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Eventi Scientifici

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    Claudio Neri (2017), Gruppo, Raffaello Cortina. Recensione di Maria Giovanna Argese

    Per una felice coincidenza, l’uscita della nuova edizione di Gruppo di Claudio Neri, corrisponde al mio prepararmi all’avvio di un nuovo gruppo psicoterapeutico, a distanza di alcuni anni dagli ultimi gruppi da me condotti nel servizio di salute mentale in cui lavoro. Dico felice coincidenza perché la lettura del testo mi è di grande stimolo e sostegno nel rinnovato interesse per il piccolo gruppo a finalità analitica: si tratta infatti di una guida preziosa che conduce il lettore nel vivo della conoscenza delle dinamiche gruppali, attraverso percorsi teorici e clinici raccontati in un linguaggio comprensibile seppur complesso, ed emotivamente pregnante per i riferimenti non solo psicoanalitici, mitologici, sociali, antropologici, ma anche personali dell’ esperienza dell’autore. Il libro tuttavia non si rivolge solamente   agli “addetti ai lavori”, ma a chiunque sia interessato a conoscere come la psicologia individuale sia inestricabilmente intrecciata alla gruppalità in cui ciascun individuo è inserito.

    La nuova edizione costituisce un aggiornamento, a distanza di 22 anni dalla precedente, che tiene conto degli ulteriori sviluppi del pensiero dell’autore nello studio e nella ricerca scientifica del piccolo gruppo a finalità analitica. Presenta inoltre un glossario arricchito con quasi il doppio dei vocaboli esaminati e descritti nell’edizione precedente, ed è corredato da una ricchissima bibliografia aggiornata agli ultimi lavori pubblicati sull’argomento. Sono poi presenti in appendice due interviste inedite a Neri. Una riguarda le istituzioni sanitarie e il lavoro del gruppo dei curanti: viene presentata una nuova e originale modalità di supervisione nei servizi, non più basata sulla discussione del caso clinico, ma sulla restituzione dello psicoanalista che, dopo aver ascoltato i problemi portati in riunione di équipe, fornisce una sua visione delle problematiche emerse attraverso un suo scritto con l’uso di racconti e immagini. L’altra intervista è centrata sulla descrizione della metodologia di lavoro in gruppo basata sul Social Dreaming e sull’esperienza di Neri nell’uso di tale tecnica che utilizza i sogni dei partecipanti e “offre la possibilità di percepire un modo di funzionare della mente in cui non c’è la pressione a indirizzare il pensiero e finalizzarlo a qualcosa. Questo aspetto spesso viene riconosciuto come un’esperienza liberatoria e anche rinfrancante e generativa.” (pag. 233).

    Nell’introduzione del libro l’autore illustra le idee guida su cui si basa il suo approccio teorico e clinico: “L’idea che il gruppo costituisca un insieme, una comunità, un collettivo, capace di pensiero e di elaborazione emotiva … L’idea che il pensiero del gruppo operi su elementi appartenenti a uno “spazio” o “campo comune”... L’idea che l’analista che opera in un gruppo abbia un compito in parte diverso da quello che assumerebbe nel setting tradizionale (duale) ... Ritenere che l’analista e i membri del gruppo debbano apprendere a pensare in termini di difficoltà che si manifestano nel campo del gruppo, e non in quello di ciascuno dei partecipanti.” ( pag. 21).

    Queste idee guida trovano la loro declinazione in un’analisi delle vicende gruppali svolta su più piani e spesso accompagnata dalle indicazioni su come Neri intende la conduzione del gruppo psicoanalitico attraverso suggerimenti tecnici e soprattutto attraverso esemplificazioni cliniche che ampliano e approfondiscono i temi dell’edizione precedente, essendo frutto del prosieguo del lungo lavoro dell’autore come analista di gruppo.

    Da un punto di vista processuale viene esaminato il momento fondante gli inizi del gruppo, lo Stato gruppale nascente, caratterizzato dalla spinta coinvolgente della speranza e della fiducia nel futuro e dai fenomeni di depersonalizzazione e deindividualizzazione e il momento successivo, in cui si avvia la consapevolezza di essere gruppo, lo Stadio della Comunità dei fratelli, caratterizzato del fatto che “i partecipanti avvertono di detenere un diritto rispetto al gruppo. Titolare di tale diritto non è il singolo, ma ogni individuo in quanto partecipe della Comunità di fratelli”. (pag.59).

    Da un vertice che prende in considerazione la vita affettiva, l’autore si ricollega alla teorizzazione di Bion sulla mentalità di gruppo in assunto di base contrapposta alla mentalità di gruppo di lavoro, e soprattutto al concetto elaborato da Bleger di socialità sincretica che descrive il livello sensoriale non verbale, legato alla costanza di elementi fisici ripetitivi, fondante dell’identità, e il livello interconnesso con il precedente, della socialità evoluta tesa al cambiamento e alla trasformazione. Neri avanza l’ipotesi che nel gruppo l’esperienza affettiva non sia riducibile agli assunti di base o al gruppo di lavoro e apre, a mio parere, un originale spazio di ricerca riguardante “la connessione tra vissuti sensoriali, emotivi e affettivi, e aspetti più evoluti della vita mentale”. Uno dei modi in cui si esprime tale connessione è dato dal ruolo svolto dal Genius loci, la persona del gruppo che in modo inconsapevole si fa portatore dell’identità del gruppo e del suo mantenimento e contemporaneamente, proprio perché ne assicura la continuità affettiva, facilita l’attraversamento dei momenti di crisi e di potenziale evoluzione. Mi pare quindi che, nel costituirsi del contesto affettivo in cui si svolge il gruppo, venga fatta una distinzione sostanziale tra il senso di appartenenza, fondante il senso di identità, che si potrebbe ricollegare alla funzione degli oggetti-Sé teorizzata da Kohut, e i movimenti di conformismo e appiattimento sul pensiero dominante del gruppo, identificati da Bion con gli assunti di base. Nel primo caso si costituisce una base emotiva, affettiva, cognitiva che accompagna l’individuo nella possibilità di differenziarsi e tollerare anche la solitudine; nel secondo caso, la differenziazione e l’evoluzione è impedita dal bisogno di adesione pervasiva alla mentalità primitiva, o dalla formazione di un campo, per dirla con Neri, che abbia caratteristiche totalizzanti, polarizzate su un elemento emotivo che esclude tutti gli altri.

    Le caratteristiche dello sviluppo processuale e della vita affettiva trovano un’armonica collocazione nel concetto di campo, definito da Neri: “uno stato mentale condiviso…un sistema complesso di fantasie, emozioni, idee, legate tra loro”. (pag.88). Riprendendo la teorizzazione di Madeleine e Willy Baranger e i richiami di psicoanalisti successivi, vengono indicati gli aspetti comuni e le specificità nell’uso che l’autore fa di tale modello esplicativo del funzionamento gruppale.

    Particolarmente interessante è la sezione dedicata al pensiero di gruppo e alle sue caratteristiche che l’autore descrive con i concetti di catene associative, disposizione a stella, mimèsi: viene chiarito “il modo in cui il pensiero degli individui e il pensiero di gruppo possano entrare in rapporto di mutua collaborazione”. (pag.108). La capacità dei pensieri di promuovere lo sviluppo della mente è correlata alla possibilità di vivere le esperienze, senza evacuarle, espellerle, perché troppo cariche di dolore, bensì trattenendole, comunicandole; il gruppo può svolgere questa funzione salutare, anzi una delle funzioni terapeutiche del gruppo è proprio quella di permettere l’elaborazione dell’angoscia, la sperimentazione di tensioni e vissuti emotivi senza che l’individuo ne venga sopraffatto, assumendo un compito che a volte il singolo non è in grado di svolgere. Ciò è particolarmente evidente, come sottolinea Neri, richiamandosi a Searles, nei casi di patologie gravi, dove i pazienti sembrano usufruire del lavoro dell’équipe per stare meglio, grazie ad una fantasia fusionale in cui non c’è distinzione tra sé e l’altro. Nell’esplorare i modi in cui avvengono i passaggi tra individuo e gruppo viene utilizzata la metafora del commuting, differenziandolo dal concetto di transfert e viene esplicitato che “il passaggio di una tematica, di un affetto, di una fantasia dall’individuo al gruppo è un presupposto per la trasformazione dei materiali nel corso del lavoro analitico”. (pag.196).

    Questi sono solo alcuni punti di quelli affrontati dall’autore che richiamandosi a vari psicoanalisti, come Foulkes, Corrao, Correale e molti altri, oltre quelli già citati, porta avanti l’elaborazione teorica precedente e opera distinzioni con nuove ipotesi di ricerca.

    In conclusione, mi sembra utile sottolineare che tra le varie condizioni che favoriscono o bloccano le possibilità elaborative del gruppo, Neri mette in evidenza una particolare modalità dell’analista di condurre la terapia, che si evince dai suoi interventi nelle sequenze cliniche riportate e dalle notazioni riguardanti la tecnica. Questo, a partire dalle fasi iniziali del gruppo in cui partecipa e si immerge nella situazione emotiva come un subacqueo ( “Riemergendo doso il fiato, non trascuro le soste per la decompressione, anzi le prolungo perché aspetto che i compagni di immersione meno esperti mi seguano verso la superficie”) (pag.56 ), fino alle indicazioni riguardanti l’ intervento insaturo che cioè, non chiude il discorso bensì “dà al gruppo una precisa indicazione, un orientamento, ma non si sostituisce al suo lavoro di elaborazione e trasformazione”. (pag.202).

    Sono infine particolarmente utili per chi vuol proseguire la lettura approfondendo un concetto o un argomento, i rimandi dell’autore ai capitoli del libro nei quali quell’aspetto viene sviluppato, perché questo permette una eventuale lettura personalizzata per argomenti. Così come sono utili i riquadri che illustrano con brevi note storiche bibliografiche alcuni concetti via via illustrati, permettendo di fissare e chiarire ulteriormente, se vi è la necessità, i punti principali esaminati.

     

     

    Roma, 8 Gennaio, 2018

    Maria Giovanna Argese

     

     

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