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Camassa P., Anoressia. 1998

 

Ne Il cambiamento catastrofico, Bion assume una nuova configurazione che ricorre costantemente nella psicoanalisi, la configurazione contenuto-contenitore, e discrimina tre stati di contenimento: il contenimento simbiotico, il contenimento commensale, il contenimento parassitario.

Una delle esemplificazioni della nuova configurazione è lo stato di contenimento tra azione e pensiero che è specifico della psicoanalisi.

Riconoscendo come vera l'idea comune secondo la quale nell'individuo (anche nell'analista come individuo) l'esigenza di azione e di gratificazioni sensoriali è in conflitto con l'esigenza di attività mentali, Bion afferma che la psicoanalisi (diversamente dalla religione, che ha preteso di subordinare l'azione al pensiero) ha trovato la sua specifica soluzione nel contenimento simbiotico del conflitto.

La psicoanalisi si definisce come il campo di osservazione del conflitto tra pensiero e azione dove entrambi si modificano (contenimento simbiotico).

La capacità di mantenere attivo il conflitto permette cioè il mutuo scambio tra pensiero e azione (Bion, 1966, 27-35).

I – L'incontro con la paziente anoressica

Ci sono altresì stati di contenimento che impediscono il conflitto tra pensiero e azione contenendo il pensiero e l'azione in uno stato commensale mutualmente esclusivo (Bion, 1966, 34).

A differenza che nello stato di contenimento simbiotico, in "questa condizione [contenimento commensale] il pensiero e l'azione non si modificano tra loro ma persistono commensalmente nella stessa personalità. Le azioni che sembrano compulsive, sono in realtà elementi 'beta' confinati nel campo dell'azione, e così isolate contro i pensieri, confinati nel campo del pensiero, che include la psicoanalisi. Analogamente, i pensieri rimangono [confinati] dentro il campo del pensiero e non possono essere influenzati dagli elementi 'beta' che sono confinati nel campo dell'azione" (ibid.).

La paziente anoressica suscita un campo dove il contenimento tra pensiero e azione è di tipo commensale.

Esaminiamo due affermazioni di una paziente anoressica a distanza di alcuni anni di analisi:

1) "Ora ho capito che sto guarendo anche se non mangio; che con l'analisi sto crescendo moralmente".

2) "Anche se ricominciassi a mangiare non sarei guarita".

La prima proposizione isola l'azione dalla psicoanalisi. La seconda proposizione riconosce che l'azione non esaurisce gli obiettivi della psicoanalisi.

L'assetto commensale tende alla mutua esclusione di entrambi gli apparati, del pensiero e dell'azione. Ad esempio: la paziente è confinata nei suoi riti o impulsi, parla solo di cibo, diete e peso; oppure è confinata nei suoi miti, o idoli, parla solo di poesia, arte, cinema; l'analista è confinato nella sua psicoanalisi; i genitori sono confinati nelle preoccupazioni per la salute fisica sempre più nettamente distinta dalla salute mentale, o confineranno a loro volta l'analisi in un'area "idealistica". Il padre di una paziente: "Non ho niente contro la psicoanalisi, semplicemente io non la farei mai perché sono marxista".

Nell'assetto commensale ci sono apparizioni di transfert idealizzato e di transfert persecutorio; non tanto configurazioni stabili e organizzate, su cui è possibile effettuare un lavoro interpretativo, quanto oscillazioni fulminee, residui di configurazioni che appartengono al passato, "fantasmi di quantità estinte". Analogamente le interpretazioni risuonano nell'analista come i fantasmi idealizzati o persecutori delle sue teorie.

La situazione commensale è caratterizzata da apparizioni e sparizioni, salti di energia, come ad esempio interpretazioni date una volta e subito disinvestite.

Inoltre la seduzione, nella situazione commensale, mira a trascinare l'analista a condividere le esperienze di piacere e dolore, piuttosto che a sviluppare significati.

Esempi: la paziente dice: "Ho deciso di mangiare per lei…"; oppure: "Per non fare fumare mio padre…"; oppure: "Prima, quando dovevo fare gli esami, facevo il fioretto di non mangiare, ora faccio il fioretto di mangiare".

II – La costituzione del campo analitico

La capacità dell'analista di opporsi al contenimento commensale del conflitto tra pensiero e azione genera il campo analitico. Esso è caratterizzato dalla rivalità tra pensiero e azione(1).

L'ultimo libro sull'anoressia è sempre più apprezzato di qualsiasi interpretazione dell'analista. I sogni non suscitano curiosità, indagine, ma impotenza, stupore, orrore; sono caratterizzati da estrema sensorialità, più vicini alle allucinazioni, o all'azione; non aprono catene associative, semmai le interrompono, compresi i tentativi di interpretazione che hanno un raggio sempre più corto.

Il campo sembra minacciato dalla sua contrazione, conseguentemente l'insoddisfazione è crescente. Quando in un campo di rivalità la frustrazione si intensifica, la rivalità assumerà le caratteristiche di una trasformazione in allucinosi (Bion, 1965, 190).

Il concetto di "trasformazione in allucinosi" di Bion si può considerare un'estensione del concetto di "appagamento allucinatorio" descritto dalla Klein come "l'onnipotente evocazione magica della situazione e dell'oggetto ideali e l'altrettanto onnipotente annientamento dell'oggetto persecutore cattivo e della situazione dolorosa" (Klein, 1946, 416)(2).

In sintesi, Bion sostiene che:

– l'allucinosi è un metodo per raggiungere l'indipendenza, esso è giudicato dal paziente superiore alla psicoanalisi;

– il suo insuccesso è attribuito alla rivalità, all'invidia, all'avidità, alle tendenze al furto dell'analista;

– la rivalità, l'invidia, l'avidità, il furto, costituiscono dunque le invarianti della trasformazione in allucinosi;

– il concetto di allucinosi può essere ampliato per adattarsi a una molteplicità di configurazioni (Bion, 1965, 184-185).

Corrao, a sostegno di questa amplificazione di senso, ripropone la ricchezza della valenza etimologica: "Allucinazione, lessicalmente, è definibile come abbaglio, sbaglio, visione, miraggio; ma il termine contiene in sé un riferimento implicito alla cecità, al sogno, al desiderio; all'individuo e al collettivo. […] Ciò significa che per intendere o definire i fenomeni di allucinosi è necessario riferirsi alle funzioni totali della personalità ed al suo campo relazionale" (Corrao, 1983, 11).

Secondo questo punto di vista i fenomeni allucinatori non sono mai monopolari, bensì implicano stati diffusi e globali della mente, ad esempio stati euforici o estatici o terrifici. Pierre Janet, già nel 1907, parlava per le anoressiche di "una condizione generale di eccitazione", di un diffuso sentimento di esaltazione, di euforia, "come lo si ritrova nelle estasi dei santi"(3).

Un'altra conseguenza di questo punto di vista è la differenziazione graduale e reversibile tra allucinosi normale e patologica.

Fenomeni transitori di allucinosi si producono anche nell'analista. Ma la differenza sta nel fatto che l'analista può ricondurre l'allucinosi nel campo della rappresentazione e che questa esperienza può essere appresa e divenire fonte di crescita per entrambi.

Nel campo di rivalità il paziente supporrà che l'analista condivida il vertice dell'azione e dell'allucinosi.

L'analista dovrà cercare di capire il lavoro dell'allucinosi, le sue regole, la disciplina che essa richiede, antitetica alla disciplina che richiede il vertice analitico.

Dall'esperienza del campo analitico di rivalità e allucinosi Bion deriva alcune regole:

– il solo rapporto tra due oggetti è quello di superiorità-inferiorità;

– se un oggetto è molto elevato esso impone l'azione. Esso è superiore, sotto tutti i punti di vista, a tutti gli altri oggetti ed è autosufficiente e indipendente da essi;

– uno scopo, un oggetto, un'ambizione possono occupare tale posizione (Bion, 1965, 185).

"Quando gli altri mangiano io mi sento superiore" (Monica).

"Quando mi è passata la fame ho capito che avevo vinto" (Silvia).

Osserviamo in queste proposizioni la presenza di un campo relazionale, funzionale alla realizzazione dello scopo superiore.

"Voglio diventare anoressica, l'anoressia per me è una passione" (Elena).

Si vede in questa affermazione come l'anoressia possa divenire un ideale, un progetto, un complesso sistema di pensiero-azione-relazione.

Elisa dopo tre anni di analisi ha ripreso il suo peso e ha avuto le mestruazioni. Adesso enuncia quella che era stata "la sua teoria": "Per diventare forti si mangia. Dunque si mangia perché si è deboli. Se si odiano gli altri, non ci si vuole mostrare deboli e allora non si può più mangiare".

La mia ipotesi è che l'anoressia sia una di quelle configurazioni che Bion avrebbe incluso nelle trasformazioni in allucinosi, cioè: un metodo per raggiungere l'indipendenza, sostenuto da rivalità, invidia, avidità; uno scopo, un'ambizione, un'idea superiore.

Reciprocamente l'analista, all'interno del campo di rivalità, può ritenere che la psicoanalisi sia uno scopo superiore, e può essere fortemente tentato di agire questa superiorità.

È abbastanza ricorrente in questo assetto dell'analisi l'attesa della guarigione improvvisa, di fare il miracolo, di avere la vittoria sulla magrezza, in assoluta evasione dal lavoro analitico e dai suoi specifici obiettivi.

In un campo di rivalità le esperienze di piacere-dolore, già tese a sostituire i significati, possono essere "i punti segnati dal paziente in un rapporto competitivo" (Bion, 1965, 197).

Durante una seduta Angela ebbe una paralisi motoria per difetto del potassio; si riprese e decise di assumere una bustina del farmaco, che portava sempre con sé. Occorreva un bicchiere d'acqua, che le offrii subito, e mi chiese un cucchiaino per mescolarlo. Mi allontanai per portarglielo. Al mio ritorno disse di avere già bevuto, dunque il cucchiaino non serviva più. Naturalmente rimasi interdetta, sapendo quante volte in casa aveva buttato di nascosto l'acqua e il potassio. E probabilmente ciò che voleva era proprio che io dubitassi.

Elisa (32 kg) veniva in seduta con uno zaino carico di libri e puntualmente mi annunciava che era riuscita a fare venti chilometri a piedi e che "stava benissimo".

In questi casi è importante chiarire, suggerisce Bion, che quella che viene sentita come rivalità tra paziente e analista o tra metodi rivali è piuttosto la manifestazione di un conflitto endopsichico tra pensiero e azione (Bion, 1965, 196).

Il campo analitico è capace di rivelare lo spettro dell'allucinosi anoressica.

Esso è molto più ampio di quanto l'osservazione fenomenologica (rifiuto-ricerca del cibo; perdita-aumento del peso; amenorrea) lasci intravedere:

1) Presentazioni-visioni concretistiche di cibo (tra queste le preferite sono quelle di cibo dietetico), di "combinazioni di vestiti", di composizioni bizzarre di oggetti(4).

2) Sogni che utilizzano la stessa gamma di immagini combinate ed esaustive. Elisa, ad esempio, inventava in sogno "orsetti di peluche porta-lampada", "spillette ciondolinate di cuori al cacao".

Sono i sogni che suscitano nell'analista sentimenti di impotenza e incapacità di pensare (in particolare i sogni di mangiare), mentre lo avvertono dello sforzo del paziente di provvedere a modo suo ai propri bisogni.

Elisa, dopo avere atteso invano la telefonata di un'amica che la doveva portare ad una festa, sogna di ricevere da Capitan Findus e da tutti i suoi piccoli marinai un enorme pacco postale carico di bastoncini.

Naturalmente non era disposta a riconoscere alcun sentimento di frustrazione per il fatto che nessuno la cercava. Interpretare il sogno come presunzione di negare la frustrazione, ricevendo nutrimento da un seno freddo, lontano e soprattutto finto, significava incorrere in un incremento di ostilità e di distacco da parte della paziente. (Tuttavia io feci questo genere di interpretazione cercando di dare un senso di calore e vicinanza alle mie parole).

3) Sogni di fanta-horror, alla Stephen King: corpi smembrati, violenze sessuali; manifestazioni di un sadismo la cui concretezza sembrerebbe letteralmente un "fare a pezzi" la scena primaria.

In un sogno di Elena, i corpi di tutti gli avi morti, "la parentaglia", uscivano dalle "viscere" della casa. Ma anche: presenze demoniache, potenze occulte, pervasive e contaminanti.

4) Sogni di volare, levitare, correre alla velocità del treno: veri e propri tentativi di fuga maniacale dalla situazione dolorosa; fino ai sogni di metamorfosi corporea, mutazioni di specie e di sostanza,

manifestazioni di un livello di sadismo-onnipotenza-rivalità che farà fallire i tentativi (di conseguenza sadici, onnipotenti, ambiziosi) di restaurazione-riparazione del mondo interno. Tale sistema ha un corrispettivo nelle prestazioni disumane di cui le anoressiche si mostrano capaci.

5) Si possono annoverare fra le ricorrenze della condotta anoressica:

– L'abbigliamento eccentrico; la corrispondenza, fitta e leziosa, con ragazzi stranieri; i diari figurinati di modelle, idoli, cibi dietetici; la predilezione per i negozietti di oggettistica, i "negozi-mania", rassegne di oggetti senza valore, significato, utilità; espressioni di un'anoressia collettiva, di un'ansiosa domanda-offerta di niente.

"Amo gli oggetti impossibili", dichiarava Laura, una paziente bulimica sempre a metà strada tra creatività e impostura.

– La cleptomania (di cibo, denaro, oggetti), l'impulso a sperperare, l'impulso ad accumulare e a nascondere (cibo, denaro, oggetti). In questo campo di osservazione, queste condotte si rivelano, così come il rifiuto o la ricerca del cibo, tutte equivalenti.

Quando il medium della trasformazione è l'allucinosi, non ci sono differenze: prodigalità e avarizia sono "azioni" equivalenti, il fine è evitare la frustrazione.

Ricordiamo la formulazione matematica dell'allucinosi secondo Bion: 1 seno + 0 seno = 1 seno. In una trasformazione lineare invece: 1 seno + 0 seno = 0 seno.

La differenza del significato nasce in un campo dove è possibile riconoscere la frustrazione (Bion, 1965, 185-187).

Elena, che da bambina aveva assoggettato una compagna, poteva indifferentemente coprirla di insulti o di doni (costringendo la madre a spese esorbitanti).

Laura, che faceva volontariato per una comunità di giovani devianti, alle prime difficoltà, li respingeva o fuggiva, odiandoli.

In allucinosi non ci sono restrizioni, realizzazioni di qualsiasi genere servono all'unico scopo di abolire la frustrazione.

Specularmente, quando l'analista fa concessioni che non farebbe normalmente, di onorario, di orari per lui svantaggiosi, questa prodigalità volta a negare l'ostilità, si capovolgerà repentinamente in restrizioni esagerate: un'azione vale l'altra. È il segno che l'analista sta perdendo le sue regole, sta entrando in un campo dove "le azioni contano più delle parole" (Bion, 1965, 189).

È questo esattamente il punto di vista del paziente, che infatti attribuirà all'analista le proprie tendenze al furto, la propria avidità.

Angela, anoressica-bulimica, cleptomane, nella seduta successiva al pagamento porta questo sogno: "Subivo un borseggio per la strada, poi si capiva che l'autrice del furto era una donna che si fingeva paralitica su una poltrona. Per non umiliarla di fronte ai suoi familiari rinunciavo al mio denaro".

Nei primi mesi di analisi Elisa, anoressica, perde il portafoglio prima della seduta. Ha una terribile crisi di rabbia e dice: "Ecco cosa deve provare mio padre quando paga l'analisi".

In altre parole, la personalità si specializza nei mezzi atti ad evacuare il seno cattivo (nel nostro caso i mezzi possono essere "indifferentemente": vincere la fame, vomitare, mangiare compulsivamente, accumulare, rubare, sperperare), e non li distingue dai mezzi adatti a trarre soddisfazione da un buon seno.

"L'anoressica mangia nulla", diceva Lacan, unificando il senso del sintomo anoressico e del sintomo bulimico.

Similmente Bion: "La capacità di zero [noughtness] di aumentare, così, per partenogenesi, corrisponde alle caratteristiche dell'avidità, che è anch'essa capace di crescere e prosperare smisuratamente rifornendosi con illimitate provviste di niente" (Bion, 1965, 187).

Ma ciò che più specificamente diviene "materia" per l'allucinosi anoressica è il corpo, con la triplice funzione di strumento, oggetto, immagine.

Sovvertendo e violentando funzioni e apparati(5), da esso ci si attendono prodigiose metamorfosi, prestazioni superiori ad ogni vincolo naturale, esibizioni strabilianti, spettatori annichiliti(6) .

Elena dopo alcuni mesi di analisi racconta un sogno:

"Mia madre stava per cuocere un pesce in pentola, decidevamo di salvarlo, era bellissimo, un delfino, delicato, tenero, gioioso, scivolava fuori, si carezzava su di noi, diventavamo migliori vicino a lui; via via si trasformava in un angelo, era una donna, una sirena, un viso orientale, il genio della lampada, ancora più evanescente, un'impronta su un lenzuolo bianco, la Sindone, Cristo, un fantasma, un ectoplasma".

La mia impressione fu che ciò che Elena (bianchissima, diafana, occhi azzurri e capelli neri, lunghi, lisci sul volto) chiamava sogno era esattamente la sua immagine in quel momento, stava raffigurando sé stessa. Mentre la voce era mutata, ispirata, Elena si sollevava impercettibilmente dal lettino, quasi volesse levitare.

Allucinava la sua passione di "transustanziazione".

Non potrei dire "delirava" la sua passione di transustanziazione, perché l'anoressica non sostiene la sua fantasia onnipotente con discorsi, argomentazioni, con la funzione del "giudizio". L'effetto è ancor più sorprendente perché quella fantasia pervade il campo con la forza della sensorialità; mentre il suo giudizio la dissimula per mantenere il legame commensale (cioè per salvaguardarla). Ciò fintantoché non si sentirà sfidata dall'analista; solo allora vedremo in atto il suo fanatismo. "Fanatismo" e non delirio, giacché l'effetto sarà ancora sorprendente: esso attiverà un potente campo di suggestione, laddove invece l'elemento di falsità del delirio (la mis-conception) attiverebbe un campo di vigilanza.

In sintesi, la mia idea è che l'anoressia è il risultato della presunta capacità del soggetto di creare un mondo perfetto, un fantastico mondo di relazioni interne e un fantastico mondo di relazioni esterne. Il corpo è lo strumento, l'oggetto, l'immagine privilegiata di questa creazione.

Sappiamo come il corpo sia per l'Io psichico una realtà esterna, un aspetto della realtà da acquisire progressivamente e faticosamente a sé attraverso un investimento libidico più o meno soddisfacente. I mutamenti del corpo durante la pubertà sono per la ragazza "realizzazioni" più o meno soddisfacenti la "preconcezione" del proprio corpo; essi non dipendono dalla sua volontà, sono indipendenti dalla sua personalità. Ma ci sono personalità che non li riconoscono affatto e non potranno investirli né poco né molto. Queste personalità non hanno preconcezioni o le hanno distrutte. Ciò che queste personalità possono riconoscere come propri sono i mutamenti che dipendono dalla loro stessa personalità, mutamenti che esse stesse producono. Non importa quanto siano dolorosi o piacevoli, belli o brutti tali mutamenti, bensì che siano l’espressione, la manifestazione della loro volontà, della loro personalità (7).

Angela, in un sogno, inventerà una nuova cosmogonia di esseri mostruosi che abiteranno felici sulle rive di un mare splendente, "primigenio". Tra questi, anche lei, scheletrica.

Lo scopo superiore dell'anoressica impone un complesso di azioni, una fanatica disciplina mirante a suggestionare non solo sé stessa, ma anche il campo esterno, relazionale.

Elena, la paziente che allucinava la sua transustanziazione, era stata una bambina "cattiva", proprio nel senso che aveva messo a rischio la vita del fratello, nato dopo di lei, con morsi e botte, che sventrava bambole e dava fuoco ai suoi giocattoli, che picchiava i compagni e, adolescente obesa, si divertiva a schiacciare sotto il suo peso la madre e il padre. Ora era la più fanatica delle anoressiche.

In seduta non solo il corpo ma anche i suoi movimenti, la voce, le parole da scegliere, tutto doveva essere delicato, scivolare, carezzare (il "delfino" nel sogno della "transustanziazione").

Elisa, che da bambina aveva ardentemente desiderato di avere una gamba monca, ora era anoressica, veloce e immateriale come il vento.

"Ha le ali ai piedi", le dissi ironizzando ("agendo" da parte mia una certa ostilità per il suo bisogno di stupirmi per i chilometri che faceva ogni mattina prima della seduta).

"Sono Elisewind, il vento", rispose con una voce che dissimulava appena la sua sfida, e comunque il piacere per avere ottenuto da me finalmente una segnalazione di quel portento.

Angela frequentava fin da bambina una comunità religiosa dove si assoggettava a lunghi ritiri e severissimi esercizi spirituali.

Fui io a ribattezzarla "Nikita", dopo avere scoperto la sua appassionata ammirazione per il personaggio femminile del film, la storia di una giovane criminale di cui veniva simulata la morte e che dopo un fanatico addestramento rinasceva come spia.

Storia avvincente per questa paziente anoressica che, in un sogno, "allenava" una ragazza straordinaria e, in un altro, rappresentava sé stessa in una donna con giubbotto nero di cuoio, stivali borchiati, una coda al centro della testa, una "siciskin"(8) che seminava terrore.

Vorrei a questo punto dimostrare la forte risonanza dell'allucinosi del paziente nella mente dell'analista attraverso un'esperienza di allucinosi nell'analista e un'altra più complessa, ma non meno sorprendente, che sempre definirei allucinosica, visionaria.

Da un po' di tempo, durante la seduta di Silvia, immaginavo insistentemente Michael Jackson e, se appariva in televisione, sui giornali, lo guardavo con insolito interesse.

Le chiesi: "Ma lei vuole somigliare a Michael Jackson"?

Silvia: "Siamo una persona sola! Io vivo in lui!", rispose con evidente esaltazione.

È importante sottolineare che non me ne aveva mai parlato prima.

Più tardi, alla stessa maniera, in seduta apparve (nel senso, che ero di nuovo ossessionata da una specie di presenza) Bette Davis, o meglio Eva in All About Eve (tradotto nell'edizione italiana Eva contro Eva).

L'esperienza era quella di vere e proprie "apparizioni", come degli ologrammi. Quando l'analista comunicava la sua "visione", la reazione emotiva della paziente dissimulava appena un senso di trionfo. Niente a che vedere col sentirsi capita, ma piuttosto con l'aver vinto, stupito, avere ottenuto il riconoscimento di una identità originale diversa, superiore. Già nel 1859, un medico americano, W.S. Chipley, aveva proposto che la causa della "sitofobia", fosse un desiderio morboso di notorietà.

Ciò che queste pazienti "vedono" nelle modelle, ciò che esse cercano nei loro idoli, intensamente eccitate, è proprio un mito visionario. L'anoressica cattura le immagini dei modelli anoressici che i media diffondono, per rinforzare il suo mito allucinosico (lo scopo superiore), nonché per specializzarsi nelle tecniche del digiuno, per proporsi nuove sfide.

Porterò adesso l'esemplificazione clinica di quella che ho definito un'esperienza visionaria dell'analista.

Si potrebbe dire che, di fronte ad Elena, ero in estasi; io "adoravo" una "divina bambina".

Questa emozione può essere riconosciuta come una manifestazione di avidità. È la pressione della loro (e nostra) onnipotente "fame di assoluto" la fonte di tutte le confusioni.

Essa induce l'analista a dover fronteggiare talora sentimenti controtransferali al limite di una confusa passione amorosa. Talora, come in questo caso, non desideri inconsci, bensì "desideri megalomanici indicibili" (Arrigoni Scortecci, 1994): verità, salvezza, onniscienza.

In una particolare seduta, durante l'analisi di Elena, una forte suggestione mi trascinava: forse era davvero la reincarnazione di un Lama, "il piccolo Lama dell'occidente". Forse dovevo aprire gli occhi, accettare la rivelazione: quella vita martoriata aveva portato a compimento la sua purificazione. Elena era una presenza spirituale.

"Anorexia mirabilis", "inedia prodigiosa": con la scelta di questi aggettivi, insoliti per il linguaggio medico, i primi nosologi volevano indicare non solo il digiuno protratto, bensì qualcosa dell'esperienza perturbante suscitata dall'avvicinare queste pazienti.

Elena parlava senza interrompersi, come ispirata, parlava di sé, della sua malattia, della sua storia, della sua famiglia, da un vertice che avrei potuto riconoscere come quello analitico, ma senza ombra di imitazione, di affettazione; forse di più, un vertice religioso, un parlare che mi faceva sentire bene, grata e umile come è grato e umile il genitore o il precettore del bambino predestinato, del mistico. Era naturale e spontanea come le persone che hanno un vero talento.

Il desiderio di elevazione spirituale di Elena (che era stata una bambina crudele e psicopatica) era sincero, anzi era esagerato, parlava come se stesse sognando e io la ascoltavo nello stesso stato mentale.

La seduta si concluse e non avevo saputo aggiungere una sola parola. Aveva preso il mio posto e glielo avevo ceduto volentieri.

Talvolta i figli ci appaiono più maturi di noi e talvolta ci fa bene pensarlo.

Ma in "un sogno un atto sembra avere delle conseguenze; ma ha soltanto delle sequenze" (Bion, 1992, 25). La semplice presa di coscienza delle conseguenze spaziali e temporali ci avrebbe presto svegliate. Tutta la sua saggezza non la spostava di un centimetro dalla poltrona dove passava in casa intere giornate dormendo per evitare di mangiare. Da due anni ero l'unica persona per la quale si alzava da quella poltrona (9).

Inoltre Elena costringeva la famiglia da anni a vivere estate e inverno in campagna, perché "il trasloco l'avrebbe fatta impazzire".

"Non posso lasciare niente, devo portare con me la più piccola cosa, ormai sono anni, non posso rinunciare a un vestito, a un soprammobile, a un cofanetto di crema, anche se è vuoto, ormai non mi basterebbe più il tempo, impazzisco solo a pensarci".

Si può supporre che tutti quegli oggetti attendessero da anni il momento magico, quello in cui sarebbero stati pervasi da una nuova vita, da un significato straordinario, dalla "incarnazione".

Intanto però sembravano divenire uno spropositato bagaglio, una grande confusione, un eccesso di "cose". Aveva comprato centinaia di vestiti, ma non poteva indossarli. Tutti quei vestiti attendevano da anni il "corpo" per indossarli.

La paziente che nel sogno "transustanziava", non poteva traslocare; e non potendo "incarnarsi" nel "corpo straordinario", non si poteva vestire.

In questo caso, più chiaramente che negli altri, ho avuto l'impressione di poter distinguere il corpo feticcio, o la relazione feticistica con il corpo, dal corpo in allucinosi, o meglio dal corpo come materia per l'allucinosi. La fantasia onnipotente dell'anoressica è più violenta di un diniego (Verleugnung), è un vero e proprio rigetto (Verwerfung) del corpo reale.

Non è il loro corpo che esse modellano; ma un corpo immagine, un corpo allucinosico.

Il loro feticismo, quel peso, quel cibo, quell'esatto numero di calorie, è, come ho detto, un tentativo di controllo, una difesa secondaria, un contenimento commensale del conflitto.

In realtà non le soddisferà raggiungere quel peso né vincere la fame, perché il corpo cui anelano e il mondo che esso dovrebbe creare è un altro.

Quel corpo aspira a mandare altri segnali, anche extrasensoriali ("l'ectoplasma" nel sogno di Lilia). E naturalmente "riceve", è una cassa di risonanza, è estremamente sensibile a quei segnali provenienti dall'esterno, carichi delle stesse suggestioni sensoriali, della stessa tendenza all'allucinosi.

Insisto con il giudicare illuminante la distinzione di Bion, sempre nel decimo capitolo di Trasformazioni, tra illusione (più vicina al feticismo), delirio e allucinazione:

"Esso [il termine allucinazione] deve essere distinto da illusione (illusion) o da delirio (delusion), poiché entrambi questi termini servono a rappresentare altri fenomeni, vale a dire quelli che sono associati a pre-concezioni che diventano concezioni poiché si accoppiano con realizzazioni che non si avvicinano abbastanza intimamente alle pre-concezioni da saturare la pre-concezione, ma quanto basta per dare origine a una concezione o a una concezione erronea (mis-conception). […] L'allucinazione nasce da una pre-determinazione ed esige di essere soddisfatta: a) da una evacuazione proveniente dalla personalità, b) dalla convinzione che l'elemento è la sua propria evacuazione" (Bion, 1965, 190-191) (10).

Un sogno rappresenterà, in un momento successivo e molto difficile dell'analisi di Elena, il capovolgimento persecutorio di quella attesa frustrata(11): "Tutti i miei pupazzi, le bambole si animavano, avevo paura. Ad un tratto un oggetto, che però non c'era prima tra i miei giocattoli, un appendiabiti con la faccia da strega(12) veicolava la sua energia negativa sui giocattoli che diventavano cattivi, crudeli, feroci: ingigantivano e con un'incredibile violenza abbattevano la porta e uscivano dalla mia stanza, e non sapevo dove si dirigevano, e contro chi, e comunque la mia stanza restava vuota, tutto le era stato risucchiato".

Durante l'analisi di Laura, una paziente bulimica grave, ebbi un sogno angoscioso: Laura era divenuta un'enorme massa di carne flaccida molle, come fosse una persona grandissima che si sgonfiava, che si afflosciava su sé stessa; il viso era molto piccolo, con l'espressione idiota, con un solo occhio-bocca in mezzo a quel cumulo di carne.

Questo sogno-incubo era la mia "visione" del fallimento dell'attesa onnipotente della paziente, non meno che del fallimento dell'analisi.

A sua volta, con un altro sogno-visione, la paziente rappresentava come ora tutto franava dentro di lei, un vero cataclisma, da cui anche l'analisi veniva sotterrata, ridiventava "macerie": "Un teatro barcollante, noi siamo in prima fila. Si sente una voce che ha molto carisma. Come se ci fosse stata una valanga, tutti i corpi sono sotterrati, anche la voce. La cosa migliore è fare morire le persone che si vogliono bene piuttosto che farle morire di fame; allora bisogna mettere la calce nei buchi, io cerco di metterla ma prima la mangio, è come se fosse panna montata. Sento la voce che li conforta".

È "una dolce eutanasia", un pasto orgiastico che esiterà nella evacuazione violenta di tutti gli oggetti, anche dell'analista "voce che conforta".

III – Il voto: "Quel giorno decisi di non mangiare più".

Un'ipotesi sull'evento traumatico delle giovinette anoressiche e sulle vicissitudini primarie.

Immancabilmente il racconto degli inizi della malattia insiste sulla ferma decisione, sul momento della decisione, sul trionfo della decisione. Ma una maggiore attenzione dell'analista potrà fare emergere eventi significativamente traumatici (13).

Giulia: "Quando sarò una Venere tascabile riconquisterò la mia leadership".

Un preciso giorno di quando aveva tredici anni, Giulia non fu invitata alla prima festa di ragazzi e ragazze.

Lei! Che il padre chiamava "il mio mare", figlia unica, ossessionata dal timore di avere fratelli ("Non ti priverò mai della tua primogenitura", le aveva promesso il padre), lei che era "nata per Montecitorio", e in un sogno approdava con un tappeto volante nella splendida aula, per parlare, come il giovane Gesù tra i sacerdoti. Ma è piccola, bruttina, disarmonica.

Antonella: "Quella sera mi dissi: non sarò il bastone della loro vecchiaia".

Quando il padre e la madre le si appoggiarono uno da una parte e una dall'altra, mentre il fratello sbattendo la porta usciva con i suoi amici, Antonella "vide" in quel gesto un destino, un vincolo soffocante. Quel gesto non era casuale, era un'imposizione, il segno di una discriminazione. I genitori le imponevano di essere "il bastone della loro vecchiaia". Il convincimento che questo fosse il senso del gesto era assoluto, una vera e propria interpretazione delirante, come quella secondo la quale suo fratello era stato chiamato Massimo "perché Lui doveva essere una persona superiore".

Elisa: "Allora decisi di essere la più magra di tutte le modelle".

Angela: "Iniziò una gara. Io volevo essere eccezionale".

Laura: "Decisi di ricominciare dal basso".

La decisione di non mangiare più è solo uno, il più appariscente degli scopi "superiori" che ostinatamente perseguono, giacché via via a questo si accompagnano altre gravi decisioni: ad esempio di non parlare più, come Antonella, che rimase in silenzio i primi due anni di analisi; come Giulia, che stabilì una lista di parole impronunciabili; come Laura, che decise di lasciare l'università per fare l'operaia.

Si può presumere che l'evento traumatico, l'offesa subita in quel particolare momento dello sviluppo che è la pubertà non sia rimosso, bensì scisso, rinnegato, espulso e che al suo posto trionfi una decisione o, meglio, "il voto".

Si tratta infatti di un vero e proprio sacrificio che sembra sancire un patto magico.

Il destino di quel voto muta da soggetto a soggetto, così come la manipolazione dei suoi catastrofici effetti(14).

Antonella decise di non mangiare più e di non parlare più; Elena ad ogni nuovo intervento chirurgico, dopo il quale era sicura che si sarebbe "ripresentata al mondo", si isolava di più; Elisa, Angela, Giulia, decisero di "eclissarsi" fino al momento di "riapparire"; Silvia e Laura si sottoposero a diete, sport, cure estenuanti.

Non si sa più quanti chili debbano perdere, né a quale immagine del corpo esse aspirino.

Niente fa da contrappeso alla fuga iperbolica dell'immagine corporea.

Il normale contrappeso è una buona identificazione femminile. Sicuramente in tutti questi casi i processi di tale identificazione sono stati ostacolati.

Nei sogni la madre è una presenza terrifica. Non è solo la madre edipica gelosa e colpevolizzante, ma una madre arcaica, distruttiva, invidiosa e perseguitante la coppia padre-figlia.

Questa coppia d'altra parte sembra saldarsi precocemente. In certi casi è una relazione idealizzata molto gratificante, in altri un accoppiamento reattivo, difensivo, consolatorio.

In un sogno Antonella distingue "un accoppiamento rettile", dove la madre rettile "è avida di rettilini", e "un accoppiamento mammifero". "Le coppie mammifere giocano, saltano, pascolano, allevano i piccoli e il papà protegge la famigliola. Si dovrebbe sapere se si sta mangiando carne rettile o carne mammifera" (parole del sogno).

Possiamo osservare in questo sogno un'inversione della differenziazione delle imago parentali con attribuzione al padre della buone qualità del seno (nutriente, rassicurante) e alla madre delle cattive qualità del pene (divorante, intrusivo).

Molti autori hanno fatto ben più di qualche riferimento all'ipotesi di un precoce impedimento, nella futura anoressica, dell'introiezione dell'oggetto buono, per cui non è possibile, fra le altre cose, l'identificazione con la madre all'inizio dell'adolescenza.

La mia ipotesi è quella di una richiesta precoce al padre o ad un suo sostituto di un accoppiamento idealizzato fondato sull'evasione dalla frustrazione derivante dal cattivo rapporto col seno, e un'articolata collusione del padre a questa richiesta.

In altri termini una richiesta-offerta di contenimento parassitario(15).

Non si tratterebbe cioè della perdita di una relazione narcisistica strutturante, ma del fallimento di una relazione fondata sull'evitamento della verità.

Un tentativo di comunicazione, richiesta di aiuto e anche richiesta di rinnegamento (del seno cattivo, della castrazione) all'interno dell'accoppiamento con il padre. Una relazione parassitaria è fatta proprio per accogliere queste richieste.

Il carattere particolarmente intenso delle angosce di castrazione potrebbe essere in questi casi una particolare forma di rappresentazione della cattiva relazione primaria, una sorta di rinforzo secondario finalizzato alla richiesta di aiuto-negazione.

Il padre accoglie queste bambine bisognose e terrorizzate e fa promesse che non potranno essere mantenute? Complice del rinnegamento garantisce alla bambina un seno-pene inesauribile o consolatorio?

Il problema non è tanto che il padre offra un seno a queste bambine, ma che questo è "un seno superiore" (oppure ostile, o difensivo e consolatorio). Esso eroga un cibo totalmente diverso.

"Chi mangia il mio pane e beve il mio vino non avrà più fame né sete" (le sante anoressiche).

Silvia sognava di rapinare bar e ristoranti in coppia con il padre, ma in un sogno il padre si faceva prendere dalla polizia e in questura "si confondeva". Dopo una grave malattia del figlio maggiore, infatti, il padre aveva perduto "quello splendore animoso nel volto" che aveva caratterizzato l'immagine che Silvia se ne era fatta, opposta a quella debole, iperemotiva, "zoppicante" della madre.

La stessa madre che nei primi sogni in analisi è Demon, un maleficio che si aggira e pervade tutti, che può contaminare anche il padre.

Dopo un lungo periodo di analisi Elisa ammise: "Come Papà Godot, mio padre per me ha fatto anche cose che non si dovrebbero fare".

Nei primi sogni di Elisa compare "Mafia", un'assassina che stana dovunque lei e il padre. In un sogno, in particolare, Mafia non uccide Falcone o Borsellino, ma quelli della stessa famiglia mafiosa, i "Salvo", un padre e un bambino.

Elena alla sua prima seduta racconta questo sogno: "Mia madre mi inseguiva con un coltello, riusciva a lanciarlo e me lo conficcava tra i denti. Era una furia omicida, voleva distruggere me e mio padre, era capace di impossessarsi di lui rendendolo pericoloso. Io davo fuoco a tutto, era meglio bruciare tutti nel fuoco che cadere nelle sue mani".

L'intensità del fantasma di castrazione rimanda all'ipotesi di un sadismo precoce come impregnazione della relazione primaria.

Elena ricorda ancora perfettamente il suo idillio con il padre quando era piccolissima e una paura cieca nei confronti della madre, al punto di non voler essere neppure toccata dalla madre e che a tutto doveva provvedere suo padre.

Ricollegandomi adesso al titolo di questo paragrafo e ai riferimenti clinici che ho portato, vorrei aggiungere tre osservazioni:

Invariabilmente l'accoppiamento (padre-figlia) fondato sul principio dell'evasione dalla frustrazione (relazione parassitaria) subisce una qualche forma di fallimento: perdita, tradimento, o delusione e svalutazione.

Il gruppo dei coetanei nella prospettiva dell'adolescenza non consente il mantenimento degli assunti infantili; richiede collaborazione, generosità, compassione, più che le mitiche leadership, che spesso queste bambine detengono.

Anche i rapporti di coppia con le amiche, dove hanno assunto un ruolo attivo, dominante, rassicurante (prolungamento dell'accoppiamento idealizzato), o troppo esclusivo e dipendente (accoppiamento difensivo-consolatorio), subiscono improvvise lacerazioni.

È a questo punto che (sopraffatte dall'offesa) quelle particolari bambine che già ambivano alla superiorità, all'autosufficienza, alla diversità, faranno "il voto", il patto magico con la divinità che promette la vendetta-rinascita.

IV – Espansione del campo di rappresentazione.

Senza entrare nel merito del lavoro interpretativo, quale si è sviluppato nel contesto clinico, presenterò alcuni frammenti di sogni, per mostrare l'espansione del campo di rappresentazione, e la conflittualità che lo caratterizza.

Innanzi tutto in questi sogni la frustrazione è rappresentata, ed è rappresentata sotto aspetti coniugabili agli eventi attuali (compreso l'hic et nunc dell'analisi) (16).

Ma negli stessi sogni sono rappresentate le modalità specifiche attraverso cui questi soggetti tentano di manipolare o evadere la frustrazione, trasformandola in "superiorità", "esibizionismo", "autosufficienza", "megalomania", "sadismo", "avidità", "furto". Il luogo di questa indecidibilità tra il riconoscimento della frustrazione e l'espulsione-manipolazione è ancora il corpo.

"Ero in un piscina di acqua calda, non volevo essere vista, io ero diversa dalle altre ragazze. Chiamo qualcuno per avere l'asciugamano, ma è scomparsa, mi arrabbio tanto. Quando esco dall'acqua la mia pelle scura si apre come se mi togliessi un vestito ed escono le mie gambe, le braccia, la pelle, delicatissima, rosea come un bambino appena nato o come quando si ha una scottatura" (Angela).

"Entro in un supermercato del 2000, tutti cibi di marca straniera, vestiti spaziali, ci potrei vivere per mesi, c'è anche l'ospedale, non manca niente; fuori c'è il Bronx, ragazzi che si picchiano; mi chiedono di scrivere un messaggio emblematico, simbolico, io non posso. Vedo mia madre, la sicurezza, il denaro, la trascino dentro il supermercato, prendo tutto, sono tutti prodotti light, mi viene l'adrenalina" (Elena)(17).

In questo sogno si vede inoltre come l'odio (il Bronx) e il terrore di non poter dare una prestazione superiore (il messaggio emblematico), vengono "allontanati" dalla prospera avidità capace di creare una sorta di "iperseno" caratterizzato dall'autosufficienza assoluta.

"Mara Venier alla televisione, era bella, sexy, veniva catapultata in una vasca più volte, perché perdeva. Quando veniva catapultata si vedeva il seno, il sedere, diventava ridicola, suscitava il riso" (Angela).

"Mia madre cadeva… come cadeva, ma come cadeva!" (risate irrefrenabili) (Silvia).

In questi sogni la frustrazione viene proiettata e "inflitta" all'altro: analista, madre. Ma si vede anche come sia specificamente "il corpo" la materia su cui si esercita la derisione maniacale.

Come pure nel sogno successivo: "Un pesce bolliva in pentola e io nella vasca". (Silvia)

Questa sorta di metafora onirica, che da un lato ha il senso e il tono di una derisione (dunque è ancora la rappresentazione di una espulsione maniacale della frustrazione), dall'altro descrive esattamente come la paziente si sente adesso, come brucia "l'offesa", ma anche che sorta di torture ha richiesto la vendetta. (Silvia si sottoponeva a saune e bagni ad altissima temperatura) (18).

Potremmo dire che quell'"offesa" che adesso brucia, era prima il "rogo" dove, come insensibili fachiri, camminavano orgogliose.

"Mi trascinavo senza forze con tutti i miei organi di fuori, li tenevo con le mani: lo stomaco, gli intestini, l'esofago che mi pendevano come i sacchetti che attaccano dopo le operazioni" (Angela).

Il corpo, che era stato strumento-oggetto-immagine per l'allucinosi, è esposto ora alla vergogna, mostra la sua debolezza e i segni di tutti i maltrattamenti che ha subìto.

"Un corpo che smette di mandare segnali, che si fa materia nella materia" (Gatti, 1994).

È questo un momento delicatissimo dell'analisi, dove si avverte il conflitto tra accettare il dolore (e la compassione) o rifiutarlo magari trascinando l'analista, come le loro madri, nella condivisione del fallimento fino allo stremo(19).

"Era stato annunciato un processo, ero accusata di avere violentato psicologicamente una donna e di essermi fatta sodomizzare dal fidanzato. Mia madre vuole pagare per nascondere tutto. A qualcuno viene in mente di fare una scultura di cacca con cui accusare le persone che mi accusano. Si sente una voce che dice: 'Io sono il porco'. Io penso di inserire la mia difesa in una manifestazione di alta cultura. Finalmente trovavo quattro stanze dove potevo dormire" (Laura).

Esempio sconcertante di relazioni sadomasochistiche fra oggetti interni, si potrebbe dire tra apparati, questo sogno, oltre che i tentativi e i fallimenti di un bisogno di riparazione maniacale, contiene l'accorata richiesta all'analisi di placare quegli incubi in un sonno tranquillo.

Quale divinità invocheranno adesso le nostre anoressiche? Artemide-Nemesi o Artemide Soteira? Ancora la dea "offesa" che impone la Vendetta, o la dea che presiede al passaggio dall'infanzia all'età adulta, la dea che soccorre nel caos, la dea che salva?

V – Artemide e le ninfe

Artemide-Nemesi è la femminilità primordiale, l'indomita resistenza della natura femminile alla irresistibile volontà maschile(20).

Quando Artemide aveva tre anni saltò sulle braccia del padre Zeus e carezzandogli la barba gli manifestò i suoi desideri, che vennero tutti esauditi: la verginità; avere molti nomi; l'arco, la faretra, il chitone; sessanta ninfe di nove anni; il dominio dei boschi e dei fiumi (21).

Ciascuno di questi doni sarà "il desiderio" della dea, il suo capriccio, la sua zona di influenza, di potere, la sua scia, la sua corte.

La sessualità ideale di Artemide è la Verginità. La sua verginità è il segno invincibile del distacco.

Avere molti nomi significa "apparire" in circostanze diverse, in luoghi diversi, avere delle stagioni, cioè essere un dio migratore. Il dio invocato ora qua ora là, ha diritto alle "epidemie"(22).

Oltre l'arco, la faretra e il chitone, "come suo fratello Apollo", Artemide ebbe appunto molti nomi: ad Efeso, ad esempio, veniva onorata sotto l'aspetto di Ninfa, una specie di Afrodite orgiastica che portava come emblema una palma da dattero, una cerva e l'ape. Sotto un altro aspetto, quello di Vegliarda, aveva la prerogativa di assistere ai parti e di scagliare frecce; poteva provocare pestilenze, morti improvvise e a un tempo porvi rimedio, proteggeva i bambini, gli animali da latte, la caccia (Artemide Soteira)(23). A Letrini e a Ortigia le sacerdotesse di Artemide Alfea (la dea Pallida) si coprivano la faccia di gesso o di creta(24).

Nikaia, la cacciatrice, Pallene, la lottatrice, Aura, la veloce, sono questi i nomi delle ninfe di Artemide, hanno tutte nove anni(25), e sono imprendibili, dunque suscitano il desiderio di possessione, Nympholeptos è chi delira catturato dalla loro inafferrabile bellezza(26). I domini di Artemide sono le foreste, ma ancor più le zone di confine, le zone paludose, i fiumi, gli spazi marini.

Un sogno di Angela associato al racconto della sgradita sorpresa per l'avvento del menarca è molto significativo: "La spiaggia non era più spiaggia, il mare non era mare. Come se si stesse creando la spiaggia e il mare, però per me tutto si stava disfacendo. Sono con le mie cugine, loro sono più tranquille. Come se tutto si stesse allargando, disfacendo e invece si stava formando. Avevo paura e ribrezzo, era difficile camminare."

Associazioni: "Le mie cugine mi sono sempre sembrate più serie, più grandi. Io ero diversa, sempre sui pattini".

Inizierei da: "Io ero diversa, sempre sui pattini". Il mito direbbe "La sempre sui pattini", come " La sempre veloce", o " La sempre alata Aura". Poiché come Aura, una delle giovani ninfe di Artemide, Angela si era sentita predestinata ad una sorte diversa da quella delle sue coetanee. "Tranquille", giacché il menarca, per loro, non sarebbe stata una sorpresa come per Angela, ma il compimento, la realizzazione di un'identità femminile corrispondente a quella della propria madre.

Dunque ciò che per le altre si stava "formando", il corpo femminile, per lei era l'attraversamento di un'esperienza catastrofica, una disillusione, un disfacimento, una sconfitta: la perdita di una sorta di integrità narcisistica speciale onnipotentemente assunta come propria, un destino originale e originario che avrebbe dovuto renderla invincibile e superiore.

Angela si sottrarrà progressivamente alla compagnia delle sue amiche e dei suoi amici, e sarà a poco a poco allontanata e rifiutata. Nei suoi sogni di adolescente la sessualità avrà l'impronta del sopruso e della violenza. Infatti se la sessualità ideale è la verginità, il suo correlato negativo è lo stupro(27). Ma un altro appellativo ricorre spesso nei percorsi artemidei, quello di Artemide-Soteira. Essa si avvale dell'aiuto di Asclepio, e negli spazi a lei dedicati sorge qua e là un altare del divino guaritore.

Artemide presiede al passaggio dall'infanzia all'età adulta, alla transizione, a tutte le situazioni ai confini tra il selvaggio e il civilizzato (28). "Crescere, definirsi, significa necessariamente passare per Artemide, dea dei margini, affrancarsi dall'indistinto sociale, conciliarsi con gli aspetti anomici e garantirsi dal precipizio nel caos" (Montepaone, 1993).

L'associazione ad un sogno nel quarto anno della sua analisi segna un passaggio importante per Silvia:

Sogno: "Il Grasso voleva sottomettere me e mia madre, la allontano e lo affronto io; provo repulsa ma non mi posso liberare, arrivano le mestruazioni e interrompono la scena, la violenza non ha più luogo a procedere."

Associazioni: "Le mestruazioni sono state il dono dell'analisi, il dono all'analisi". Le mestruazioni, in quanto "dono dell'analisi" e non solo più "mestruo", vincono il Grasso, inteso concretamente come grasso, o come il violentatore Signor Grasso, o come lo schifoso sugo puzzolente. "Il dono" non appartiene al livello della scena sadica, interrompe la catena delle metonimie e introduce il salto, la libertà delle metaforizzazioni.

L'emozione che nell'analisi delle anoressiche accompagna l'annuncio del ritorno delle mestruazioni nasce dalla ferma convinzione che l'ordine biologico si sia ristabilito grazie all'arricchimento dell'ordine simbolico, che il corpo sia stato permeato da una nuova rete di significati dove il senso della femminilità può adesso oscillare tra timore e sensualità, tra vincolo-destino e creatività.

"Volavo tra il sole che tramontava e la luna che saliva. D'un tratto la luna diventava molto più grande, avevo paura. Scendevo, ma il mare si era gonfiato e la nave si poteva rompere sugli scogli e io sbattere, o solamente perdere i miei vestiti." La sera del sogno Antonella aveva fatto l'amore per la prima volta. Le associazioni si ricollegano ad un film che le era piaciuto, Stregata dalla luna, una favola delicata sull'amore e la sessualità. Con questo sogno Antonella sembrava narrare poeticamente il suo viaggio dal cielo alla terra, dal regno delle fughe e delle metamorfosi delle ninfe ostili e ritrose, al regno della crescita e dei cambiamenti, dello spazio, del tempo e della gravità. Una scena primaria, cosmologica e minacciosa, si attenua nella delicata allusione al libero abbandono dell'intimità.

Ed è ancora il mito visionario di una vergine, Hérodiade, ad invaghire la fantasia di un poeta che inaugurerà la modernità.

Nutrice

Come, se non tra oscuri / Spaventi, immaginare più implacabile ancora / Eppur supplichevole il dio che il tesoro / Di vostra grazia attende! E per chi, divorata / D'angoscia, serbate lo splendore ignorato / E il mistero vano del vostro essere?

Hérodiade

Per me.

Nutrice

Triste fiore che cresce solo e non ha altra emozione / Che la sua ombra nell'acqua vista con atonia.

Hérodiade

Và, tieniti la tua pietà e la tua ironia.

Nutrice

Tuttavia spiegatemi: oh! ingenua bambina, / Non s'attenuerà un giorno, questo sdegno trionfante?

(S. Mallarmé)

(1) Per la descrizione delle caratteristiche del "campo analitico di rivalità" mi riferisco essenzialmente al capitolo X di Trasformazioni (Bion, 1965).

(2) "L'oggetto frustrante e persecutore è tenuto ampiamente separato dall'oggetto idealizzato. E non solo l'oggetto cattivo è tenuto separato da quello buono ma la sua stessa esistenza è denegata, così come lo è l'intera situazione di frustrazione e le sensazioni cattive (dolore) da essa suscitate" (Klein, 1946, 415).

(3) È giusto ricordare che lo stesso Janet, progredendo nelle sue osservazioni, mise in discussione la diagnosi di anoressia isterica, e fu il primo a riconoscere "l'avversione ossessiva verso il proprio corpo" nelle pazienti anoressiche (cit. da Vandereycken, 1994).

(4) "Per le psicosi si presenta il compito di procurarsi percezioni tali da poter corrispondere alla nuova realtà che il soggetto si è creato" ( Freud, 1924, 42).

(5) Una paziente vomitava, aiutandosi con l’acqua, diciotto volte di seguito per sei volte al giorno e asportava le feci con le mani; un’altra si è sottoposta in soli due anni a un intervento di diversione bileo- pancreatica, alla plastica al naso, a due operazioni di plastica al seno; un’altra ancora poteva assumere cento pasticche lassative al giorno…

(6) È estremamente interessante osservare la varietà delle figure antropologiche delle digiunatrici: "le sante digiunatrici" del tardo medioevo, fenomeno tipicamente religioso; la magrezza delle "streghe", interpretata come possessione demoniaca; l'esibizione nelle corti medievali delle "fanciulle miracolose"; gli spettacoli d'attrazione a pagamento nei circhi (fino al secolo scorso) dove, accanto a nani, giganti, donne con due facce, bambini con tre mani, acrobati, ventriloqui, mangiafuoco, erano esposti obesi e scheletri viventi. Per una storia delle figure antropologiche delle digiunatrici rimando al testo di Vandereycken e Deth (1995).

(7) Per le vicissitudini della relazione tra l'Io psichico e il corpo rimando al lavoro della Chasseguet-Smirgel (1994), "La lotta delle donne per l'autonomia evidenziata dai disturbi alimentari", in cui è sviluppata una sequenza che, a partire dall'autoerotismo negativo precoce, giunge, attraverso la masturbazione anale e l'identificazione proiettiva onnipotente, al "fantasma autarchico". I disturbi alimentari sarebbero deviazioni dell'autoerotismo, mezzi per raggiungere l'autosufficienza

(8) Parola coniata dal sogno: una naziskin siciliana, una "siciskin".

(9) Forse non è superfluo dire che l'analista, ridestandosi da quella condizione, potrebbe provare un disagio tale da prendere le distanze, da far sentire in qualche modo il paziente come l'unico responsabile. E naturalmente una simile reazione controtransferale, non riconosciuta in tempo, può pregiudicare l'analisi.

(10) Sarebbe interessante aprire una riflessione più generale su questi due punti. Questa crescente aspirazione "creazionista" (nessuna paternità, nessuna maternità), questo incremento di multiformi modalità di scissione e allucinazione sembrerebbero l'unica via di fuga dalle angosce di una integrazione sempre più impraticabile.

(11) La Klein parlerebbe di scissione e abolizione dell'oggetto ideale (allucinazione persecutoria), cioè l'operazione inversa alla scissione e abolizione dell'oggetto cattivo.

(12) Nei sogni di questa paziente sembravano concretizzarsi in tutta la loro potenza le specifiche qualità degli "oggetti cattivi", come questa Invidia, strega appendiabito, svuotata-svuotante o come, in un altro sogno, l'Avidità di un crudelissimo Budda che la inseguiva per scaricarle dentro cibo-vomito. Naturalmente, adesso, questi cattivi oggetti sono le azioni dell'analista per distruggere l'allucinosi del paziente. "La cosa migliore", dirà un'altra paziente, "è evacuare anche l'analista, dopo averle scaricato addosso cibo-vomito-cacca".

(13) Nel caso di anoressia presentato nel lavoro di B. Gatti del 1976, l'Autrice sottolinea un episodio significativo di delusione traumatica nella relazione con il padre durante l'adolescenza.

(14) "Siamo trascinati qui in un mondo dove perversità e psicosi si uniscono e si esplicitano nell'azione, senza che si possa organizzare tuttavia una costruzione delirante (diversa dalla razionalizzazione che dà fondamento a questi atti agli occhi del loro autore). La megalomania e gli elementi di perversione iscritti nell'anoressia mentale sembrano aver proliferato in sordina, divenendo vigorosi e fagocitando tutto quello che poteva opporvisi" (Kestenberg, Kestenberg e Decobert, 1972, 195).

(15) Nei termini di Bion (1966, 30), lo stato di contenimento parassitario è caratterizzato dalla produzione e condivisione di pensieri falsi, adottati "come barriera contro una verità che si teme possa distruggere il contenitore, o viceversa".

(16) Diversamente, nei sogni all'inizio dell'analisi, la rappresentazione della frustrazione o era abolita o non era padroneggiabile in quanto era esplosiva, catastrofica e caotica (quanto i crolli reali).

(17) I sogni di Angela e di Elena si riferiscono a delle prove reali che esse dovevano sostenere (gruppi di studio, esami di maturità).

(18) Questo sogno di Silvia ci fa pensare alle ipotesi sulle deviazioni dell'autoerotismo.

(19) Nella sua attenta osservazione di queste pazienti, Bianca Gatti (1976) rileva come primo elemento psicopatologico l'instaurarsi di questo accoppiamento perverso con le loro madri, talvolta inscindibile e fatale. M. Tomassini ha frequentemente indicato, nei suoi lavori sulla perversione, il rischio di una nuova collusione tra paziente e analista che favorisce il disegno che il paziente porta inconsciamente nella relazione per poterla trasformare in una relazione sadomasochistica. Ciò che consentirebbe la realizzazione di una fantasia di analisi interminabile, vale a dire di una non separazione definitiva (1992).

(20) Ricordiamo che Nemesi e Artemide, nella tradizione preclassica, hanno molte prerogative comuni, tra queste la reazione violenta all’ “offesa”. “ Nemesi è se stessa al più alto grado e nel modo più eminente proprio quando e in quanto è essa stessa a subire un’offesa e a venire apparentemente sopraffatta. L’offesa moltiplica lo spirito di vendetta: Nemesi partorisce e rinasce in sua figlia Helena (Kerényi, 1939, 42).

(21) Per questa parte del lavoro cito liberamente da Kerényi (1939), Graves (1955), Detienne (1986), Calasso (1988) e Montepaone (1993).

(22) Termine tecnico che, nella teofania, significa "sacrifici" offerti all'arrivo delle potenze divine. Ma Artemide è "epidemica" anche nel senso comune: porta la peste, il suo contagio dilaga.

(23) Il potere del dio sul suo desiderio è infatti sia di appagarlo che di revocarlo.

(24) Nel Seicento e nel Settecento certe giovani donne per essere pallide usavano cosmetici vari e assumevano anche una miscela di argilla, calce, legno, chiamata "pica", da cui "picacismo".

(25) È sorprendente come il mito fissi una età precisa delle ninfe: tutte prepuberi.

(26) Molte delle nostre ninfe anoressiche sono state aspiranti modelle, ballerine, ginnaste.

(27) Un giorno di calura Aura, la ninfa leggera come il vento, si avvicina al fiume, la divina Artemide faceva il bagno. Con sguardo empio e scrutatore Aura osserva il corpo della sua padrona e inveisce: "Hai seni grandi e turgidi come Afrodite. Le tue guance hanno un roseo splendore. Nessuno penserebbe guardandoti all'inviolabile verginità. Guarda il mio corpo, fragrante di vigore. I miei seni sono duri come scudi, la mia pelle è tesa come una corda".

Artemide non può subire un simile insulto, "i suoi occhi sprizzavano scintille assassine". Nemesi, seduta dinanzi la sua ruota, suggerisce la punizione. Naturalmente sarebbe stato Dioniso ad operare. Il dio, che aveva appena domato Pallene, la lottatrice, sapeva che Aura ancora più bella e ostile non si sarebbe arresa mai. Una sola arma gli rimaneva: il vino. Quando Aura avvicinò le labbra alla fonte, fu bagnata da un liquido sconosciuto. Stupefatta e torpida si addormentò.

Al risveglio capì senza sapere, e si sentì diventare pazza. Odiava tutti gli dei, e prima degli altri Afrodite e Dioniso, e più ancora Artemide, la traditrice.

Aura camminava già lenta, pesante come le donne incinte, non più con il passo del vento. Artemide le chiese irridendola quali doni le avesse fatto Dioniso, lo sposo, "forse dei sonaglietti perché ci giocassero i loro bambini"?

Le doglie del parto furono lunghissime. Nacquero due gemelli. Aura li voleva sbranare. È troppo. Artemide atterrita interviene, ne prende uno e lo consegna a Dioniso, è Iacco. Atena appena lo vede ne è così conquistata che vuole tenerlo tra le braccia, le Baccanti lo portano ad Eleusi. "Per chi aveva il bene di vederlo era il dono della felicità".

Il ciclo di Artemide e quello di Dioniso si incontrano per salvare un bambino dalla coazione dell'odio feroce, della vendetta, dell'invidia, della gelosia. Sappiamo che nella complessa mitologia di Dioniso ricorre un mitologhema connesso alla pulsione di vendetta del dio sottratto alla madre terrena: il figlicidio feroce. Nel dio che invece salva la vita del bambino vediamo di nuovo il potere di revocare il desiderio. Anzi più la follia si scatena, maggiore è il posto accordato all'elemento catartico. Artemide e Dioniso conoscono l'una e l'altro intimamente.

(28) Si racconta pure che le figlie di Preto erano impazzite per avere rifiutato di rendere onore ad Hera, preferendo al tempio della dea la casa paterna. La punizione fu la condanna ad un eterno errare inselvaggite per boscaglie e montagne, finché la mediazione di Artemide non le sanerà dalla "follia", inflitta da Hera, riportandole nella giusta direzione, la crescita attraverso il matrimonio.

RIASSUNTO

Questo lavoro è basato sull'analisi di sei pazienti anoressiche, di età compresa tra i diciotto e i ventidue anni, e su numerosi incontri di consultazione. Secondo l'Autore, l'anoressia è il risultato della presunta capacità del soggetto di creare un mondo perfetto, un fantastico mondo di relazioni interne e un fantastico mondo di relazioni esterne. Il corpo è lo strumento, l'oggetto, l'immagine di questa creazione.

Ciò può essere descritto con la teoria di Bion dello "scopo superiore". Lo scopo superiore impone l'azione. Il campo analitico si configura in questi casi come un campo di rivalità tra pensiero e azione. "Quando in un campo di rivalità la frustrazione si intensifica, la rivalità assumerà le caratteristiche di una trasformazione in allucinosi" (Bion). Nel campo analitico è possibile osservare e sperimentare l'allucinosi anoressica. Il suo spettro è molto più ampio di quanto l'osservazione fenomenologica o qualsiasi psicoterapia non analitica lascino intravedere. Il mito di Artemide-Nemesi, è assunto dall'Autore come una rappresentazione efficace dell'universo anoressico.

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Pubblicato in Rivista di Psicoanalisi, 1998: 3, pag. 461-490

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