degli incidenti stradali fino alla violenza e alle condotte più autodistruttive: disturbi alimentari, cutting, scarificazione), denunciano un’evoluzione collettiva verso modelli relazionali primitivi. Modelli dove lo scambio fra le generazioni (sia in famiglia che a scuola) si è impoverito a tal punto da scomparire quasi del tutto.<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[1]</span></span></a> I ragazzi si sono come rassegnati a fare a meno degli adulti e a rivolgersi esclusivamente ai coetanei come unici rappresentanti della comunità sociale, dando vita a forme di aggregazione che a volte, per i motivi che vedremo più avanti, sono organizzate intorno all'attacco all'adulto ed al suo mondo. I genitori spacciano tutto ciò per inserimento nella realtà sociale dei figli, negando la propria latitanza. Neanche la scuola riesce il più delle volte a compensare tale pericolosa frattura generazionale. La potenzialità dell’incontro educativo, che la scuola dovrebbe testimoniare, spesso viene sperperata da un rapporto insegnanti-alunni stereotipato, appiattito sui compiti dell’apprendimento, che denuncia la rinuncia a offrirsi come modello affettivo e culturale di riferimento. E così anche a scuola spesso si perde ogni dimensione effettiva dell’incontro educativo fra le generazioni. La messa in crisi dell’autorità genitoriale e di quella degli educatori di professione (gli insegnanti) produce una tale povertà degli strumenti di lettura della realtà sociale in possesso degli adolescenti da causare un totale e acritico adeguamento alle logiche dominanti della società mercificata. La <i>net-generation</i> è la prima generazione della storia dell’umanità alla quale viene chiesto di crescere da sola, seppur con l'ausilio di protesi tecnologiche. Il “carattere pubblico” (Bordi 2005) del funzionamento mentale assume sempre più peso nel corso della vita di ogni individuo, riducendo drasticamente la dimensione privata e segreta dell'essere, quella in cui creativimente si svolge il processo di soggettivazione. In adolescenza tale spinta sociale verso la dimensione pubblica dell'esistenza (continuamente esposta nella vetrina dei <i>social network</i>) può determinare diverse forme di alienazione del sé. E' forte la spinta ad assumere precocemente un’identità adulta, senza realizzare le esperienze necessarie per svolgere in maniera completa il lavoro dell’adolescenza: quello creativo di invenzione del Sè (<span style="color: black;">Gutton</span> 2008) nonché quello faticoso di appropriazione del proprio funzionamento psichico, definito soggettivazione (Cahn 1998). Il prolungamento della fase dell’adolescenza che caratterizza le ultime generazioni sembra produrre un’adolescentizzazione della società, che collude profondamente con alcuni tratti negativi dell’adolescenza (l’onnipotenza, la trasgressione, l’idealizzazione, il narcisismo, l’agito maniacale). Ritengo utile riferirci a tal proposito al noto concetto di “Disagio della civiltà” di Freud (1929), relativo a quel processo che permette alla civiltà umana di svilupparsi attraverso restrizioni alla libido ed all’aggressività, che richiedono che si paghi un prezzo, quello del disagio. A proposito delle “patologie civili” credo che possiamo riferirci anche a qualcosa di opposto, relativo al prezzo che paga l'umanità quando non accetta di fare quelle rinunce. Possiamo dire, parafrasando Freud, che il Disagio della Civiltà del secolo scorso che produceva nevrosi è stato sostituito nell'epoca postmoderna dal <i>Disagio dell'Inciviltà</i> che produce prevalentemente patologie narcisistiche. Con “patologie civili”, quindi, intendo tutto ciò che attacca nei gruppi affettivi e socio culturali l'unione, l’armonia, la solidarietà, la coesione e la convivenza civile. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">LE PATOLOGIE CIVILI </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; E’ osservazione comune che una serie di compiti evolutivi che ogni individuo dovrebbe svolgere nel corso della propria esistenza per il raggiungimento dell’identità matura, siano sempre più diffusamente disattesi o svolti in maniera insoddisfacente. Uno dei motivi più frequenti perché si realizzi tale fallimento è l’impossibilità in adolescenza di accedere all’esperienza dell'Altro, rappresentato non solo dall'adulto, come dicevo prima, ma anche dal gruppo dei pari. Sappiamo che in adolescenza lo svolgimento dei compiti evolutivi è fortemente favorito dal poter fare l’esperienza vivificante di appartenenza ad un gruppo di coetanei<a title="" href="#ftn2"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[2]</span></span></a>. Quando l’adolescente non può realizzare l'esperienza gruppale, il raggiungimento della maturità è fortemente compromesso. L'esperienza del gruppo non può essere nemmeno surrogata dai <i>social network</i> (face book, twitter o watsup). Essi decisamente aiutano a contrastare l'isolamento dell'adolescente, ma non costituiscono una reale alternativa al piccolo gruppo affettivo con il quale condividere “dal vivo” la fatica di crescere. Di conseguenza, soprattuto q<span style="color: black;">uando il processo di soggettivazione è ostacolato dal peso di traumi infantili, da storie di deprivazioni e disconoscimenti, l'adolescente rischia di isolarsi o di rimanere imbrigliato in una forma primitiva di gruppalità, quella del “branco”. </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Intendo per “branco” non solo le aggregazioni gruppali adolescenziali dedite ai reati contro la persona o il patrimonio, che riempiono le cronache dei giornali, ma anche tutte le organizzazioni gruppali (sia adolescenziali che di adulti) che hanno un funzionamento primitivo, che cioè funzionano in termini di “massa anonima e dunque irresponsabile” (Freud 1921, p. 264), priva di ogni progetto di crescita, centrate sul soddisfacimento immediato. Queste sono piccole bande (annidiate nelle istituzioni, così come disseminate nel territorio) alla balia di spinte pulsionali individuali incontrollate e di fantasie inconsce condivise, spesso molto patologiche: fantasie di tipo narcisistico-onnipotente, o di tipo isterico, o di tipo maniaco-depressivo. Mi riferisco, inoltre, a tutte quelle aggregazioni, capeggiate da eterni Narciso ed eterni Icaro, che attivamente favoriscono nei propri adepti il disimpegno morale nei confronti delle loro azioni ed il totale misconoscimento dell'Altro. Un funzionamento che nega la socialità intesa come funzione pluralista del Sé e del gruppo. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><span style="line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Emilio, che ho in analisi dall'età di 17 anni, mi ha offerto una delle descrizioni più efficaci della funzione del branco.&nbsp;&nbsp; In prima adolescenza frequentava un gruppo antisociale, fortemente deviante e a volte anche violento, con il quale sentiva di condividere la sofferenza ed il rifiuto per la vita. </span><span style="line-height: 150%; color: black;">Quando riuscì a parlare in analisi (molto tempo più tardi) di questa sua lunga esperienza antisociale, la descrisse così: “<i>La faccia contratta dei ragazzi violenti era per me come un contenitore somatico. Ce l'avevo anch'io, poi mi si è svuotato nel mio cervello </i>(ebbe a 18 anni un break down evolutivo)<i>. Guardarsi intorno, strizzare le sopracciglia è come una protezione. Quando uno non ce l'ha più diventa vulnerabile e l'angoscia circola dentro la tua testa: per questo dopo il crollo mi sono venute le fisse. E' come se adesso dovessi stare più dentro di me. Il ricordo di questo mio vecchio sistema di contenimento mi fa venire l'angoscia</i>”. E così in assenza di sistemi di contenimento familiare e sociale gli adolescenti deprivati si rivolgono al branco, sparpagliando sul palcoscenico pubblico la loro sofferenza privata. Questa è una delle forme di attacco ai sistemi di convivenza civile, che in adolescenza si espime prevalentemente attraverso il teppismo, il razzismo, il vandalismo, mentre per agli adulti prende le forme istituzionalizzate della razzìa delle risorse pubbliche, della corruzione e dello strapotere della finanza su ogni altro interesse.</span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Il concetto di “patologia civile” l'ho mutuato da un incontro di supervisione nel 2000 con Novelletto: eravamo con l'èquipe di un Centro di Aggregazione Giovanile<a title="" href="#ftn3"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[3]</span></span></a> e Novelletto propose questo concetto per aiutarci a comprendere le profonde trasformazioni delle patologie adolescenziali che si presentano all’osservazione clinica. In particolare avevamo osservato che quando il gruppo di adolescenti si lascia sottomettere alla logica del branco si smarriscono le principali funzioni gruppali: normativa, differenziante, maturativa ed elasticizzante del funzionamento mentale. La vignetta che segue è relativa ad un piccolo branco, capeggiato da Top, con Judo e Ruggine in posizione di gregari, che da alcuni mesi frequentava il CAG unendosi non senza conflitti con il gruppo dei ragazzi già presenti. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 28.15pt 0.0001pt 28.55pt; text-align: justify; text-indent: 0.45pt;"><span style="font-size: 10pt;">E' lunedì e i ragazzi sono tutti agitati per quanto è successo nel week-end. Gli educatori comprendono attraverso i loro racconti confusi che la maggiornaza del gruppo è molto arrabbiata con alcuni elementi del gruppo. Sembra che nell'uscita di sabato i ragazzi del CAG avessero di comune accordo deciso di andare a fare un giro al centro di Roma, ma senza dare spiegazioni Top, subito seguito da Judo e Ruggine, non solo ha cambiato idea per tormarsene a casa a vedere una DVD, ma di fronte alla decisione della maggiornaza del gruppo guidata da Luna di proseguire verso il centro, ha cominciato a tempestarli di telefonate ingiuriose.&nbsp;&nbsp; Lunedì gli insultati pretendono di chiarire la situazione. Quando cominciano la riunione chiedono agli educatori di uscire dalla stanza. Spiegheranno poi questa loro richiesta con la motivazione che volevano essere: "<i>più liberi di potersi scannare fra di loro, perché se deve scorrere il sangue è meglio che voi non ci siete, altrimenti cercate di calmarci</i>". La riunione, sabotata in partenza da Top, degenera negli insulti, ai quali seguono gli abbandoni di Luna e di Judo, rispettivamente per rabbia e per noia, e poi di tutti gli altri. Molti escono nel cortile antistante il centro con la sensazione di essere tutti contro tutti, ognuno allo sbaraglio. Tra i restanti infuria la battaglia: gli offesi chiedono soddisfazione, gli altri, con Ruggine portavoce, dichiarano che Top è arrabbiato particolarmente perché Luna sarebbe stata sgarbata. Top è solito a “fughe” dal gruppo, ma questa volta c'è qualcosa di nuovo, che forse è all'origine del <i>casus belli</i>, almeno secondo quanto Luna si premura di confidare ad un educatore dopo la riunione. Nella chiacchierata la ragazza rivela che pochissimi giorni addietro aveva rifiutato di trasformare il rapporto di amicizia che si era creato con Top in una relazione sentimentale. Questo perché Top ha fama di essere uno che seduce per poi abbandonare. L'incontro fra Top e Luna doveva sancire il definitivo passaggio dal branco al gruppo. Top poteva accettare il baratto: perdere la leadership del branco per conquistare Luna. Di fronte al rifiuto di Luna, si scatena la sua rabbia e ritorna al suo vecchio ruolo. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p class="Corpodeltesto31" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Quest’episodio descrive la modalità scissa con cui questo gruppo di ragazzi e di educatori affrontano il tema della separazione. Nell'incontro citato Novelletto propose una riflessione sul funzionamento del gruppo dei ragazzi e su quello degli operatori: “Esiste, affermò Novelletto, un modo civile e costruttivo di crescita nel separarsi. Questa separazione la chiamiamo emancipazione perché non c’è più la mano del genitore che ti tiene: ti stacchi e vai per la tua strada. Questa è una separazione buona, evolutiva. Ma la ‘scissione’ è un altro tipo di separazione. (…). Ricorda il colpo di stato, in cui una minoranza pretende di ribaltare l’equilibrio e la gerarchia che fino a quel momento vigeva nel gruppo, di assumerne la conduzione, il comando, il potere<i>. </i>La scissione è la modalità di separazione proposta da questi tre ragazzi.” (Novelletto, 2003, pag. 106).</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">IL PICCOLO GRUPPO COME ANTIDOTO DELLE PATOLOGIE CIVILI </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"> Poiché l’adolescenza è il momento evolutivo in cui il processo di soggettivazione trova il suo più intenso momento di realizzazione, l’esperienza del gruppo acquisisce comprensibilmente un ruolo centrale. Per esperienza di gruppo s’intende tanto quella inerente al gruppo interno familiare, che quella del gruppo esterno dei pari in cui il gruppo interno può essere fantasmatizzato.<a title="" href="#ftn4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[4]</span></span></a> Tutto ciò, dunque, si verifica in un luogo terzo, il gruppo dei pari unito al gruppo interno, vivificato dall’intensità pulsionale del pubertario. <a title="" href="#ftn5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[5]</span></span></a>Il gruppo “s’istituisce come soluzione radicale rispetto alla separatezza e alla solitudine” (Pietropolli Charmet, 2000, pag. 239). Il processo decisionale del gruppo non può, infatti, essere saturato o monopolizzato dalla presa di posizione unilaterale di un leader o di una componente minoritaria. Addirittura neanche da una componente maggioritaria, perché il gruppo è organizzato per non lasciare nessuno fuori. Di fronte all’ attacco del branco all’equilibrio del gruppo, acquista un ruolo significativo il comportamento degli adulti. A tal proposito è importante che il gruppo educativo si sappia proteggere dall’impatto con personalità troppo disturbate<a title="" href="#ftn6"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[6]</span></span></a>, </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">UN SETTING PSICOANALITICO PER LE “PATOLOGIE CIVILI” DEGLI ADOLESCENTI</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Organizzare una risposta competente ed efficace alle “patologie civili” è la sfida che dovrebbe arruolare la capacità degli adulti di riorganizzare la speranza degli adolescenti deprivati e disperati per non poter realizzare il processo di soggettivazione. Ritengo che la differenza principale fra gruppo e branco sia la seguente: il primo è organizzato per condividere il dolore della crescita, mentre il secondo è organizzato per condividere la disperazione e la rabbia per il fallimento del proprio progetto evolutivo. Per tale motivo mi sembra necessario promuovere negli ambienti educativi l'esperienza autentica del gruppo all’ombra di una nuova alleanza fra cultura educativa e psicoanalisi dell’adolescenza. L’aiuto degli educatori psicoanaliticamente orientati può consentire agli adolescenti con patologie della condotta di utilizzare l'ambiente educativo per fare l’esperienza del gruppo e riuscire così ad accedere a forme di funzionamento mentale più evolute, propedeutiche all'accesso a forme di aiuto avanzate come l'analisi. <span style="color: black;">Con gli adolescenti deprivati e traumatizzati, che esprimono il loro disagio attraverso le condotte agite e che hanno organizzato un disturbo narcisitico,</span><span style="color: black;"> ho sperimentato a lungo l'efficacia di uno specifico setting, il <i>setting psicodinamico multiplo </i>(</span>Biondo 2008<span style="color: black;">). Esso è caratterizzato da una molteplicità di interventi (psicodinamica di gruppo, sportello psicologico, accompagnamento individualizzato, gruppo esperenziale, analisi personale per i ragazzi, supervisione psicodinamica e mediazione interistituzionale per gli operatori). </span><span style="color: black;">Per rispondere alle situazioni multiproblematiche degli adolescenti al limite, occorre offrire risposte complesse.<a title="" href="#ftn7"><span style="vertical-align: baseline;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif'; color: black; vertical-align: baseline;">[7]</span></span></span></a> </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"> Il <i>setting psicodinamico multiplo</i> con il gruppo negli ambienti educativi (scuola, centro di aggregazione, comunità di tipo familiare) prevede oltre allo svolgimento delle consuete attività socializzanti, educative o aggregative, anche l'intenso confronto generazionale di tipo evolutivo per promuovere le funzioni mentali più evolute (il pensiero, la riflessione, il rispecchiamento, l'attribuzione di senso all'azione). Tale setting è psicodinamico perché struttura all'interno degli ambienti educativi uno <i>spazio gruppale di supervisione</i> per comprendere la relazione transfero-controtransferale che si realizza fra l’educatore e il gruppo (sia di adolescenti che di colleghi).<a title="" href="#ftn8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[8]</span></span></a> <span style="color: black;">Permettere agli operatori di fare “<i>Esperienza nei gruppi</i>” (Bion) offre loro l'occasione di fare un'esperienza psicoanalitica, che li sensibilizza sulla dimensione profonda della relazione educativa e contemporaneamente sul proprio funzionamento inconscio in relazione con i ragazzi e con i colleghi. Mi sono reso conto che questo tipo di setting permette di organizzare all'interno di questi ambienti <i> un sistema di gestione del dolore </i>(</span>Lupinacci 2012<span style="color: black;">) per le difficoltà a crescere dei ragazzi, senza il quale facilmente anche il gruppo degli operatori si lascia prendere dalla rabbia e dalla disperazione. A tal proposito ricordo un episodio di un'<i>équipe</i> di una casa famiglia per adolescenti problematici, che aveva raggiunto livelli di intimità e di alleanza molto profondi, grazie a molti anni di lavoro psicoanalitico sulle proprie dinamiche gruppali. </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 24.05pt 0.0001pt 34.25pt; text-align: justify; text-indent: 33.85pt;"><span style="font-size: 10pt; color: black;">In quel periodo da diversi mesi assistevamo a delle difficoltà sia nei ragazzi che nell'<i>équipe</i>: la sensazione generale era che diversi ragazzi fossero bloccati nel loro percorso di crescita e nel raggiungimento degli obiettivi educativi, tanto da produrre degli agiti violenti all'interno del gruppo, e che anche gli educatori si sentissero poco coesi e scontenti. Il lavoro in supervisione permise di collegare la situazione di blocco alle angosce di separazione del gruppo degli educatori correlate all'annuncio di Sonia, un'operatrice storica che avrebbe lasciato la comunità (poichè aspettava un bambino). Sonia durante la supervisione raccontò al gruppo questo sogno: “<i>Avevo le chiavi della comunità, cercavo di aprire la porta, ma non si apriva. Ho pensato: 'eppure sono queste le chiavi!</i>'”. Le associazioni del gruppo al sogno della collega evidenziarono il fatto che era presente in molti una forte angoscia di perdita e di cambiamento connessa alla riorganizzazione dell'<i>équipe</i> per la fuoriuscita dell'operatrice. La casa famiglia ospita solo ragazzi maschi e Sonia era la garante principale del funzionamento femminile dell'<i>équipe</i>, visto che un'altra operatrice storica era andata via l'anno precedente. La diffidenza del gruppo verso le nuove potenziali educatrici era molto forte. Sonia aveva profondamente avvertito questo disagio del gruppo, rappresentando, con la porta bloccata del sogno, sia la difficoltà del gruppo di aprirsi al nuovo che il suo sentirsi non accolta nel suo personale progetto evolutivo. E così anche il progetto evolutivo dei ragazzi ospiti della casa famiglia si era bloccato!</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 42.55pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><span style="line-height: 150%; color: black;">Possiamo così osservare come il gruppo di operatori di un ambiente educativo che ha analizzato a lungo la dimensione inconscia del proprio funzionamento gruppale e difeso il proprio funzionamento interno psichico, possa contare sulle proprie capacità di cura. Ci vuole un po' di fede per credere in questo. Sappiamo che </span><span style="line-height: 150%; color: black;">ogni volta che l'analista o gli operatori perdono questa fede il lavoro di cura è destinato a fallire e si rischia di soffrire, perché i ragazzi lo sentono e ce la fanno pagare. E' facile che ciò succeda quando siamo costretti a lavorare sotto un violento attacco alle nostre capacità di pensare, o quando si è costretti a lavorare, come avviene per molti operatori sociali, in condizioni di cronica emergenza, di precariato economico, di indifferenza istituzionale, di frammentazione degli interventi di rete. Ma possimo contare sul fatto che questa fede nell'uomo e nelle sue capacità di prendersi cura del proprio dolore non smetta mai di esistere. La testimonia la vicenda di Giovanni<a title="" href="#ftn9"><span style="vertical-align: baseline;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif'; color: black; vertical-align: baseline;">[9]</span></span></span></a>: un ragazzo dedito ad un intenso uso di sostanze e di alcool, che ha frequentato il CAG di cui parlavo dall'età di 16 anni, fino a decidersi, dopo tre anni in cui ne ha combinate di tutti i colori provocando gli operatori all'inverosimile, ad avviare un'analisi. Sono stati necessari numerosi anni di frequentazione del centro prima e di collaborazione fra analista e operatori del centro dopo (in un gioco di triangolazione che il ragazzo aveva bisogno di fare), per riuscire a stabilizzare la capacità di questo ragazzo, ormai giovane adulto, di usufruire in maniera proficua dell'analisi. Occorreva che Giovanni potesse trovare dentro di sè <i>un tempo per il dolore </i>(</span><span style="line-height: 150%;">Cancrini 2002<span style="color: black;">) perchè il processo di soggettivazione potesse svolgersi, ed assumersi finalmente la gestione del proprio dolore, senza l'uso analgesico delle sostanze. Il raggiungimento di questo difficile obiettivo è testimoniato dal sogno che Giovanni ha portato alla sua analista dopo 4 anni di lavoro con lei: “S<i>ento un bambino che piange. Lo cerco, cerco di capire da dove arrivi quel pianto. Ad un certo punto vedo una culla, cerco di mettermi dentro ma non c’entro, é troppo stretta. Allora prendo il bambino in braccio e inizio a cullarlo. Il bambino si calma, il bambino sono io”</i>. Ecco una di quelle <i>goccie di splendore</i> (Fabrizio de Andrè) così necessarie per andare avanti nel nostro lavoro.</span></span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><strong><span style="line-height: 150%;">Bibliografia</span></strong></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Baldini T (2007), Che fine fanno gli adolescenti &lt;difficili&gt; quando diventano giovani adulti?&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; <i>Adolescenza e Psicoanalisi,</i> II, 2, 121-133</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Baruch G. (2001), <i>Community based psychoterapy</i>, Brunner-Routhledge, Hove.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Biondo <span style="text-transform: uppercase;">D. (2008).</span> <i>Fare gruppo con gli adolescenti</i>. Milano: Franco Angeli.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Biondo D., Patti M., Ocone D. (2007), Quando il gruppo educativo si fa terapeutico. <i>Adolescenza e Psicoanalisi</i>, II,1, 155-173</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Bordi S. (2005), Rileggendo oggi &lt;&lt;Il disagio della civiltà&gt;&gt;, <i>Psiche</i>, XIII, 2, 105-113, il Saggiatore.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Cahn R., (1998), <i>L’adolescente nella psicoanalisi</i>, Borla 2000.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Cancrini T., (2002), <i>Un tempo per il dolore.</i> Torino: Bollati Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Freud S. (1921), <i> </i>Psicologia delle masse e analisi dell'Io.<i> </i>In<i> Opere. </i>IX. Torino: Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p class="Testonormale1" style="margin-left: 48.45pt; text-align: justify; text-indent: -48.05pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Freud S. (1929), Il disagio della civiltà. In <i>Opere complete</i>,<i> </i> vol X. Torino: Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 48.45pt; text-align: justify; text-indent: -48.05pt;"><span style="font-size: 10pt;">Gutton Ph. (2008). <i>Il genio adolescente</i>. Roma: Magi edizioni.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Jeammet Ph. (1992), <i>Psicopatologia dell'adolescenza.</i> Roma: Borla.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Lupinacci M.A. (2012), L'esperienza del soffrire il dolore. Dalle prime esperienze dolorose viste nella osservazione della relazione madre bambino verso la clinica. In Cancrini T., Biondo D. (2012), <i>Una Ferita all’Origine</i>. Roma: Borla.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-align: justify; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Novelletto A. (2003), Commento. In: Biondo D., Tini F. (a cura di), <i>285 nodi per crescere. Istruzioni per l’uso.</i> Roma: Editori Riuniti.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-align: justify; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Pietropolli Charmet G. (2000), <i>I nuovi adolescenti</i>, Cortina, Milano.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: center;" align="center"><span style="font-size: 10pt;"><strong>&nbsp;</strong></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"><strong>&nbsp;</strong></span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <div> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 1&nbsp; Non c'è più scambio in famiglia perché come ci segnalano le statistiche e gli studi sociologici, sono sempre di più le ore che l'adolescente, ma anche il preadolescente, trascorre da solo in casa senza i genitori, impegnati nel lavoro. Anche quando i genitori sono in casa la dipendenza dalla rete e dai social network (tanto dei figli che dei genitori) è così intensa da spegnere il dialogo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 2 &nbsp;&nbsp; La funzione del gruppo è di aiutare l’adolescente a definire i propri valori, garantirgli l’elaborazione di un progetto futuro, fornirgli una prospettiva evolutiva della propria esistenza, aiutarlo a conquistare visibilità sociale e contrattualità nel sottoscrivere vincoli e legami, sostenerlo nel processo di separazione dai genitori (reali ed interni), permettergli d’inserirsi in una cultura generazionale (Pietropolli Charmet 2000).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 3&nbsp; Dirigo questo CAG da quindici anni. Esso è situato in un quartiere periferico della nostra città. Eravamo all'esordio del suo funzionamento e le supervisioni di Novelletto ci permisero di far evolvere il servizio fino a conquistare un modello psicoanalitico di lavoro con il branco adolescenziale che utilizza l'ambiente educativo come ambiente di cura delle patologie della condotta.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 4 &nbsp;&nbsp; Nell’adolescenza si ripresenta, dice Winnicott: “Tutta la sperimentazione e le alleanze incrociate apparse creativamente nel gioco della famiglia”. </span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; 5 &nbsp;&nbsp; Applicando il noto concetto di Jeammet (1992) di “spazio psichico allargato” alla dimensione gruppale, possiamo dire che nel gruppo l’adolescente trova la possibilità di realizzare uno dei compiti evolutivi principali dell’adolescenza: quello di realizzare la diffrazione dei propri investimenti emotivi, prima concentrati principalmente sulle figure genitoriali, e quello di sperimentare nuovi legami in cui proiettare aspetti importanti di sé. Il gruppo, dunque, costituisce il miglior teatro del Sé multiplo adolescenziale.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; 6 &nbsp;&nbsp; Novelletto afferma a tal proposito: “è importante che un gruppo di educatori sappia valutare qual è il limite entro il quale sente di poter svolgere un’azione utile col gruppo con cui si trova a lavorare e qual è il limite che se superato rischia, invece, di portare una catastrofe” (Novelletto 2003, pag. 107).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 7 &nbsp; <span style="color: black;">Le ricerche internazionali (</span>Baruch 2001<span style="color: black;">) sulla validità e l’efficacia degli interventi psicologici per la prevenzione ed il trattamento dei comportamenti antisociali degli adolescenti confermano quest’osservazione. In uno studio catmnestico sui 9000 ragazzi al limite accolti in comunità di tipo familiare realizzato da </span>Baldini (2007) <span style="color: black;">si documentano risultati positivi nel 78% dei casi, laddove i ragazzi sono stati seguiti molto precocemente e più a lungo (anche oltre la maggiore età) da interventi multipli di tipo psicosociale e psicodinamici. </span></span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;8 &nbsp;&nbsp; Gli aspetti relativi al funzionamento gruppale in termini di “gruppo di lavoro” alla flessibilità e alla conseguente resistenza dello spazio educativo, alla difesa da parte degli adulti della sopravvivenza di uno spazio per pensare, sono i tre aspetti fondamentali di questo setting.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><span style="font-size: 10pt;">9&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span><span style="font-size: 10pt;">Il caso di Giovanni è stato pubblicato in: Biondo <i>et al.</i> (2007).</span></span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><span style="font-size: 10pt;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano il 22/02/2014 nell'ambito della Conferenza "Psicoanalisi e Società: Le nuove identità"<br /></span></span></p> </div> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 16pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"></span><br /></span></p></div> <div class="feed-description"><p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">LA FRATTURA GENERAZIONALE</span></p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">Ritengo che la sofferenza adolescenziale della società postmoderna si presenti sempre più nelle diverse forme delle patologie delle condotte agite a causa di una <i>forma d'imbarbarimento sociale caratterizzata soprattutto dalla frattura generazionale. </i>Le condotte agite (dalla dipendenza intesa come stile di vita, che include l'intenso uso di alcool e sostanze leggere, all'alta frequenza degli incidenti stradali fino alla violenza e alle condotte più autodistruttive: disturbi alimentari, cutting, scarificazione), denunciano un’evoluzione collettiva verso modelli relazionali primitivi. Modelli dove lo scambio fra le generazioni (sia in famiglia che a scuola) si è impoverito a tal punto da scomparire quasi del tutto.<a title="" href="#ftn1"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[1]</span></span></a> I ragazzi si sono come rassegnati a fare a meno degli adulti e a rivolgersi esclusivamente ai coetanei come unici rappresentanti della comunità sociale, dando vita a forme di aggregazione che a volte, per i motivi che vedremo più avanti, sono organizzate intorno all'attacco all'adulto ed al suo mondo. I genitori spacciano tutto ciò per inserimento nella realtà sociale dei figli, negando la propria latitanza. Neanche la scuola riesce il più delle volte a compensare tale pericolosa frattura generazionale. La potenzialità dell’incontro educativo, che la scuola dovrebbe testimoniare, spesso viene sperperata da un rapporto insegnanti-alunni stereotipato, appiattito sui compiti dell’apprendimento, che denuncia la rinuncia a offrirsi come modello affettivo e culturale di riferimento. E così anche a scuola spesso si perde ogni dimensione effettiva dell’incontro educativo fra le generazioni. La messa in crisi dell’autorità genitoriale e di quella degli educatori di professione (gli insegnanti) produce una tale povertà degli strumenti di lettura della realtà sociale in possesso degli adolescenti da causare un totale e acritico adeguamento alle logiche dominanti della società mercificata. La <i>net-generation</i> è la prima generazione della storia dell’umanità alla quale viene chiesto di crescere da sola, seppur con l'ausilio di protesi tecnologiche. Il “carattere pubblico” (Bordi 2005) del funzionamento mentale assume sempre più peso nel corso della vita di ogni individuo, riducendo drasticamente la dimensione privata e segreta dell'essere, quella in cui creativimente si svolge il processo di soggettivazione. In adolescenza tale spinta sociale verso la dimensione pubblica dell'esistenza (continuamente esposta nella vetrina dei <i>social network</i>) può determinare diverse forme di alienazione del sé. E' forte la spinta ad assumere precocemente un’identità adulta, senza realizzare le esperienze necessarie per svolgere in maniera completa il lavoro dell’adolescenza: quello creativo di invenzione del Sè (<span style="color: black;">Gutton</span> 2008) nonché quello faticoso di appropriazione del proprio funzionamento psichico, definito soggettivazione (Cahn 1998). Il prolungamento della fase dell’adolescenza che caratterizza le ultime generazioni sembra produrre un’adolescentizzazione della società, che collude profondamente con alcuni tratti negativi dell’adolescenza (l’onnipotenza, la trasgressione, l’idealizzazione, il narcisismo, l’agito maniacale). Ritengo utile riferirci a tal proposito al noto concetto di “Disagio della civiltà” di Freud (1929), relativo a quel processo che permette alla civiltà umana di svilupparsi attraverso restrizioni alla libido ed all’aggressività, che richiedono che si paghi un prezzo, quello del disagio. A proposito delle “patologie civili” credo che possiamo riferirci anche a qualcosa di opposto, relativo al prezzo che paga l'umanità quando non accetta di fare quelle rinunce. Possiamo dire, parafrasando Freud, che il Disagio della Civiltà del secolo scorso che produceva nevrosi è stato sostituito nell'epoca postmoderna dal <i>Disagio dell'Inciviltà</i> che produce prevalentemente patologie narcisistiche. Con “patologie civili”, quindi, intendo tutto ciò che attacca nei gruppi affettivi e socio culturali l'unione, l’armonia, la solidarietà, la coesione e la convivenza civile. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">LE PATOLOGIE CIVILI </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; E’ osservazione comune che una serie di compiti evolutivi che ogni individuo dovrebbe svolgere nel corso della propria esistenza per il raggiungimento dell’identità matura, siano sempre più diffusamente disattesi o svolti in maniera insoddisfacente. Uno dei motivi più frequenti perché si realizzi tale fallimento è l’impossibilità in adolescenza di accedere all’esperienza dell'Altro, rappresentato non solo dall'adulto, come dicevo prima, ma anche dal gruppo dei pari. Sappiamo che in adolescenza lo svolgimento dei compiti evolutivi è fortemente favorito dal poter fare l’esperienza vivificante di appartenenza ad un gruppo di coetanei<a title="" href="#ftn2"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[2]</span></span></a>. Quando l’adolescente non può realizzare l'esperienza gruppale, il raggiungimento della maturità è fortemente compromesso. L'esperienza del gruppo non può essere nemmeno surrogata dai <i>social network</i> (face book, twitter o watsup). Essi decisamente aiutano a contrastare l'isolamento dell'adolescente, ma non costituiscono una reale alternativa al piccolo gruppo affettivo con il quale condividere “dal vivo” la fatica di crescere. Di conseguenza, soprattuto q<span style="color: black;">uando il processo di soggettivazione è ostacolato dal peso di traumi infantili, da storie di deprivazioni e disconoscimenti, l'adolescente rischia di isolarsi o di rimanere imbrigliato in una forma primitiva di gruppalità, quella del “branco”. </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Intendo per “branco” non solo le aggregazioni gruppali adolescenziali dedite ai reati contro la persona o il patrimonio, che riempiono le cronache dei giornali, ma anche tutte le organizzazioni gruppali (sia adolescenziali che di adulti) che hanno un funzionamento primitivo, che cioè funzionano in termini di “massa anonima e dunque irresponsabile” (Freud 1921, p. 264), priva di ogni progetto di crescita, centrate sul soddisfacimento immediato. Queste sono piccole bande (annidiate nelle istituzioni, così come disseminate nel territorio) alla balia di spinte pulsionali individuali incontrollate e di fantasie inconsce condivise, spesso molto patologiche: fantasie di tipo narcisistico-onnipotente, o di tipo isterico, o di tipo maniaco-depressivo. Mi riferisco, inoltre, a tutte quelle aggregazioni, capeggiate da eterni Narciso ed eterni Icaro, che attivamente favoriscono nei propri adepti il disimpegno morale nei confronti delle loro azioni ed il totale misconoscimento dell'Altro. Un funzionamento che nega la socialità intesa come funzione pluralista del Sé e del gruppo. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><span style="line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Emilio, che ho in analisi dall'età di 17 anni, mi ha offerto una delle descrizioni più efficaci della funzione del branco.&nbsp;&nbsp; In prima adolescenza frequentava un gruppo antisociale, fortemente deviante e a volte anche violento, con il quale sentiva di condividere la sofferenza ed il rifiuto per la vita. </span><span style="line-height: 150%; color: black;">Quando riuscì a parlare in analisi (molto tempo più tardi) di questa sua lunga esperienza antisociale, la descrisse così: “<i>La faccia contratta dei ragazzi violenti era per me come un contenitore somatico. Ce l'avevo anch'io, poi mi si è svuotato nel mio cervello </i>(ebbe a 18 anni un break down evolutivo)<i>. Guardarsi intorno, strizzare le sopracciglia è come una protezione. Quando uno non ce l'ha più diventa vulnerabile e l'angoscia circola dentro la tua testa: per questo dopo il crollo mi sono venute le fisse. E' come se adesso dovessi stare più dentro di me. Il ricordo di questo mio vecchio sistema di contenimento mi fa venire l'angoscia</i>”. E così in assenza di sistemi di contenimento familiare e sociale gli adolescenti deprivati si rivolgono al branco, sparpagliando sul palcoscenico pubblico la loro sofferenza privata. Questa è una delle forme di attacco ai sistemi di convivenza civile, che in adolescenza si espime prevalentemente attraverso il teppismo, il razzismo, il vandalismo, mentre per agli adulti prende le forme istituzionalizzate della razzìa delle risorse pubbliche, della corruzione e dello strapotere della finanza su ogni altro interesse.</span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Il concetto di “patologia civile” l'ho mutuato da un incontro di supervisione nel 2000 con Novelletto: eravamo con l'èquipe di un Centro di Aggregazione Giovanile<a title="" href="#ftn3"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[3]</span></span></a> e Novelletto propose questo concetto per aiutarci a comprendere le profonde trasformazioni delle patologie adolescenziali che si presentano all’osservazione clinica. In particolare avevamo osservato che quando il gruppo di adolescenti si lascia sottomettere alla logica del branco si smarriscono le principali funzioni gruppali: normativa, differenziante, maturativa ed elasticizzante del funzionamento mentale. La vignetta che segue è relativa ad un piccolo branco, capeggiato da Top, con Judo e Ruggine in posizione di gregari, che da alcuni mesi frequentava il CAG unendosi non senza conflitti con il gruppo dei ragazzi già presenti. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 28.15pt 0.0001pt 28.55pt; text-align: justify; text-indent: 0.45pt;"><span style="font-size: 10pt;">E' lunedì e i ragazzi sono tutti agitati per quanto è successo nel week-end. Gli educatori comprendono attraverso i loro racconti confusi che la maggiornaza del gruppo è molto arrabbiata con alcuni elementi del gruppo. Sembra che nell'uscita di sabato i ragazzi del CAG avessero di comune accordo deciso di andare a fare un giro al centro di Roma, ma senza dare spiegazioni Top, subito seguito da Judo e Ruggine, non solo ha cambiato idea per tormarsene a casa a vedere una DVD, ma di fronte alla decisione della maggiornaza del gruppo guidata da Luna di proseguire verso il centro, ha cominciato a tempestarli di telefonate ingiuriose.&nbsp;&nbsp; Lunedì gli insultati pretendono di chiarire la situazione. Quando cominciano la riunione chiedono agli educatori di uscire dalla stanza. Spiegheranno poi questa loro richiesta con la motivazione che volevano essere: "<i>più liberi di potersi scannare fra di loro, perché se deve scorrere il sangue è meglio che voi non ci siete, altrimenti cercate di calmarci</i>". La riunione, sabotata in partenza da Top, degenera negli insulti, ai quali seguono gli abbandoni di Luna e di Judo, rispettivamente per rabbia e per noia, e poi di tutti gli altri. Molti escono nel cortile antistante il centro con la sensazione di essere tutti contro tutti, ognuno allo sbaraglio. Tra i restanti infuria la battaglia: gli offesi chiedono soddisfazione, gli altri, con Ruggine portavoce, dichiarano che Top è arrabbiato particolarmente perché Luna sarebbe stata sgarbata. Top è solito a “fughe” dal gruppo, ma questa volta c'è qualcosa di nuovo, che forse è all'origine del <i>casus belli</i>, almeno secondo quanto Luna si premura di confidare ad un educatore dopo la riunione. Nella chiacchierata la ragazza rivela che pochissimi giorni addietro aveva rifiutato di trasformare il rapporto di amicizia che si era creato con Top in una relazione sentimentale. Questo perché Top ha fama di essere uno che seduce per poi abbandonare. L'incontro fra Top e Luna doveva sancire il definitivo passaggio dal branco al gruppo. Top poteva accettare il baratto: perdere la leadership del branco per conquistare Luna. Di fronte al rifiuto di Luna, si scatena la sua rabbia e ritorna al suo vecchio ruolo. </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p class="Corpodeltesto31" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Quest’episodio descrive la modalità scissa con cui questo gruppo di ragazzi e di educatori affrontano il tema della separazione. Nell'incontro citato Novelletto propose una riflessione sul funzionamento del gruppo dei ragazzi e su quello degli operatori: “Esiste, affermò Novelletto, un modo civile e costruttivo di crescita nel separarsi. Questa separazione la chiamiamo emancipazione perché non c’è più la mano del genitore che ti tiene: ti stacchi e vai per la tua strada. Questa è una separazione buona, evolutiva. Ma la ‘scissione’ è un altro tipo di separazione. (…). Ricorda il colpo di stato, in cui una minoranza pretende di ribaltare l’equilibrio e la gerarchia che fino a quel momento vigeva nel gruppo, di assumerne la conduzione, il comando, il potere<i>. </i>La scissione è la modalità di separazione proposta da questi tre ragazzi.” (Novelletto, 2003, pag. 106).</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">IL PICCOLO GRUPPO COME ANTIDOTO DELLE PATOLOGIE CIVILI </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"> Poiché l’adolescenza è il momento evolutivo in cui il processo di soggettivazione trova il suo più intenso momento di realizzazione, l’esperienza del gruppo acquisisce comprensibilmente un ruolo centrale. Per esperienza di gruppo s’intende tanto quella inerente al gruppo interno familiare, che quella del gruppo esterno dei pari in cui il gruppo interno può essere fantasmatizzato.<a title="" href="#ftn4"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[4]</span></span></a> Tutto ciò, dunque, si verifica in un luogo terzo, il gruppo dei pari unito al gruppo interno, vivificato dall’intensità pulsionale del pubertario. <a title="" href="#ftn5"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[5]</span></span></a>Il gruppo “s’istituisce come soluzione radicale rispetto alla separatezza e alla solitudine” (Pietropolli Charmet, 2000, pag. 239). Il processo decisionale del gruppo non può, infatti, essere saturato o monopolizzato dalla presa di posizione unilaterale di un leader o di una componente minoritaria. Addirittura neanche da una componente maggioritaria, perché il gruppo è organizzato per non lasciare nessuno fuori. Di fronte all’ attacco del branco all’equilibrio del gruppo, acquista un ruolo significativo il comportamento degli adulti. A tal proposito è importante che il gruppo educativo si sappia proteggere dall’impatto con personalità troppo disturbate<a title="" href="#ftn6"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[6]</span></span></a>, </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">UN SETTING PSICOANALITICO PER LE “PATOLOGIE CIVILI” DEGLI ADOLESCENTI</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; Organizzare una risposta competente ed efficace alle “patologie civili” è la sfida che dovrebbe arruolare la capacità degli adulti di riorganizzare la speranza degli adolescenti deprivati e disperati per non poter realizzare il processo di soggettivazione. Ritengo che la differenza principale fra gruppo e branco sia la seguente: il primo è organizzato per condividere il dolore della crescita, mentre il secondo è organizzato per condividere la disperazione e la rabbia per il fallimento del proprio progetto evolutivo. Per tale motivo mi sembra necessario promuovere negli ambienti educativi l'esperienza autentica del gruppo all’ombra di una nuova alleanza fra cultura educativa e psicoanalisi dell’adolescenza. L’aiuto degli educatori psicoanaliticamente orientati può consentire agli adolescenti con patologie della condotta di utilizzare l'ambiente educativo per fare l’esperienza del gruppo e riuscire così ad accedere a forme di funzionamento mentale più evolute, propedeutiche all'accesso a forme di aiuto avanzate come l'analisi. <span style="color: black;">Con gli adolescenti deprivati e traumatizzati, che esprimono il loro disagio attraverso le condotte agite e che hanno organizzato un disturbo narcisitico,</span><span style="color: black;"> ho sperimentato a lungo l'efficacia di uno specifico setting, il <i>setting psicodinamico multiplo </i>(</span>Biondo 2008<span style="color: black;">). Esso è caratterizzato da una molteplicità di interventi (psicodinamica di gruppo, sportello psicologico, accompagnamento individualizzato, gruppo esperenziale, analisi personale per i ragazzi, supervisione psicodinamica e mediazione interistituzionale per gli operatori). </span><span style="color: black;">Per rispondere alle situazioni multiproblematiche degli adolescenti al limite, occorre offrire risposte complesse.<a title="" href="#ftn7"><span style="vertical-align: baseline;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif'; color: black; vertical-align: baseline;">[7]</span></span></span></a> </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"> Il <i>setting psicodinamico multiplo</i> con il gruppo negli ambienti educativi (scuola, centro di aggregazione, comunità di tipo familiare) prevede oltre allo svolgimento delle consuete attività socializzanti, educative o aggregative, anche l'intenso confronto generazionale di tipo evolutivo per promuovere le funzioni mentali più evolute (il pensiero, la riflessione, il rispecchiamento, l'attribuzione di senso all'azione). Tale setting è psicodinamico perché struttura all'interno degli ambienti educativi uno <i>spazio gruppale di supervisione</i> per comprendere la relazione transfero-controtransferale che si realizza fra l’educatore e il gruppo (sia di adolescenti che di colleghi).<a title="" href="#ftn8"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif';">[8]</span></span></a> <span style="color: black;">Permettere agli operatori di fare “<i>Esperienza nei gruppi</i>” (Bion) offre loro l'occasione di fare un'esperienza psicoanalitica, che li sensibilizza sulla dimensione profonda della relazione educativa e contemporaneamente sul proprio funzionamento inconscio in relazione con i ragazzi e con i colleghi. Mi sono reso conto che questo tipo di setting permette di organizzare all'interno di questi ambienti <i> un sistema di gestione del dolore </i>(</span>Lupinacci 2012<span style="color: black;">) per le difficoltà a crescere dei ragazzi, senza il quale facilmente anche il gruppo degli operatori si lascia prendere dalla rabbia e dalla disperazione. A tal proposito ricordo un episodio di un'<i>équipe</i> di una casa famiglia per adolescenti problematici, che aveva raggiunto livelli di intimità e di alleanza molto profondi, grazie a molti anni di lavoro psicoanalitico sulle proprie dinamiche gruppali. </span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin: 0cm 24.05pt 0.0001pt 34.25pt; text-align: justify; text-indent: 33.85pt;"><span style="font-size: 10pt; color: black;">In quel periodo da diversi mesi assistevamo a delle difficoltà sia nei ragazzi che nell'<i>équipe</i>: la sensazione generale era che diversi ragazzi fossero bloccati nel loro percorso di crescita e nel raggiungimento degli obiettivi educativi, tanto da produrre degli agiti violenti all'interno del gruppo, e che anche gli educatori si sentissero poco coesi e scontenti. Il lavoro in supervisione permise di collegare la situazione di blocco alle angosce di separazione del gruppo degli educatori correlate all'annuncio di Sonia, un'operatrice storica che avrebbe lasciato la comunità (poichè aspettava un bambino). Sonia durante la supervisione raccontò al gruppo questo sogno: “<i>Avevo le chiavi della comunità, cercavo di aprire la porta, ma non si apriva. Ho pensato: 'eppure sono queste le chiavi!</i>'”. Le associazioni del gruppo al sogno della collega evidenziarono il fatto che era presente in molti una forte angoscia di perdita e di cambiamento connessa alla riorganizzazione dell'<i>équipe</i> per la fuoriuscita dell'operatrice. La casa famiglia ospita solo ragazzi maschi e Sonia era la garante principale del funzionamento femminile dell'<i>équipe</i>, visto che un'altra operatrice storica era andata via l'anno precedente. La diffidenza del gruppo verso le nuove potenziali educatrici era molto forte. Sonia aveva profondamente avvertito questo disagio del gruppo, rappresentando, con la porta bloccata del sogno, sia la difficoltà del gruppo di aprirsi al nuovo che il suo sentirsi non accolta nel suo personale progetto evolutivo. E così anche il progetto evolutivo dei ragazzi ospiti della casa famiglia si era bloccato!</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; text-indent: 42.55pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><span style="line-height: 150%; color: black;">Possiamo così osservare come il gruppo di operatori di un ambiente educativo che ha analizzato a lungo la dimensione inconscia del proprio funzionamento gruppale e difeso il proprio funzionamento interno psichico, possa contare sulle proprie capacità di cura. Ci vuole un po' di fede per credere in questo. Sappiamo che </span><span style="line-height: 150%; color: black;">ogni volta che l'analista o gli operatori perdono questa fede il lavoro di cura è destinato a fallire e si rischia di soffrire, perché i ragazzi lo sentono e ce la fanno pagare. E' facile che ciò succeda quando siamo costretti a lavorare sotto un violento attacco alle nostre capacità di pensare, o quando si è costretti a lavorare, come avviene per molti operatori sociali, in condizioni di cronica emergenza, di precariato economico, di indifferenza istituzionale, di frammentazione degli interventi di rete. Ma possimo contare sul fatto che questa fede nell'uomo e nelle sue capacità di prendersi cura del proprio dolore non smetta mai di esistere. La testimonia la vicenda di Giovanni<a title="" href="#ftn9"><span style="vertical-align: baseline;"><span style="vertical-align: super;"><span style="font-family: 'Times New Roman','serif'; color: black; vertical-align: baseline;">[9]</span></span></span></a>: un ragazzo dedito ad un intenso uso di sostanze e di alcool, che ha frequentato il CAG di cui parlavo dall'età di 16 anni, fino a decidersi, dopo tre anni in cui ne ha combinate di tutti i colori provocando gli operatori all'inverosimile, ad avviare un'analisi. Sono stati necessari numerosi anni di frequentazione del centro prima e di collaborazione fra analista e operatori del centro dopo (in un gioco di triangolazione che il ragazzo aveva bisogno di fare), per riuscire a stabilizzare la capacità di questo ragazzo, ormai giovane adulto, di usufruire in maniera proficua dell'analisi. Occorreva che Giovanni potesse trovare dentro di sè <i>un tempo per il dolore </i>(</span><span style="line-height: 150%;">Cancrini 2002<span style="color: black;">) perchè il processo di soggettivazione potesse svolgersi, ed assumersi finalmente la gestione del proprio dolore, senza l'uso analgesico delle sostanze. Il raggiungimento di questo difficile obiettivo è testimoniato dal sogno che Giovanni ha portato alla sua analista dopo 4 anni di lavoro con lei: “S<i>ento un bambino che piange. Lo cerco, cerco di capire da dove arrivi quel pianto. Ad un certo punto vedo una culla, cerco di mettermi dentro ma non c’entro, é troppo stretta. Allora prendo il bambino in braccio e inizio a cullarlo. Il bambino si calma, il bambino sono io”</i>. Ecco una di quelle <i>goccie di splendore</i> (Fabrizio de Andrè) così necessarie per andare avanti nel nostro lavoro.</span></span></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"><strong><span style="line-height: 150%;">Bibliografia</span></strong></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Baldini T (2007), Che fine fanno gli adolescenti &lt;difficili&gt; quando diventano giovani adulti?&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; <i>Adolescenza e Psicoanalisi,</i> II, 2, 121-133</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Baruch G. (2001), <i>Community based psychoterapy</i>, Brunner-Routhledge, Hove.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Biondo <span style="text-transform: uppercase;">D. (2008).</span> <i>Fare gruppo con gli adolescenti</i>. Milano: Franco Angeli.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Biondo D., Patti M., Ocone D. (2007), Quando il gruppo educativo si fa terapeutico. <i>Adolescenza e Psicoanalisi</i>, II,1, 155-173</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Bordi S. (2005), Rileggendo oggi &lt;&lt;Il disagio della civiltà&gt;&gt;, <i>Psiche</i>, XIII, 2, 105-113, il Saggiatore.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Cahn R., (1998), <i>L’adolescente nella psicoanalisi</i>, Borla 2000.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Cancrini T., (2002), <i>Un tempo per il dolore.</i> Torino: Bollati Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">Freud S. (1921), <i> </i>Psicologia delle masse e analisi dell'Io.<i> </i>In<i> Opere. </i>IX. Torino: Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p class="Testonormale1" style="margin-left: 48.45pt; text-align: justify; text-indent: -48.05pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Freud S. (1929), Il disagio della civiltà. In <i>Opere complete</i>,<i> </i> vol X. Torino: Boringhieri.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 48.45pt; text-align: justify; text-indent: -48.05pt;"><span style="font-size: 10pt;">Gutton Ph. (2008). <i>Il genio adolescente</i>. Roma: Magi edizioni.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Jeammet Ph. (1992), <i>Psicopatologia dell'adolescenza.</i> Roma: Borla.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Lupinacci M.A. (2012), L'esperienza del soffrire il dolore. Dalle prime esperienze dolorose viste nella osservazione della relazione madre bambino verso la clinica. In Cancrini T., Biondo D. (2012), <i>Una Ferita all’Origine</i>. Roma: Borla.</span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-align: justify; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Novelletto A. (2003), Commento. In: Biondo D., Tini F. (a cura di), <i>285 nodi per crescere. Istruzioni per l’uso.</i> Roma: Editori Riuniti.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="margin-left: 37.35pt; text-align: justify; text-indent: -36.5pt; line-height: 12pt;"><span style="font-size: 10pt;">Pietropolli Charmet G. (2000), <i>I nuovi adolescenti</i>, Cortina, Milano.&nbsp;&nbsp; </span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <p style="text-align: center;" align="center"><span style="font-size: 10pt;"><strong>&nbsp;</strong></span></p> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 10pt; line-height: 150%;"><strong>&nbsp;</strong></span></p> <hr align="left" size="1" width="33%" /> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center">&nbsp;</p> <div> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 1&nbsp; Non c'è più scambio in famiglia perché come ci segnalano le statistiche e gli studi sociologici, sono sempre di più le ore che l'adolescente, ma anche il preadolescente, trascorre da solo in casa senza i genitori, impegnati nel lavoro. Anche quando i genitori sono in casa la dipendenza dalla rete e dai social network (tanto dei figli che dei genitori) è così intensa da spegnere il dialogo.</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 2 &nbsp;&nbsp; La funzione del gruppo è di aiutare l’adolescente a definire i propri valori, garantirgli l’elaborazione di un progetto futuro, fornirgli una prospettiva evolutiva della propria esistenza, aiutarlo a conquistare visibilità sociale e contrattualità nel sottoscrivere vincoli e legami, sostenerlo nel processo di separazione dai genitori (reali ed interni), permettergli d’inserirsi in una cultura generazionale (Pietropolli Charmet 2000).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 3&nbsp; Dirigo questo CAG da quindici anni. Esso è situato in un quartiere periferico della nostra città. Eravamo all'esordio del suo funzionamento e le supervisioni di Novelletto ci permisero di far evolvere il servizio fino a conquistare un modello psicoanalitico di lavoro con il branco adolescenziale che utilizza l'ambiente educativo come ambiente di cura delle patologie della condotta.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 4 &nbsp;&nbsp; Nell’adolescenza si ripresenta, dice Winnicott: “Tutta la sperimentazione e le alleanze incrociate apparse creativamente nel gioco della famiglia”. </span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; 5 &nbsp;&nbsp; Applicando il noto concetto di Jeammet (1992) di “spazio psichico allargato” alla dimensione gruppale, possiamo dire che nel gruppo l’adolescente trova la possibilità di realizzare uno dei compiti evolutivi principali dell’adolescenza: quello di realizzare la diffrazione dei propri investimenti emotivi, prima concentrati principalmente sulle figure genitoriali, e quello di sperimentare nuovi legami in cui proiettare aspetti importanti di sé. Il gruppo, dunque, costituisce il miglior teatro del Sé multiplo adolescenziale.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp; 6 &nbsp;&nbsp; Novelletto afferma a tal proposito: “è importante che un gruppo di educatori sappia valutare qual è il limite entro il quale sente di poter svolgere un’azione utile col gruppo con cui si trova a lavorare e qual è il limite che se superato rischia, invece, di portare una catastrofe” (Novelletto 2003, pag. 107).</span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; 7 &nbsp; <span style="color: black;">Le ricerche internazionali (</span>Baruch 2001<span style="color: black;">) sulla validità e l’efficacia degli interventi psicologici per la prevenzione ed il trattamento dei comportamenti antisociali degli adolescenti confermano quest’osservazione. In uno studio catmnestico sui 9000 ragazzi al limite accolti in comunità di tipo familiare realizzato da </span>Baldini (2007) <span style="color: black;">si documentano risultati positivi nel 78% dei casi, laddove i ragazzi sono stati seguiti molto precocemente e più a lungo (anche oltre la maggiore età) da interventi multipli di tipo psicosociale e psicodinamici. </span></span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;8 &nbsp;&nbsp; Gli aspetti relativi al funzionamento gruppale in termini di “gruppo di lavoro” alla flessibilità e alla conseguente resistenza dello spazio educativo, alla difesa da parte degli adulti della sopravvivenza di uno spazio per pensare, sono i tre aspetti fondamentali di questo setting.</span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><span style="font-size: 10pt;">9&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp; </span><span style="font-size: 10pt;">Il caso di Giovanni è stato pubblicato in: Biondo <i>et al.</i> (2007).</span></span></p> <p style="text-align: justify; text-indent: 18pt;"><span style="font-family: verdana,geneva;"><span style="font-size: 10pt;">Lavoro presentato al Centro di Psicoanalisi Romano il 22/02/2014 nell'ambito della Conferenza "Psicoanalisi e Società: Le nuove identità"<br /></span></span></p> </div> <p style="line-height: 150%; text-align: justify;" align="center"><span style="font-size: 16pt; line-height: 150%;"><span style="font-size: 10pt;"></span><br /></span></p></div>